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Se il Consiglio europeo accettasse la proposta, adottata dal Parlamento europeo nello scorso mese di maggio, di organizzare le decime elezioni europee giovedì 9 maggio 2024 - il giorno in cui la cristianità celebrerà l’Ascensione – mancherebbero 485 giorni alla fine della nona legislatura europea.
Da qui al 9 maggio 2024 gli equilibri politici nazionali potrebbero cambiare in Polonia, in Finlandia, nel Lussemburgo, in Estonia, in Grecia, in Spagna, in Slovacchia e in Bulgaria dopo le elezioni legislative che si svolgeranno nel 2023 e qualcuno parla anche di possibili elezioni legislative anticipate in Francia dove Emmanuel Macron ha perso nello scorso giugno la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale.
Non si vota per il Parlamento nazionale in Repubblica Ceca e a Cipro ma le elezioni presidenziali potrebbero incidere sugli equilibri politici nazionali tenendo conto che il presidente cipriota ha anche funzioni di governo e che l’attuale presidente ceco Milos Zeman sostiene scelte di politica estera favorevoli alla Russia di Putin.
Secondo i sondaggi attuali, il centro-destra potrebbe rafforzarsi nel Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo come è avvenuto con le recenti elezioni in Svezia e in Italia e ciò renderà più probabile una alleanza conservatrice alle elezioni europee nel maggio 2024.
Quest’ipotesi è emersa del resto nei due incontri romani fra il capo gruppo del PPE al Parlamento europeo, il bavarese Manfred Weber, e la leader dei Conservatori e Riformisti europei, l’italiana Giorgia Meloni, quando sono state esaminate la possibilità di una adesione di Fratelli d’Italia al PPE e la candidatura di Roberta Metsola alla presidenza della Commissione europea come Spitzenkandidatin del fronte del centro-destra europea per chiudere la storica convergenza della grande coalizione fra popolari e socialdemocratici insieme ai liberali.
Se ci si affida dunque ai sondaggi attuali l’Unione europea potrebbe essere governata nel 2024 dal centro-destra sia nel Consiglio europeo, che ha assunto un ruolo preponderante nel sistema europeo dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009, sia nel Parlamento europeo che nella Commissione europea dove tuttavia i commissari sono designati dai governi nazionali in accordo con il/la presidente della Commissione in un sistema ibrido che assegna all’esecutivo europeo compiti sia politici che tecnici sotto il doppio controllo del Parlamento europeo e dei governi e dunque con la coabitazione di membri della Commissione europea che a livello nazionale appartengono a maggioranze e minoranze contrapposte.
La rottura della grande coalizione fra popolari e socialdemocratici insieme ai liberali con la vittoria eventuale di un’alleanza conservatrice nel Consiglio e nel Parlamento europeo avrebbe una doppia conseguenza negativa sul funzionamento del sistema europeo:
lo sviluppo o il mancato sviluppo delle politiche dell’Unione europea sarebbe condizionato dalla prevalenza di un approccio confederale e cioè dalla costante ricerca di un compromesso fra interessi nazionali spesso confliggenti, da una interpretazione riduttiva del principio di sussidiarietà nella ripartizione delle competenze fra l’Unione europea e gli Stati membri e da una ricorrente contestazione del primato del diritto dell’Unione insieme ad una visione nazionalista del rispetto dello stato di diritto ed una evaporazione del concetto di valori comuni
una conflittualità fra i membri della Commissione europea chiamati a rispondere nello stesso tempo alle sollecitazioni di una nuova maggioranza parlamentare europea e ai governi che li hanno a designati con maggioranze talvolta diverse rispetto a quella esistente del Palamento europeo.
I rischi di una progressiva disgregazione dell’Unione europea sarebbero in questo caso più evidenti per l’aumento della conflittualità fra le istituzioni e all’interno delle singole istituzioni proprio nel momento in cui l’Unione europea sarà chiamata a prendere delle decisioni comuni per passare dalla gestione delle emergenze (la pandemia, la guerra in Ucraina, la lotta al cambiamento climatico, la cybersecurity, le ingerenze esterne, i flussi migratori…) alla pianificazione del suo futuro per creare politiche interne necessarie alla garanzia di beni pubblici europei finanziati da vere risorse proprie e debito pubblico europei, per avviare politiche esterne necessarie alla sua autonomia strategica e per adottare riforme costituzionali necessarie in vista del suo ampliamento verso i Balcani e l’Europa orientale.
