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1) Dalla “carta dei patrioti” alla dichiarazione di Varsavia:

I nostri followers ricordano il rumoroso annuncio estivo - ripreso con incomprensibile enfasi da quasi tutta la stampa italiana - secondo cui stava nascendo in Europa un partito di patrioti e i deputati eletti al Parlamento europeo si sarebbero uniti in un unico gruppo politico, terza forza europea, destinato a sconvolgere gli equilibri a Strasburgo e a Bruxelles a metà legislatura.

Già prima della firma della “carta” i patrioti tedeschi, svedesi e danesi avevano deciso di scendere da quell’improbabile convoglio.

Avevamo previsto che non ci sarebbe stato né un unico partito europeo né un unico gruppo politico.

Così è stato perché a Varsavia dieci partiti nazionali trainati dai francesi di Marine Le Pen hanno deciso di cooperare ma non di unirsi avendo perso per strada la Lega di Salvini rimasta in Italia dopo aver fiutato l’aria di una cocente sconfitta e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni che ha preferito sacrificare sull’altare delle poltrone europee il fascio di tutti i sovranisti europei.

Continuiamo a guardare con stupore la schizofrenia dei due semi-alleati italiani, divisi in patria dal governo Draghi e in Europa dalla maggioranza “ursula”.

 

**************

 

2) L’eurodelirio su cui vanno vagheggiando da alcune settimane gazzettini di scadente carta stampata di destra e estrema destra (Il Tempo, La verità, Libero, Il Secolo d’Italia, Il Giornale) è quello dei giornalisti che affastellano disinformazioni europee.

Prima il giovine Giubilei ha attribuito alla Commissione europea o ancor di più all’ignara Ursula von der Leyen la volontà di censurare il Natale.

Poi Il Secolo d’Italia, diretto in altri tempi dall’antesignano del razzismo in salsa fascista Giorgio Almirante, è caduto nella trappola dell’influencer Riccardo Simonetti che si è autoattribuito il titolo di ambasciatore dell’Ue per di diritti dei transgender.

Infine l’onnipresente e tuttologo Franco Bechis su Il Tempo accusa Ursula von der Leyen di voler picconare le case degli italiani con tanto di fotomontaggio con volto truce e piccone fra le braccia.

Con tutto il rispetto per la libertà di stampa e anche per la libertà di scrivere sciocchezze riteniamo che l’ordine dei giornalisti dovrebbe inviare ai suoi iscritti delle raccomandazioni per evitare la diffusione degli euro-deliri.

 

 

 

 

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Dal Trattato di Maastricht alla costituzione europea

Il Trattato che istituì l’Unione europea, lasciandosi alle spalle i trattati di Roma del 1957 e l’Atto Unico europeo del 1986, fu firmato nel Centro Congressi della città olandese di Maastricht - al confine fra la Germania unificata, il Belgio e la Francia - nella notte fra il 10 e l’11 dicembre 1991 dai capi di Stato e di governo degli allora dodici paesi membri delle Comunità europee.

L’idea di un nuovo trattato era nata nella riunione dei ministri delle finanze europei a Nyborg nel 1988 con la convinzione che non ci poteva essere mercato unico senza moneta unica.

Nel 1989 e dopo la caduta del Muro di Berlino si era aggiunta la consapevolezza che serviva una “unione politica” per rispondere alla fine dell’imperialismo sovietico e alla prospettiva di accogliere nelle Comunità europee i paesi dell’Europa centrale e orientale che si preparavano a conquistare o riconquistare la democrazia secondo un modello liberale.

Fu così che, dopo aver lasciato alla Germania federale il tempo per completare la sua unificazione con i Laender della ex-Germania orientale, furono convocate a Roma nel dicembre 1990 due conferenze intergovernative dedicate all’Unione economica e monetaria e all’Unione politica.

