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Questa newsletter, ancora una volta, richiede uno sforzo di sintesi rispetto alla vasta gamma di temi che si potrebbero trattare, al termine di una settimana che ha visto concentrare le energie sulla risposta europea alla pandemia attraverso gli accordi ancora incerti sull'approvvigionamento dei vaccini per la popolazione. È il tema a partire dal quale sarà interessante verificare se e come effettivamente si potrà innescare un'accelerazione del processo, sollecitata dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. In merito, continua l'impegno del Movimento europeo a fornire anche tutte le informazioni per il contrasto alla pandemia, che – vi ricordiamo - potete ritrovare nel nostro spazio “Attraverso l'emergenza – Il coronavirus e l'Europa”.
Il Movimento Europeo in Italia ricorda Mario Zagari, suo presidente dal 1988 al 1996, a venticinque anni dalla sua scomparsa (14 settembre 1913-29 febbraio 1996).
Militante partigiano, Mario Zagari è stato uno dei costituenti italiani, a lungo membro della Camera dei Deputati per cinque legislature, sottosegretario agli affari esteri e ministro del Commercio con l’Estero e di Grazia e Giustizia, deputato al Parlamento europeo dal 1976 al 1989 di cui è stato vicepresidente e candidato alla presidenza per il gruppo socialista, ha rappresentato nella cultura socialista la componente federalista.
Ha fondato e presieduto la Sinistra Europea.
Vi segnaliamo inoltre un appello giunto dall'On. Laura Boldrini per le donne polacche in gravidanza:
“Care amiche, cari amici,
come sapete, lo scorso 27 gennaio, in Polonia, è entrata in vigore la contestatissima norma che vieta l’interruzione di gravidanza anche in caso di malformazione del feto, e che in pratica sancisce il divieto quasi totale di abortire. Migliaia di persone sono scese di nuovo in piazza in diverse città della Polonia e in particolare a Varsavia.
Data la gravità della situazione, l’European Parliamentary Forum for Sexual and Reproductive Rights (EPF) – la rete di parlamentari di tutta Europa impegnati/e nella tutela dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, di cui io e Lia Quartapelle facciamo parte – dopo aver promosso un paio di incontri con alcuni deputati e deputate polacchi ai quali io stessa ho partecipato, ha indetto un’azione coordinata per contrastare la legge ostile ai diritti delle donne. Pertanto, ha proposto di organizzare un flash-mob davanti all’ambasciata polacca, da tenersi in ogni paese europeo lunedì 8 marzo 2021 dalle 16 alle 18. I presidi si svolgeranno in contemporanea con lo Strajk Kobiet, lo sciopero delle donne che avrà luogo quel giorno in Polonia. […]
Vi invito a partecipare inviando una delegazione per ogni associazione. Sto già prendendo contatti con la questura per le notifiche necessarie. Spero davvero che possiate esserci, giacché la forte mobilitazione delle donne polacche merita pieno sostegno. Noi stiamo con loro non solo perché hanno ragione, ma anche perché tengono alti i valori di libertà che appartengono a tutte e a tutti noi. E perché rivendicano quel diritto all’autodeterminazione che appartiene alle donne di tutto il mondo”.
Da questa settimana, considerata l'importanza dell'occasione, monitoreremo l'agenda del G20 a presidenza italiana. Per la settimana, vi segnaliamo:
Europa in onda. Il podcast che ti parla di Europa. Podcast di attualità, cultura, generazione Erasmus: una finestra di approfondimento su tutto ciò che attraversa l'Europa.
Fra gli obiettivi mostruosi del Terzo Reich vi era quello di trasformare l’Europa in una fortezza (Festung Europa) a dominazione nazi-fascista, un obiettivo che era stato denunciato con la forza drammatica della ragione da Stefan Zweig nel suo diario “Un mondo di ieri” pubblicato alla vigilia del suo suicidio in Brasile il 23 febbraio 1942 come testimonianza personale di chi aveva creduto all’idea di un mondo cosmopolita.
“Se però con la nostra testimonianza – aveva scritto Zweig - tramanderemo alla generazione futura anche soltanto una scheggia di verità, non avremo lavorato invano”.
Mentre riparte il dibattito sulla autonomia strategica dell’Unione europea, noi riteniamo che valga la pena di rileggere, insieme al Manifesto di Ventotene del 1941, il Diario di Stefan Zweig perché non è un caso che questi due testi siano stati concepiti nello stesso periodo di tempo drammaticamente marcato dall’occupazione nazista di quasi tutto il continente europeo e che l’austriaco Zweig e i confinati di Ventotene abbiano pensato a distanza di migliaia di chilometri ad un nuovo ordine internazionale partendo dal continente europeo.
Negli ultimi venti anni, prima con la “Strategia europea in materia di sicurezza” proposta da Javier Solana Madariaga nel 2003 e poi con la “Strategia Globale dell’Unione europea” proposta da Federica Mogherini nel 2016, si è erroneamente pensato che l’autonomia strategica europea dovesse essere concepita e realizzata partendo principalmente dai temi della sicurezza esterna e della difesa militare secondo una visione (e non una strategia) legata all’obiettivo di rendere l’Unione europea progressivamente indipendente dall’egemonia del (super-) potente alleato americano dopo la fine del mondo bipolare e si è anche coniata l’espressione della Europa che protegge.
