CARE LETTRICI E CARI LETTORI
La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee del maggio 2024.
Il Movimento europeo Italia, come ha fatto dopo le elezioni in Italia del 2018 e la formazione a giugno 2018 del governo Conte-I, seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.
Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:
- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità
- Ultime da Bruxelles
- La settimana del Movimento europeo
- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza
- L'ABC dell'Europa di Ventotene
- Documenti tematici Novembre 2022 (settimana 1-7 Novembre)
- Campagna di informazione sull'Europa
Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.
L'EDITORIALE
Giorgia Meloni alla prova delle istituzioni europee
Giorgia Meloni ha deciso di effettuare la sua prima missione internazionale a Bruxelles per incontrare i vertici delle istituzioni europee: la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsòla, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel facendo precedere gli incontri formali da un’anteprima informale con il commissario Paolo Gentiloni.
Altri primi ministri italiani avevano preferito altre mete come Matteo Renzi che effettuò la sua prima missione da capo del governo in Tunisia ma evidentemente Giorgia Meloni ha voluto affrontare subito il confronto con l’Unione europea per chiarire che il rapporto con l’Europa - considerata dalla destra sovranista “matrigna” - è in testa alle priorità del suo governo.
La scelta di Bruxelles è stata rilevante perché sul tavolo delle questioni di politica estera ci sono dossier che condizioneranno le scelte dell’Italia nei prossimi mesi non certo perché Giorgia Meloni sia “vigilata” dalla Commissione europea e tanto meno dal Consiglio europeo di cui è uno dei ventisette “soci” ma perché le decisioni o le non-decisioni europee avranno una grande influenza sull’attuazione del programma del governo italiano.
La stampa italiana ha presentato la visita di Giorgia Meloni come un successo di immagine ed in effetti “il” Presidente del Consiglio gode in Europa del vantaggio di un risultato elettorale incontestabilmente positivo e del fatto che la sua leadership nella coalizione si è rafforzata anche per l’inconsistenza e il carattere erratico dei suoi alleati Matteo Salvini e Silvio Berlusconi.
Il fair-play diplomatico e il funzionamento delle istituzioni europee avevano inoltre come inevitabile conseguenza il fatto che i tre leader europei l’avrebbero accolta come un(a) interlocutore(rice) con accountability e con l’autorevolezza legata all’appartenenza ad uno dei paesi fondatori e ad uno dei sette membri del G7.
Avendo fatto questa doverosa premessa e lasciando per ora da parte la visione sovranista del governo e di Fratelli d’Italia insieme alle suggestioni che legano una parte importante della base del partito all’estremismo di destra e alla nostalgia verso il “ventennio”, vediamo insieme i dossier che ha portato con sé a Bruxelles Giorgia Meloni e su cui non ci si poteva certo attendere che tornasse a Palazzo Chigi con risultati immediatamente concreti e operativi:
- La politica energetica nel quadro della drammatica situazione creata dall’aggressione del 24 febbraio di Vladimir Putin all’Ucraina. Mario Draghi insieme ad altri quattordici governi aveva chiesto una serie di decisioni comuni che avrebbero potuto essere immediatamente adottate dal Consiglio su proposta della Commissione europea dato che i “quindici” costituivano una maggioranza qualificata ai sensi del trattato. Ursula von der Leyen non aveva voluto premere sull’acceleratore del suo diritto di iniziativa e il Consiglio europeo aveva raggiunto il 21 ottobre un risultato che, a seconda dei punti di vista, poteva essere considerato un bicchiere o mezzo pieno o mezzo vuoto da riempire o svuotare sulla base delle proposte legislative della Commissione e delle decisioni dei ministri dell’energia seguite eventualmente da un secondo tour de table dei capi di Stato o di governo a metà dicembre. Con Giorgia Meloni Ursula von der Leyen non poteva andare al là delle conclusioni del Consiglio europeo e non poteva dunque promettere un price cap più consistente e duraturo di quello su cui il Consiglio europeo aveva raggiunto un faticoso compromesso. Piuttosto che rivendicare il potere più che il diritto di “fare da soli” Giorgia Meloni avrebbe potuto e dovuto rivendicare il rispetto del Trattato da parte dei governi e della Commissione europea e ricordare a Ursula von der Leyen il metodo adottato dall’Unione europea per uscire dall’emergenza della pandemia fondato sui principi della solidarietà e della cooperazione leale.