L’avvio delle due Conferenze fu preceduto da tre giorni di “assise interparlamentari sul futuro dell’Europa” promosse dal Parlamento italiano, dalla Camera dei Rappresentanti belga e dal Parlamento europeo che si conclusero con la richiesta a maggioranza di realizzare la finalità federale del processo di integrazione europea iscritta nella Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950.

Da notare che – contrariamente alle successive “convenzioni” sulla Carta dei diritti (2000) e sulla cosiddetta costituzione europea (2002-2003) – alle assise non furono invitati i governi nazionali e i parlamentari nazionali ed europei presero posto nell’emiciclo di Montecitorio su proposta di Marco Pannella in ordine alfabetico sconvolgendo la divisione per delegazioni nazionali che era stata pretesa ma fortunatamente non ottenuta dal rappresentante dei parlamentari francesi Laurent Fabius sostenuto dai  parlamentari britannici.

Dopo un anno di negoziati intergovernativi e di dialogo con il Parlamento europeo nel quadro delle “conferenze interistituzionali parallele”, fu raggiunto un accordo sul nuovo trattato che unificava gli aspetti economici e monetari da una parte e quelli politici dall’altra.

Come sanno gli studiosi dell’integrazione europea, il nuovo trattato rischiò di impantanarsi nelle procedure per le ratifiche nazionali in minima parte per il primo “nej” nel referendum danese ma soprattutto per le molte reticenze dell’opinione pubblica francese che si espresse attraverso una esigua maggioranza con un “oui” nel referendum convocato da François Mitterrand.

Lo stesso Mitterrand aveva cercato di sormontare il “nej” danese proponendo agli altri dieci governi di uscire tutti insieme dalle Comunità europee e di firmare il Trattato di Maastricht come se fosse un accordo internazionale al di fuori delle Comunità lasciando da solo il Regno di Danimarca nei trattati comunitari ma dovette abbandonare la sua idea per l’opposizione britannica condivisa silenziosamente dagli altri governi che non volevano separarsi dal Regno Unito.

Tutto quello che è avvenuto in questi trenta anni dalla notte fra il 10 e l’11 dicembre 1991 ha progressivamente messo a nudo i difetti del Trattato di Maastricht a cominciare dalla mancanza di un calendario vincolante per la realizzazione dell’Unione politica, peraltro molto confusa nel testo di compromesso, nell’illusoria convinzione che il processo di integrazione europea potesse viaggiare su un teorico piano inclinato che ci avrebbe dovuto condurre automaticamente dalla moneta unica alla federazione europea.

Così non è avvenuto ed anzi con il Trattato di Lisbona il piano si è inclinato in senso inverso verso un modello intergovernativo o confederale con la prevalenza del Consiglio europeo nel sistema di decisione attraverso procedure ultra vires se si considera la lettera e la sostanza dell’art. 15 del Trattato sull’Unione europea sui poteri del Vertice dei Capi di stato o di governo.

La lista dei “left over” del Trattato di Maastricht è molto lunga e per anni abbiamo pagato le conseguenze del compromesso raggiunto nella notte fra il 10 e l’11 dicembre fra i dodici governi con la connivenza della Commissione europea presieduta dal francese Jacques Delors e per l’incapacità del Parlamento europeo di opporsi a un compromesso zoppo.

Non c’erano nel nuovo trattato gli elementi essenziali per affiancare o meglio per sovrapporre all’Unione (economica e) monetaria una vera Unione politica che era invece apparsa indispensabile per consentire l’ingresso dei paesi dell’Europa centrale e orientale nel sistema comunitario senza squilibrarlo.

Non c’erano nel rapporto sulla moneta unica e poi nel trattato le condizioni per evitare quella che Carlo Azeglio Ciampi aveva definito la “zoppia” dell’Unione economica e monetaria.

