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Le precisazioni del prof. Fabio Colasanti al giornalista del “Corriere della Sera” Aldo Cazzullo

 

Dottor Cazzullo,
 
Il suo pezzo “Vaccini - Gli errori dell’Europa” contiene delle importanti inesattezze con pesanti implicazioni politiche. L’UE non ha mai “puntato tutto sul vaccino AstraZeneca”; semmai è il nostro governo che ha puntato su questo vaccino. La Commissione europea ha fatto dei contratti-quadro con un certo numero di ditte. Ma le quantità di ogni vaccino da acquistare sono state decise da ogni singolo paese attraverso gli “ordini d’acquisto” previsti dal contratto quadro. E le “correzioni” introdotte successivamente da alcuni paesi non sono affatto andate come descritto nell’articolo. I due documenti che allego mostrano chiaramente come stanno le cose. Vengono dai ministeri della Sanità dei due paesi.
 
L’Italia ha inizialmente ordinato 27.3 milioni di dosi del vaccino Pfizer-BioNTech e 40 milioni del vaccino AstraZeneca. Successivamente l’Italia ha aggiunto altre 13.3 milioni di dosi Pfizer-BT. La Germania ha inizialmente ordinato 60 milioni di dosi Pfizer-BT e 56.2 milioni di dosi AstraZeneca. Quindi la Germania ha puntato leggermente di più sulla Pfizer-BT che sull’AstraZeneca. Il nostro paese ha ordinato 53 milioni di dosi del vaccino J&J, mentre la Germania ne ha ordinate solo 37 milioni. Ogni paese ha fatto le sue scelte. Successivamente la Germania ha separatamente ordinato altre 30 milioni di dosi del vaccino Pfizer-BT che saranno consegnate dopo tutte le consegne previste dal contratto quadro UE (forse fine 2021).
 
È veramente sbagliato attribuire all’Unione europea errori non suoi. In ogni caso, la Commissione europea era assistita nei negoziati da un gruppo di sette rappresentanti di stati membri (tra i quali un nostro rappresentante e uno del governo tedesco). L’Unione europea non è qualcosa di terzo con una sua propria capacità di decisione e responsabilità. L’Unione europea è l’insieme degli stati membri.
 
L’Unione europea non si è affatto mostrata disunita sulla questione dei vaccini. I contratti sono stati firmati ad agosto. Gli annunci del ministro Jens Spahn sull’acquisto di 30 milioni di dosi supplementari sono di fine dicembre (il 30 dicembre la Pfizer-BT ha comunque smentito di aver già firmato accordi con il governo tedesco). Sono quindi relativi ad una situazione dove non c’erano più molti rischi di perturbare i negoziati. Un’agenzia di stampa italiana ha anche confermato le dichiarazioni del ministro Spahn che ha detto di aver chiesto il 19 dicembre agli altri paesi (attraverso il segretariato del Consiglio dei ministri) se vedevano inconvenienti nel fatto che la Germania acquistasse altre dosi. Non c’è stato quindi nessun comportamento che abbia indebolito la capacità di negoziare con le ditte fornitrici (problema limitato al solo caso AstraZeneca).
 
Quando i contratti quadro sono stati firmati (e trasmessi i primi ordini di acquisto) nessuno era in grado di sapere quali vaccini sarebbero un giorno stati disponibili e quando. Proprio per questo motivo i contratti quadro sono stati fatti per quasi due miliardi di dosi. I vaccini Pfizer-BT e Moderna sono arrivati più rapidamente di quanto era prevedibile ad agosto. Non dimentichiamo mai quali sono i tempi normali di sviluppo di un vaccino.
 