- La creazione di nuovi strumenti finanziari a sostegno dei paesi membri. Non sappiamo se nel colloquio informale fra Giorgia Meloni e Paolo Gentiloni si sia parlato della proposta che il commissario all’economia ha lanciato il 3 ottobre insieme al commissario all’industria Thierry Breton per “stabilire collettivamente – come durante la crisi del Covid – meccanismi di sostegno equi che mantengano l’unità del mercato interno, proteggano tutte le imprese e i cittadini europei”. Si tratta di creare nuovo debito pubblico europeo o se volete energy-bonds sotto forma di titoli europei per finanziare questi meccanismi e consentire l’allocazione delle risorse raccolte sul mercato finanziare in tutta l’Unione al fine di evitare misure nazionali che provochino distorsioni nel mercato interno e violazioni delle norme sugli aiuti di Stato come quelle decise dalla Germania ma non solo. Da un certo di punto di vista si tratterebbe di una misura di carattere “federale” che non sostituirebbe o modificherebbe il Next Generation EU ma si affiancherebbe ad esso e si collocherebbe in una linea di continuità con esso. In vista del Consiglio europeo di metà dicembre rappresenterebbe un atto politico capace di coniugare interessi europei e interessi italiani un ordine del giorno di Camera e Senato che dia mandato al governo italiano di sostenere la proposta Gentiloni-Breton sapendo che essa ha creato divisioni all’interno della Commissione europea e ha suscitato immediate reazioni negative nei cosiddetti paesi frugali ma anche soprattutto in Germania e nei Paesi Bassi.
- Il carattere perenne del Next Generation EU e l’autonomia fiscale dell’Unione europea. La questione di nuovi strumenti finanziari apre la questione del carattere perenne del NGEU e della autonomia fiscale dell’Unione europea che consentirebbe in primo luogo di rimborsare con risorse europee e non nazionali il debito pubblico creato per finanziare i 750 miliardi di questo piano creato nel 2020 e poi di dotare il bilancio europeo di vere risorse proprie che siano operative alla scadenza dell’attuale quadro finanziario pluriennale nel 2027. La creazione di vere risorse proprie e cioè di imposte europee che non aumentino il carico fiscale complessivo sui cittadini europei ma lo distribuiscano più equamente tassando “mali comuni” (l’elusione e l’evasione fiscale, l’armonizzazione delle imposte sulle società, i prodotti ad alto contenuto di carbonio, i profitti sproporzionati del web, i guadagni dai giochi d’azzardo, le transazioni finanziarie, le tasse sulle società che vendono tabacco e prodotti alcoolici..) per garantire “beni comuni” richiederebbe due innovazioni istituzionali di tipo federale: la codecisione del Parlamento europeo (no taxation without represention) e il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio che sono all’opposto della logica confederale e che hanno non a caso suscitato nel Parlamento europeo le reticenze o le opposizioni dei gruppi dei Conservatori e Riformisti (ECR) dove siede Fratelli d’Italia e Identità e Democrazia (ID) dove siede la Lega. Giorgia Meloni ha chiesto più risorse per l’Italia a Ursula von der Leyen e siamo convinti che non ha usato la grottesca minaccia di Matteo Salvini e prima di lui di Matteo Renzi di interrompere i contributi italiani al bilancio europeo. La richiesta di più risorse per l’Italia non può tuttavia essere slegata dal tema della autonomia fiscale dell’Unione europea. Cone si dice in francese: non si può avere le beurre et l’argent du beurre.