Si vollero invece aggiungere nel Trattato e poi nel famigerato  “Patto di stabilità”, a cui il primo ministro francese Lionel Jospin fece associare l’ipocrita parola “e di crescita”, rigidi parametri per l’ingresso e la permanenza nella moneta unica da cui sono emerse tutte le regole della governance economica che sono state alla base dell’austerità e del rigore con cui si è tentato erroneamente di  far fronte alla crisi finanziaria esplosa mentre i governi europei raggiungevano un accordo sul Trattato di Lisbona nel 2007.

Non c’era una visione unitaria del processo di integrazione europea frammentata in tre pilastri (quello comunitario, quello della politica estera e quello della sicurezza interna) all’interno di un sistema che Giulio Andreotti definì sarcasticamente “un tempio bizantino”.

Non c’erano infine gli strumenti per combattere le diseguaglianze fra paesi, regioni e classi sociali perché la dimensione sociale fu relegata in un modesto protocollo allegato al trattato che il Regno Unito si rifiutò inizialmente di firmare pur consentendo agli undici di firmarlo fra di loro.

A trent’anni dall’accordo di Maastricht l’integrazione europea è ancora drammaticamente incompleta e le esperienze vissute ci devono spingere a riflettere su un nuovo progetto, un nuovo metodo e una nuova agenda.

Torneremo su queste esigenze il 20 dicembre 2021 riprendendo le nostre riflessioni e le nostre proposte per una costituzione federale europea.

 

coccodrillo

 

 

 

 

 

 

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La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione a partire dalla Conferenza sul futuro dell’Europa.

Come sapete, la Conferenza è stata avviata il 9 maggio 2021 a Strasburgo e dovrebbe concludersi nella prossima primavera.

Ecco l’indice della nostra newsletter

- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Rubrica “Pillole d’Europa

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

- Attiriamo la vostra attenzione

- Agenda della settimana a cura del Movimento Europeo Internazionale

- La Conferenza sul futuro dell'Europa

- Next Generation EU a cura di Euractiv

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 

 

 

 

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 L'EDITORIALE

Dal Trattato di Maastricht alla costituzione europea

Il Trattato che istituì l’Unione europea, lasciandosi alle spalle i trattati di Roma del 1957 e l’Atto Unico europeo del 1986, fu firmato nel Centro Congressi della città olandese di Maastricht - al confine fra la Germania unificata, il Belgio e la Francia - nella notte fra il 10 e l’11 dicembre 1991 dai capi di Stato e di governo degli allora dodici paesi membri delle Comunità europee.

L’idea di un nuovo trattato era nata nella riunione dei ministri delle finanze europei a Nyborg nel 1988 con la convinzione che non ci poteva essere mercato unico senza moneta unica.

Nel 1989 e dopo la caduta del Muro di Berlino si era aggiunta la consapevolezza che serviva una “unione politica” per rispondere alla fine dell’imperialismo sovietico e alla prospettiva di accogliere nelle Comunità europee i paesi dell’Europa centrale e orientale che si preparavano a conquistare o riconquistare la democrazia secondo un modello liberale.

Fu così che, dopo aver lasciato alla Germania federale il tempo per completare la sua unificazione con i Laender della ex-Germania orientale, furono convocate a Roma nel dicembre 1990 due conferenze intergovernative dedicate all’Unione economica e monetaria e all’Unione politica.

L’avvio delle due Conferenze fu preceduto da tre giorni di “assise interparlamentari sul futuro dell’Europa” promosse dal Parlamento italiano, dalla Camera dei Rappresentanti belga e dal Parlamento europeo che si conclusero con la richiesta a maggioranza di realizzare la finalità federale del processo di integrazione europea iscritta nella Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950.

Da notare che – contrariamente alle successive “convenzioni” sulla Carta dei diritti (2000) e sulla cosiddetta costituzione europea (2002-2003) – alle assise non furono invitati i governi nazionali e i parlamentari nazionali ed europei presero posto nell’emiciclo di Montecitorio su proposta di Marco Pannella in ordine alfabetico sconvolgendo la divisione per delegazioni nazionali che era stata pretesa ma fortunatamente non ottenuta dal rappresentante dei parlamentari francesi Laurent Fabius sostenuto dai  parlamentari britannici.

