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La ricerca come bene pubblico: parte “ORIZZONTE EUROPA” e si riapre il cantiere della riforma dell’Unione europea

Fin dalle origini, le tre Comunità europee (CEE, CEE, CEEA), sono state impegnate in singoli programmi di ricerca secondo le indicazioni iscritte nei trattati: carbone e acciaio, ricerca nucleare e ricerca agricola.

Alla fine degli anni sessanta, il richiamo della sfida americana e la preoccupazione del divario tecnologico e delle risorse fra Europa (e meglio la “piccola Europa”) e Stati Uniti ha agito come leva per una maggiore cooperazione nelle Comunità Europee.

Soltanto il Vertice di Parigi nel 1972 in una Comunità a Nove aveva segnato un passo in avanti introducendo, sulla base dell’allora articolo 235 CEE, nuove linee di impegno nei settori industriale, sociale, regionale e ambientale in quella che il cancelliere tedesco Willy Brandt aveva chiamato Gesellschaftpolitik (politica della società).

Ciononostante, l’ambiziosa idea del commissario italiano Altiero Spinelli di creare una Fondazione europea della Scienza sul modello dell’americana National Science Foundation non fu accettata dal Consiglio come istituzione comunitaria e nacque solo nel 1974 come più modesta iniziativa su basi intergovernative.

Da giovane ricercatore ma anche come militante federalista nell’Istituto Affari Internazionali a Roma – fondato da Spinelli nel 1966 – seguivo con l’incarico di analizzare le poche luci e le molte ombre della partecipazione dell’Italia alla cooperazione scientifica e tecnologica internazionale le vicissitudini dei tentativi di Spinelli di inserire un granello di competenza federale nell’ingranaggio europeo.

Sempre nel 1974 e ancora su proposta di Altiero Spinelli, il Consiglio adottò alla unanimità la prima risoluzione su una politica comune nel settore della scienza e della tecnologia che fu l’avvio di una serie di impegni crescenti delle Comunità Europee in materia di ricerca che hanno visto negli anni i membri italiani della Commissione europea: prima Spinelli (1970-1976), poi Filippo Maria Pandolfi (1989-1993) ed infine Antonio Ruberti (1993-1995).

Secondo le priorità indicate da Spinelli, le Comunità europee si erano così dotate di quattro obiettivi generali:

  • Sicurezza a lungo termine nell’approvvigionamento e nelle misure economiche in materia di risorse (materie prime, energia, agricoltura)
  • Promozione di uno sviluppo economico comunitario competitivo sul piano internazionale
  • Miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nelle Comunità
  • Protezione dell’ambiente e della natura.

Con le Comunità europee allargate nel 1972 si passò da programmi annuali a programmi pluriennali in materia di azioni dirette (realizzate intra muros dal CCR) ed indirette (realizzate extra muros nei laboratori specializzati dei centri di ricerca nazionali) con una programmazione 1973-1976 seguita dalla programmazione 1977-1980 a cui fece seguito il programma 1980-1983 concentrato in sei obiettivi: sicurezza nucleare e ciclo del combustibile, nuove energie, studi e protezione dell’ambiente, misure nucleari, supporto scientifico alle attività settoriali delle Comunità e sfruttamento delle grandi installazioni.

Il primo programma quadro fu avviato nel 1983 sulla scia della strategia di Lisbona del 1980 ma la piena responsabilità e la base giuridica furono inserite nei trattati con l’Atto Unico Europeo nel 1987 e furono ampliate con il Trattato di Maastricht entrato in vigore nel 1993 con cui fu sottolineata l’importanza della ricerca per la competitività industriale, per la crescita economica per lo sviluppo delle politiche comuni come quelle in materia ambientale.

È significativo l’aumento delle risorse finanziarie attribuite ai programmi pluriennali dai 3.7 miliardi di Euro del primo programma ai 13.1 miliardi del quarto programma 1994-1998 ai 15 miliardi nel quinto programma ai 19.2 miliardi del sesto programma 2002-2006.

A partire dal 2007 e fino al 2013 l’Unione europea si è dotata del settimo programma-quadro con un ammontare globale di 53.2 miliardi di Euro includendo il progetto Galileo, le Reti transeuropee nell’energia e nei trasporti, Life Long Learning e i programmi di scambio degli studenti universitari.

L’ottavo programma-quadro – denominato Orizzonte 2020 perché inserito nella programmazione finanziaria 2014-2020 – ha rappresentato una nuova frontiera con un finanziamento di quasi ottanta miliardi di Euro e tre pilastri principali: l’eccellenza scientifica, la leadership industriale e le sfide della società nel ventunesimo secolo.

