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1) La lettura de La Repubblica, un quotidiano con una sua dignitosa storia di giornalismo informato e indipendente ora divenuto un gazzettino alle dipendenze di Palazzo Chigi, riserva sorprese giornaliere.
Secondo Claudio Tito, un corrispondente da Bruxelles che si muove ancora con difficoltà di deambulazione informativa nel palazzi delle istituzioni europee, alla « UE passa la linea Draghi (in materia di tamponi, ndr) » mentre è noto che il governo italiano è rimasto in una non splendida minoranza.
Aggiungiamo una chicca di ignoranza istituzionale: secondo Giovanna Vitale Frans Timmermans è « delegato socialista al clima e al Green Deal », una apparente delega che striderebbe con il suo mandato - indipendente da stati e partiti - di vicepresidente della Commissione europea con l’incarico guarda caso del clima e del Green Deal.
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2)Contrariamente a quel che scrive Libero Quotidiano, Mario Draghi ha inviato a Giorgia Meloni un messaggio opposto all’idea di un patriottismo nazionalista.
Ha chiesto che a marzo il Consiglio Europeo adotti la “bussola strategica” in cui si superi in politica estera il metodo confederale del voto all’unanimità.
Ha sostenuto la necessità di corridoi umanitari per facilitare l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei migranti.
Last but not least ha chiesto di superare la divisione dell’Europa in stati nazione nella prospettiva di un unico stato europeo.
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3)Ancora una volta il sistema confederale su cui si fonda il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea ha dimostrato la sua inefficienza su un tema essenziale per la vita delle cittadine e dei cittadini europei: la questione energetica strettamente legata alla difesa dell’ambiente.
Non c’è stato accordo unanime sullo scambio di quote CO2 e sulla tassonomia verde dove alcuni governi sostengono il nucleare e il gas come fonti per la transizione energetica.
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4) Fratelli d’Italia si è inventato la fakenews sul divieto europeo nella vendita o affitto degli immobili non a norma ambientale e ora si inventa la marcia indietro della Commissione europea “grazie alle sue proteste”.
Doppia fakenews e eurodelirio.
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5)Anche il governo italiano, come quello tedesco, ha deciso di fare il salto federale: Mario Draghi ha sostenuto la necessità di una unione politica affermando che cittadine e cittadini europei devono sentire di appartenere a un solo stato.
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6)Ricordiamo Antonio Megalizzi nel terzo anniversario del suo assassinio a Strasburgo (14 dicembre 2018 - 14 dicembre 2021)
Occorre la volontà di essere solidali nell’attesa della riforma dei Trattati
Nella seconda parte del 2021, si sono tenuti importanti vertici internazionali, che hanno sottolineato l’urgenza di dover salvare il pianeta senza perdere ulteriore tempo. L’urgenza è stata il leitmotiv di ognuna di queste riunioni.
Ma cosa comporta tutto ciò nel contesto economico attuale, caratterizzato da squilibri macroeconomici tra Stati, la presenza preponderante di PMI, e soprattutto in un contesto ancora non stabilizzato - anche se in netto miglioramento rispetto alla crisi economica e sociale che abbiamo appena affrontato?
Queste sono le domande che sollevano molte perplessità tra i cittadini europei e alle quali da parte delle istituzioni europee e nazionali si attende una risposta concreta e adeguata alle esigenze di tutti i cittadini che - come è presumibile date le profonde divergenze tra Stati membri – sono diverse tra loro.
Nelle due ultime settimane si sono riuniti l’Eurogruppo, il Consiglio Ecofin ed il Consiglio Europeo per fare il punto sull’attuale situazione economica e finanziaria e parlare dei principali temi strategici necessari per il Futuro dell’Europa.
In tutte e tre le riunioni è emersa una valutazione positiva della ripresa economica in atto in Europa, grazie ad un intervento finanziario senza precedenti mai deciso a livello europeo ( NGEU con il relativo Recovery Plan), una sospensione temporanea del patto di stabilità che ha permesso una maggior flessibilità di intervento agli Stati membri sulle criticità nazionali e un immediato coordinamento delle politiche sanitarie tra i vari Stati membri che ha garantito la disponibilità di numerosi dosi di vaccino a prezzi contenuti.
Un’azione dunque sicuramente positiva, affrontata con spirito della collaborazione, del coordinamento, e soprattutto della responsabilità, solidarietà e inclusione, spirito che non può essere abbandonato per tornare a vecchi schemi e paradigmi che hanno avuto come conseguenza ancora tangibile un forte calo di fiducia nel progetto europeo da parte dei cittadini europei soprattutto giovani. Altre sono le sfide che ci attendono di fronte alle quali è indispensabile essere pronti e quindi uniti, sfide che non saranno solo sanitarie.