Dopo un anno di negoziati intergovernativi e di dialogo con il Parlamento europeo nel quadro delle “conferenze interistituzionali parallele”, fu raggiunto un accordo sul nuovo trattato che unificava gli aspetti economici e monetari da una parte e quelli politici dall’altra.

Come sanno gli studiosi dell’integrazione europea, il nuovo trattato rischiò di impantanarsi nelle procedure per le ratifiche nazionali in minima parte per il primo “nej” nel referendum danese ma soprattutto per le molte reticenze dell’opinione pubblica francese che si espresse attraverso una esigua maggioranza con un “oui” nel referendum convocato da François Mitterrand.

Lo stesso Mitterrand aveva cercato di sormontare il “nej” danese proponendo agli altri dieci governi di uscire tutti insieme dalle Comunità europee e di firmare il Trattato di Maastricht come se fosse un accordo internazionale al di fuori delle Comunità lasciando da solo il Regno di Danimarca nei trattati comunitari ma dovette abbandonare la sua idea per l’opposizione britannica condivisa silenziosamente dagli altri governi che non volevano separarsi dal Regno Unito.

Tutto quello che è avvenuto in questi trenta anni dalla notte fra il 10 e l’11 dicembre 1991 ha progressivamente messo a nudo i difetti del Trattato di Maastricht a cominciare dalla mancanza di un calendario vincolante per la realizzazione dell’Unione politica, peraltro molto confusa nel testo di compromesso, nell’illusoria convinzione che il processo di integrazione europea potesse viaggiare su un teorico piano inclinato che ci avrebbe dovuto condurre automaticamente dalla moneta unica alla federazione europea.

Così non è avvenuto ed anzi con il Trattato di Lisbona il piano si è inclinato in senso inverso verso un modello intergovernativo o confederale con la prevalenza del Consiglio europeo nel sistema di decisione attraverso procedure ultra vires se si considera la lettera e la sostanza dell’art. 15 del Trattato sull’Unione europea sui poteri del Vertice dei Capi di stato o di governo.

La lista dei “left over” del Trattato di Maastricht è molto lunga e per anni abbiamo pagato le conseguenze del compromesso raggiunto nella notte fra il 10 e l’11 dicembre fra i dodici governi con la connivenza della Commissione europea presieduta dal francese Jacques Delors e per l’incapacità del Parlamento europeo di opporsi a un compromesso zoppo.

Non c’erano nel nuovo trattato gli elementi essenziali per affiancare o meglio per sovrapporre all’Unione (economica e) monetaria una vera Unione politica che era invece apparsa indispensabile per consentire l’ingresso dei paesi dell’Europa centrale e orientale nel sistema comunitario senza squilibrarlo.

Non c’erano nel rapporto sulla moneta unica e poi nel trattato le condizioni per evitare quella che Carlo Azeglio Ciampi aveva definito la “zoppia” dell’Unione economica e monetaria.

Si vollero invece aggiungere nel Trattato e poi nel famigerato  “Patto di stabilità”, a cui il primo ministro francese Lionel Jospin fece associare l’ipocrita parola “e di crescita”, rigidi parametri per l’ingresso e la permanenza nella moneta unica da cui sono emerse tutte le regole della governance economica che sono state alla base dell’austerità e del rigore con cui si è tentato erroneamente di  far fronte alla crisi finanziaria esplosa mentre i governi europei raggiungevano un accordo sul Trattato di Lisbona nel 2007.

Non c’era una visione unitaria del processo di integrazione europea frammentata in tre pilastri (quello comunitario, quello della politica estera e quello della sicurezza interna) all’interno di un sistema che Giulio Andreotti definì sarcasticamente “un tempio bizantino”.