Con il recente accordo del Consiglio dell’Unione sul progetto di regolamento per il nono programma-quadro per il periodo 2021-2027 – denominato Orizzonte Europa – e in vista del voto del Parlamento europeo siamo entrati in una fase ancora più avanzata dell’impegno europeo per garantire il bene comune della ricerca europea dotato di un ammontare di risorse pari a 95 miliardi di Euro a cui occorre aggiungere i contributi nazionali.

Rispetto agli inizi degli anni ’70 e dopo oltre cinquanta anni i passi in avanti sul piano quantitativo e qualitativo sono stati sostanziali ma i finanziamenti e gli indirizzi della ricerca restano saldamente nelle mani degli Stati nazionali per quanto riguarda la ricerca di base, quella applicata ed il supporto alla ricerca e allo sviluppo nelle aziende mentre l’Unione europea promuove grandi progetti comuni quasi esclusivamente nell’ambito della ricerca applicata sapendo che in alcuni settori come l’immunologia e le biotecnologie non è possibile distinguere fra ricerca di base e ricerca finalizzata.

Negli Stati Uniti avviene esattamente il contrario e sarebbe difficile immaginare il sistema statunitense senza agenzie federali e senza una politica federale di base oppure senza il National Institute for Health.

Nel settore della ricerca come in quello della salute si manifesta quella che è stata definita la “tragedia dei beni comuni” dove un singolo Stato membro può trarre benefici dal deviare dalla strategia perseguita da tutti gli altri e dove è interesse di ogni singolo Stato ritardare l’attuazione delle decisioni prese in comune per cercare di sfruttare le iniziative messe in atto dagli altri senza pagarne i costi.

Nel Trattato di Lisbona, il settore della ricerca è stato incluso a metà strada fra le competenze condivise e le azioni di sostegno nel quadro di una logica perversa del principio di sussidiarietà perché i governi hanno voluto precisare che l’esercizio della competenza dell’Unione non può “avere l’effetto di impedire agli Stati di esercitare la loro”.

Se vogliamo che l’Unione europea non continui a perdere terreno nei confronti dei vecchi e nuovi competitori internazionali, dobbiamo sottoporre questa questione al centro delle priorità e dei dibattiti nella Conferenza sul futuro dell’Europa.

 coccodrillo

 

PER APPROFONDIRE:

 

 

 

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La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa, nell’edizione nata all’inizio del 2020 dopo la prima edizione bi-settimanale nel 2018-2019, è stata immaginata per contribuire al dibattito sul futuro dell’Europa con un cantiere che avrebbe dovuto aprirsi il 9 maggio 2020 nella Conferenza immaginata da Emmanuel Macron il 4 marzo 2019.

Come sapete, la Conferenza sarà avviata con un anno di ritardo non solo per la pandemia ma per i contrasti fra i governi e il Parlamento europeo che hanno trovato un punto di incontro nella joint declaration del 10 marzo.

Il nostro impegno sarà rafforzato da questo numero che è suddiviso in

- Editoriale che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità,
- Attualità europea della settimana,
- Eventi principali, che speriamo siano di vostro interesse insieme a quelli che vorrete aggiungere e diffondere nostro tramite,
- Europa in onda
- Consigli di lettura
- Ultime da Bruxelles
- Europa dei diritti
- Agenda istituzionale a cura del Movimento Europeo Internazionale e in uno spazio dedicato alla vita del Movimento Europeo Internazionale e dei suoi membri
- Una nuova rubrica redazionale intitolata “Pillole d’Europa”.

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione sulla base dei vostri suggerimenti e delle vostre critiche nella speranza di poter contare, se lo vorrete, anche su un vostro contributo finanziario.
Buona lettura!

 

 

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CARE LETTRICI E CARI LETTORI

La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa, nell’edizione nata all’inizio del 2020 dopo la prima edizione bi-settimanale nel 2018-2019, è stata immaginata per contribuire al dibattito sul futuro dell’Europa con un cantiere che avrebbe dovuto aprirsi il 9 maggio 2020 nella Conferenza immaginata da Emmanuel Macron il 4 marzo 2019.

Come sapete, la Conferenza sarà avviata con un anno di ritardo non solo per la pandemia ma per i contrasti fra i governi e il Parlamento europeo che hanno trovato un punto di incontro nella joint declaration del 10 marzo.

Il nostro impegno sarà rafforzato da questo numero che è suddiviso in

- Editoriale che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità,
- Attualità europea della settimana,
- Eventi principali, che speriamo siano di vostro interesse insieme a quelli che vorrete aggiungere e diffondere nostro tramite,
- Europa in onda
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- Agenda istituzionale a cura del Movimento Europeo Internazionale e in uno spazio dedicato alla vita del Movimento Europeo Internazionale e dei suoi membri
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Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione sulla base dei vostri suggerimenti e delle vostre critiche nella speranza di poter contare, se lo vorrete, anche su un vostro contributo finanziario.
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L'EDITORIALE

La ricerca come bene pubblico: parte “ORIZZONTE EUROPA” e si riapre il cantiere della riforma dell’Unione europea

Fin dalle origini, le tre Comunità europee (CEE, CEE, CEEA), sono state impegnate in singoli programmi di ricerca secondo le indicazioni iscritte nei trattati: carbone e acciaio, ricerca nucleare e ricerca agricola.