La situazione generale infatti rimane ancora fortemente instabile a causa del diffondersi della nuova variante omicron, con conseguenze sull’economia e sulla vita degli europei, ma anche per criticità come nel settore degli approvvigionamenti delle materie prime e dei prodotti essenziali alla ripresa, che l’Europa importa da paesi terzi, e non da ultimo il forte rincaro dei prezzi dell’energia.
Tale contesto potrebbe pertanto rallentare o nella peggiore delle ipotesi mettere a rischio il raggiungimento di quel nuovo modello economico e sociale auspicato, che si basa sulla transizione digitale e sulla transizione verde. Cambiare le strategie di impresa, fare investimenti produttivi per abbattere l’inquinamento, formare le persone costa e crea disequilibri tra Stati che partono da posizioni diverse o accentua quelli esistenti. E questo è ancor più evidente in una fase economica in cui le politiche di bilancio sono segnate da un debito pubblico eccessivo per la maggior parte degli Stati membri, da una non uniformità di politiche nazionali (es quella fiscale, quella del lavoro etc.) e una situazione mondiale in ebollizione.
I ministri finanziari ed i Capi di stato e di governo hanno concordato sulla necessità in tale contesto di concludere entro il più breve tempo possibile due capisaldi della ripresa economica: il mercato unico dei capitali e il completamento dell’unione economica e monetaria, per rendere il sistema finanziario europeo forte e resiliente ma soprattutto in grado di sostenere l’economia.
Ma quale è la causa che sino ad oggi ha rallentato queste decisioni che stanno prendendo molto tempo? Sicuramente le modalità di voto: l’unanimità invece che un sistema che si basi sulle decisioni prese a maggioranza, un’arma per poter portare avanti atteggiamenti nazionalistici e parziali. In un’Europa - in equilibrio ancora precario con l’urgenza di risolvere e prendere decisioni immediate – con un’unica moneta (per 19 SM) e governata da politiche ancora diverse (in particolare quella fiscale), una modalità operativa che fa dipendere alcune decisioni sostanziali per il rilancio economico ed il benessere dei suoi cittadini dall’unanimità rende tutto molto più lento, incerto e fa nascere comprensibili perplessità sulla riuscita del recupero e della resilienza, in tempi che necessariamente sono caratterizzati invece dall’urgenza.
La principale lezione appresa durante la pandemia è stata infatti quella che non si può più perdere tempo ma bisogna continuare ad agire con determinazione e con lo stesso spirito di unione, solidarietà e inclusione che ha animato il periodo di emergenza dovuto al Covid, ben consapevoli che il malessere di uno Stato ha sicuramente effetti negativi su tutti gli altri. Quindi ora come all’inizio della pandemia è opportuno ripensare subito – in attesa della riforma dell’Unione attraverso un nuovo Trattato che rimane ed è a questo punto assolutamente necessario – le modalità per intervenire immediatamente ed evitare di applicare procedure e parametri che sono palesemente non più adeguati. Ci si riferisce alle procedure del Semestre, al patto di stabilità e alla governance europea che disciplina le politiche di bilancio e fiscali. E per procedere in questa direzione è essenziale che nel decidere all’unanimità si abbia la stessa determinazione e senso di unione e solidarietà che ha permesso la decisione di istituire il NGEU, sospendere il patto di stabilità e dare maggior respiro in questo modo alle politiche sociali nazionali.
Se all’inizio della pandemia, gli Stati non fossero stati pronti e disponibili a modificare queste regole, non avremmo mai potuto avere questa ripresa, ma oggi come lo scorso anno dobbiamo avere il coraggio e la forza di saper lavorare per il bene comune europeo e continuare a mettere al centro dell’attenzione il cittadino europeo.
Quindi, nell’attesa di un nuovo Trattato che sostituisca quello di Lisbona ormai non più rispondente alle necessità di una realtà diversa da quella per la quale è stato firmato 14 anni fa, abbiamo dunque bisogno di decisioni immediate e prese in modo più flessibile, portate avanti con lo spirito che ha unito l’Unione difronte alla pandemia. Ci auguriamo che anche l’importante esercizio democratico che la Conferenza sul futuro dell’Europa ha lanciato per disegnare il futuro dell’Europa che vogliamo sia di supporto e sostegno in questa direzione.
Solo Marco Zatterin, su La Stampa, ha ricordato una settimana fa il compromesso faticoso raggiunto nella notte fra il 10 e l’11 dicembre 1991 su quello che sarebbe stato il “Trattato di Maastricht” entrato in vigore due anni dopo grazie al sofferto “oui” dei francesi nel referendum promosso da François Mitterrand e al doppio voto danese che fu ottenuto perché i governi concessero alla Danimarca una corposa lista di opting out che si aggiunsero a quelli concessi al Regno Unito in materia di cittadinanza e di moneta unica.