In un pianeta profondamene instabile e con un ordine internazionale in transizione, appare evidente – come è stato sottolineato nelle recenti comunicazioni della Commissione europea e dell’Alto Rappresentante per gli affari esteri e della politica di sicurezza Josep Borrell i Fontelles su un “Partenariato rinnovato con i paesi vicini del Sud” [vedi nella sezione "Documenti"] del 9 febbraio 2021 e sul “Rafforzamento del contributo dell’Unione europea ad un multilateralismo fondato su regole comuni” [vedi nella sezione "Documenti"] del 17 febbraio 2021 – che l’autonomia strategica europea non possa più essere fondata sulla miope e illusoria visione dell’indipendenza o della equal partnership transatlantica in materia di sicurezza esterna e di difesa ma debba seguire la via più difficile ma necessaria di un multilateralismo globale che metta al centro le sfide del mondo di oggi senza perseguire il tragico obiettivo di sostituire ad una somma di nazionalismi statuali l’isolazionismo continentale del nazionalismo europeo (Europeans first).
La prima sfida è quella della lotta alla pandemia provocata oggi dal COVID-19 ma dal secondo dopoguerra in poi dal virus influenzale A (H2N2) di origine aviaria del 1957, dall’influenza di Hong Kong (H3N2) del 1968, dall’AIDS del 1981 e dalle epidemie di SARS degli inizi di questo secolo che hanno provocato milioni di morti in tutto il mondo.
Per debellare l’attuale pandemia è necessario uno sforzo globale nella lotta alla malattia, nella ricerca e nella produzione e nella somministrazione dei vaccini che devono essere accompagnate – come ha chiesto a nome del Parlamento europeo il Presidente David Sassoli – dalla liberalizzazione dei brevetti e da massici e immediati aiuti ai paesi con basso reddito come ha proposto la Commissione europea con il piano Covax.
L’idea - che sarebbe stata sostenuta da Mario Draghi al Consiglio europeo del 25 e 26 febbraio scorso (ma il condizionale è d’obbligo perché non ci sono state dichiarazioni ufficiali del presidente del Consiglio italiano) - secondo cui sarebbe necessario vaccinare gli europei e rinviare ad un altro momento la solidarietà con i paesi poveri è sbagliata per ragioni sanitarie prima che umanitarie perché la pandemia non conosce confini.
Seguendo le proposte di Ursula Von der Leyen e del Presidente francese Emmanuel Macron, il Consiglio europeo ha opportunamente ribadito “our solidarity with third countries” e sottolineato “our determination to step up our global response to the pandemic” aggiungendo che l’Unione europea mantiene il suo impegno “to improving access to vaccines for priority groups in our neighbourhood and beyond based on common principles and to supporting a global approach through the Covax Facility…to distribute vaccines to 92 low- and middle – income countries” [vedi nella sezione "Documenti"].
Meno opportunamente il Consiglio europeo ha ignorato le comunicazioni della Commissione europea e dell’Alto Rappresentante del 9 e del 17 febbraio concentrando la discussione sulle questioni della sicurezza e della difesa e rinviando alla riunione del 25-26 marzo il dibattito sul Mediterraneo.
L’autonomia strategica dell’Unione europea, con l’obiettivo di un multipolarismo globale, deve porre al centro le nuove sfide planetarie che riguardano certamente le questioni della sicurezza (l’Europa che protegge) oggi legate al terrorismo internazionale, alla criminalità organizzata, all’elusione fiscale e alla corruzione ma che riguardano soprattutto la dimensione della sicurezza ambientale e dunque la lotta al cambiamento climatico insieme all’indispensabile indipendenza esterna dalle energie fossili, gli effetti dirompenti sui sistemi democratici delle nuove tecnologie della società digitale, la cybersecurity e last but not least la competitività europea nella dimensione dell’intelligenza artificiale.
L’autonomia strategica dell’Unione europea riguarda la dimensione esterna dell’Unione economica e monetaria in tutte le sedi internazionali dove si discutono le questioni legate al governo della finanza essendo necessario e urgente riaprire il dibattito sulla riforma del sistema di cooperazione rimasta in sospeso dopo la crisi del 2007-2008 e porre sul tavolo il tema del ruolo internazionale dell’Euro.
L’autonomia strategica dell’Unione europea riguarda il governo della sfida planetaria dei flussi migratori sapendo che la politica di accoglienza appartiene agli Stati o, nel nostro caso, alle organizzazioni regionali a dimensione sovranazionale ma che la lotta alla cause delle migrazioni (la fame, le guerre, i disastri ambientali, il land grabbing, la violenza dei regimi autoritari, i conflitti religiosi) appartiene alla responsabilità delle organizzazioni internazionali a cominciare dalle Nazioni Unite che devono far rispettare le convenzioni internazionali come quelle di Ginevra e Amburgo.
Tutto ciò pone – come ci hanno ricordato la Commissione europea e l’Alto Rappresentante – la questione della riforma delle organizzazioni globali internazionali come l’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’Organizzazione Mondiale del Commercio e l’Organizzazione Mondiale della Sanità dove l’Unione europea deve porre come priorità assoluta il rispetto dello stato di diritto che è un valore imprescindibile al suo interno e nelle relazioni con i paesi terzi e che comprende le cinque componenti della dimensione democratica: rappresentativa, partecipativa, economica, paritaria e di prossimità.