Alla fine degli anni sessanta, il richiamo della sfida americana e la preoccupazione del divario tecnologico e delle risorse fra Europa (e meglio la “piccola Europa”) e Stati Uniti ha agito come leva per una maggiore cooperazione nelle Comunità Europee.

Soltanto il Vertice di Parigi nel 1972 in una Comunità a Nove aveva segnato un passo in avanti introducendo, sulla base dell’allora articolo 235 CEE, nuove linee di impegno nei settori industriale, sociale, regionale e ambientale in quella che il cancelliere tedesco Willy Brandt aveva chiamato Gesellschaftpolitik (politica della società).

Ciononostante, l’ambiziosa idea del commissario italiano Altiero Spinelli di creare una Fondazione europea della Scienza sul modello dell’americana National Science Foundation non fu accettata dal Consiglio come istituzione comunitaria e nacque solo nel 1974 come più modesta iniziativa su basi intergovernative.

Da giovane ricercatore ma anche come militante federalista nell’Istituto Affari Internazionali a Roma – fondato da Spinelli nel 1966 – seguivo con l’incarico di analizzare le poche luci e le molte ombre della partecipazione dell’Italia alla cooperazione scientifica e tecnologica internazionale le vicissitudini dei tentativi di Spinelli di inserire un granello di competenza federale nell’ingranaggio europeo.

Sempre nel 1974 e ancora su proposta di Altiero Spinelli, il Consiglio adottò alla unanimità la prima risoluzione su una politica comune nel settore della scienza e della tecnologia che fu l’avvio di una serie di impegni crescenti delle Comunità Europee in materia di ricerca che hanno visto negli anni i membri italiani della Commissione europea: prima Spinelli (1970-1976), poi Filippo Maria Pandolfi (1989-1993) ed infine Antonio Ruberti (1993-1995).

Secondo le priorità indicate da Spinelli, le Comunità europee si erano così dotate di quattro obiettivi generali:

  • Sicurezza a lungo termine nell’approvvigionamento e nelle misure economiche in materia di risorse (materie prime, energia, agricoltura)
  • Promozione di uno sviluppo economico comunitario competitivo sul piano internazionale
  • Miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nelle Comunità
  • Protezione dell’ambiente e della natura.

Con le Comunità europee allargate nel 1972 si passò da programmi annuali a programmi pluriennali in materia di azioni dirette (realizzate intra muros dal CCR) ed indirette (realizzate extra muros nei laboratori specializzati dei centri di ricerca nazionali) con una programmazione 1973-1976 seguita dalla programmazione 1977-1980 a cui fece seguito il programma 1980-1983 concentrato in sei obiettivi: sicurezza nucleare e ciclo del combustibile, nuove energie, studi e protezione dell’ambiente, misure nucleari, supporto scientifico alle attività settoriali delle Comunità e sfruttamento delle grandi installazioni.

Il primo programma quadro fu avviato nel 1983 sulla scia della strategia di Lisbona del 1980 ma la piena responsabilità e la base giuridica furono inserite nei trattati con l’Atto Unico Europeo nel 1987 e furono ampliate con il Trattato di Maastricht entrato in vigore nel 1993 con cui fu sottolineata l’importanza della ricerca per la competitività industriale, per la crescita economica per lo sviluppo delle politiche comuni come quelle in materia ambientale.

È significativo l’aumento delle risorse finanziarie attribuite ai programmi pluriennali dai 3.7 miliardi di Euro del primo programma ai 13.1 miliardi del quarto programma 1994-1998 ai 15 miliardi nel quinto programma ai 19.2 miliardi del sesto programma 2002-2006.

A partire dal 2007 e fino al 2013 l’Unione europea si è dotata del settimo programma-quadro con un ammontare globale di 53.2 miliardi di Euro includendo il progetto Galileo, le Reti transeuropee nell’energia e nei trasporti, Life Long Learning e i programmi di scambio degli studenti universitari.

L’ottavo programma-quadro – denominato Orizzonte 2020 perché inserito nella programmazione finanziaria 2014-2020 – ha rappresentato una nuova frontiera con un finanziamento di quasi ottanta miliardi di Euro e tre pilastri principali: l’eccellenza scientifica, la leadership industriale e le sfide della società nel ventunesimo secolo.