Del Trattato di Maastricht è rimasto nella memoria collettiva solo il successivo “Patto di stabilità” destinato a integrare e irrigidire i criteri legati alla moneta unica e definiti in un protocollo allegato al Trattato sui rapporti tra disavanzo e PIL e debito e PIL.
Molto inchiostro è stato usato per spiegare le ragioni che spinsero i governi ad accettare i vincoli percentuali del 3 e del 60 %, che furono presentati allora e sono stati difesi per anni come la verità assoluta, resa flessibile solo grazie all’intuizione di Guido Carli che ottenne di accompagnare la clausola del 60% con un riferimento al suo carattere tendenziale.
Durante la crisi finanziaria scoppiata nel 2007-2008 quel patto e quei criteri furono usati come un’accetta dalle vestali del rigore e dell’austerità per irrigidire ulteriormente il “patto” con una governance economica fondata sul Fiscal Compact, sul Six Pack, sul Two Pack e sul semestre europeo destinati in parte all’eurozona e in parte a tutta l’Unione europea.
Quel che è avvenuto con la pandemia e con i suoi effetti sulle economie dei paesi dell’Unione europea ha riabilitato l’opinione a lungo minoritaria di chi riteneva che i criteri di Maastricht e del successivo “patto” non potevano essere considerati come la verità assoluta e che i danni provocati dal carattere rigido di quelle regole sono stati a lungo termine maggiori dei vantaggi perché avevano sottovalutato o dimenticato un principio basilare dell’economia legato al suo carattere pro-ciclico o anticiclico.
Ricorderemo il 1° gennaio 2022 il ventennale della messa in circolazione delle banconote e delle monete in euro e varrà la pena di ricordare, oltre a Guido Carli, anche Carlo Azeglio Ciampi e il suo monito inascoltato sulla zoppia dell’Unione economica e monetaria.
Noi siamo convinti che, se il dibattito fra rigoristi e neo-keynesiani si riducesse alla modifica o al rinnovo del “patto”, perderemmo l’occasione di far eliminare la zoppia fra unione monetaria e unione economica e - ancor di più – all’urgenza e alla necessità di riaprire il cantiere dell’unione politica che è stata richiamata da Mario Draghi nella sua replica al Senato durante il dibattito sul Consiglio europeo del 16 dicembre (che si è concluso, come sappiamo e come avviene regolarmente per l’inefficienza del metodo confederale, con una lunga serie di rinvii) accompagnandola da una critica o meglio da una autocritica sulla rigidità della governance economica dell’Unione europea.
Il dibattito sul “patto” deve concludersi entro il 31 dicembre 2022 poiché la sua sospensione scadrà il 1° gennaio 2023 a meno che il Consiglio europeo e informalmente l’’eurogruppo non forniscano alla Commissione europea dei criteri interpretativi che consentano di superare provvisoriamente l’ostacolo della modifica del protocollo che fu allegato al Trattato di Maastricht e che ha un valore giuridico comparabile a quello del Trattato con la sola differenza che il protocollo potrebbe essere modificato senza ratifiche nazionali.
Noi riteniamo che la riforma della governance economica non possa essere separata a medio termine dalla riforma di tutto il sistema dell’Unione mettendo al centro le questioni della sua sostenibilità sociale e democratica e dunque del follow up della Conferenza sul futuro dell’Europa che deve aprire la strada ad una fase costituente in vista delle elezioni europee nel maggio 2024.
In questo quadro vorremmo presentarvi il nostro punto di vista su tre tesi che sono emerse in questi giorni nel dibattito sul futuro dell’Europa.
La prima è legata all’idea – apparentemente ragionevole e pragmatica – secondo cui la prospettiva impervia di una revisione dei trattati, destinata a passare inevitabilmente da un negoziato intergovernativo, possa essere agevolmente sostituita da alcune “cooperazioni rafforzate” settoriali la cui messa in opera sarebbe stata resa più facile dal Trattato di Lisbona.
Si tratta di un’idea apparentemente rilanciata – con accenti e motivazioni diverse – da Giuliano Amato e da Romano Prodi nel dibattito promosso dalla Associazione “Il Mulino” il 13 dicembre in occasione della presentazione del documento “L’Europa che vogliamo”. A ben vedere e al di là dello strumento delle cooperazioni rafforzate formalmente previsto dai trattati, il discorso di Amato e Prodi sottintende l’esigenza di superare nel suo insieme lo scoglio dell’unanimità e di immaginare ipotesi innovative di integrazione differenziata.
Lo strumento delle cooperazioni rafforzate sottovaluta il fatto che le sfide maggiori di fronte alle quali si trova l’Unione europea nel ventunesimo secolo non possono essere affrontate e non possono trovare una soluzione adeguata con alcune politiche settoriali proposte da un numero ristretto di paesi e accettate “in ultima istanza” e a maggioranza qualificata dal Consiglio con la rilevante eccezione della politica estera che esige invece una decisione unanime.