Sapendo che l’insieme delle questioni legate ad un approccio geopolitico della nostra autonomia strategica richiede un impegno a medio e lungo termine e che il fallimento delle visioni di Solana e Mogherini nel 2003 e nel 2016 è stato provocato non solo dalla loro miopia ma anche dall’inefficienza del metodo confederale fondato sul metodo dell’unanimità e sul ruolo marginale del Parlamento europeo, ci ha colpito negativamente il fatto che la Commissione europea e l’Alto Rappresentante non abbiano legato ora in modo esplicito e inequivocabile le numerose azioni proposte al dibattito sulla riforma dell’Unione europea che si dovrà aprire con la Conferenza sul futuro dell’Europa e che si siano limitati a chiedere al Consiglio e al Parlamento europeo di far proprio l’approccio contenuto nelle due comunicazioni e di lavorare insieme per la sua attuazione e per la revisione delle azioni proposte.
Per parte nostra, sapendo che il Parlamento europeo ha posto in questi termini il tema dell’autonomia strategica dell’Unione europea in vista della Conferenza sul futuro dell’Europa nelle sue risoluzioni del gennaio e del giugno 2020, chiediamo al governo italiano di sostenere queste priorità in occasione del Consiglio europeo del 25-26 marzo e di proporre una comune strategia europea nei vertici internazionali del 2021 (Vertice ambientale convocato da Joe Biden il 22 aprile a cui seguirà un Summit Mondiale sulle democrazie, Vertice sulla salute a Roma il 21 maggio, Vertice G20 a Roma il 30-31 ottobre, COP26 a Glasgow dal 1° al 12 novembre).
Autonomia strategica europea e multilateralismo planetario: un equilibrio difficile ma necessario
Fra gli obiettivi mostruosi del Terzo Reich vi era quello di trasformare l’Europa in una fortezza (Festung Europa) a dominazione nazi-fascista, un obiettivo che era stato denunciato con la forza drammatica della ragione da Stefan Zweig nel suo diario “Un mondo di ieri” pubblicato alla vigilia del suo suicidio in Brasile il 23 febbraio 1942 come testimonianza personale di chi aveva creduto all’idea di un mondo cosmopolita.
“Se però con la nostra testimonianza – aveva scritto Zweig - tramanderemo alla generazione futura anche soltanto una scheggia di verità, non avremo lavorato invano”.
Mentre riparte il dibattito sulla autonomia strategica dell’Unione europea, noi riteniamo che valga la pena di rileggere, insieme al Manifesto di Ventotene del 1941, il Diario di Stefan Zweig perché non è un caso che questi due testi siano stati concepiti nello stesso periodo di tempo drammaticamente marcato dall’occupazione nazista di quasi tutto il continente europeo e che l’austriaco Zweig e i confinati di Ventotene abbiano pensato a distanza di migliaia di chilometri ad un nuovo ordine internazionale partendo dal continente europeo.
Negli ultimi venti anni, prima con la “Strategia europea in materia di sicurezza” proposta da Javier Solana Madariaga nel 2003 e poi con la “Strategia Globale dell’Unione europea” proposta da Federica Mogherini nel 2016, si è erroneamente pensato che l’autonomia strategica europea dovesse essere concepita e realizzata partendo principalmente dai temi della sicurezza esterna e della difesa militare secondo una visione (e non una strategia) legata all’obiettivo di rendere l’Unione europea progressivamente indipendente dall’egemonia del (super-) potente alleato americano dopo la fine del mondo bipolare e si è anche coniata l’espressione della Europa che protegge.
In un pianeta profondamene instabile e con un ordine internazionale in transizione, appare evidente – come è stato sottolineato nelle recenti comunicazioni della Commissione europea e dell’Alto Rappresentante per gli affari esteri e della politica di sicurezza Josep Borrell i Fontelles su un “Partenariato rinnovato con i paesi vicini del Sud” [vedi nella sezione "Documenti"] del 9 febbraio 2021 e sul “Rafforzamento del contributo dell’Unione europea ad un multilateralismo fondato su regole comuni” [vedi nella sezione "Documenti"] del 17 febbraio 2021 – che l’autonomia strategica europea non possa più essere fondata sulla miope e illusoria visione dell’indipendenza o della equal partnership transatlantica in materia di sicurezza esterna e di difesa ma debba seguire la via più difficile ma necessaria di un multilateralismo globale che metta al centro le sfide del mondo di oggi senza perseguire il tragico obiettivo di sostituire ad una somma di nazionalismi statuali l’isolazionismo continentale del nazionalismo europeo (Europeans first).
La prima sfida è quella della lotta alla pandemia provocata oggi dal COVID-19 ma dal secondo dopoguerra in poi dal virus influenzale A (H2N2) di origine aviaria del 1957, dall’influenza di Hong Kong (H3N2) del 1968, dall’AIDS del 1981 e dalle epidemie di SARS degli inizi di questo secolo che hanno provocato milioni di morti in tutto il mondo.
Per debellare l’attuale pandemia è necessario uno sforzo globale nella lotta alla malattia, nella ricerca e nella produzione e nella somministrazione dei vaccini che devono essere accompagnate – come ha chiesto a nome del Parlamento europeo il Presidente David Sassoli – dalla liberalizzazione dei brevetti e da massici e immediati aiuti ai paesi con basso reddito come ha proposto la Commissione europea con il piano Covax.