Con il recente accordo del Consiglio dell’Unione sul progetto di regolamento per il nono programma-quadro per il periodo 2021-2027 – denominato Orizzonte Europa – e in vista del voto del Parlamento europeo siamo entrati in una fase ancora più avanzata dell’impegno europeo per garantire il bene comune della ricerca europea dotato di un ammontare di risorse pari a 95 miliardi di Euro a cui occorre aggiungere i contributi nazionali.

Rispetto agli inizi degli anni ’70 e dopo oltre cinquanta anni i passi in avanti sul piano quantitativo e qualitativo sono stati sostanziali ma i finanziamenti e gli indirizzi della ricerca restano saldamente nelle mani degli Stati nazionali per quanto riguarda la ricerca di base, quella applicata ed il supporto alla ricerca e allo sviluppo nelle aziende mentre l’Unione europea promuove grandi progetti comuni quasi esclusivamente nell’ambito della ricerca applicata sapendo che in alcuni settori come l’immunologia e le biotecnologie non è possibile distinguere fra ricerca di base e ricerca finalizzata.

Negli Stati Uniti avviene esattamente il contrario e sarebbe difficile immaginare il sistema statunitense senza agenzie federali e senza una politica federale di base oppure senza il National Institute for Health.

Nel settore della ricerca come in quello della salute si manifesta quella che è stata definita la “tragedia dei beni comuni” dove un singolo Stato membro può trarre benefici dal deviare dalla strategia perseguita da tutti gli altri e dove è interesse di ogni singolo Stato ritardare l’attuazione delle decisioni prese in comune per cercare di sfruttare le iniziative messe in atto dagli altri senza pagarne i costi.

Nel Trattato di Lisbona, il settore della ricerca è stato incluso a metà strada fra le competenze condivise e le azioni di sostegno nel quadro di una logica perversa del principio di sussidiarietà perché i governi hanno voluto precisare che l’esercizio della competenza dell’Unione non può “avere l’effetto di impedire agli Stati di esercitare la loro”.

Se vogliamo che l’Unione europea non continui a perdere terreno nei confronti dei vecchi e nuovi competitori internazionali, dobbiamo sottoporre questa questione al centro delle priorità e dei dibattiti nella Conferenza sul futuro dell’Europa.

 coccodrillo

 

PER APPROFONDIRE:

 


 ATTUALITA'

PARLAMENTO EUROPEO

Ordine del giorno sessione plenaria 24-25 marzo 2021

Documenti che saranno discussi:

 

CONSIGLIO

Informal video conference of European affairs ministers

Tuesday 23 March 2021 

Chair: Ana Paula Zacarias, State Secretary for European Affairs of Portugal the meeting will start at 10.00.

Ministers will prepare the European Council on 25-26 March 2021.

They will exchange views on the synthesis report on Council contributions on the 2021 European Semester and draft a recommendation on the economic policy of the euro area. The Presidency will present an updated roadmap on the 2021 European Semester.

The Presidency will inform ministers about the Conference on the Future of Europe.

A presidency press conference will be held at the end of the meeting.

 

Spring European Council

Ministers will examine draft conclusions for the European Council meeting to be held on 25 and 26 March. The EU leaders will meet in Brussels to discuss the response to the COVID-19 pandemic, the Single Market, industrial policy, digital transformation and the economy, the situation in the Eastern Mediterranean, and relations with Russia.

  • COVID-19: The European Council will take stock of the roll-out of vaccines and the epidemiological situation and pursue the coordinated response to the pandemic crisis.
  • Single market, industrial policy, digital transformation and the economy: The European Council will discuss the key priorities for the single market, industrial policy and the digital transformation. The leaders will look at the Digital Compass, including targets set for 2030, and review work on digital taxation. The European Council will address the priorities for the 2021 European Semester and leaders will be invited to endorse the recommendation on the economic policy of the eurozone.
  • Eastern Mediterranean: The European Council will discuss the situation in the Eastern Mediterranean. The High Representative and the Commission are expected to submit a report on EU-Turkey relations ahead of the meeting, following the conclusions of the European Council in December 2020.
  • Russia: The EU leaders will hold a strategic debate on relations with Russia.

 

European Semester

The Council will examine a presidency synthesis report on the contributions of several informal video conferences of ministers responsible for economic and financial affairs, employment and social affairs, internal market and industry, environment and research, regarding the 2021 European Semester and the recovery and resilience plans. 

The report notes that, according to the Commission’s latest winter forecast, the economic outlook crucially depends on the evolution of the pandemic and of the restrictions on economic activity to contain it and that policy support at national and EU level will be crucial for the recovery.

In the context of the implementation of the Recovery and Resilience Facility, the report emphasizes that the national recovery and resilience plans should become the main reference document on the Member States’ forward-looking policy initiatives.