- Last but not least, Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen hanno affrontato la questione delle politiche migratorie e dell’accoglienza di chi risiede l’asilo in territorio europeo e in particolare nei cosiddetti paesi di prima accoglienza. Come sappiamo l’Italia è al quinto posto nell’Unione europea per domande di asilo dopo la Germania, la Spagna, la Francia e la Grecia in dati assoluti ma è addirittura all’ottavo posto in percentuale ogni mille abitanti. Sull’accoglienza dei richiedenti asilo le posizioni del governo italiano e dell’Unione europea sono distanti anche se non tutte le ragioni stanno dalla parte di Bruxelles ed il torto da parte di Roma se si considerano le conclusioni fortemente critiche sul funzionamento della Agenzia Frontex e le troppo timide e inadeguate proposte della Commissione europea sulla riforma del Regolamento di Dublino. L’Italia deve rispettare i diritti fondamentali ed in particolare il principio della non-discriminazione e del salvataggio in mare di chi rischia la vita e l’Unione europea deve adottare politiche più efficaci per la gestione dei flussi migratori anche attraverso la creazione di corridoi umanitari a partire dai paesi di provenienza (=di fuga) e strumenti europei per rafforzare le politiche di accoglienza e di inclusione applicando il metodo delle decisioni adottate a maggioranza nel Consiglio in codecisione con il Parlamento europeo. Anche in questo caso le richieste di Giorgia Meloni a Bruxelles possono essere accolte solo se il governo italiano sarà pronto a sostenere un rafforzamento delle competenze e dei poteri dell’Unione europea.
Consentiteci per concludere alcune osservazioni di carattere generale.
Le richieste fatte da Giorgia Meloni a Bruxelles non trovano risposta, non perché “l’Europa è matrigna”, ma perché il potere di decidere o meglio di non decidere sta nelle mani di ventisette “patrigni”, che siedono nel Consiglio europeo e che difendono il principio del voto alla unanimità.
I parlamentari europei conservatori (e riformisti, ma che di riformismo hanno ben poco), a cui appartengono quelli di Fratelli d’Italia, assieme a quelli di Identità (Nazionale, che si accompagna grottescamente al sostantivo "democrazia") a cui appartengono quelli della Lega, difendono nel Parlamento Europeo il sistema patrigno confederale in materia di immigrazione, di risorse proprie e di potere fiscale europeo, di politica dell’energia e cioè tutte quelle questioni che ha sollevato Giorgia Meloni a Bruxelles e che sono bloccate a causa del sistema patrigno che la stessa Giorgia Meloni ha detto di voler rafforzare, restituendo poteri e competenze agli Stati nazionali.
Il metodo del sistema patrigno e cioè del potere largamente concentrato nelle mani dei governi che decidono alla unanimità giova del resto a quei paesi come la Polonia e l’Ungheria che si sono collocati ai margini o meglio al di fuori delle democrazie liberali con una violazione grave e persistente dello stato di diritto e a cui non si può applicare il principio massimo delle sanzioni previste dal trattato con la sospensione del diritto di voto mentre le regole europee consentono di sospendere le sovvenzioni finanziarie e la Corte di Giustizia ha il potere di condannare le violazioni del trattato.
Non sappiamo se nel colloquio fra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen sia stata affrontata la questione del rispetto dello stato di diritto ma temiamo che la presidente della Commissione non abbia chiesto al presidente del Consiglio italiana fino a che punto si spinga la solidarietà politica del governo italiano nei confronti dei sovranisti europei e se l’Italia difenderà l’applicazione delle condizionalità sui fondi europei e sul NGEU decise di comune accordo dal Consiglio nel dicembre 2021.
La sua difesa ossessiva della “Nazione” - e cioè di quella entità fondata su un’unica etnia - va esattamente nella direzione della difesa di una radicalizzazione del sistema patrigno, come vorrebbero il nuovo governo svedese, il governo polacco, il partito nazionalista spagnolo Vox e, seppure diviso dai suoi rapporti con Putin, il governo ungherese.
Pur non difendendo l’idea di radicalizzare il sistema patrigno, gli altri governi - ivi compreso quello tedesco, ma anche quelli austriaco e olandese - restano legati all’idea dell’Europa confederale, rappresentata dal Consiglio europeo che tanto piace a Giorgia Meloni.
La differenza fra un sistema confederale ed un sistema federale è rappresentata plasticamente dal modo in cui fu affrontata la crisi del debito in Grecia e in California.