L’idea - che sarebbe stata sostenuta da Mario Draghi al Consiglio europeo del 25 e 26 febbraio scorso (ma il condizionale è d’obbligo perché non ci sono state dichiarazioni ufficiali del presidente del Consiglio italiano) - secondo cui sarebbe necessario vaccinare gli europei e rinviare ad un altro momento la solidarietà con i paesi poveri è sbagliata per ragioni sanitarie prima che umanitarie perché la pandemia non conosce confini.
Seguendo le proposte di Ursula Von der Leyen e del Presidente francese Emmanuel Macron, il Consiglio europeo ha opportunamente ribadito “our solidarity with third countries” e sottolineato “our determination to step up our global response to the pandemic” aggiungendo che l’Unione europea mantiene il suo impegno “to improving access to vaccines for priority groups in our neighbourhood and beyond based on common principles and to supporting a global approach through the Covax Facility…to distribute vaccines to 92 low- and middle – income countries” [vedi nella sezione "Documenti"].
Meno opportunamente il Consiglio europeo ha ignorato le comunicazioni della Commissione europea e dell’Alto Rappresentante del 9 e del 17 febbraio concentrando la discussione sulle questioni della sicurezza e della difesa e rinviando alla riunione del 25-26 marzo il dibattito sul Mediterraneo.
L’autonomia strategica dell’Unione europea, con l’obiettivo di un multipolarismo globale, deve porre al centro le nuove sfide planetarie che riguardano certamente le questioni della sicurezza (l’Europa che protegge) oggi legate al terrorismo internazionale, alla criminalità organizzata, all’elusione fiscale e alla corruzione ma che riguardano soprattutto la dimensione della sicurezza ambientale e dunque la lotta al cambiamento climatico insieme all’indispensabile indipendenza esterna dalle energie fossili, gli effetti dirompenti sui sistemi democratici delle nuove tecnologie della società digitale, la cybersecurity e last but not least la competitività europea nella dimensione dell’intelligenza artificiale.
L’autonomia strategica dell’Unione europea riguarda la dimensione esterna dell’Unione economica e monetaria in tutte le sedi internazionali dove si discutono le questioni legate al governo della finanza essendo necessario e urgente riaprire il dibattito sulla riforma del sistema di cooperazione rimasta in sospeso dopo la crisi del 2007-2008 e porre sul tavolo il tema del ruolo internazionale dell’Euro.
L’autonomia strategica dell’Unione europea riguarda il governo della sfida planetaria dei flussi migratori sapendo che la politica di accoglienza appartiene agli Stati o, nel nostro caso, alle organizzazioni regionali a dimensione sovranazionale ma che la lotta alla cause delle migrazioni (la fame, le guerre, i disastri ambientali, il land grabbing, la violenza dei regimi autoritari, i conflitti religiosi) appartiene alla responsabilità delle organizzazioni internazionali a cominciare dalle Nazioni Unite che devono far rispettare le convenzioni internazionali come quelle di Ginevra e Amburgo.
Tutto ciò pone – come ci hanno ricordato la Commissione europea e l’Alto Rappresentante – la questione della riforma delle organizzazioni globali internazionali come l’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’Organizzazione Mondiale del Commercio e l’Organizzazione Mondiale della Sanità dove l’Unione europea deve porre come priorità assoluta il rispetto dello stato di diritto che è un valore imprescindibile al suo interno e nelle relazioni con i paesi terzi e che comprende le cinque componenti della dimensione democratica: rappresentativa, partecipativa, economica, paritaria e di prossimità.
Sapendo che l’insieme delle questioni legate ad un approccio geopolitico della nostra autonomia strategica richiede un impegno a medio e lungo termine e che il fallimento delle visioni di Solana e Mogherini nel 2003 e nel 2016 è stato provocato non solo dalla loro miopia ma anche dall’inefficienza del metodo confederale fondato sul metodo dell’unanimità e sul ruolo marginale del Parlamento europeo, ci ha colpito negativamente il fatto che la Commissione europea e l’Alto Rappresentante non abbiano legato ora in modo esplicito e inequivocabile le numerose azioni proposte al dibattito sulla riforma dell’Unione europea che si dovrà aprire con la Conferenza sul futuro dell’Europa e che si siano limitati a chiedere al Consiglio e al Parlamento europeo di far proprio l’approccio contenuto nelle due comunicazioni e di lavorare insieme per la sua attuazione e per la revisione delle azioni proposte.
Per parte nostra, sapendo che il Parlamento europeo ha posto in questi termini il tema dell’autonomia strategica dell’Unione europea in vista della Conferenza sul futuro dell’Europa nelle sue risoluzioni del gennaio e del giugno 2020, chiediamo al governo italiano di sostenere queste priorità in occasione del Consiglio europeo del 25-26 marzo e di proporre una comune strategia europea nei vertici internazionali del 2021 (Vertice ambientale convocato da Joe Biden il 22 aprile a cui seguirà un Summit Mondiale sulle democrazie, Vertice sulla salute a Roma il 21 maggio, Vertice G20 a Roma il 30-31 ottobre, COP26 a Glasgow dal 1° al 12 novembre).
Perché sostenere il Movimento europeo in Italia
Claudio Leone
membro del consiglio di presidenza del Movimento europeo in Italia e presidente di Agite Srl.