Nel mondo conservatore europeo molto più che nella sinistra prevale sempre di più l’idea della dimensione confederale dell’Unione europea e cioè della difesa degli interessi nazionali, una difesa legata al concetto di nazione come dimensione territoriale di un inesistente spazio occupato da una sola etnia.
Il vortice delle alleanze europee inizia a comporsi in vista delle elezioni europee nel maggio 2024 di cui gli incontri romani fra Manfred Weber e Giorgia Meloni sono stati solo un assaggio sapendo che non tutto il PPE è ancora pronto a scegliere la via di un governo con le destre estreme in Europa in una convergenza che è impensabile in Polonia, in Belgio, nei Paesi Bassi ma anche in Germania fra la CDU e la CSU da una parte e AFD dall’altra.
Che farà la famiglia liberale europea guidata da Emmanuel Macron i cui alleati sono al governo con i socialdemocratici e i verdi in Germania, in Belgio e in Lussemburgo conoscendo l’idiosincrasia del presidente francese verso il metodo degli Spitzenkanididaten, su cui potrebbe puntare le sue carte la coalizione conservatrice a sostegno di Roberta Metsola, e il suo impegno per una Europa sovrana contrapposta a quella delle sovranità nazionali ?
Si tratta di una scelta dirompente che non riguarderà solo i liberali ma, come abbiamo detto più sopra, una parte del PPE diviso fra il conservatorismo confederale della coppia Weber-Meloni e il popolarismo cristiano della cultura universalista di Robert Schuman,Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi ed anche i socialdemocratici spaccati fra il sovranismo laburista nell’Europa del Nord e l’internazionalismo solidale degli iberici, della Germania e dell’Austria, del Benelux, dell’Italia e di una parte dell’Europa centrale.
E’ possibile immaginare una risposta coraggiosa e innovatrice alla alleanza confederale dei conservatori e alla loro epifora reazionaria con la costruzione – difficile ma necessaria – di una coalizione di idee e di programmi al di là dei recinti ermeticamente chiusi dei vuoti partiti europei che scelga la via pragmatica del federalismo europeo, solidale e democratico, rivolgendosi alla società civile, al mondo del lavoro e della produzione ecologicamente sostenibile per chiedere loro di sostenere un progetto di governo europeo espresso da una maggioranza nel Parlamento europeo che sarà eletto nel 2024 e che condivida la sfida di una riforma costituzionale dell’Unione europea ?
Nel costruirla pensiamo al manifesto dei resistenti europei a Ginevra nel 1944 ispirati dal Manifesto di Ventotene, al progetto della Rosa Bianca dei fratelli Scholl, al liberalismo di Luigi Einaudi e più avanti nel tempo di Bronislaw Geremek, al sogno di una costituzione europea di Vaclav Havel, all’idea di Willy Brandt di un parlamento europeo come costituente permanente, all’Europa della pace e della fratellanza di Alex Langer e sapremo che la loro visione non era un sogno ma il progetto di una battaglia politica che valeva e che vale la pena di combattere.
La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee del maggio 2024.
Il Movimento europeo Italia seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre 2022 anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.
Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:
- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità
- Ultime da Bruxelles
- La settimana del Movimento europeo
- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza
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L'EDITORIALE
LA VIA PRAGMATICA DEL FEDERALISMO EUROPEO
Se il Consiglio europeo accettasse la proposta, adottata dal Parlamento europeo nello scorso mese di maggio, di organizzare le decime elezioni europee giovedì 9 maggio 2024 - il giorno in cui la cristianità celebrerà l’Ascensione – mancherebbero 485 giorni alla fine della nona legislatura europea.