Con la Grecia agì il sistema patrigno a danno della Grecia, ma anche di tutta l’Unione Europea, perché dopo anni di paralisi l’Unione fu costretta a pagare dieci volte di più di quello che avrebbe pagato se fosse subito intervenuta a sostegno del debito greco, imponendo fra l’altro ai Greci condizioni da usurai.
Se negli Stati Uniti fosse stato in vigore un sistema patrigno (=confederale), il Presidente avrebbe dovuto riunire tutti i Governatori degli Stati “confederati”, chiedendo loro di mettere mano al portafoglio per salvare la California.
Poiché gli Stati Uniti sono invece una Federazione, il Presidente usò i suoi poteri federali e la California fu salvata dal default.
Sarebbe meglio non usare l’espressione sbagliata “Europa matrigna”, con un linguaggio superficialmente giornalistico che non corrisponde alla realtà di una Unione Europea i cui difetti principali risiedono nel sistema patrigno.
Roma, 7 novembre 2022
ULTIME DA BRUXELLES
La Commissione europea sul rispetto del diritto dell’Unione:
in corso una valutazione con gli stati, per ora si viaggia come già previsto
Il 13 ottobre la Commissione europea ha reso nota la Comunicazione sull’applicazione del diritto dell’Unione “Enforcing EU law for a Europe that delivers” ([1]).
Nel documento, piuttosto deludente ([2]), si ribadisce con una certa enfasi- soprattutto nella prima parte- il carattere strategico che una corretta ed uniforme applicazione del diritto sovranazionale riveste per l’Unione in quanto “community of law based in common values shared by Member States”. Il principio del primato del diritto dell’Unione è fondato sul principio di eguaglianza di fronte ai Trattati ed è il prerequisito per l’equità, la democrazia ed il rispetto dei diritti fondamentali; la legge sovranazionale è la base di quello che l’Unione può fare nel mercato interno, nel guidare verso una transizione per realizzare un’Europa più verde e digitale, per proteggerne i valori e garantire un’ effettiva cooperazione giudiziaria e la sicurezza nei suoi territori (che sono sembrati alla Commissione i punti più rilevanti da sottolineare delle politiche in corso, con la discutibile rimozione di quelle sociali). Per questa ragione sono stati istituzionalizzati negli ultimi anni strumenti specifici che forniscono informazioni preziose per conoscere il grado di implementazione del diritto UE come l’annuale Rule of Law report, l’European democracy action plan, la rinnovata strategia per l’efficacia della Carta di Nizza ([3]). Il sistema può funzionare solo se la Commissione come “guardiano dei Trattati” riesce idoneamente a cooperare con gli stati membri (dai giudici nazionali alle “ National competion and regulatory authorities or statutory authorities like consumer or indipendent data protection supervisory authorities”) anche se le “ infringiment procedures” (di cui il rinvio alla Corte di giustizia rappresenta l’extrema ratio) restano essenziali.
La Comunicazione offre qualche esempio di interventi sovranazionali di sollecitazione a corrette applicazione della normativa UE come nel settore del riconoscimento delle qualifiche professionali, nel coordinamento tra i sistemi di sicurezza sociale (con conferme delle posizioni della Commissione da parte della Corte di giustizia), con il meccanismo della SOLVIT cooperation per risolvere problemi transfrontalieri anche grazie all’exspertise messa a disposizione dalla stessa Commissione, per rendere il prima possibile operative le “ new value- added tax (VAT) rules for e-commerce” ( entrate in vigore nel 2021).