The plans must encompass the national agenda of reforms and investments, be consistent with the relevant country-specific challenges and priorities identified in the context of the European Semester, be in line with the EU policy objectives and focus on the green and digital transitions. 

The European Semester provides a framework for the coordination of economic policies across the European Union. It allows EU countries to discuss their economic and budget plans and monitor progress at specific times throughout the year.

This year the Commission will replace the European Semester country reports with analytical documents assessing the substance of the recovery and resilience plans. The Council underlined the importance of maintaining horizontal discussions within relevant committees involved in the European Semester,

The Council is also expected to agree to forward a draft recommendation on the economic policy of the euro area to the European Council.

The Presidency will present an updated roadmap on the 2021 European Semester. This roadmap was prepared having in mind the context deriving from the COVID-19 pandemic and the need for continued adjustment to articulate the Recovery and Resilience Facility with the European Semester. 

The roadmap is divided into two phases: the first is related to the recovery and resilience plans and covers the period up to the March European Council; the second is focused on the future of the Semester in the context of the Recovery and Resilience Facility and covers the period between the European Council meetings in March and June 2021.

 

Conference on the Future of Europe

The Presidency will inform ministers about the state of play on the Conference on the Future of Europe, aimed at involving citizens in a wide-ranging debate on Europe’s future in the coming decade and beyond, including in the light of the COVID-19 pandemic.

The Council, the European Parliament and the Commission signed on 10 March a joint declaration that sets out the objectives, structure, scope and timing of the Conference.

The constitutive meeting of the Conference’s Executive Board will take place shortly to discuss a range of issues, including internal arrangements and the launch of the online platform, as well as the planning for future Conference events.

The Council will be represented on the Board by the Presidency and the two subsequent presidencies, with the following four presidencies having observer status.

The Conference’s activities are expected to start soon. The Conference’s joint presidency will invite the Conference to reach conclusions by Spring 2022.

The Conference on the Future of Europe should be an inclusive platform, bringing together different voices to generate a wide-ranging reflection and debate on the challenges Europe is facing and on its long-term future.

 

 


 ULTIME DA BRUXELLES

Strategia finanziaria e comunicazione per ricostruire la fiducia

La scorsa settimana si sono tenute a Bruxelles due riunioni importanti del Consiglio: quella dell’Eurogruppo e quella del Consiglio Ecofin.

Al centro dell’attenzione di entrambe, la ripresa economica dell’Unione europea, anche attraverso politiche fiscali eque e adeguate nonché innovative per fronteggiare una pandemia che ha aggravato gli squilibri economico- sociali già presenti in Europa.

Nel corso delle riunioni, è stato confermato l’impegno dei ministri ad intervenire per arginare ulteriori peggioramenti e l’accordo comune nel contenere gli oneri fiscali per proteggere posti di lavoro, imprese e cittadini. 

La disoccupazione in tutta l’Unione europea – in particolare giovanile e femminile, infatti, è ancora molto alta. 

Pertanto, le misure di sostegno potranno essere tolte solo gradualmente, dopo l’avvio reale della ripresa. Successivamente alla pubblicazione delle previsioni macroeconomiche di primavera diffuse dalla Commissione europea, i ministri decideranno quando riattivare il Patto di stabilità (attualmente sospeso).

L’orientamento emerso è quello di mantenere la sua sospensione almeno fino al 2022 quando, auspicabilmente e grazie ai vaccini e alle misure introdotte, si potrà ritornare ad una situazione di normalità e quindi di ripresa economica.

Non appena questo sarà possibile, gli Stati membri dovranno affrontare strategie di bilancio sostenibili per ridurre nel tempo il proprio debito pubblico.

Grazie alle riforme che promuoveranno la transizione economica e digitale dell’economia reale, si potrà contare sul miglioramento delle finanze pubbliche. Sino ad allora gli strumenti introdotti oltre quelli finanziari dovranno necessariamente essere confermati.

Tra i temi trattati dal Consiglio Ecofin, due meritano una particolare attenzione. Si tratta della tassazione digitale e della ripresa economica. La prima sarà anche uno dei punti in agenda al Consiglio europeo del 25 e 26 marzo e del Parlamento europeo, il 24 e 25 marzo, un tema su cui il Movimento europeo ha elaborato precise proposte in collaborazione con il Centro Studi sul Federalismo e il Centro Studi Economia Reale.

La discussione ha toccato due questioni principali: la necessità di risorse aggiuntive per garantire la ripresa e la resilienza degli Stati membri nel contrasto alle conseguenze (tutt’ora in atto) del Covid-19 e il fatto che le politiche fiscali devono essere eque ed efficaci e prevedere la partecipazione di ogni soggetto economico (comprese le società digitali) al pagamento delle tasse. Entrambi questi due fattori supporterebbero – anche in futuro - quelle azioni di sussidiarietà necessarie per la ripresa ed il rilancio dell’economia europea.