Europa in Onda
Europa in onda. Il podcast che ti parla di Europa. Podcast di attualità, cultura, generazione Erasmus: una finestra di approfondimento su tutto ciò che attraversa l'Europa.
Questa newsletter, ancora una volta, richiede uno sforzo di sintesi rispetto alla vasta gamma di temi che si potrebbero trattare, al termine di una settimana che ha visto concentrare le energie sulla risposta europea alla pandemia attraverso gli accordi ancora incerti sull'approvvigionamento dei vaccini per la popolazione. È il tema a partire dal quale sarà interessante verificare se e come effettivamente si potrà innescare un'accelerazione del processo, sollecitata dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. In merito, continua l'impegno del Movimento europeo a fornire anche tutte le informazioni per il contrasto alla pandemia, che – vi ricordiamo - potete ritrovare nel nostro spazio “Attraverso l'emergenza – Il coronavirus e l'Europa”.
Il Movimento Europeo in Italia ricorda Mario Zagari, suo presidente dal 1988 al 1996, a venticinque anni dalla sua scomparsa (14 settembre 1913-29 febbraio 1996).
Militante partigiano, Mario Zagari è stato uno dei costituenti italiani, a lungo membro della Camera dei Deputati per cinque legislature, sottosegretario agli affari esteri e ministro del Commercio con l’Estero e di Grazia e Giustizia, deputato al Parlamento europeo dal 1976 al 1989 di cui è stato vicepresidente e candidato alla presidenza per il gruppo socialista, ha rappresentato nella cultura socialista la componente federalista.
Ha fondato e presieduto la Sinistra Europea.
Vi segnaliamo inoltre un appello giunto dall'On. Laura Boldrini per le donne polacche in gravidanza:
“Care amiche, cari amici,
come sapete, lo scorso 27 gennaio, in Polonia, è entrata in vigore la contestatissima norma che vieta l’interruzione di gravidanza anche in caso di malformazione del feto, e che in pratica sancisce il divieto quasi totale di abortire. Migliaia di persone sono scese di nuovo in piazza in diverse città della Polonia e in particolare a Varsavia.
Data la gravità della situazione, l’European Parliamentary Forum for Sexual and Reproductive Rights (EPF) – la rete di parlamentari di tutta Europa impegnati/e nella tutela dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne, di cui io e Lia Quartapelle facciamo parte – dopo aver promosso un paio di incontri con alcuni deputati e deputate polacchi ai quali io stessa ho partecipato, ha indetto un’azione coordinata per contrastare la legge ostile ai diritti delle donne. Pertanto, ha proposto di organizzare un flash-mob davanti all’ambasciata polacca, da tenersi in ogni paese europeo lunedì 8 marzo 2021 dalle 16 alle 18. I presidi si svolgeranno in contemporanea con lo Strajk Kobiet, lo sciopero delle donne che avrà luogo quel giorno in Polonia. […]
Vi invito a partecipare inviando una delegazione per ogni associazione. Sto già prendendo contatti con la questura per le notifiche necessarie. Spero davvero che possiate esserci, giacché la forte mobilitazione delle donne polacche merita pieno sostegno. Noi stiamo con loro non solo perché hanno ragione, ma anche perché tengono alti i valori di libertà che appartengono a tutte e a tutti noi. E perché rivendicano quel diritto all’autodeterminazione che appartiene alle donne di tutto il mondo”.
Da questa settimana, considerata l'importanza dell'occasione, monitoreremo l'agenda del G20 a presidenza italiana. Per la settimana, vi segnaliamo:
La scorsa settimana si sono tenute due riunioni importanti: il Consiglio del mercato interno e il Consiglio Europeo. Tema comune ad entrambi sono state ulteriori azioni da mettere in campo per contrastare le gravi conseguenze del Covid-19 da un punto di vista sanitario ed economico.
I ministri del mercato interno infatti hanno rivendicato il loro necessario coinvolgimento nella valutazione dei Piani di ripresa e resilienza presentati dagli Stati, in particolare per quegli investimenti strategici che dovranno garantire la ripresa economica dell’unione. Un mercato interno funzionante, un’autonomia strategica dell’unione e un accresciuto ruolo dei consumatori sono elementi necessari per una ripartenza duratura e resiliente difronte a possibili altre crisi. I capi di stato e di governo dal canto loro, dopo un’analisi aggiornata della situazione sanitaria europea e delle principali criticità rimaste ancora da affrontare, hanno approvato una dichiarazione congiunta in cui hanno indicato le linee guida da seguire per un contrasto deciso e quanto più possibile immediato alla persistente diffusione del virus e di sue varianti molto contagiose. Tra gli obiettivi principali quello di poter contare presto su un vaccino, possibilmente europeo, per non dipendere esclusivamente da produttori esteri.
Gli ultimi dati – economico-sociali – all’interno dell’unione rimangono allarmanti, anche se ci sono in determinati settori timidi segnali di una leggera ripresa. Il tasso di occupazione della popolazione compresa tra i 20 ed i 64 anni, sebbene cresciuto, non è ancora a livelli sperati e soprattutto registra un persistente divario tra i vari Stati. Nell’ambito di questi valori, rimane ancora un forte gap occupazionale di genere e generazionale a sfavore soprattutto di donne e di giovani. A questo ovviamente corrisponde un tasso di disoccupazione ancora alto soprattutto in quei settori – che impiegano principalmente giovani e donne – quali turismo, arte e ristorazione.
