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Mentre viene diffusa questa newsletter, il Portogallo vive il suo primo giorno del secondo mandato presidenziale del conservatore moderato Marcelo Rebelo de Sousa, rieletto in era covid con il 61,5% dei voti, ma con un'affluenza inferiore al 40%. Non sarà dunque necessario il ballottaggio e in questo momento, in cui il Portogallo sta svolgendo la sua presidenza semestrale del Consiglio, la continuità istituzionale può rappresentare un vantaggio per il prosieguo dei lavori anche a livello europeo. Un tale risultato è il frutto del sostegno del Partito Socialista e dei buoni rapporti con il suo premier António Costa, al punto che la sfidante di de Sousa, la deputata europea socialista Ana Gomes, si è dovuta  presentare come indipendente, ottenendo il 13%.  

Questa settimana, al termine della plenaria del Parlamento europeo conclusasi giovedì scorso, vi proponiamo una serie di interventi che si soffermano sulle riforme in atto e sui processi futuri che l'Unione europea si trova ad affrontare attualmente. Come si è detto anche sui social del Movimento europeo, è importante inquadrare nell'ottica corretta i piani avviati dalla Commissione per il Next generation Eu. Se infatti saranno introdotte le nuove risorse proprie europee per tassare i giganti del web, i prodotti a forte contenuto di carbonio alle frontiere europee, la plastica a cui si aggiungerà la lotta alla elusione fiscale - nonostante l’opposizione dei sovranisti amici di Matteo Salvini e Giorgia Meloni - i prestiti non saranno restituiti dagli Stati nazionali attraverso i loro contributi ma dal bilancio europeo, grazie al debito pubblico europeo.

Accanto a ciò, emerge soddisfazione per i passi che l'Unione europea mostra di voler portare in avanti sul piano della cooperazione giudiziaria, per una crescente armonizzazione e una più intensa collaborazione che si basa su una maggiore velocità dei processi e dello scambio delle informazioni. Ecco perché l'approvazione in sessione plenaria della risoluzione volta ad introdurre leggi specifiche sul crimine organizzato di tipo mafioso, simili a quelle già in vigore in Italia, va vista come un segnale positivo: è un passo ulteriore rispetto ad un ambito in cui occorre superare al più presto gli ostacoli esistenti per il reciproco riconoscimento e assicurare che vi sia la libera circolazione di capitali, ma sempre entro la cornice della legalità. Vi proponiamo perciò una serie di documenti e testi che consentono di approfondire questi due importanti aspetti qui introdotti. Sono peraltro temi che rientrano anche nell'agenda del Consiglio europeo, riunitosi giovedì per discutere sullo stato di avanzamento della risposta al covid19: la pandemia ha rivoluzionato il nostro modo di vivere in questi mesi e, per il futuro, solo una maggiore coesione per l'unità europea può rappresentare una risposta adeguata; si tratta di un tema che vede dei punti di convergenza anche con il Consiglio Affari esteri che si svolge oggi, 25 gennaio ed il Consiglio affari generali che si svolge il 26 gennaio.

Come si può notare, sono numerosi e in più settori i passi che compiono le istituzioni europee, ricordando sempre il fine ultimo dell'Unione, che nasce per non ripetere errori del passato: la guerra, la pulizia etnica, il nazionalismo esistito nella storia dell'Europa come messa in discussione del diritto di ogni uomo ad esprimere se stesso nella sua unicità. Riteniamo importante fermarsi a riflettere spesso su questi capisaldi delle ragioni che hanno portato all'unificazione europea, come ricorda Liliana Segre in occasione della Giornata della memoria del prossimo 27 gennaio.

 

Per non dimenticare 1

 

Liliana Segre

Immagini tratte da: https://www.europarl.europa.eu

 

 

 

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Il primo ministro portoghese, Antonio Costa, è riuscito laddove non era arrivata la cancelliera Angela Merkel e ha convinto il presidente del Parlamento europeo, David Maria Sassoli, ad accettare la proposta – in fondo ragionevole – di far presiedere la Conferenza sul futuro dell’Europa da una trojka formata da un rappresentante del Parlamento europeo (Guy Verhofstadt ?), da un rappresentante della Commissione europea (Vera Jourova ?) e da un rappresentante del Consiglio (il ministro degli affari europei del paese che esercita la presidenza semestrale e dunque, in successione, il Portogallo e poi la Slovenia e infine la Francia se la Conferenza dovesse concludersi prima delle elezioni presidenziali francese che avranno luogo nel maggio 2022).