Non c’erano infine gli strumenti per combattere le diseguaglianze fra paesi, regioni e classi sociali perché la dimensione sociale fu relegata in un modesto protocollo allegato al trattato che il Regno Unito si rifiutò inizialmente di firmare pur consentendo agli undici di firmarlo fra di loro.

A trent’anni dall’accordo di Maastricht l’integrazione europea è ancora drammaticamente incompleta e le esperienze vissute ci devono spingere a riflettere su un nuovo progetto, un nuovo metodo e una nuova agenda.

Torneremo su queste esigenze il 20 dicembre 2021 riprendendo le nostre riflessioni e le nostre proposte per una costituzione federale europea.

 

coccodrillo

 

 

 


PILLOLE D'EUROPA

1) Dalla “carta dei patrioti” alla dichiarazione di Varsavia:

I nostri followers ricordano il rumoroso annuncio estivo - ripreso con incomprensibile enfasi da quasi tutta la stampa italiana - secondo cui stava nascendo in Europa un partito di patrioti e i deputati eletti al Parlamento europeo si sarebbero uniti in un unico gruppo politico, terza forza europea, destinato a sconvolgere gli equilibri a Strasburgo e a Bruxelles a metà legislatura.

Già prima della firma della “carta” i patrioti tedeschi, svedesi e danesi avevano deciso di scendere da quell’improbabile convoglio.

Avevamo previsto che non ci sarebbe stato né un unico partito europeo né un unico gruppo politico.

Così è stato perché a Varsavia dieci partiti nazionali trainati dai francesi di Marine Le Pen hanno deciso di cooperare ma non di unirsi avendo perso per strada la Lega di Salvini rimasta in Italia dopo aver fiutato l’aria di una cocente sconfitta e Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni che ha preferito sacrificare sull’altare delle poltrone europee il fascio di tutti i sovranisti europei.

Continuiamo a guardare con stupore la schizofrenia dei due semi-alleati italiani, divisi in patria dal governo Draghi e in Europa dalla maggioranza “ursula”.

 

**************

 

2) L’eurodelirio su cui vanno vagheggiando da alcune settimane gazzettini di scadente carta stampata di destra e estrema destra (Il Tempo, La verità, Libero, Il Secolo d’Italia, Il Giornale) è quello dei giornalisti che affastellano disinformazioni europee.

Prima il giovine Giubilei ha attribuito alla Commissione europea o ancor di più all’ignara Ursula von der Leyen la volontà di censurare il Natale.

Poi Il Secolo d’Italia, diretto in altri tempi dall’antesignano del razzismo in salsa fascista Giorgio Almirante, è caduto nella trappola dell’influencer Riccardo Simonetti che si è autoattribuito il titolo di ambasciatore dell’Ue per di diritti dei transgender.

Infine l’onnipresente e tuttologo Franco Bechis su Il Tempo accusa Ursula von der Leyen di voler picconare le case degli italiani con tanto di fotomontaggio con volto truce e piccone fra le braccia.

Con tutto il rispetto per la libertà di stampa e anche per la libertà di scrivere sciocchezze riteniamo che l’ordine dei giornalisti dovrebbe inviare ai suoi iscritti delle raccomandazioni per evitare la diffusione degli euro-deliri.

 

 