Da qui una serie di riflessioni. Oltre alla necessità di una indipendenza europea nella produzione dei vaccini, emerge l’urgente necessità di attuare politiche sociali europee coordinate ed uniformi a sostegno della crisi sociale dei 27 paesi. Senza interventi coordinati non potrà esserci il corretto funzionamento del mercato interno e la situazione economica dell’unione continuerà a mostrare pericolosi squilibri macroeconomici che potrebbero compromettere una ripresa organica e generalizzata.
Notevoli progressi nel senso di una maggiore solidarietà europea sono stati compiuti con il Recovery plan, grazie al quale sono state messe a disposizione ingenti risorse finanziarie – in parte ‘grants’ – per contrastare la pandemia. Ma questo da solo non basta. Occorre rimettere al centro dell’azione europea ‘l’uomo’. Come ha affermato il commissario Dombrovskis, occorre rimettere l’economia al servizio delle persone per una crescita inclusiva e sostenibile. La transizione ecologica e quella digitale debbono essere realizzate in un’ottica sociale, dal momento che crescita e benessere sono strettamente connessi al benessere di tutti i cittadini. La questione sociale non può infatti essere considerata un mero corollario ai Piani di ripresa e di resilienza, ma deve essere l’ottica in base alla quale intervenire: non un qualcosa di estraneo, dunque, ma qualcosa che è alla base di ogni azione.
A questo riguardo la Commissione europea lancerà in settimana il Piano di azione per l’attuazione del Pilastro sociale. Quest’ultimo, voluto dalla Commissione nel 2017 per contrastare gli effetti sociali della crisi finanziaria e dei debiti sovrani del 2008, indica attraverso l’enunciazione di 20 principi chiave, articolati in tre categorie di intervento (pari opportunità e accesso al mercato del lavoro; condizioni di lavoro sicure ed eque; protezione sociale ed inclusione) le linee di azione che debbono guidare istituzioni europee, stati membri e parti sociali, a sostegno della questione sociale.
Il Pilastro sociale non è mai stato completamente attuato dai tre attori principali, che ne sono anche i responsabili. Ma oggi più che mai è necessario agire. Occorre applicare quei principi attraverso azioni condivise e coordinate, ad esempio per sostenere il mercato del lavoro, garantire sistemi di protezione sociale comuni, equi e funzionanti, avviare concretamente un processo di convergenza che assicuri migliori condizioni di vita a tutti i cittadini europei. I 20 principi del Pilastro sociale sono, infatti, di grande attualità in questo periodo di crisi economica-sociale e sanitaria, ad esempio la parità di genere, l’assistenza all’infanzia per permettere alle lavoratrici-madri di essere protagoniste nel mondo del lavoro, la garanzia di un reddito o di una pensione minima, l’accesso a servizi essenziali, ecc.
Il rispetto di questi principi non solo garantisce a livello UE lo stato di diritto, il c.d. rule of law, ma assicura anche quelle condizioni di contesto economico uniformi per le imprese che operano nel mercato unico, e ciò a vantaggio della concorrenza e di una migliore distribuzione delle risorse. La pubblicazione del Piano di attuazione del Pilastro sociale sarà quindi essenziale anche ai fini della redazione finale dei Piani di ripresa e resilienza, in quanto inciderà su uno degli elementi essenziali dei progetti: la forza lavoro.
Ci auguriamo dunque che questo sia l’avvio di una diversa ottica di intervento a livello europeo e a livello nazionale per rimettere in moto l’economia, assicurando quelle migliori condizioni di vita che ormai tutti i cittadini europei esigono e si aspettano dall’Europa, per tornare e/o continuare a credere e sperare nel progetto europeo.
Anche la Presidenza Portoghese nel suo programma ha ascoltato questa esigenza e ha dato particolare risalto al tema sociale, prevedendo, il 7 maggio, a Porto una conferenza ad hoc, come seguito del Vertice sociale di Göteborg del 2017, durante il quale venne proclamato dagli Stati membri dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea, il Pilastro sociale, considerato dalla Presidenza portoghese un elemento chiave per realizzare un’equa ed inclusiva transizione ambientale e digitale.
Tutte queste iniziative avranno anche riflesso sulla ‘Conferenza sul futuro dell’Europa’, che verrà lanciata quest’anno in occasione della festa dell’Europa, e dalla quale – si spera - emergeranno proposte concrete e condivise anche per una nuova governance europea, sempre più attenta al progresso sociale dei suoi cittadini per assicurare che nessuno rimanga indietro.
Le precisazioni del prof. Fabio Colasanti al giornalista del “Corriere della Sera” Aldo Cazzullo
Dottor Cazzullo,
Il suo pezzo “Vaccini - Gli errori dell’Europa” contiene delle importanti inesattezze con pesanti implicazioni politiche. L’UE non ha mai “puntato tutto sul vaccino AstraZeneca”; semmai è il nostro governo che ha puntato su questo vaccino. La Commissione europea ha fatto dei contratti-quadro con un certo numero di ditte. Ma le quantità di ogni vaccino da acquistare sono state decise da ogni singolo paese attraverso gli “ordini d’acquisto” previsti dal contratto quadro. E le “correzioni” introdotte successivamente da alcuni paesi non sono affatto andate come descritto nell’articolo. I due documenti che allego mostrano chiaramente come stanno le cose. Vengono dai ministeri della Sanità dei due paesi.