All’origine, la trojka era l’attacco di una carrozza o di una slitta con tre cavalli affiancati dove in genere quello di mezzo - il più forte e il più grande - andava al trotto e quelli laterali al galoppo ma nel linguaggio comunitario ha rappresentato negli ultimi dieci anni l’insieme dei creditori ufficiali durante i negoziati con un paese debitore e cioè la Commissione europea, la BCE e il FMI ed ha lasciato una scia di legittime critiche spingendo il Parlamento europeo ad avviare nel 2014 un’indagine conoscitiva per verificarne il livello di  democraticità e la trasparenza degli interventi.

Come molti di voi ricordano, la Convenzione che ha elaborato la Carta dei diritti fondamentali era trainata da una “biga” seppure diseguale con un presidente designato dai governi (il tedesco Roman Herzog) e da un vicepresidente designato dal Parlamento europeo (lo spagnolo Inigo Mendez de Vigo) mentre la Convenzione sull’avvenire dell’Europa scelse una trojka tutta designata dai governi, con Valéry Giscard d’Estaing come presidente e Giuliano Amato insieme a Jean-Luc Dehaene come vicepresidenti e imponendo come segretario generale l’inglese John Kerr, già segretario generale del Consiglio e condizionando così ab initio i risultati dei suoi lavori all’immobilismo intergovernativo del metodo confederale.

Possiamo certo sperare che il cavallo più forte e più grande, al centro della futura trojka, sia il rappresentante del Parlamento europeo ma sappiamo che il lavoro della Conferenza sul futuro dell’Europa non dipenderà o dipenderà solo in minima parte dalla trojka e ancor di più da uno dei tre co-presidenti.

Il Parlamento europeo deve essere pienamente cosciente che, avendo accettato – se la disponibilità al compromesso manifestata dal suo Presidente sarà confermata dall’assemblea – la soluzione della trojka, deve adottare rapidamente delle scelte politiche coerenti con l’orientamento largamente maggioritario dei gruppi politici che hanno fin dall’inizio condiviso l’idea secondo cui la Conferenza dovrà essere la prima tappa di un processo che si dovrà concludere con una profonda riforma del sistema di ripartizione delle competenze fra l’Unione e gli Stati membri attribuendo alla prima capacità di agire nei settori in cui i secondi appaiono impotenti e con una revisione dei meccanismi di decisione per rendere il sistema europeo più efficace e dunque più democratico.

Per giungere a questi risultati, Jacques Delors suggerirebbe certamente alla maggioranza di innovatori che esiste nel Parlamento europeo di chiarirsi preliminarmente le idee sul contenuto del progetto che dovrà entrare in vigore alla fine del processo che osiamo chiamare costituente, del metodo e dell’agenda.

Ci limitiamo qui alla questione del metodo rinviando al prossimo editoriale alcuni suggerimenti sull’agenda e successivamente agli elementi essenziali del progetto di cui vorremmo iniziare a discutere con la piattaforma che il Movimento europeo ha creato nel settembre 2019 in Italia e che si riunirà online il prossimo 12 febbraio.

Per quanto riguarda il metodo noi riteniamo che la procedura iscritta nell’art. 48 del Trattato sull’Unione europea non consentirebbe di orientare il cammino dell’Unione europea verso quella profonda riforma che prima la crisi finanziaria e poi gli effetti della pandemia in un mondo sempre più instabile hanno reso urgente e improcrastinabile.

I complicati meccanismi dell’art. 48 paralizzerebbero l’azione degli innovatori che si trovano dentro il Parlamento europeo e cioè al centro della cittadella della democrazia rappresentativa europea e al suo esterno nella società civile organizzata e cioè negli spazi pubblici della democrazia partecipativa.

La via da percorrere – giuridicamente difficile ma politicamente efficace – è quella indicata dal Parlamento europeo nella sua prima legislatura che assunse de facto un ruolo pre-costituente poiché il progetto che esso decise di elaborare, fondato sulla sua accountability e sulla sua capacità to deliver che mancavano alla Convenzione e mancano alla Conferenza, sarebbe stato consegnato direttamente ai parlamenti nazionali chiedendo loro di esaminarlo, di discuterlo con il Parlamento europeo e di ratificarlo (o non ratificarlo) sulla base delle Convenzione di Vienna sui trattati internazionali.

Come conseguenza di questo metodo, occorrerà definire gli elementi essenziali di una integrazione differenziata ispirandosi all’art. 82 del Progetto di trattato che istituisce l’Unione europea adottato dal Parlamento europeo il 14 febbraio 1984 o al “Documento Penelope” della Commissione presieduta da Romano Prodi.

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