Le cooperazioni rafforzate non possono risolvere le questioni legate alla capacità fiscale autonoma dell’Unione europea, delle politiche migratorie, dell’attuazione del pilastro sociale, di una politica di investimento europea con particolare rifermento alle infrastrutture sociali, della sua autonomia strategica e – last but not least – del rafforzamento della sua dimensione democratica.
La seconda idea è stata lanciata da un gruppo di economisti e giuristi nell’ambito del centro di ispirazione britannica CEPR sotto il titolo Revitising the EU framework: economic necessities and legal options.
Secondo questo gruppo è necessario assicurare un diverso equilibrio fra la dimensione monetaria e quella fiscale (di bilancio), ampliare il margine di manovra della BCE, adottare una riforma che dia una più grande priorità alla sostenibilità del debito, creare dei margini di manovra per la stabilizzazione e autorizzare delle differenziazioni, creare una capacità di bilancio “contingente” da attivare se necessario. Per il gruppo, tutto ciò può essere realizzato a trattato costante e se ciò non è stato realizzato finora la causa è legata alla mancanza di volontà politica.
La terza idea è legata alla proposta di perennizzare gli strumenti di consultazione delle cittadine e dei cittadini e cioè di mettere al centro della democrazia partecipativa la sua digitalizzazione, ignorando le sue funzioni deliberative ma soprattutto l’esigenza di tradurre l’esito delle consultazioni in politiche, strumenti e atti normativi conseguenti.
Quest’insieme di sfide richiede un superamento del Trattato di Lisbona attraverso un processo di democrazia sostanziale in cui
vengano valorizzati gli orientamenti emersi durante la Conferenza sul futuro dell’Europa che deve concludersi in un tempo adeguato alla complessità del dibattito,
venga creato uno spazio pubblico di dialogo fra le forze politiche di maggioranza e di opposizione che esistono nei parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo anche durante le fasi che precedono le elezioni legislative nazionali che impegneranno nei prossimi due anni fra gli altri Ungheria, Francia, Svezia, Lettonia, Italia, Estonia, Finlandia, Danimarca, Grecia, Polonia e Spagna,
si faciliti e si promuova in tutta Europa il coinvolgimento dei poteri locali con consigli comunali aperti, iniziative transnazionali delle città gemellate e, laddove sia possibili, referendum consultivi rivolti alla cittadinanza,
si apra la strada infine ad una campagna elettorale europea in cui le elettrici e gli elettori – votando per il Parlamento europeo – siano chiamati a scegliere fra un’Europa sovrana o il ritorno alla divisione del continente in Stati apparentemente sovrani sulla base di una proposta del Parlamento europeo uscente che contenga le due opzioni e dei programmi dei partiti europei.
Così facendo il nuovo Parlamento europeo sarà investito di un mandato sostanzialmente costituente.
La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione a partire dalla Conferenza sul futuro dell’Europa.
Come sapete, la Conferenza è stata avviata il 9 maggio 2021 a Strasburgo e dovrebbe concludersi nella prossima primavera.
Ecco l’indice della nostra newsletter
- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità
- Ultime da Bruxelles
- Rubrica “Pillole d’Europa”
- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza
- Attiriamo la vostra attenzione
- Agenda della settimana a cura del Movimento Europeo Internazionale
- La Conferenza sul futuro dell'Europa
- Next Generation EU a cura di Euractiv
- Europa dei diritti
Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.
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L'EDITORIALE
Da Maastricht alla costituzione europea
Solo Marco Zatterin, su La Stampa, ha ricordato una settimana fa il compromesso faticoso raggiunto nella notte fra il 10 e l’11 dicembre 1991 su quello che sarebbe stato il “Trattato di Maastricht” entrato in vigore due anni dopo grazie al sofferto “oui” dei francesi nel referendum promosso da François Mitterrand e al doppio voto danese che fu ottenuto perché i governi concessero alla Danimarca una corposa lista di opting out che si aggiunsero a quelli concessi al Regno Unito in materia di cittadinanza e di moneta unica.
Del Trattato di Maastricht è rimasto nella memoria collettiva solo il successivo “Patto di stabilità” destinato a integrare e irrigidire i criteri legati alla moneta unica e definiti in un protocollo allegato al Trattato sui rapporti tra disavanzo e PIL e debito e PIL.
Molto inchiostro è stato usato per spiegare le ragioni che spinsero i governi ad accettare i vincoli percentuali del 3 e del 60 %, che furono presentati allora e sono stati difesi per anni come la verità assoluta, resa flessibile solo grazie all’intuizione di Guido Carli che ottenne di accompagnare la clausola del 60% con un riferimento al suo carattere tendenziale.
