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La “bussola strategica”, la navigazione dell’Unione europea e l’obiettivo federale

Secondo la dottrina federalista i due elementi essenziali della sovranità nazionale sono la moneta come strumento della politica economica e la spada e cioè la difesa come strumento essenziale della politica estera.

In tutti i sistemi federali gli Stati federati rinunciano alla competenza sulla politica monetaria e alla competenza sulla difesa che è attribuita nel primo caso ad una Banca Centrale che agisce nell’interesse della politica economica della federazione e nel secondo caso al governo federale che agisce nell’interesse della federazione e degli Stati federati.

In alcune federazioni come quella statunitense, accanto all’esercito federale ogni Stato federato ha una “guardia nazionale” che fa capo all’esercito e all’aeronautica ma non alla marina, è formata da soldati riservisti e interviene normalmente nel caso di disastri naturali ma che è stata mobilitata nel 2021 dopo l’assalto al Campidoglio dei seguaci di Donald Trump e che può essere chiamata dal governo federale a supporto dell’esercito federale.

Il passaggio dell’Unione europea dalla sua forma ibrida (sui generis, ha sentenziato la Corte di Giustizia) di un sistema in parte confederale, in parte funzionalista e in parte federale ad un modello federale richiederebbe agli Stati che accetteranno di farne parte la rinuncia alla sovranità assoluta non soltanto nel campo della politica monetaria come è avvenuto con l’euro e con la BCE ma anche della difesa come componente della politica estera e della sicurezza.

Contrariamente ai sistemi federali che esistono nel mondo, la realtà storica e politica dell’Unione europea nel quadro dell’Alleanza Atlantica e della NATO impedisce di mettere sullo stesso piano la moneta unica (che il governo britannico avrebbe voluto che fosse una moneta comune accanto alle monete nazionali) e la difesa che potrà e dovrà essere comune ma non unica.

L’esempio della moneta unica può essere applicato alla difesa invece per quanto riguarda il metodo dell’integrazione differenziata sia per la presenza nell’Unione di Stati che non fanno parte della NATO (Austria, Finlandia, Irlanda, Malta e Svezia) sia per gli ostacoli politici sulla rinuncia totale alla sovranità assoluta in questo campo così come la moneta appartiene a diciannove paesi membri su ventisette.

L’idea di un esercito comune limitato alla Francia e al Regno Unito fu lanciata da Winston Churchill nel 1940 ma fu respinta dalla Francia, fu ripresa da Luigi Einaudi nel 1943 come elemento costitutivo – o costituzionale – di una futura federazione europea e fu considerato un obiettivo evidente della Comunità Europea di Difesa nel 1952 prima che essa fosse affossata nel 1954 dall’Assemblea nazionale francese la cui opposizione fu facilitata dal fatto che il Trattato non era ancora stato ratificato dal Parlamento italiano.

Come un fiume carsico l’idea della difesa comune (ma non unica) ha attraversato la storia dell’integrazione europea durante tutta la sua storia ma è rimasta sempre sommersa e non ha mai trovato il sostegno esplicito di un governo nazionale nemmeno nelle fasi più difficili della guerra fredda e sembrava essere stata accantonata dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989.

Nonostante la prospettiva dell’allargamento ad Est dell’Unione europea con il Trattato di Maastricht del 1993 e della richiesta dei paesi dell’ex Patto di Varsavia di aderire alla NATO, l’idea della difesa comune non fu presa seriamente in considerazione fino al 1999 quando il Consiglio europeo di Helsinki e poi quello di Colonia decisero che entro il 2003 avrebbe dovuto essere costituito un “corpo d’armata europeo” di 50-60.000 soldati.

Non se ne è fatto nulla e il fiume carsico della difesa comune si è di nuovo sommerso malgrado le sfide alla sicurezza europea nel ventunesimo secolo.

Tutte le decisioni in materia di impegni militari dell’Unione europea fino al 2019 hanno rappresentato una pallida e inconsistente immagine esterna e interna dell’idea della difesa comune che tuttavia appariva necessaria per la crescente aggressività di Vladimir Putin e per la politica estera di Donald Trump.

Nell’ottobre 2019 l’SPD lanciò l’idea di un ventottesimo esercito europeo a cui non seguirono iniziative simili in altri paesi europei o atti coerenti delle istituzioni europee dopo l’annuncio della nuova Commissione europea di dotare l’Unione europea di una dimensione geopolitica.

La “bussola strategica” proposta nel novembre 2021, quando già provenivano da Mosca segnali minacciosi per la sicurezza dell’Unione europea e dei paesi vicini dopo l’invasione della Crimea nel 2014, e di fatto rimasta immutata all’indomani dell’aggressione all’Ucraina nel testo accolto dai ministri degli esteri il 21 marzo e dal Consiglio europeo del 24-25 marzo – con l’obiettivo di una brigata di 5000 soldati entro il 2025 al contrario del corpo d’armata deciso a Helsinki nel 1999 - è una risposta grottesca all’dea di una difesa comune e al principio stesso della “bussola” che dovrebbe servire ad orientare la navigazione dell’Unione europea.

Fra i governi non c’è nessuna volontà di creare un’efficace e consistente difesa comune a cominciare dalle decisioni dei governi tedesco e italiano di aumentare le spese militari nazionali fino al 2% del PIL senza nessun riferimento ad investimenti comuni europei e contrariamente e quel che ha dichiarato Mario Draghi nella conferenza stampa a chiusura del Consiglio europeo.

Per creare una difesa comune ci vuole una politica estera e della sicurezza federale con la responsabilità di un governo federale chiamato a rispondere davanti al Parlamento europeo secondo il principio che fu indicata nel progetto Spinelli del 1984 ispirato dall’art. 11 della costituzione italiana “l’Unione europea ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà dei popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Per far questo l’Unione europea deve abbandonare la dimensione confederale del Consiglio europeo dove si confrontano solo apparenti interessi nazionali e intraprendere la via dell’unità politica fra i paesi pronti ad accettare una sovranità condivisa secondo un metodo democratico costituente.

Roma, 28 marzo 2022   

coccodrillo

 

 

 

 

 

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