Da qui al 9 maggio 2024 gli equilibri politici nazionali potrebbero cambiare in Polonia, in Finlandia, nel Lussemburgo, in Estonia, in Grecia, in Spagna, in Slovacchia e in Bulgaria dopo le elezioni legislative che si svolgeranno nel 2023 e qualcuno parla anche di possibili elezioni legislative anticipate in Francia dove Emmanuel Macron ha perso nello scorso giugno la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale.
Non si vota per il Parlamento nazionale in Repubblica Ceca e a Cipro ma le elezioni presidenziali potrebbero incidere sugli equilibri politici nazionali tenendo conto che il presidente cipriota ha anche funzioni di governo e che l’attuale presidente ceco Milos Zeman sostiene scelte di politica estera favorevoli alla Russia di Putin.
Secondo i sondaggi attuali, il centro-destra potrebbe rafforzarsi nel Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo come è avvenuto con le recenti elezioni in Svezia e in Italia e ciò renderà più probabile una alleanza conservatrice alle elezioni europee nel maggio 2024.
Quest’ipotesi è emersa del resto nei due incontri romani fra il capo gruppo del PPE al Parlamento europeo, il bavarese Manfred Weber, e la leader dei Conservatori e Riformisti europei, l’italiana Giorgia Meloni, quando sono state esaminate la possibilità di una adesione di Fratelli d’Italia al PPE e la candidatura di Roberta Metsola alla presidenza della Commissione europea come Spitzenkandidatin del fronte del centro-destra europea per chiudere la storica convergenza della grande coalizione fra popolari e socialdemocratici insieme ai liberali.
Se ci si affida dunque ai sondaggi attuali l’Unione europea potrebbe essere governata nel 2024 dal centro-destra sia nel Consiglio europeo, che ha assunto un ruolo preponderante nel sistema europeo dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009, sia nel Parlamento europeo che nella Commissione europea dove tuttavia i commissari sono designati dai governi nazionali in accordo con il/la presidente della Commissione in un sistema ibrido che assegna all’esecutivo europeo compiti sia politici che tecnici sotto il doppio controllo del Parlamento europeo e dei governi e dunque con la coabitazione di membri della Commissione europea che a livello nazionale appartengono a maggioranze e minoranze contrapposte.
La rottura della grande coalizione fra popolari e socialdemocratici insieme ai liberali con la vittoria eventuale di un’alleanza conservatrice nel Consiglio e nel Parlamento europeo avrebbe una doppia conseguenza negativa sul funzionamento del sistema europeo:
lo sviluppo o il mancato sviluppo delle politiche dell’Unione europea sarebbe condizionato dalla prevalenza di un approccio confederale e cioè dalla costante ricerca di un compromesso fra interessi nazionali spesso confliggenti, da una interpretazione riduttiva del principio di sussidiarietà nella ripartizione delle competenze fra l’Unione europea e gli Stati membri e da una ricorrente contestazione del primato del diritto dell’Unione insieme ad una visione nazionalista del rispetto dello stato di diritto ed una evaporazione del concetto di valori comuni
una conflittualità fra i membri della Commissione europea chiamati a rispondere nello stesso tempo alle sollecitazioni di una nuova maggioranza parlamentare europea e ai governi che li hanno a designati con maggioranze talvolta diverse rispetto a quella esistente del Palamento europeo.
I rischi di una progressiva disgregazione dell’Unione europea sarebbero in questo caso più evidenti per l’aumento della conflittualità fra le istituzioni e all’interno delle singole istituzioni proprio nel momento in cui l’Unione europea sarà chiamata a prendere delle decisioni comuni per passare dalla gestione delle emergenze (la pandemia, la guerra in Ucraina, la lotta al cambiamento climatico, la cybersecurity, le ingerenze esterne, i flussi migratori…) alla pianificazione del suo futuro per creare politiche interne necessarie alla garanzia di beni pubblici europei finanziati da vere risorse proprie e debito pubblico europei, per avviare politiche esterne necessarie alla sua autonomia strategica e per adottare riforme costituzionali necessarie in vista del suo ampliamento verso i Balcani e l’Europa orientale.
Nel mondo conservatore europeo molto più che nella sinistra prevale sempre di più l’idea della dimensione confederale dell’Unione europea e cioè della difesa degli interessi nazionali, una difesa legata al concetto di nazione come dimensione territoriale di un inesistente spazio occupato da una sola etnia.