Durante la crisi finanziaria scoppiata nel 2007-2008 quel patto e quei criteri furono usati come un’accetta dalle vestali del rigore e dell’austerità per irrigidire ulteriormente il “patto” con una governance economica fondata sul Fiscal Compact, sul Six Pack, sul Two Pack e sul semestre europeo destinati in parte all’eurozona e in parte a tutta l’Unione europea.
Quel che è avvenuto con la pandemia e con i suoi effetti sulle economie dei paesi dell’Unione europea ha riabilitato l’opinione a lungo minoritaria di chi riteneva che i criteri di Maastricht e del successivo “patto” non potevano essere considerati come la verità assoluta e che i danni provocati dal carattere rigido di quelle regole sono stati a lungo termine maggiori dei vantaggi perché avevano sottovalutato o dimenticato un principio basilare dell’economia legato al suo carattere pro-ciclico o anticiclico.
Ricorderemo il 1° gennaio 2022 il ventennale della messa in circolazione delle banconote e delle monete in euro e varrà la pena di ricordare, oltre a Guido Carli, anche Carlo Azeglio Ciampi e il suo monito inascoltato sulla zoppia dell’Unione economica e monetaria.
Noi siamo convinti che, se il dibattito fra rigoristi e neo-keynesiani si riducesse alla modifica o al rinnovo del “patto”, perderemmo l’occasione di far eliminare la zoppia fra unione monetaria e unione economica e - ancor di più – all’urgenza e alla necessità di riaprire il cantiere dell’unione politica che è stata richiamata da Mario Draghi nella sua replica al Senato durante il dibattito sul Consiglio europeo del 16 dicembre (che si è concluso, come sappiamo e come avviene regolarmente per l’inefficienza del metodo confederale, con una lunga serie di rinvii) accompagnandola da una critica o meglio da una autocritica sulla rigidità della governance economica dell’Unione europea.
Il dibattito sul “patto” deve concludersi entro il 31 dicembre 2022 poiché la sua sospensione scadrà il 1° gennaio 2023 a meno che il Consiglio europeo e informalmente l’’eurogruppo non forniscano alla Commissione europea dei criteri interpretativi che consentano di superare provvisoriamente l’ostacolo della modifica del protocollo che fu allegato al Trattato di Maastricht e che ha un valore giuridico comparabile a quello del Trattato con la sola differenza che il protocollo potrebbe essere modificato senza ratifiche nazionali.
Noi riteniamo che la riforma della governance economica non possa essere separata a medio termine dalla riforma di tutto il sistema dell’Unione mettendo al centro le questioni della sua sostenibilità sociale e democratica e dunque del follow up della Conferenza sul futuro dell’Europa che deve aprire la strada ad una fase costituente in vista delle elezioni europee nel maggio 2024.
In questo quadro vorremmo presentarvi il nostro punto di vista su tre tesi che sono emerse in questi giorni nel dibattito sul futuro dell’Europa.
La prima è legata all’idea – apparentemente ragionevole e pragmatica – secondo cui la prospettiva impervia di una revisione dei trattati, destinata a passare inevitabilmente da un negoziato intergovernativo, possa essere agevolmente sostituita da alcune “cooperazioni rafforzate” settoriali la cui messa in opera sarebbe stata resa più facile dal Trattato di Lisbona.
Si tratta di un’idea apparentemente rilanciata – con accenti e motivazioni diverse – da Giuliano Amato e da Romano Prodi nel dibattito promosso dalla Associazione “Il Mulino” il 13 dicembre in occasione della presentazione del documento “L’Europa che vogliamo”. A ben vedere e al di là dello strumento delle cooperazioni rafforzate formalmente previsto dai trattati, il discorso di Amato e Prodi sottintende l’esigenza di superare nel suo insieme lo scoglio dell’unanimità e di immaginare ipotesi innovative di integrazione differenziata.
Lo strumento delle cooperazioni rafforzate sottovaluta il fatto che le sfide maggiori di fronte alle quali si trova l’Unione europea nel ventunesimo secolo non possono essere affrontate e non possono trovare una soluzione adeguata con alcune politiche settoriali proposte da un numero ristretto di paesi e accettate “in ultima istanza” e a maggioranza qualificata dal Consiglio con la rilevante eccezione della politica estera che esige invece una decisione unanime.
Le cooperazioni rafforzate non possono risolvere le questioni legate alla capacità fiscale autonoma dell’Unione europea, delle politiche migratorie, dell’attuazione del pilastro sociale, di una politica di investimento europea con particolare rifermento alle infrastrutture sociali, della sua autonomia strategica e – last but not least – del rafforzamento della sua dimensione democratica.