Un sistema, dunque che se governato attraverso una soluzione multilaterale, assicurerebbe anche una concorrenza equa tra imprese che operano in un contesto globale. Il Consiglio Ecofin, infatti, ha avuto uno scambio di opinioni sullo stato di avanzamento dei lavori e sulle prospettive fiscali derivanti da una digitalizzazione dell’economia, anche alla luce di un aggiornamento sullo stato dei negoziati sulla tassazione delle società, in corso a livello OCSE e sui quali si auspica il raggiungimento di un consenso globale entro la prima metà del 2021.

La Commissione europea sta preparando una proposta in tal senso attraverso il lavoro del commissario Paolo Gentiloni e dei suoi servizi.

I Ministri Ecofin si sono quindi soffermati sulla necessità di favorire un ulteriore sviluppo dei pagamenti al dettaglio digitali, sottolineando la necessità di garantire la sicurezza dei consumatori, dei loro dati e contrastare possibili azioni di riciclaggio.

Equità, trasparenza, giustizia, partecipazione sono alcuni degli elementi assolutamente indispensabili per riacquistare la fiducia del mercato, delle cittadine e dei cittadini (e sui quali la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte).

Questi ultimi hanno attraversato due crisi (finanziaria/debiti sovrani e sanitaria) molto dure e vicine tra loro nel tempo, che ne hanno messo a dura prova la resilienza e la fiducia nelle istituzioni.

Entrambe hanno avuto pesanti incidenze sull’economia reale e la seconda anche sulle libertà personali. Rispetto alla crisi finanziaria del 2008-2009, l’attuale crisi sanitaria vede un profondo cambio di atteggiamento delle istituzioni europee: non più solo rigore, ma anche sostegno tramite risorse aggiuntive, assistenza e sussidiarietà per far sì che l’Unione europea possa tornare ad essere un leader mondiale nell’assicurare alle sue cittadine e ai suoi cittadini elevati gradi di benessere economico-sociale e della qualità della vita.

Ma le risorse finanziarie e i cambi normativi sono sufficienti a ricreare quel clima di fiducia che è essenziale per riprendere la corsa al benessere diffuso?

Occorre qualcos’altro? E in questo caso, cosa è necessario fare e con quali modalità intervenire per ‘lavorare’ di nuovo tutti insieme nella stessa direzione contribuendo alla realizzazione di politiche pubbliche sostenibili, un servizio pubblico più efficace che non tradisca le attese dei cittadini, rispetti le loro necessità e risponda alle loro priorità in modo esauriente?

Come poter facilitare la messa in atto delle politiche più consone a sviluppare interventi incisivi e decisivi per il benessere comune non solo locale o settoriale ma quanto più ampio e sostenibile possibile?

I comunicatori pubblici governativi e istituzionali hanno discusso queste tematiche assieme a rappresentanti della società civile e del mondo accademico in un workshop on line organizzato dal Club di Venezia (Club informale dei comunicatori pubblici delle istituzioni europee e degli Stati membri) in collaborazione con la Democratic Society, l'Herbert Simon Society, l'Open Government Partnership e l’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (OCSE), al quale sono intervenuti oltre al Segretario generale del Club di Venezia, Vincenzo Le Voci e al Presidente  del Movimento Europeo Pier Virgilio Dastoli, responsabili per la comunicazione governativa, analisti ed esperti in politiche europee e territoriali  e specialisti in strategie di partecipazione pubblica.

Si è discusso sul ruolo della comunicazione in un contesto di mobilitazione collettiva in tempo di crisi, della necessità di sviluppare adeguati meccanismi di interazione con i cittadini e dinamiche che garantiscano un'informazione chiara, concreta, coerente e tempestiva a beneficio di tutte le fasce della popolazione e una collaborazione più tangibile al processo decisionale.

L'incontro di Giovedì 18 marzo ha anche affrontato il tema attualissimo del contrasto alla disinformazione durante la crisi pandemica, sottolineando la necessità di investire nel settore educativo (formazione continua dei comunicatori pubblici che tenga conto della rapida evoluzione del mondo digitale, collaborazione rafforzata tra autorità pubbliche e comunità scientifica, sviluppo e monitoraggio della cultura comportamentale e necessità di investimenti nei confronti del settore giovanile, con particolare riguardo verso la media literacy), in un quadro di attuazione di politiche che consentano una rapida soluzione delle crisi e un piano di recupero che potrà realizzarsi solo attraverso la fiducia e il consenso delle cittadine e dei cittadini nelle autorità pubbliche.