Il vortice delle alleanze europee inizia a comporsi in vista delle elezioni europee nel maggio 2024 di cui gli incontri romani fra Manfred Weber e Giorgia Meloni sono stati solo un assaggio sapendo che non tutto il PPE è ancora pronto a scegliere la via di un governo con le destre estreme in Europa in una convergenza che è impensabile in Polonia, in Belgio, nei Paesi Bassi ma anche in Germania fra la CDU e la CSU da una parte e AFD dall’altra.
Che farà la famiglia liberale europea guidata da Emmanuel Macron i cui alleati sono al governo con i socialdemocratici e i verdi in Germania, in Belgio e in Lussemburgo conoscendo l’idiosincrasia del presidente francese verso il metodo degli Spitzenkanididaten, su cui potrebbe puntare le sue carte la coalizione conservatrice a sostegno di Roberta Metsola, e il suo impegno per una Europa sovrana contrapposta a quella delle sovranità nazionali ?
Si tratta di una scelta dirompente che non riguarderà solo i liberali ma, come abbiamo detto più sopra, una parte del PPE diviso fra il conservatorismo confederale della coppia Weber-Meloni e il popolarismo cristiano della cultura universalista di Robert Schuman,Konrad Adenauer e Alcide De Gasperi ed anche i socialdemocratici spaccati fra il sovranismo laburista nell’Europa del Nord e l’internazionalismo solidale degli iberici, della Germania e dell’Austria, del Benelux, dell’Italia e di una parte dell’Europa centrale.
E’ possibile immaginare una risposta coraggiosa e innovatrice alla alleanza confederale dei conservatori e alla loro epifora reazionaria con la costruzione – difficile ma necessaria – di una coalizione di idee e di programmi al di là dei recinti ermeticamente chiusi dei vuoti partiti europei che scelga la via pragmatica del federalismo europeo, solidale e democratico, rivolgendosi alla società civile, al mondo del lavoro e della produzione ecologicamente sostenibile per chiedere loro di sostenere un progetto di governo europeo espresso da una maggioranza nel Parlamento europeo che sarà eletto nel 2024 e che condivida la sfida di una riforma costituzionale dell’Unione europea ?
Nel costruirla pensiamo al manifesto dei resistenti europei a Ginevra nel 1944 ispirati dal Manifesto di Ventotene, al progetto della Rosa Bianca dei fratelli Scholl, al liberalismo di Luigi Einaudi e più avanti nel tempo di Bronislaw Geremek, al sogno di una costituzione europea di Vaclav Havel, all’idea di Willy Brandt di un parlamento europeo come costituente permanente, all’Europa della pace e della fratellanza di Alex Langer e sapremo che la loro visione non era un sogno ma il progetto di una battaglia politica che valeva e che vale la pena di combattere.
Roma, 9 gennaio 2023
ULTIME DA BRUXELLES
Diritti e principi digitali per il decennio digitale: i tre Presidenti sottoscrivono la Dichiarazione comune
1. Premessa. Dopo circa un anno di negoziati il 15.12.2023 ([1]) i tre Presidenti dell’Unione (Commissione europea, Parlamento europeo e Presidenza semestrale spettante alla Repubblica ceca) hanno sottoscritto la “Dichiarazione sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale”, a carattere dichiarativo (fondata sui Trattati e la Carta dei diritti, sulla giurisprudenza della Corte di giustizia e con qualche spunto tratto dal Pilastro sociale europeo) che non dovrebbe (punto 11 delle premesse) incidere sul contenuto delle norme giuridiche o sulla loro applicazione, ma che tuttavia inevitabilmente influenzerà indirettamente anche il complesso sistema giuridico di enforcement del diritto dell’Unione (e, a catena, delle discipline degli stati membri che ne sono influenzate) già, in questo settore, in pieno dispiegamento sulla base del Programma strategico per il 2030 “Percorso per il decennio digitale” (il cosidetto Digital compass). L’Unione ha recentemente varato i due provvedimenti Digital Markets Act e Digital Services Act che intercettano numerosi profili di tutela dei diritti fondamentali, mentre sembrerebbe imminente la pubblicazione del Regolamento sull’Intelligenza Artificiale (A.I. act) ed è in corso una complessa trattativa (in sede dei cosidetti triloghi) sulla Direttiva sul lavoro intermediato da piattaforme dopo che, sulla proposta della Commissione europea, il Parlamento ha chiesto numerose, rilevanti, modifiche e il Consiglio ha elaborato, proprio alla fine della Presidenza ceca, un’ipotesi di compromesso che non sembra incontrare le richieste del Parlamento, in specie sui criteri di qualificazione del rapporto di lavoro.