La seconda idea è stata lanciata da un gruppo di economisti e giuristi nell’ambito del centro di ispirazione britannica CEPR sotto il titolo Revitising the EU framework: economic necessities and legal options.
Secondo questo gruppo è necessario assicurare un diverso equilibrio fra la dimensione monetaria e quella fiscale (di bilancio), ampliare il margine di manovra della BCE, adottare una riforma che dia una più grande priorità alla sostenibilità del debito, creare dei margini di manovra per la stabilizzazione e autorizzare delle differenziazioni, creare una capacità di bilancio “contingente” da attivare se necessario. Per il gruppo, tutto ciò può essere realizzato a trattato costante e se ciò non è stato realizzato finora la causa è legata alla mancanza di volontà politica.
La terza idea è legata alla proposta di perennizzare gli strumenti di consultazione delle cittadine e dei cittadini e cioè di mettere al centro della democrazia partecipativa la sua digitalizzazione, ignorando le sue funzioni deliberative ma soprattutto l’esigenza di tradurre l’esito delle consultazioni in politiche, strumenti e atti normativi conseguenti.
Quest’insieme di sfide richiede un superamento del Trattato di Lisbona attraverso un processo di democrazia sostanziale in cui
vengano valorizzati gli orientamenti emersi durante la Conferenza sul futuro dell’Europa che deve concludersi in un tempo adeguato alla complessità del dibattito,
venga creato uno spazio pubblico di dialogo fra le forze politiche di maggioranza e di opposizione che esistono nei parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo anche durante le fasi che precedono le elezioni legislative nazionali che impegneranno nei prossimi due anni fra gli altri Ungheria, Francia, Svezia, Lettonia, Italia, Estonia, Finlandia, Danimarca, Grecia, Polonia e Spagna,
si faciliti e si promuova in tutta Europa il coinvolgimento dei poteri locali con consigli comunali aperti, iniziative transnazionali delle città gemellate e, laddove sia possibili, referendum consultivi rivolti alla cittadinanza,
si apra la strada infine ad una campagna elettorale europea in cui le elettrici e gli elettori – votando per il Parlamento europeo – siano chiamati a scegliere fra un’Europa sovrana o il ritorno alla divisione del continente in Stati apparentemente sovrani sulla base di una proposta del Parlamento europeo uscente che contenga le due opzioni e dei programmi dei partiti europei.
Così facendo il nuovo Parlamento europeo sarà investito di un mandato sostanzialmente costituente.
ULTIME DA BRUXELLES
Occorre la volontà di essere solidali nell’attesa della riforma dei Trattati
Nella seconda parte del 2021, si sono tenuti importanti vertici internazionali, che hanno sottolineato l’urgenza di dover salvare il pianeta senza perdere ulteriore tempo. L’urgenza è stata il leitmotiv di ognuna di queste riunioni.
Ma cosa comporta tutto ciò nel contesto economico attuale, caratterizzato da squilibri macroeconomici tra Stati, la presenza preponderante di PMI, e soprattutto in un contesto ancora non stabilizzato - anche se in netto miglioramento rispetto alla crisi economica e sociale che abbiamo appena affrontato?
Queste sono le domande che sollevano molte perplessità tra i cittadini europei e alle quali da parte delle istituzioni europee e nazionali si attende una risposta concreta e adeguata alle esigenze di tutti i cittadini che - come è presumibile date le profonde divergenze tra Stati membri – sono diverse tra loro.
Nelle due ultime settimane si sono riuniti l’Eurogruppo, il Consiglio Ecofin ed il Consiglio Europeo per fare il punto sull’attuale situazione economica e finanziaria e parlare dei principali temi strategici necessari per il Futuro dell’Europa.
In tutte e tre le riunioni è emersa una valutazione positiva della ripresa economica in atto in Europa, grazie ad un intervento finanziario senza precedenti mai deciso a livello europeo ( NGEU con il relativo Recovery Plan), una sospensione temporanea del patto di stabilità che ha permesso una maggior flessibilità di intervento agli Stati membri sulle criticità nazionali e un immediato coordinamento delle politiche sanitarie tra i vari Stati membri che ha garantito la disponibilità di numerosi dosi di vaccino a prezzi contenuti.
Un’azione dunque sicuramente positiva, affrontata con spirito della collaborazione, del coordinamento, e soprattutto della responsabilità, solidarietà e inclusione, spirito che non può essere abbandonato per tornare a vecchi schemi e paradigmi che hanno avuto come conseguenza ancora tangibile un forte calo di fiducia nel progetto europeo da parte dei cittadini europei soprattutto giovani. Altre sono le sfide che ci attendono di fronte alle quali è indispensabile essere pronti e quindi uniti, sfide che non saranno solo sanitarie.