L’Italia ha inizialmente ordinato 27.3 milioni di dosi del vaccino Pfizer-BioNTech e 40 milioni del vaccino AstraZeneca. Successivamente l’Italia ha aggiunto altre 13.3 milioni di dosi Pfizer-BT. La Germania ha inizialmente ordinato 60 milioni di dosi Pfizer-BT e 56.2 milioni di dosi AstraZeneca. Quindi la Germania ha puntato leggermente di più sulla Pfizer-BT che sull’AstraZeneca. Il nostro paese ha ordinato 53 milioni di dosi del vaccino J&J, mentre la Germania ne ha ordinate solo 37 milioni. Ogni paese ha fatto le sue scelte. Successivamente la Germania ha separatamente ordinato altre 30 milioni di dosi del vaccino Pfizer-BT che saranno consegnate dopo tutte le consegne previste dal contratto quadro UE (forse fine 2021).
È veramente sbagliato attribuire all’Unione europea errori non suoi. In ogni caso, la Commissione europea era assistita nei negoziati da un gruppo di sette rappresentanti di stati membri (tra i quali un nostro rappresentante e uno del governo tedesco). L’Unione europea non è qualcosa di terzo con una sua propria capacità di decisione e responsabilità. L’Unione europea è l’insieme degli stati membri.
L’Unione europea non si è affatto mostrata disunita sulla questione dei vaccini. I contratti sono stati firmati ad agosto. Gli annunci del ministro Jens Spahn sull’acquisto di 30 milioni di dosi supplementari sono di fine dicembre (il 30 dicembre la Pfizer-BT ha comunque smentito di aver già firmato accordi con il governo tedesco). Sono quindi relativi ad una situazione dove non c’erano più molti rischi di perturbare i negoziati. Un’agenzia di stampa italiana ha anche confermato le dichiarazioni del ministro Spahn che ha detto di aver chiesto il 19 dicembre agli altri paesi (attraverso il segretariato del Consiglio dei ministri) se vedevano inconvenienti nel fatto che la Germania acquistasse altre dosi. Non c’è stato quindi nessun comportamento che abbia indebolito la capacità di negoziare con le ditte fornitrici (problema limitato al solo caso AstraZeneca).
Quando i contratti quadro sono stati firmati (e trasmessi i primi ordini di acquisto) nessuno era in grado di sapere quali vaccini sarebbero un giorno stati disponibili e quando. Proprio per questo motivo i contratti quadro sono stati fatti per quasi due miliardi di dosi. I vaccini Pfizer-BT e Moderna sono arrivati più rapidamente di quanto era prevedibile ad agosto. Non dimentichiamo mai quali sono i tempi normali di sviluppo di un vaccino.
Non ci sono difficoltà di forniture con la Pfizer-BT. Tutto va meglio di quanto previsto ad agosto, al momento della firma dei contratti. Le riduzioni di consegne delle due settimane di metà gennaio sono state già compensate e la ditta sta espandendo notevolmente la sua capacità di produzione al punto che la Commissione europea ha potuto negoziare e annunciare una decina di giorni fa l’acquisto di altri 200 milioni di dosi Pfizer-BT, non previste dai contratti quadro iniziali. La Pfizer-BioNTech ha riconvertito alla produzione del suo vaccino una fabbrica della Novartis situata a Marburg. La fabbrica ha iniziato la produzione a metà febbraio. La Pfizer-BioNTech ha anche firmato un accordo per la produzione del suo vaccino negli stabilimenti della Sanofi e, secondo l’Ansa, starebbe negoziando accordi simili con altre dieci ditte. Sull’acquisto del vaccino Pfizer-BioNTech non c’è nessun fallimento; è la storia di un grande successo. Anche con l’americana Moderna c’è stata la possibilità di ordinare altre 300 milioni di dosi non previste nel contratto iniziale.
Il problema è quindi circoscritto alle difficoltà di produzione della AstraZeneca ed al ritardo dei vaccini J&J, CureVac e Sanofi/GSK. Ma è logico pensare che non ci sia molto da fare sul ritardo di questi vaccini. Le ditte hanno già un interesse enorme a terminare il processo di sviluppo il più rapidamente possibile. A cosa servirebbe “fare la faccia feroce” con queste tre ditte ?
Presentare il problema – vero – che esiste con AstraZeneca come un fallimento generale dell’acquisto di vaccini da parte dell’UE è veramente un’esagerazione. Esiste invece un problema diverso, quello dell’organizzazione delle somministrazioni in parecchi paesi. Per quanto riguarda l’Italia, sarebbe il caso di gettare un’occhiata ai dati della fondazione Gimbe, sullo scarto nelle ultime due settimane tra dosi consegnate dalle varie ditte (più di 2.3 milioni di dosi) e dosi effettivamente somministrate (meno di un milione).
I punti che ho sollevato mi sembrano importanti. Meritano una rettifica.