Il cittadino europeo di fronte a questa effervescenza normativa, spesso sotto forma regolamentare e quindi direttamente applicabile nei territori dell’Unione, finisce per rimanere spaesato e persino gli specialisti appaiono preoccupati per il possibile conflitto tra norme visto che alcuni provvedimenti regolano la medesima materia già, sul piano generale, interessata dal GDPR ([2]). Gli studiosi stanno evidenziando come la tessitura normativa in atto dovrebbe riguardare, con qualche rimodulazione, anche il mondo in fieri di Metaverso ancora in fase di decollo ma che, per le sfide che pone a qualsiasi immaginario regolamentativo, non manca di evocare un confronto sul futuro digitale piuttosto acceso ([3]).
La Declaration del 15 Dicembre è, quindi, di grande rilevo per consentire all’opinione pubblica continentale di farsi un’idea sugli obiettivi di quest’opera molto complessa di codificazione e sul rapporto tra questi obiettivi ed i principi, valori e diritti (ivi compreso i termini di un loro possibile bilanciamento) che l’Unione riconosce come il suo “cemento costituzionale”, così come consacrati nella Carta dei diritti.
2. Il Testo della Dichiarazione in sintesi. Partiamo brevemente dal Preambolo (considerando n. 3) nel quale si afferma che “con l’accelerazione della trasformazione digitale è giunto il momento che l’UE specifichi come si dovrebbero applicare all’ambiente digitale i suoi valori e diritti fondamentali applicabili off-line”. Ne consegue una sorta di meta-principio per cui “la trasformazione digitale non dovrebbe comportare la regressione dei diritti. Ciò che è illegale offline è illegale””.
Il secondo meta-principio (considerando n. 6) è quello per cui “la visione dell’UE per la trasformazione digitale mette al centro le persone, conferisce loro maggiore autonomia e responsabilità”. Il “Percorso per il decennio digitale” ha fissato quattro obiettivi concreti basati su quattro punti cardinali: competenze digitali, infrastrutture digitali, digitalizzazione delle imprese e digitalizzazione dei servizi pubblici. Si aggiunge che il modello UE per la sua società e l’economia continentale comprende “ la sovranità digitale in modo aperto, il rispetto dei diritti fondamentali, lo Stato di diritto e la democrazia, l’inclusione, l’accessibilità, l’uguaglianza, la sostenibilità, la resilienza, la sicurezza, il miglioramento della qualità della vita, la disponibilità dei servizi ed il rispetto dei diritti e delle aspirazioni di ognuno”.
Il successivo punto n. 7 sottolinea che la Dichiarazione specifica le intenzioni e gli impegni comuni e deve guidare i responsabili politici nella trasformazione digitale che (secondo la visione UE) mette al centro le persone e sostiene la solidarietà e l’inclusione, tramite la connettività, l’istruzione, la formazione e le competenze digitali, condizioni di lavoro eque e giuste e la libertà di scelta nelle interazioni con gli algoritmi e i sistemi di intelligenza artificiale, la partecipazione allo spazio pubblico digitale.
La Dichiarazione è pertanto strutturata su sei capitoli, a loro volta divisi tra affermazioni di principio ed impegni assunti dai firmatari.
Il primo capitolo intitolato “mettere le persone al centro della trasformazione digitale” riafferma il ruolo strumentale della tecnologia “al servizio ed a beneficio di coloro che vivono nell’UE”.