La situazione generale infatti rimane ancora fortemente instabile a causa del diffondersi della nuova variante omicron, con conseguenze sull’economia e sulla vita degli europei, ma anche per criticità come nel settore degli approvvigionamenti delle materie prime e dei prodotti essenziali alla ripresa, che l’Europa importa da paesi terzi, e non da ultimo il forte rincaro dei prezzi dell’energia.
Tale contesto potrebbe pertanto rallentare o nella peggiore delle ipotesi mettere a rischio il raggiungimento di quel nuovo modello economico e sociale auspicato, che si basa sulla transizione digitale e sulla transizione verde. Cambiare le strategie di impresa, fare investimenti produttivi per abbattere l’inquinamento, formare le persone costa e crea disequilibri tra Stati che partono da posizioni diverse o accentua quelli esistenti. E questo è ancor più evidente in una fase economica in cui le politiche di bilancio sono segnate da un debito pubblico eccessivo per la maggior parte degli Stati membri, da una non uniformità di politiche nazionali (es quella fiscale, quella del lavoro etc.) e una situazione mondiale in ebollizione.
I ministri finanziari ed i Capi di stato e di governo hanno concordato sulla necessità in tale contesto di concludere entro il più breve tempo possibile due capisaldi della ripresa economica: il mercato unico dei capitali e il completamento dell’unione economica e monetaria, per rendere il sistema finanziario europeo forte e resiliente ma soprattutto in grado di sostenere l’economia.
Ma quale è la causa che sino ad oggi ha rallentato queste decisioni che stanno prendendo molto tempo? Sicuramente le modalità di voto: l’unanimità invece che un sistema che si basi sulle decisioni prese a maggioranza, un’arma per poter portare avanti atteggiamenti nazionalistici e parziali. In un’Europa - in equilibrio ancora precario con l’urgenza di risolvere e prendere decisioni immediate – con un’unica moneta (per 19 SM) e governata da politiche ancora diverse (in particolare quella fiscale), una modalità operativa che fa dipendere alcune decisioni sostanziali per il rilancio economico ed il benessere dei suoi cittadini dall’unanimità rende tutto molto più lento, incerto e fa nascere comprensibili perplessità sulla riuscita del recupero e della resilienza, in tempi che necessariamente sono caratterizzati invece dall’urgenza.
La principale lezione appresa durante la pandemia è stata infatti quella che non si può più perdere tempo ma bisogna continuare ad agire con determinazione e con lo stesso spirito di unione, solidarietà e inclusione che ha animato il periodo di emergenza dovuto al Covid, ben consapevoli che il malessere di uno Stato ha sicuramente effetti negativi su tutti gli altri. Quindi ora come all’inizio della pandemia è opportuno ripensare subito – in attesa della riforma dell’Unione attraverso un nuovo Trattato che rimane ed è a questo punto assolutamente necessario – le modalità per intervenire immediatamente ed evitare di applicare procedure e parametri che sono palesemente non più adeguati. Ci si riferisce alle procedure del Semestre, al patto di stabilità e alla governance europea che disciplina le politiche di bilancio e fiscali. E per procedere in questa direzione è essenziale che nel decidere all’unanimità si abbia la stessa determinazione e senso di unione e solidarietà che ha permesso la decisione di istituire il NGEU, sospendere il patto di stabilità e dare maggior respiro in questo modo alle politiche sociali nazionali.
Se all’inizio della pandemia, gli Stati non fossero stati pronti e disponibili a modificare queste regole, non avremmo mai potuto avere questa ripresa, ma oggi come lo scorso anno dobbiamo avere il coraggio e la forza di saper lavorare per il bene comune europeo e continuare a mettere al centro dell’attenzione il cittadino europeo.
Quindi, nell’attesa di un nuovo Trattato che sostituisca quello di Lisbona ormai non più rispondente alle necessità di una realtà diversa da quella per la quale è stato firmato 14 anni fa, abbiamo dunque bisogno di decisioni immediate e prese in modo più flessibile, portate avanti con lo spirito che ha unito l’Unione difronte alla pandemia. Ci auguriamo che anche l’importante esercizio democratico che la Conferenza sul futuro dell’Europa ha lanciato per disegnare il futuro dell’Europa che vogliamo sia di supporto e sostegno in questa direzione.
Anna Maria Villa
PILLOLE D'EUROPA
1) La lettura de La Repubblica, un quotidiano con una sua dignitosa storia di giornalismo informato e indipendente ora divenuto un gazzettino alle dipendenze di Palazzo Chigi, riserva sorprese giornaliere.
Secondo Claudio Tito, un corrispondente da Bruxelles che si muove ancora con difficoltà di deambulazione informativa nel palazzi delle istituzioni europee, alla « UE passa la linea Draghi (in materia di tamponi, ndr) » mentre è noto che il governo italiano è rimasto in una non splendida minoranza.