IN EVIDENZA

VI SEGNALIAMO

  • 14 dicembre 2021, ore 17:30-19:30 incontro online “L’Italia e la Conferenza sul futuro dell'Europa dopo la firma del Trattato del Quirinale” promosso e organizzato dal Movimento Federalista Europeo. I federalisti europei incontrano i rappresentanti italiani nella Conferenza. PROGRAMMA. LINK zoom per partecipare.
  • 15 dicembre 2021, ore 11:00-13:00, l’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e Istituzionale organizza un incontro nel quale si discuterà della pubblicazione del volume di Stefano Rolando "Comunicazione pubblica come teatro civile - Governare la spiegazione. Una riforma importante nella pandemia e dopo" con prefazione di Giuseppe De Rita. L'incontro ha l'obiettivo di discutere e riconsiderare, alla luce di quanto vissuto negli ultimi 18 mesi di pandemia, numerosi aspetti di "urgenza collettiva" quali le Istituzioni, le professioni, il sistema sociale, la ricerca e le Università. LOCANDINA EVENTO. Per partecipare, inviare una email a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
  • 15 dicembre 2021, ore 18:00, incontro online dell’Associazione La Prora “Attualità del Manifesto di Ventotene”. Il Presidente del Movimento Europeo Italia Pier Virgilio Dastoli dialogherà sul tema con il prof. Claudio Cressati, responsabile scientifico del CDE (Centro Documentazione Europea) dell’Università degli Studi di Udine “Guido Comessatti”, via Web TV sul canale YouTube dell'Associazione (https://bit.ly/Web_TV_LaProra). LOCANDINA.
  • 15 dicembre 2021, ore 16:00, terzo webinar del ciclo "La riforma del Patto di Stabilità e Crescita e della governance economica europea", organizzato da EURACTIV Italia e CesUE con il sostegno della Rappresentanza in Italia della Commissione Europea e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. In diretta sul sito di EURACTIV Italia e CesUE e sui canali Facebook, Twitter e Youtube. PROGRAMMA
  • 20 dicembre 2021, ore 9:30, primo panel dei cittadini europei in Lombardia nell’ambito della Conferenza sul Futuro dell’Europa. L’evento è organizzato da Europe Direct Lombardia e sarà un’occasione per discutere di giustizia sociale, occupazione, istruzione e cultura. L’iniziativa si terrà interamente in remoto sulla piattaforma Zoom. Il programma dell’evento e le modalità di partecipazione saranno disponibili a breve sul sito www.europedirect.regione.lombardia.it. Maggiori informazioni sono disponibili QUI.

 

ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

 

 


ATTIRIAMO LA VOSTRA ATTENZIONE

A ottanta anni dalla scrittura del Manifesto di Ventotene “per una Europa libera e unita” è importante far conoscere alle giovani generazioni il pensiero e l’azione di Altiero Spinelli che, dopo dieci anni di carcere e sei di confino, dedicò tutta la sua vita all’obiettivo di unificare il continente europeo nella prospettiva di un nuovo ordine mondiale superando il principio della sovranità assoluta e la divisione in Stati-nazione che, per gli autori del Manifesto, erano stati la causa dei due conflitti mondiali.

La risposta federale, che aveva l’obiettivo di unire nel rispetto delle diversità ma sulla base dei valori della pace e della democrazia, era considerata da Spinelli come la soluzione della crisi della civiltà moderna vissuta oggi dalle giovani generazioni che subiscono nuove sfide di fronte alle quali gli Stati non sono in grado di reagire ciascuno per sé: la precarietà, il cambiamento climatico, il disprezzo della dignità umana, l’uso spesso distorto delle nuove tecnologie dell’informazione considerate come un fine e non come uno strumento al servizio di una società più inclusiva,  la fragilità dei sistemi democratici e l’inadeguatezza della democrazia partecipativa.

Per queste ragioni l’iniziativa di Melfi, promossa dalla Fondazione e dalla Associazione Nitti, dal Comune e dalla Università della Basilicata è molto importante ed esemplare perché i giovani studenti ne sono stati i protagonisti. Spero che ci siano presto altre iniziative simili nel quadro del dibattito sul futuro dell’Europa.

Pier Virgilio Dastoli, Presidente del Movimento europeo in Italia e membro del Comitato scientifico italiano per la Conferenza sul futuro dell’Europa.

 

Leggi l’articolo: “Spinelli, un profeta dell’Europa unita” (Il Quotidiano della Basilicata).

 

 


   AGENDA EUROPEA

13-19 December 2021

Monday 13 December

Tuesday 14 December

Wednesday 15 December

Thursday 16 December

Friday 17 December

 

 


LA CONFERENZA SUL FUTURO DELL'EUROPA

 

 


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