Non ci sono difficoltà di forniture con la Pfizer-BT. Tutto va meglio di quanto previsto ad agosto, al momento della firma dei contratti. Le riduzioni di consegne delle due settimane di metà gennaio sono state già compensate e la ditta sta espandendo notevolmente la sua capacità di produzione al punto che la Commissione europea ha potuto negoziare e annunciare una decina di giorni fa l’acquisto di altri 200 milioni di dosi Pfizer-BT, non previste dai contratti quadro iniziali. La Pfizer-BioNTech ha riconvertito alla produzione del suo vaccino una fabbrica della Novartis situata a Marburg. La fabbrica ha iniziato la produzione a metà febbraio. La Pfizer-BioNTech ha anche firmato un accordo per la produzione del suo vaccino negli stabilimenti della Sanofi e, secondo l’Ansa, starebbe negoziando accordi simili con altre dieci ditte. Sull’acquisto del vaccino Pfizer-BioNTech non c’è nessun fallimento; è la storia di un grande successo. Anche con l’americana Moderna c’è stata la possibilità di ordinare altre 300 milioni di dosi non previste nel contratto iniziale. 
 
Il problema è quindi circoscritto alle difficoltà di produzione della AstraZeneca ed al ritardo dei vaccini J&J, CureVac e Sanofi/GSK. Ma è logico pensare che non ci sia molto da fare sul ritardo di questi vaccini. Le ditte hanno già un interesse enorme a terminare il processo di sviluppo il più rapidamente possibile. A cosa servirebbe “fare la faccia feroce” con queste tre ditte ?  
 
Presentare il problema – vero – che esiste con AstraZeneca come un fallimento generale dell’acquisto di vaccini da parte dell’UE è veramente un’esagerazione.
Esiste invece un problema diverso, quello dell’organizzazione delle somministrazioni in parecchi paesi. Per quanto riguarda l’Italia, sarebbe il caso di gettare un’occhiata ai dati della fondazione Gimbe, sullo scarto nelle ultime due settimane tra dosi consegnate dalle varie ditte (più di 2.3 milioni di dosi) e dosi effettivamente somministrate (meno di un milione).
 
I punti che ho sollevato mi sembrano importanti. Meritano una rettifica.
 
Cordialmente, 

Fabio Colasanti

 

 

 

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 di Anna Maria Villa

La scorsa settimana si sono tenute due riunioni importanti: il Consiglio del mercato interno e il Consiglio Europeo. Tema comune ad entrambi sono state ulteriori azioni da mettere in campo per contrastare le gravi conseguenze del Covid-19 da un punto di vista sanitario ed economico.

I ministri del mercato interno infatti hanno rivendicato il loro necessario coinvolgimento nella valutazione dei Piani di ripresa e resilienza presentati dagli Stati, in particolare per quegli investimenti strategici che dovranno garantire la ripresa economica dell’unione. Un mercato interno funzionante, un’autonomia strategica dell’unione e un accresciuto ruolo dei consumatori sono elementi necessari per una ripartenza duratura e resiliente difronte a possibili altre crisi. I capi di stato e di governo dal canto loro, dopo un’analisi aggiornata della situazione sanitaria europea e delle principali criticità rimaste ancora da affrontare, hanno approvato una dichiarazione congiunta in cui hanno indicato le linee guida da seguire per un contrasto deciso e quanto più possibile immediato alla persistente diffusione del virus e di sue varianti molto contagiose. Tra gli obiettivi principali quello di poter contare presto su un vaccino, possibilmente europeo, per non dipendere esclusivamente da produttori esteri.

Gli ultimi dati – economico-sociali – all’interno dell’unione rimangono allarmanti, anche se ci sono in determinati settori timidi segnali di una leggera ripresa. Il tasso di occupazione della popolazione compresa tra i 20 ed i 64 anni, sebbene cresciuto, non è ancora a livelli sperati e soprattutto registra un persistente divario tra i vari Stati. Nell’ambito di questi valori, rimane ancora un forte gap occupazionale di genere e generazionale a sfavore soprattutto di donne e di giovani. A questo ovviamente corrisponde un tasso di disoccupazione ancora alto soprattutto in quei settori – che impiegano principalmente giovani e donne – quali turismo, arte e ristorazione.

Da qui una serie di riflessioni. Oltre alla necessità di una indipendenza europea nella produzione dei vaccini, emerge l’urgente necessità di attuare politiche sociali europee coordinate ed uniformi a sostegno della crisi sociale dei 27 paesi.  Senza interventi coordinati non potrà esserci il corretto funzionamento del mercato interno e la situazione economica dell’unione continuerà a mostrare pericolosi squilibri macroeconomici che potrebbero compromettere una ripresa organica e generalizzata.