Aggiungiamo una chicca di ignoranza istituzionale: secondo Giovanna Vitale Frans Timmermans è « delegato socialista al clima e al Green Deal », una apparente delega che striderebbe con il suo mandato - indipendente da stati e partiti - di vicepresidente della Commissione europea con l’incarico guarda caso del clima e del Green Deal.
**********
2)Contrariamente a quel che scrive Libero Quotidiano, Mario Draghi ha inviato a Giorgia Meloni un messaggio opposto all’idea di un patriottismo nazionalista.
Ha chiesto che a marzo il Consiglio Europeo adotti la “bussola strategica” in cui si superi in politica estera il metodo confederale del voto all’unanimità.
Ha sostenuto la necessità di corridoi umanitari per facilitare l’accoglienza dei richiedenti asilo e dei migranti.
Last but not least ha chiesto di superare la divisione dell’Europa in stati nazione nella prospettiva di un unico stato europeo.
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3)Ancora una volta il sistema confederale su cui si fonda il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea ha dimostrato la sua inefficienza su un tema essenziale per la vita delle cittadine e dei cittadini europei: la questione energetica strettamente legata alla difesa dell’ambiente.
Non c’è stato accordo unanime sullo scambio di quote CO2 e sulla tassonomia verde dove alcuni governi sostengono il nucleare e il gas come fonti per la transizione energetica.
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4) Fratelli d’Italia si è inventato la fakenews sul divieto europeo nella vendita o affitto degli immobili non a norma ambientale e ora si inventa la marcia indietro della Commissione europea “grazie alle sue proteste”.
Doppia fakenews e eurodelirio.
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5)Anche il governo italiano, come quello tedesco, ha deciso di fare il salto federale: Mario Draghi ha sostenuto la necessità di una unione politica affermando che cittadine e cittadini europei devono sentire di appartenere a un solo stato.
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6)Ricordiamo Antonio Megalizzi nel terzo anniversario del suo assassinio a Strasburgo (14 dicembre 2018 - 14 dicembre 2021)
22 dicembre 2021, ore 12:00, Roma, presso il Dipartimento di Giurisprudenza, inaugurazione del Centro Europe Direct Università degli Studi Roma Tre. Per registrarsi e per ulteriori informazioni, è possibile scrivere a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. PROGRAMMA.
CEPR Policy - "Revisiting the EU framework: Economic necessities and legal options”, di Miguel Maduro, Philippe Martin, Jean-Claude Piris, Jean Pisani-Ferry, Lucrezia Reichlin, Armin Steinbach, Beatrice Weder di Mauro (Centre for Economic Policy Research (CEPR) - December 2021)
Quest’anno è l’ottantesimo anniversario del Manifesto di Ventotene. Non perdere l’occasione di regalare una delle tre novità editoriali del 2021 dell’Ultima Spiaggia che raccontano l’Europa di Ventotene. Con il tuo gesto oltre a far un regalo super europeista aiuti la piccola libreria editrice Ultima Spiaggia di Ventotene sempre molto attenta a diffondere il pensiero federalista tra i lettori di ogni età.
Per ragazze da 11 a 16 anni suggeriamo:
L’ABC dell’Europa di Ventotene. Piccolo dizionario illustrato. A cura di Nicola Vallinoto e illustrazioni di Giulia Del Vecchio (Ultima Spiaggia, 2021).
Per i lettori di tutte le età:
Il Manifesto di Ventotene. The Ventotene Manifesto. Edizione bilingue italiano inglese con la presentazione di Josep Borrell e introduzioni di Lucio Levi e Pier Virgilio Dastoli (Ultima Spiaggia, 2021).
Il Manifesto di Ventotene. Le Manifeste de Ventotene. Edizione bilingue italiano francese con la presentazione di Enrico Letta e introduzioni di Lucio Levi e Pier Virgilio Dastoli (Ultima Spiaggia, 2021).
Negli anni scorsi l’Ultima Spiaggia ha pubblicato diversi volumi di interesse federalista tra i quali vi segnaliamo:
Ursula Hirschmann. Una donna per l’Europa di Silvana Boccanfuso (2019).
Ventotene da confine fascista a isola d'Europa di Pier Giacomo Sottoriva (2019).
Il Manifesto dei federalisti europei a cura di Piero S. Graglia (2016).
Confini senza frontiere di Giacomo Revelli (2015).
Ernesto Rossi. Pianificare la libertà di Simonetta Michelotti (2011).
Puoi acquistarli online tramite IBS (https://www.ibs.it/), Mondadori (https://www.mondadoristore.it/), Amazon (www.amazon.it) oppure richiederli al tuo libraio di fiducia: da quest’anno, infatti, le pubblicazioni dell’Ultima Spiaggia sono distribuite da Messaggerie Libri.