Azioni specifiche risultano essere state promosse per proteggere, alla luce dell’art. 2 TUE e dell’art. 21 della Carta, le persone LGBTIQ e per difendere la libertà di informazione, a supporto della migrazione legale e dell’equo trattamento di cittadini di paesi terzi o per combattere l’hate speech (con il ricorso in questi ultimi casi anche alla Corte di giustizia). La Commissione intende rafforzare la cooperazione con le Corti nazionali, soprattutto attraverso lo strumento del rinvio pregiudiziale che offre informazioni essenziali sul rispetto del diritto dell’Unione negli stati, e per questo ha ritenuto di dover attivare procedure di infrazione per casi di violazione dei principi dell’ autonomia, primato, effettività ed uniforme applicazione del diritto UE, così come del rispetto dell’autorità della Corte di giustizia. I rinvii pregiudiziali sono, comunque, in sensibile incremento dai 385 nel 2010 agli attuali 567. Sforzi per evitare che si giunga alle procedure di infrazione sono stati compiuti in particolare nel settore Data protection (anche attraverso le autorità di supervisione interne) e con gli European Consumer Centres per rafforzare la consumer law sovranazionale, e con un’attività crescente di comitati, networks, gruppi di esperti in svariate materie (ad es. copyright, per il cosidetto mobility package, per facilitare la cooperazione amministrativa nel mercato interno) per chiarificare il significato delle norme ed orientare gli operatori economici ed i cittadini. Si ricordano meccanismi più specifici di monitoraggio come quello di valutazione sul funzionamento effettivo del sistema Schengen o i Report annuali sulla Rule of the law; buoni risultati sembra aver dato il cosidetto EU Pilot, cioè l’avvio di una sorta di procedimento pre-infrazione per casi non particolarmente sensibili ( si citano quelli sull’uso di codici IBAN o sull’accesso cross-border ai sistemi sanitari) e comunque nei quali un negoziato appare promettente (l’80% per casi azionati con l’EU Pilot è stato risolto positivamente).
Si ribadisce nettamente l’orientamento già consolidato a partire dal 2017 secondo il quale “The primacy purpose of the infringement procedure is to ensure that the Member States give effect to EU law in the general interest, not to provide individual redress. So the Commission’s strategic approach means that infrigment procedures rarely focus on individual matters, but rather on systemic and structural issues affecting a large number of persons in a given Member States or accross the Union”. Per i casi isolati che non mostrano una connessione con questioni di principio ( ad es. il mancato recepimento di una direttiva ) o con situazioni diffuse di interesse generale resta la via nazionale del ricorso al giudice comune: per ottenere il danno o la rimozione del provvedimento interno i singoli devono rivolgersi alle autorità giurisdizionali interne non essendo la Corte di giustizia neppure autorizzata ad ordinare ad uno stato membro di pagare i danni per l’avvenuta violazione del diritto dell’Unione (questo profilo può essere solo indirettamente affrontato, essendo il giudizio della Corte rivolto allo stato nella procedura di infrazione). Questa limitazione certamente appare problematica perché i rimedi interni possono non essere sempre idonei ad offrire al singolo un equo ristoro ([4]) ed anche, se non soprattutto, perché sembra emergere una discrezionalità amplissima da parte della Commissione difficilmente ricostruibile neppure ex post nel selezionare i casi da perseguire direttamente. A pag. 21 si ammette che la Commissione riceve ben 4000 esposti all’anno su violazioni dell’Unione e che vi è un approfondimento anche para-istruttorio solo laddove questi siano “related to sistemic or structural braches of EU law in Member States”. Si aggiunge comunque che nel 90% delle ipotesi in cui si profili una violazione del diritto dell’Unione si giunge ad una soluzione concordata, prima di arrivare ad adire la Corte di giustizia. Alcuni esempi vengono forniti di ricorso con successo alla procedura di infrazione (ed anche ad alcune sentenze della Corte di giustizia) come per l’Ambient Air Quality Directive (2008/50/EC) ([5]), nella protezione delle foreste europee, nel settore dei servizi e nell’accesso al pubblic procurament, nella geo-blocking regulation (contro la discriminazione nell’e-commerce in base della nazionalità o del paese di residenza dei consumatori): da ultimo (senza nominare lo stato coinvolto) si ricorda la procedura di infrazione contro la Polonia per il pensionamento anticipato dei suoi giudici ritenuto, per le sue modalità, pericoloso per l’autonomia e l’indipendenza del potere giudiziario. La Commissione sottolinea che il numero di infrazioni (che sono automatiche, anche per un solo giorno) per la mancata trasposizione di una direttiva entro la deadline sono in diminuzione così come quelle per una non corretta applicazione dei Trattati, della legislazione o delle decisioni, mentre sono in aumento i casi di infrazione aperti in seguito ad investigazioni adottate dalla stessa Commissione, frutto della decisione del 2016 di perseguire prioritariamente le ipotesi di interesse strategico europeo. Nelle due ultime pagine si sostiene che la Commissione avrebbe razionalmente nelle due crisi della pandemia e poi del conflitto in Ucraina ( e da ultimo con la crisi energetica) evitato che l’emergenza portasse gli stati a forme di violazione grave del diritto dell’Unione attivando però forme di flessibilizzazione delle regole (come ad esempio realizzato nella materia degli aiuti di stato con il Temporary frame work) o strumenti di pronto intervento e/o di indirizzo degli stati in settori sottoposti a tensioni straordinarie come l’immigrazione o gli scambi commerciali di gas o anche di cibo.