Il secondo intitolato “solidarietà ed inclusione“, più attento alle dinamiche sociali, afferma che la “tecnologia dovrebbe essere utilizzata per unire le persone e non per dividerle. La trasformazione digitale dovrebbe contribuire ad una società ed a un’economia eque ed inclusive” . Tra gli impegni da sottolineare da un lato l’attenzione alle persone vulnerabili o sottoprotette , dall’altro la volontà di istituzionalizzare forme di responsabilità sociale (anche in ordine ai costi delle infrastrutture ) per i grandi operatori di mercato. Si aggiungono i principi (densi di potenzialità applicative) per cui “nell’Unione ogni persona dovrebbe avere accesso alla connettività digitale ad alta velocità con prezzi accessibili” e “ogni persona ha diritto all’istruzione, alla formazione e all’apprendimento permanente e dovrebbe poter acquisire tutte le competenze digitali di base e avanzate”. Impegni sono assunti nel favorire l’ alfabetizzazione mediatica anche negli istituti di istruzione (che andrebbero potenziati anche nella loro connettività) che favorisca il pensiero critico per “poter partecipare attivamente all’economia, alla società ed al processo democratico”. Infine si afferma il diritto a condizioni di lavoro eque e giuste nell’ambiente di lavoro digitale con l’impegno a consentire il diritto alla disconnessione, nell’assicurare la tutela dei diritti sindacali anche in tale ambiente, a rendere trasparenti le procedure guidate dall’intelligenza artificiale che riguardano i processi di lavoro e a garantire la sorveglianza umana nelle decisioni algoritmiche.
Si proclama che ogni cittadino dovrebbe avere accesso online ai servizi pubblici sulla base di un’identità digitale accessibile, volontaria, sicura e affidabile.
Il terzo capitolo intitolato “libertà di scelta”riguarda le interazioni con algoritmi e sistemi di A.I. : l’Unione promuove sistemi del genere antrocentrici, affidabili ed etici, in linea con i valori dell’Unione; le tecnologie non debbono essere utilizzate per pregiudicare le scelte delle persone ad esempio per la salute, l’occupazione, l’istruzione e la vita privata e devono essere trasparenti, non discriminatori e promuovere l’autonomia e la responsabilità dei soggetti che li usano. Ogni persona deve essere in grado di poter scegliere realmente e liberamente quali servizi online utilizzare in un ambiente digitale, sicuro e protetto che rispetti anche i diritti degli utenti e dei consumatori.
Il quarto capitolo riguarda la “partecipazione allo spazio pubblico digitale” e mira alla costruzione di un ambiente digitale diversificato, affidabile, pluralistico e multilinguistico. L’Unione adotterà provvedimenti a protezione della libertà e del pluralismo dei media e per combattere la disinformazione. Quest’intento di favorire la sicurezza dell’ambiente digitale, inclusivo e pluralistico ma al tempo stesso attento alla genuinità delle informazioni che vi circolano è ribadito al capitolo quinto su “sicurezza, protezione e conferimento di maggiore responsabilità”nel quale si afferma che “ ogni persona ha diritto al rispetto della vita privata ed alla protezione dei propri dati. Quest’ultimo diritto prevede che anche i singoli individui abbiamo il controllo di come sono utilizzati i propri dati e con chi siano condivisi”. Una speciale attenzione è promessa dall’Unione nel proteggere i bambini ed i giovani.
Infine il capitalo sulla “sostenibilità” che impegna ad un controllo attento all’impatto ambientale dei servizi digitali con il dovere di informare i cittadini soprattutto riguardo il consumo energetico e di favorire modelli più sostenibili ed anche l’utilizzazione delle “tecnologie digitali innovative con un impatto positivo sull’ambiente e sul clima al fine di accelerare la transizione verde”.
3. La lunga strada del digital constitutionalism. La Commissione intende monitorare l’enforcement nel tempo della Declaration, soprattutto riguardo i futuri provvedimenti legislativi, con specifici report che sarebbero indubbiamente preziosi per valutare e correggere l’ eventuale distanza tra le affermazioni di principio e la regolamentazione in concreto realizzata e soprattutto i termini del bilanciamento in concreto che il legislatore UE ha compiuto nel bilanciare principi tra loro in una certa tensione.