La comunicazione è più che mai un elemento imprescindibile per la realizzazione di strategie condivise di trasformazione "verde e digitale" dell’economia europea, inderogabili e indispensabili per uscire nel minor tempo possibile da una crisi che sta soffocando l’Unione europea.

La comunicazione, al pari della capacità professionale di chi deve attuare le riforme e delle necessarie risorse finanziarie - ingenti ma non illimitate - messe a disposizione a livello europeo e nazionale, costituisce dunque un elemento essenziale e complementare nella realizzazione delle azioni dei vari PNRR e delle politiche europee.

Nel workshop del Club è stata pertanto sottolineata la necessità di attivare subito e nella migliore modalità possibile un costante dialogo sociale per ascoltare le esigenze delle cittadine e dei cittadini e spiegare le ragioni profonde delle politiche dell’Unione e i loro benefici. Un dialogo che si auspica possa trovare concretezza e pieno riconoscimento nei lavori dell'imminente Conferenza sul Futuro dell'Europa.

Anna Maria Villa

 

PER APPROFONDIRE:

 

  

 

AMICI DELL'EUROPA

Un partito transnazionale entra per la prima volta in un parlamento nazionale

Volt entra per la prima volta in un parlamento nazionale. I Paesi Bassi ci regalano questa emozione dando fiducia alla visione del nostro partito concedendoci 3 seggi su 150 con il 2,3% dei voti.

È una grande vittoria.

Volt, per sua stessa natura, è un unico partito in tutta Europa quindi, come per la vittoria al parlamento europeo, nelle città tedesche o a Matera, noi di Roma siamo felici come se avessimo eletto dei deputati a Montecitorio.

Ma finiti i brindisi ci aspetta una sfida enorme. Una prova di coerenza e di coraggio senza precedenti nella storia. Dobbiamo svestirci degli interessi di parte e non soccombere agli egoismi nazionali per raccogliere il testimone di Spinelli, Bech, Adenauer e tutti gli altri padri fondatori dell’Europa.

Questa sfida graverà principalmente sui nostri fratelli olandesi ma essere un unico partito significa condividere non solo le gioie e le vittorie ma anche i problemi e le difficoltà. Onorati della fiducia che abbiamo ricevuto, facciamo in modo di meritarla e rendiamo orgogliosi chi ce l’ha concessa.

E questa fiducia è stata data alla nostra Visione, al nostro Progetto. Una sfida a lungo termine e difficile da realizzare: un’unica nazione e un’unica comunità, sia antica che moderna, senza confini, con un solo destino per centinaia di milioni di persone, con le proprie idee, desideri e aspirazioni ma il cui obiettivo comune è la ricerca della pace e la difesa degli universali diritti umani.

In psicologia ogni contatto è una relazione e noi abbiamo una relazione con altri 26 paesi. Siamo una bellissima costellazione poliamorosa impegnata. E come in ogni relazione sono necessari rispetto, consapevolezza e consensualità. Sappiamo che le relazioni sono complicate e tanti più fattori entrano nell’equazione tanto più sono complesse ma i mutui benefici sono palesi ed innegabili.

Un peso gravoso da portare ma che si alleggerisce se lo portiamo tutti e 27 insieme.

Cives, floreat Europa, opus magnum vocat nos.

Cittadini, fiorisca l’Europa, un’opera grandiosa ci chiama.

Volt Roma

 

PER APPROFONDIRE:

 

 

 

PILLOLE D'EUROPA

LO SPUTNIK V E L’UNIONE EUROPEA

Nelle ultime settimane sono state diffuse, a proposito ma soprattutto a sproposito, molte notizie sul vaccino russo Sputnik V che hanno aumentato gli effetti di quella che è stata chiamata infodemia, un virus non letale ma certamente dannoso per i rapporti di fiducia fra le opinioni pubbliche e le istituzioni nazionali ed europee.

Cerchiamo di mettere dell’ordine in questa materia chiarendo in primo luogo che, contrariamente a quello che è stato affermato da Matteo Salvini, le prime cinquanta milioni di dosi del vaccino russo – come è stato ammesso dall’amministratore delegato del Russian Direct Investment Fund Kirill Aleksandrovic Dmitriev – potranno essere fornite all’Unione europea ma non ancora inoculate non prima del giugno 2021.

Il Gam-Covid-Vac (il cui nome commerciale è Sputnik V) è stato sviluppato in Russia presso il Centro Nazionale di ricerca epidemiologica e microbiologica N.F. Gamalejae e dal Centro virologico dell’Istituto di ricerca di microbiologia del Ministero della difesa della Federazione Russa. Il 4 marzo 2021, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha avviato la revisione dello Sputnik V in vista della sua eventuale distribuzione commerciale nell’Unione europea su richiesta della filiale tedesca del gruppo farmaceutico russo R-Pharm.