Si conclude annunciando che è allo studio con gli Stati membri come rendere più trasparente l’attività svolta per far rispettare il diritto dell’Unione e quali modifiche istituzionali si potrebbero introdurre in modo da poter aumentare l’effettività del sistema nel suo complesso: su questo la Commissione riferirà nel 2023.
In conclusione si tratta di un Documento interlocutorio, privo di proposte innovative, dal quale sembrerebbe emergere che nel complesso la rivolta contro il diritto dell’Unione e il suo primato promossa da Polonia ed Ungheria (cui oggi sembrerebbe volersi aggiungere il Governo Italiano) non ha portato ad una disubbidienza generalizzata o molto più intensa rispetto al passato. Nel complesso la Commissione sembra non aver perso il controllo della situazione obiettivamente resa più difficile dalle sfide alla “normatività sovranazionale” indotta dalle crisi legate alla pandemia ed alla guerra in corso nei territori europei. Forse emerge un sovraccarico della Corte di giustizia per l’accrescersi dei rinvii pregiudiziali ma nel complesso il sistema sinergico di controlli operati dalla Commissione in collaborazione con la Corte dell’Unione e gli stati membri (ed i loro organi giudiziari e amministrativi) sembra tenere, anche se la Commissione ha aperto un confronto per raggiungere una maggiore trasparenza ed efficacia nel rispetto del diritto dell’Unione. Sarà importante discutere le proposte che nel prossimo anno saranno definite perché molto alta è,invece, la convinzione nell’opinione pubblica paneuropea che vi si siano molte lacune nell’applicazione di questo diritto e che la discrezionalità di cui gode la Commissione sia eccessiva e troppo legata a valutazioni non strettamente giuridico- costituzionali. Un banco di prova saranno le imminenti decisioni se sospendere o meno i fondi del PNRR (o addirittura quelli di coesione) ad Ungheria e Polonia, decisioni rinviate in seguito ai negoziati in corso, alla luce del Regolamento sulla condizionalità del 2020 (2020/2092). Qui si vedrà come si bilanceranno saggezza politica e spirito di equilibrio con la tutela della rule of the law nei territori dell’Unione.
Giuseppe Papi Bronzini
[1] COM (2022) 518 final
[2] In una nota si avverte che la Comunicazione del 13 ottobre non sostituisce la precedente del 2016 –Com (2016) 8600- che “define the operational frame work and rules for the Commission’s action on complaint and infregements”.
[3] COM (2020) 711
[4] Come noto non è sufficiente che sia stato violato un diritto protetto dall’Unione per ottenere un ristoro a chi ne ha derivato un danno, ma occorre che ricorrano altri esigenti presupposti che attengono alla qualificazione della violazione per ottenere il risarcimento.
