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Stati Uniti e Unione europea alleati storici? Vero, storici. Ma il presente delle relazioni tra le due parti non sembra più paragonabile a quello di 75 anni fa. Ce ne parla uno studio dell’Ispi che Vi invitiamo a leggere, questa settimana, per comprendere come è cambiato nel tempo l’asse euro-atlantico. Anche la presidenza Obama, considerata quella che avrebbe rilanciato l’alleanza instaurata all’indomani del secondo conflitto mondiale con il Piano Marshall, è analizzata dagli autori come un momento da contestualizzare nella cornice delle relazioni internazionali, per come si sono configurate durante gli otto anni dal 2008 al 2016: Obama ha interpretato infatti il suo ruolo, si afferma, come quello di ”Un presidente disincantato verso l’Europa, che ritiene una regione ormai stabile e matura, senza più bisogno dell’assistenza americana. Per Obama, il presidente nato alle Hawaii e cresciuto in Indonesia, le priorità geopolitiche sono altre: America Latina, Medio Oriente e, soprattutto, Asia”.

E adesso? Pur considerando una differenza sostanziale tra Donald Trump e Joe Biden, la configurazione delle interrelazioni globali vede, secondo gli studiosi dell’Ispi, “La regione europea ormai non più determinante sullo scenario internazionale. I grandi teatri dello scontro geopolitico oggi sono altri”. Nasce perciò l’esigenza di comprendere a fondo su quali basi e con quali partner l’Unione europea possa rilanciare il suo ruolo, per il futuro, nelle relazioni internazionali; un ruolo che può e deve rendersi protagonista, soprattutto in tema di democrazia, diritti e libertà.

 

 

 

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La Corte di giustizia dell'Ue interviene anche su questioni commerciali riguardanti i rapporti con i Paesi terzi. Questa settimana, tenuto conto di un momento di passaggio che sta attraversando tutto il mondo con le elezioni americane, vogliamo portare alla vostra attenzione una sentenza del 29 luglio 2019 che riguarda una controversia attinente alle pratiche di dumping operate dai Paesi con cui l'Ue ha rapporti di natura commerciale. Le parti in causa sono state, da un lato, la ricorrente Shanxi Taigang Stainless Steel Co. Ltd, con sede in Taiyuan (Cina), azienda operante nel settore della produzione e distribuzione di prodotti in acciaio e, dall'altro, la Commissione europea, convenuta in primo grado, e la Eurofer, associazione europea dell'acciaio, interveniente in primo grado.

La vicenda vede il suo inizio con una denuncia depositata il 13 maggio 2014 dalla Eurofer, cui è seguita, il 26 giugno 2014, la pubblicazione, da parte della Commissione europea, di “un avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni di prodotti piatti di acciaio inossidabile laminati a freddo originari della Repubblica popolare cinese e di Taiwan. […] L’inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio all’industria dell’Unione europea ha riguardato il periodo compreso tra il 10 gennaio e il 31 dicembre 2013. […] Nell’avviso di apertura la Commissione ha informato le parti interessate che essa prevedeva di selezionare gli Stati Uniti come un paese terzo a economia di mercato adeguato. […] Essa ha invitato le parti interessate a presentare le loro osservazioni al riguardo, indicando al contempo che, secondo le informazioni a sua disposizione, gli altri paesi a economia di mercato che potevano essere presi in considerazione per la scelta del paese di riferimento erano la Repubblica dell’India, la Repubblica del Sudafrica, la Repubblica di Corea e Taiwan. La ricorrente non ha presentato alcuna domanda per ottenere lo status di società operante in economia di mercato […].

Il 6 luglio 2014 essa ha presentato le sue osservazioni sulla scelta del paese di riferimento ritenendo che gli Stati Uniti rappresentassero una scelta inappropriata e suggerendo di utilizzare Taiwan. Il 13 febbraio 2015, dietro sua richiesta, essa è stata sentita dalla Commissione. Il 24 marzo 2015, detta istituzione ha adottato il regolamento (UE) n. 2015/501, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di prodotti piatti di acciaio inossidabile laminati a freddo originari della Repubblica popolare cinese e di Taiwan (GU 2015, L 79, pag. 23). Tale regolamento ha istituito un dazio antidumping provvisorio del 24,3% sulle esportazioni di tali prodotti da parte della ricorrente verso l’Unione per un periodo di sei mesi a decorrere dal 26 marzo 2015. In seguito a vari scambi di corrispondenza con la ricorrente, nel corso dei quali quest’ultima ha ribadito le sue obiezioni riguardanti la scelta degli Stati Uniti, anziché di Taiwan, come paese di riferimento, la Commissione, il 26 agosto 2015, ha adottato il regolamento controverso, che ha modificato il regolamento di esecuzione 2015/501 e ha istituito un dazio antidumping del 24,4% sulle importazioni nell’Unione di detti prodotti fabbricati dalla ricorrente”.

La Shanxi Taigang Stainless Steel Co. Ltd ha proposto un primo ricorso il 20 novembre 2015 e un secondo il 2 luglio 2018, ma entrambi sono stati respinti. Le motivazioni addotte dalla Corte per il respingimento vertono sia sulla fondatezza degli argomenti dalla ricorrente che sul fatto che tali argomentazioni siano inoperanti. In particolare, nel testo della sentenza si apprende che “non si può esigere che la Commissione operi adeguamenti relativi a fattori influenzati da parametri che non sono la risultante delle forze del mercato”. Per approfondire, clicca qui.

 

 

 

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Questa settimana ci occupiamo dell’articolo 46 della Carta dei diritti fondamentali, che tratta il tema del diritto alla tutela consolare e diplomatica. Ci è sembrato interessante per volgere lo sguardo  verso una materia che riguarda le relazioni internazionali, anche in sintonia con uno dei principali temi della settimana, quello cioè delle elezioni americane. Considerando poi anche semplicemente la dimensione interna all’Unione europea, si può individuare un particolare aspetto di interesse nella questione non ancora definita in tutti i suoi aspetti della Brexit: l’uscita del Regno Unito dalla Ue ha comportato un lavoro intenso da parte della rete consolare, per esempio quella italiana, come si può leggere sul sito del Ministero degli Esteri, per far fronte al mutamento di scenario intervenuto. L’obiettivo principale è stato quello di garantire un adeguamento delle prassi e delle tutele per le cittadine e i cittadini insediatisi nel Regno Unito – in questo caso dall’Italia – per i quali la Brexit ha rappresentato un sopravvenuto elemento di incertezza e di potenziale perdita di diritti acquisiti. Lo comprendiamo riportando il testo dell’articolo della Carta, che preesisteva al referendum della permanenza del Regno Unito nella Ue e rispetto al quale si ha un prima, dato per acquisito anche nei rapporti con gli Stati da cui è formato fino al 23 giugno 2016, e un dopo ancora incerto: “Ogni cittadino dell’Unione gode, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui ha la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato”.

 

 

 

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