Nel rispetto delle regole europee e della condivisione delle azioni rivolte alla sicurezza della salute delle cittadine e dei cittadini europei che assegnano all’Unione una competenza concorrente (art. 168 TFUE), la decisione di aggiungere lo Sputnik V agli altri vaccini che sono attualmente diffusi fra gli Stati membri o che saranno diffusi nelle prossime settimane spetta all’EMA e le agenzie nazionali come l’AIFA italiane si adeguano normalmente alle decisioni dell’EMA. È stato inoltre deciso dal Consiglio di affidare alla Commissione europea il compito di negoziare e di sottoscrivere i contratti con le società farmaceutiche non solo come logica conseguenza dei principi della politica commerciale comune ma anche per garantire un’equa distribuzione dei vaccini fra i paesi membri.

Ci troveremmo di fronte ad un atto di grave irresponsabilità politica e sanitaria da parte italiana – in contrasto fra l’altro con l’orientamento di altri paesi membri come la Germania – se il governo decidesse di dare seguito all’ipotesi avanzata da Mario Draghi nella conferenza stampa del 19 marzo di acquistare autonomamente lo Sputnik V, senza attendere la valutazione dell’EMA, sulla base di un contratto sottoscritto bilateralmente con il governo russo o con il gruppo farmaceutico R-Pharm. Così facendo, il governo italiano contribuirebbe ai rischi di frammentazione dell’azione europea contro la pandemia e violerebbe il principio della cooperazione leale che fa parte dei valori fondanti dell’Unione europea.

Gli “europeisti” che sostengono il governo presieduto da Mario Draghi agirebbero per impedire quest’atto di irresponsabilità – che, dati i tempi che si dovrebbero attendere per l’arrivo del vaccino russo, non gioverebbe alla nostra campagna di vaccinazione - o si piegherebbero allo sgangherato sovranismo di Matteo Salvini?

 

DI FRONTE ALLA PANDEMIA L’EUROPA CENTRALE HA SCOPERTO I VANTAGGI DI PIU’ EUROPA?

I dati nei meccanismi di ripartizione dei vaccini fra gli Stati membri, sulla base della decisione intergovernativa adottata a dicembre 2020, sono impietosi per chi difende il principio del metodo confederale che viene applicato nello steering committee formalmente diretto dalla Commissione europea e in particolare dall’italiana Sandra Gallina perché gli Stati membri – secondo i criteri della sovranità nazionale -. Possono applicare delle deroghe rispetto alle quote decise di comune accordo.

Cosicché è apparso evidente che alcuni paesi hanno fatto la parte del leone e altri quella della gazzella creando una evidente ingiustizia e una palese violazione delle regole europee che esigono di considerare tutte le cittadine e i cittadini dell’Unione di fronte alla pandemia su un piano di eguaglianza.

Colpiti dall’inefficace funzionamento del metodo confederale, i primi ministri austriaco, bulgaro, croato, lettone, ceco e sloveno – che sono sempre stati fra i più accesi oppositori dell’eurocrazia – si sono riuniti a Vienna il 16 marzo per denunciare la mancanza di rispetto della ripartizione proporzionale fra le popolazioni europee e per chiedere alla Commissione europea di intervenire con autorità (diremmo noi “sovranazionale” o addirittura federale) sullo steering committee o ancor di più per interrompere l’abuso di potere di quel comitato e far valere il primato delle decisioni europee. Dimenticando le comuni origini storiche dell’impero austro-ungarico i primi ministri dell’Europa centrale hanno accusato il primo ministro ungherese Viktor Orban di aver violato la cooperazione europea ordinando i vaccini russo e cinese.

Di certo la questione sarà evocata durante il Consiglio europeo del 25 e 26 marzo dove il tema della campagna vaccinale sarà all’ordine del giorno dopo le critiche sui “ritardi europei” che in realtà sono dovuti alle responsabilità condivise dai governi europei, dopo l’immotivata sospensione dell’uso di AstraZeneca nonostante l’orientamento favorevole dell’EMA e di fronte alle opinioni contrastanti su un eventuale accordo con la Russia per l’uso dello Sputnik V in un Consiglio europeo che dovrà discutere delle relazioni con Vladimir Putin tre giorni dopo le elezioni per il rinnovo della Duma.

Sembra che uno dei primi ministri dell’Europa centrale si sia fatto sfuggire, durante la riunione di Vienna, che sarebbe necessario rivedere la governance dell’Unione europea, un tema che dovrebbe essere messo al centro della Conferenza sul futuro dell’Europa spiegando alle cittadine e ai cittadini dell’ex-impero austro-ungarico che l’unico modo di difendere i loro interessi è di affidarli ad un governo europeo.

 

 

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