Notevoli progressi nel senso di una maggiore solidarietà europea sono stati compiuti con il Recovery plan, grazie al quale sono state messe a disposizione ingenti risorse finanziarie – in parte ‘grants’ – per contrastare la pandemia. Ma questo da solo non basta. Occorre rimettere al centro dell’azione europea ‘l’uomo’. Come ha affermato il commissario Dombrovskis, occorre rimettere l’economia al servizio delle persone per una crescita inclusiva e sostenibile. La transizione ecologica e quella digitale debbono essere realizzate in un’ottica sociale, dal momento che crescita e benessere sono strettamente connessi al benessere di tutti i cittadini. La questione sociale non può infatti essere considerata un mero corollario ai Piani di ripresa e di resilienza, ma deve essere l’ottica in base alla quale intervenire: non un qualcosa di estraneo, dunque, ma qualcosa che è alla base di ogni azione.

A questo riguardo la Commissione europea lancerà in settimana il Piano di azione per l’attuazione del Pilastro sociale. Quest’ultimo, voluto dalla Commissione nel 2017 per contrastare gli effetti sociali della crisi finanziaria e dei debiti sovrani del 2008, indica attraverso l’enunciazione di 20 principi chiave, articolati in tre categorie di intervento (pari opportunità e accesso al mercato del lavoro; condizioni di lavoro sicure ed eque; protezione sociale ed inclusione) le linee di azione che debbono guidare istituzioni europee, stati membri e parti sociali, a sostegno della questione sociale.

Il Pilastro sociale non è mai stato completamente attuato dai tre attori principali, che ne sono anche i responsabili. Ma oggi più che mai è necessario agire. Occorre applicare quei principi attraverso azioni condivise e coordinate, ad esempio per sostenere il mercato del lavoro, garantire sistemi di protezione sociale comuni, equi e funzionanti, avviare concretamente un processo di convergenza che assicuri migliori condizioni di vita a tutti i cittadini europei. I 20 principi del Pilastro sociale sono, infatti, di grande attualità in questo periodo di crisi economica-sociale e sanitaria, ad esempio la parità di genere, l’assistenza all’infanzia per permettere alle lavoratrici-madri di essere protagoniste nel mondo del lavoro, la garanzia di un reddito o di una pensione minima, l’accesso a servizi essenziali, ecc.

Il rispetto di questi principi non solo garantisce a livello UE lo stato di diritto, il c.d. rule of law, ma assicura anche quelle condizioni di contesto economico uniformi per le imprese che operano nel mercato unico, e ciò a vantaggio della concorrenza e di una migliore distribuzione delle risorse. La pubblicazione del Piano di attuazione del Pilastro sociale sarà quindi essenziale anche ai fini della redazione finale dei Piani di ripresa e resilienza, in quanto inciderà su uno degli elementi essenziali dei progetti: la forza lavoro.

Ci auguriamo dunque che questo sia l’avvio di una diversa ottica di intervento a livello europeo e a livello nazionale per rimettere in moto l’economia, assicurando quelle migliori condizioni di vita che ormai tutti i cittadini europei esigono e si aspettano dall’Europa, per tornare e/o continuare a credere e sperare nel progetto europeo.

Anche la Presidenza Portoghese nel suo programma ha ascoltato questa esigenza e ha dato particolare risalto al tema sociale, prevedendo, il 7  maggio, a Porto una conferenza ad hoc, come seguito del Vertice sociale di Göteborg del 2017, durante il quale venne proclamato dagli Stati membri dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea, il Pilastro sociale, considerato dalla Presidenza portoghese un elemento chiave per realizzare un’equa ed inclusiva transizione ambientale e digitale.

Tutte queste iniziative avranno anche riflesso sulla ‘Conferenza sul futuro dell’Europa’, che verrà lanciata quest’anno in occasione della festa dell’Europa, e dalla quale – si spera - emergeranno proposte concrete e condivise anche per una nuova governance europea, sempre più attenta al progresso sociale dei suoi cittadini per assicurare che nessuno rimanga indietro.

 

 
 

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