[5] Si valuta che l’intervento sovranazionale contro l’inquinamento abbia impedito decine di migliaia di decessi
8-9 novembre
- Incontro "PIÙ EUROPA. PIÙ SOCIALE, PIÙ VERDE, PIÙ GIUSTA. L’Europa dei lavoratori e dei giovani in mobilità", Bruxelles
10-13 novembre
- Forum Sociale Europeo Firenze
11 novembre
- “EUROPA DAL BASSO: PACE, DEMOCRAZIA E STATO DI DIRITTO” - “EUROPE FROM BELOW: PEACE, DEMOCRACY AND RULE OF LAW”
IN EVIDENZA
VI SEGNALIAMO
- 8-9 novembre 2022, Bruxelles. Incontro "Più Europa più sociale, più verde, più giusta. L’Europa dei lavoratori e dei giovani in mobilità" promosso da ACLI Aps, EZA, Federazione Acli Internazionali, Giovani delle Acli. Il progetto in cui si inserisce l'iniziativa riguarda le seguenti tematiche: la crescente consapevolezza degli europei in merito alla transizione energetica verso un consumo consapevole delle risorse e il rispetto dell'ambiente; l'applicazione del pilastro europeo dei diritti sociali per una maggiore inclusione e sostegno dei lavoratori mobili per l'investimento nelle politiche di genere e per la riduzione della povertà educativa; la sensibilizzazione dei giovani lavoratori europei a elevare i valori della pace e del rispetto della persona. PROGRAMMA.
- 10-13 novembre 2022, Firenze. A vent'anni dal primo Forum Sociale Europeo, 2022Firenze vuole essere un'ulteriore occasione, insieme ad altre che si stanno svolgendo in Europa, per favorire la convergenza degli attori sociali, delle organizzazioni e dei movimenti sociali europei, dopo un lungo periodo di frammentazione geografica e tematica e in un momento tragico. MAGGIORI INFORMAZIONI e PROGRAMMA.
- Venerdì 11 novembre 2022, Firenze, ore 11:00-16:30. “EUROPA DAL BASSO: PACE, DEMOCRAZIA E STATO DI DIRITTO” - “EUROPE FROM BELOW: PEACE, DEMOCRACY AND RULE OF LAW” una iniziativa promossa da Movimento Europeo Italia in collaborazione con Citizens Take Over Europe, Movimento Federalista Europeo, Gioventù Federalista Europea, MEDEL (Magistrati europei per la democrazia e le libertà), Natura Comune, Eumans, Union of European Federalists, JEF Europe, Casa di Jean Monnet-Parlamento europeo, Democracy International, nel quadro del Forum Sociale Europeo (European Social Forum), che si terrà a Firenze dal 10 al 13 novembre. ISCRIVITI. PROGRAMMA DETTAGLIATO.
ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA
- Lettera a Bruno Vespa: affermazioni del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, di Paolo Ponzano (4/11/2022)
L'ABC DELL'EUROPA DI VENTOTENE
PICCOLO DIZIONARIO ILLUSTRATO
Spinelli, Altiero - L'ABC dell'Europa di Ventotene
Continua la pubblicazione a puntate del dizionario illustrato "L'ABC dell'Europa di Ventotene" a cura di Nicola Vallinoto e illustrazioni di Giulia Del Vecchio (Ultima Spiaggia, Genova-Ventotene 2022, seconda edizione, licenza Creative Commons).
Spinelli Altiero, di Piero Graglia
Altiero Spinelli nasce alle sei della mattina del 31 agosto del 1907, a Roma, secondo figlio di Carlo e di Maria Ricci. Entrambi i genitori erano nati a Chieti nello stesso anno, il 1881; Carlo Spinelli era figlio di Alessandro e di Teresa Crescuoli; Maria Ricci figlia di Cesario e Filomena Zulli. Nel 1905 si erano uniti in matrimonio davanti al sindaco di Roma. Gli inizi della famiglia non sono facili e non si naviga nel lusso. La madre è maestra elementare. Il padre, dopo un periodo da ribelle che comprende una fuga a Rio De Janeiro per evitare il servizio militare, viene nominato nel 1907 al servizio del Regio Ispettorato delle scuole italiane all’estero e destinato un anno dopo in Brasile, dove resterà con la famiglia fino ai primi mesi del 1912.
Continua su: https://www.peacelink.it/europace/a/49122.html
DOCUMENTI TEMATICI
Settimana 1-7 novembre 2022
CAMPAGNA DI INFORMAZIONE SULL'EUROPA
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