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Come è noto, occuparsi di Costituzione dell'Europa comporta anche ragionare sui testi costituzionali degli Stati membri. Se ne parla nell'intervista di “Reset” a Giuliano Amato disponibile tra i testi di questa settimana: è proprio uno dei membri della Convenzione europea sul futuro dell'Europa del 2002 – 2003 ad affermare che “il giorno in cui essi dovessero portare alla trasformazione dell’Unione in Stato federale, ciò potrà avvenire non solo cambiando le norme europee, ma anche le nostre Costituzioni nazionali”.

Ecco uno dei motivi per cui questa settimana proponiamo il testo “La scrittura delle Costituzioni – Il secondo dopoguerra in un quadro mondiale”. Sfogliando l'indice, si  potrà meglio apprezzare l'approccio e scoprire come sia stato impostato il volume, costituito da una serie di saggi suddivisi in una sezione dedicata all'Europa ed in una al mondo. “Radio radicale”, il 30 novembre scorso, ha dedicato spazio alla presentazione del volume: per saperne di più, è possibile rivedere l'evento cliccando qui.

 

 

 

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Tra le priorità future di un'Europa coesa, vi è per i cittadini – e di questi tempi si direbbe che sia in vetta all'attenzione – il diritto alla sicurezza sociale e alla salute. Ecco perché vi proponiamo, sul tema, una sentenza della Corte di Giustizia europea che ha riguardato un cittadino ungherese denominato WO. La sua vicenda è così riassunta: “Nel corso del 1987 [...] ha sofferto di un distacco della retina all’occhio sinistro ed ha perso la visione da tale occhio. Nel corso del 2015, a WO è stato diagnosticato un glaucoma all’occhio destro. Le cure somministrategli in diversi istituti di cura ungheresi sono risultate inefficaci, il campo visivo del ricorrente continuava a ridursi e la pressione intraoculare continuava a presentare valori elevati. Dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, il 29 settembre 2016, WO contattava un medico esercente a Recklinghausen (Germania) e otteneva da quest’ultimo un appuntamento ai fini di un consulto medico per il 17 ottobre 2016. Il medico lo informava che avrebbe dovuto prolungare il suo soggiorno fino al 18 ottobre 2016, data in cui avrebbe avuto luogo, se del caso, un intervento oftalmologico. Nel frattempo, attraverso un esame medico effettuato in Ungheria il 15 ottobre 2016, a WO veniva riscontrata una pressione intraoculare pari a 37 mmHg, ossia un valore ben superiore a quello di 21 mmHg, oltre il quale la pressione intraoculare è considerata anormale. In seguito al consulto medico cui WO si è sottoposto il 17 ottobre 2016 in Germania, il medico esercente in tale Stato membro ha ritenuto che l’intervento oftalmologico dovesse essere effettuato d’urgenza per salvare la vista di WO. Quest’ultimo veniva operato con successo il 18 ottobre 2016”.

Tuttavia, la sua domanda di rimborso delle spese sostenute per l'assistenza sanitaria transfrontaliera veniva successivamente respinta sia dal servizio amministrativo della città di Vas che, a seguito di ricorso, da quello di Budapest: “Secondo tale ufficio, l’intervento oftalmologico era una cura programmata per la quale WO non aveva ottenuto l’autorizzazione preventiva necessaria per poter ottenere un rimborso”.

Perciò, WO si è rivolto al Tribunale amministrativo e del lavoro di Szombathely (Ungheria) avverso la decisione di rigetto del rimborso di tale assistenza sanitaria. Il giudice competente ha ritenuto, in relazione alle istanze del ricorrente, di consultare la Corte di Giustizia europea per l'interpretazione:

  • dell’articolo 56 TFUE,
  • dell’articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1),
  • dell’articolo 26, paragrafi 1 e 3, del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2009, L 284, pag. 1), nonché
  • dell’articolo 8, paragrafo 1, e dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera.

Si tratta perciò di un testo complesso, perché fornisce risposte interpretative su una pluralità di meccanismi giuridici che coinvolgono da un lato il livello istituzionale europeo e dall'altro l'ordinamento ungherese. Basterà qui portare all'attenzione un punto chiave della sentenza del 23 settembre 2020 sull'interpretazione dellarticolo 56 TFUE e l’articolo 8, paragrafo 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2011/24/UE: la Corte chiarisce che tali articoli ostano ad una normativa nazionale che escluda “in assenza di autorizzazione preventiva, il rimborso, nei limiti della copertura garantita dal regime di assicurazione malattia dello Stato di affiliazione, delle spese di consultazione medica sostenute in un altro Stato membro”. Un altro punto della sentenza richiama il fatto che, se la persona avente diritto era impossibilitata a richiedere tale autorizzazione, non può essere escluso il rimborso delle spese sanitarie da essa sostenute.

Per leggere il testo della sentenza, clicca qui.

 

 

 

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Riprendiamo ad occuparci della Carta dei diritti fondamentali trattando l'articolo 42, dedicato al tema del diritto di accesso ai documenti. Afferma che “qualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione”. Le istituzioni europee hanno dedicato una crescente attenzione al tema della trasparenza e, in relazione al perseguimento di tale obiettivo, gli sforzi non sono mancati; ripercorrendo la storia anche degli ultimi quindici anni, appare evidente il fatto che si è voluto innovare il modo in cui l'Unione comunica con i suoi cittadini, a fronte di una certa complessità del funzionamento dei meccanismi  decisionali. Ancora oggi l'Unione ha davanti a sé nuovi obiettivi per poter essere percepita vicina ai cittadini, a maggior ragione nei periodi di crisi quale quello che stiamo attraversando. Ciò implica peraltro che sia indispensabile una partecipazione attiva di tutti gli europei, con il dialogo e il dibattito.

Il diritto di accesso ai documenti istituzionali prodotti da Parlamento, Commissione e Consiglio consente di informarsi nei dettagli e su temi di interesse specifico: sono numerosi quindi gli strumenti a disposizione dei cittadini per informarsi e tale ampia disponibilità di documenti implica che sia possibile rispondere a richieste di informazione con livelli di complessità più o meno elevati. Con riferimento alla situazione attuale del modo in cui può essere esercitato il diritto di accesso a tali fonti, il problema attuale appare più qualitativo che quantitativo: la comunicazione istituzionale europea oggi è ampiamente presente e diffusa, ma probabilmente è necessario un maggiore impegno per conoscere meglio i fruitori della materia e mettere a disposizione dei cittadini maggiori occasioni di orientamento, anche per contrastare il fenomeno della disinformazione che purtroppo si può manifestare non solo tra utenti inesperti, ma anche tra gli addetti ai lavori.

 

 

 

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