Cordialmente,
Fabio Colasanti
Carta dei diritti fondamentali
Continuando la panoramica relativa al tema della solidarietà, a cui è dedicata un titolo della Carta dei diritti fondamentali, dedichiamo la nostra attenzione all'articolo 33, consacrato alla vita familiare e professionale. Nella situazione attuale, in cui la chiusura delle attività, la riduzione del PIL e dei fatturati aziendali pone dei seri punti interrogativi sul futuro, è bene ricordare che l'Unione riconosce come diritto fondamentale quello alla protezione della famiglia. Nel primo comma si elencano gli ambiti in cui vada garantita questa tutela, cioè quello giuridico, ma anche quello economico e sociale. Come sempre, a partire dall'enunciazione dei principi in sé, si potrebbe poi dedicare ampio spazio alla dissertazione sullo stato dell'arte e sul modo in cui essi abbiano trovato attuazione nel diritto dell'Unione europea. Quello che però qui preme sottolineare è più che altro il fatto che i tre livelli di protezione trovano attuazione insieme: tutelare i diritti della sfera familiare significa anche tutelarne il benessere economico, quale finalità non solo limitata al perimetro del nucleo familiare, ma imprescindibile al fine affermare anche gli aspetti sociali di questo tipo di protezione.
L'articolo 33 passa poi ad illustrare, al secondo comma, la modalità attraverso cui possa attuarsi la conciliazione tra sfera familiare e sfera professionale: “Ogni individuo”, afferma, “Ha il diritto di essere tutelato contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità e il diritto a un congedo di maternità retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o l’adozione di un figlio”. È un tema delicato, in cui si possono innescare controversie; per esempio, nella scorsa newsletter, si era riportato il caso di una causa risoltasi in sede di Corte di Giustizia dell'Ue relativa proprio alle modalità di calcolo dell'indennità di licenziamento e dell’indennità per congedo di riqualificazione spettanti a una lavoratrice francese licenziata per motivi economici, a causa della sua assenza dal lavoro per poter prestare le cure parentali ai suoi figli. Un caso del genere appare di particolare interesse per comprendere una situazione realmente verificatasi e che ha riguardato anche l'articolo 33 della Carta. Considerato il fatto che lo sviluppo della legislazione sociale europea, come afferma il Segretario Generale del Movimento europeo, Paolo Ponzano, sia “Manifestamente ridotto”, e considerato il fatto che, a tre anni dalla Dichiarazione tripartita di Göteborg, del 27 novembre 2017, per il Pilastro sociale europeo, molto rimanga ancora sulla carta, non c'è da augurarsi che nel prosieguo dei lavori delle istituzioni europee, magari a partire dall'emergenza in corso che sta cambiando le nostre vite, possano emergere nuovi livelli di tutela sociale, concretamente operanti e non solo dichiarati, per tutti i cittadini europei.
La giurisprudenza europea
Può un concorso pubblico europeo essere annullato perché organizzato in maniera da determinare una discriminazione fondata sulla lingua? Sì; lo afferma il Tribunale dell'Ue con una sentenza del 9 settembre 2020. La controversia ha riguardato la Repubblica italiana, sostenuta dal Regno di Spagna, da un lato, e dall'altro la Commissione europea; infatti, il 12 maggio 2016, in occasione della pubblicazione del bando di concorso generale EPSO/AD/322/16, per la costituzione di elenchi di riserva di amministratori nel settore dell’audit, la Commissione ha scelto di optare per la limitazione della scelta della seconda lingua dei candidati ad un concorso ad un numero ristretto di lingue, cioè il francese, l’inglese, o il tedesco, con esclusione delle altre lingue ufficiali.
L'Italia ha presentato il proprio ricorso il 5 agosto 2016 e, il 15 settembre dello stesso anno, il Tribunale dell'Ue ha annullato il concorso. Il 19 ottobre 2016, la Commissione ha presentato il proprio controricorso e ha successivamente impugnato anche la decisione dell'annullamento.
Sono sette i motivi fatti valere dall'Italia a sostegno del suo ricorso:
“il primo, una violazione degli articoli 263, 264 e 266 TFUE;
il secondo, una violazione dell’articolo 342 TFUE e degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 385), come modificato (in seguito: il «regolamento n. 1»);
il terzo, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in seguito: la «Carta»), degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), nonché dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III dello Statuto;
il quarto, una violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE e del principio della tutela del legittimo affidamento;
il quinto, uno sviamento di potere nonché una violazione delle «norme sostanziali inerenti alla natura e finalità dei bandi di concorso», in particolare dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dell’articolo 27, secondo comma, dell’articolo 28, lettera f), dell’articolo 34, paragrafo 3, e dell’articolo 45, paragrafo 1, dello Statuto, nonché del principio di proporzionalità;
il sesto, una violazione dell’articolo 18 e dell’articolo 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto;
e, il settimo, una violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e dell’articolo 28, lettera f), dello Statuto, dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto e del principio di proporzionalità, nonché un «travisamento dei fatti»”.
L'iter del procedimento, il 21 febbraio 2017, è stato sospeso fino al 26 marzo 2019, per poi dare la possibilità alle parti in causa di presentare le proprie rispettive esposizioni difensive nonché le “loro risposte ai quesiti scritti e a quelli orali sottoposti dal Tribunale in occasione dell’udienza svoltasi il 5 dicembre 2019”.
La suddetta sentenza del settembre 2020 ha infine riconosciuto le ragioni della Repubblica italiana, confermando l'annullamento del relativo bando e condannando la Commissione europea al pagamento delle spese proprie e di quelle dell'Italia; quale ulteriore decisione, quella relativa al fatto che il Regno di Spagna avrebbe sopportato le proprie spese.
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