In conclusione la Declaration dovrebbe rendere indubbiamente il cittadino UE orgoglioso di un programma così alto ed ambizioso che appare pienamente consapevole delle sfide della trasformazione digitale in quanto le si affronta nella loro pluridimensionalità ma con un “metodo olistico” senza lasciare santuari liberi da ogni regolazione per le forze di mercato o per l’individualismo appropriativo: il mondo digitale chiama in gioco ogni dimensione della vita sociale dai rapporti lavorativi alla democrazia partecipativa,dalla sostenibilità ambientale alla responsabilità sociale delle imprese sino alla protezione della dignità delle persone ed alla loro libertà di scelta. La Carta dei diritti ci ha indicato una strada (con il contributo esplicativo della Corte di giustizia) si spera ormai irreversibile nelle politiche europee, la Declaration approfondisce questa traccia per quel fenomeno ancora dilemmatico dell’innovazione digitale lungo un sentiero che ci sembra persuasivo e coraggioso che ribadisce, anche -se non soprattutto- per questo settore, quanto l’Europa riesca a “rule the world”([4]) attraverso la semantica dei diritti fondamentali e dei suoi principi costitutivi di tolleranza, inclusività e non discriminazione. Ma è chiaro che queste grandi e solenni aspirazioni (molte delle quali già realizzate, basterà pensare al GPDR) ci inducono a misurarci anche con i rapporti di forza in campo, a meno di non voler subire a breve una crudele smentita dei fatti. Sino ad oggi la, ancora molto parziale, codificazione del mondo digitale europea è riuscita a piegare le grandi compagnie americane della Silicon Valley (le quali prima o poi hanno negoziato con Bruxelles accettando le norme europee e i dicta della Corte di giustizia). Il mercato europeo è ancora troppo importante perché vi si rinunci e le opzioni UE sulla privacy dimostrano di godere di una credibilità e di una risonanza democratica altissima ed incontestabile sul piano internazionale. Chi dichiarasse di volerle deliberatamente ignorare pagherebbe un danno reputazionale molto significativo. Ma i gestori principali del mondo digitale che la UE vuole disciplinare sono società USA, rette dal diritto USA, che disciplina peraltro anche l’architettura del web. Continueranno a subire? O cercheranno di autoregolarsi prescindendo da ogni autorità pubblica di riferimento? ([5]) La sfida ai veri potenti del pianeta è destinata a continuare ma può vincerla solo un’Unione di stampo federale, che stringa i suoi legami istituzionali, democratici e sociali, che sappia davvero attuare la sua nobile Declatation, plasmata sul più nobile ed impegnato costituzionalismo europeo che già ci ha donato quell’art. 8 della Carta dei diritti (che sembra essere stato ispirato dalla penna ineguagliabile di Stefano Rodotà), che è la base su cui l’Unione costruisce i suoi provvedimenti per far uscire l’ambiente Internet dalla sua preistoria sregolata.
[2] Ad esempio nel settore digitale in ambito lavorativo potrebbero essere applicabili contemporaneamente le norme sul GPDR, quelle della direttiva sul lavoro tramite piattaforma in corso di approvazione ed infine l’imminente Artificial Intelligence l Act, le eventuali sovrapposizioni dovrebbero essere così risolte attraverso il principio di specialità unitamente agli obiettivi ed ai principi dei provvedimenti in gioco sui quali la Dichiarazione ha indubbiamente un ruolo direttivo. Sui pericoli di conflitto interpretativo cfr. Le iniziative dell’Unione europea sul lavoro tramite piattaforme digitali ( con interventi di A. Allamprese, G. Bronzini, V. De Stefano, G. De Minico, M. Melloni, A. Perulli, S. Robin-Olivier) in Rivista giuridica del lavoro n. 3/2022 parte I, pag. 507 ss. Sulla proposta della Commissione cfr. G. Bronzini La proposta di Direttiva sul lavoro nelle piattaforme digitali tra esigenze di tutela immediata e le sfide dell’”umanesimo digitale”, in Lavoro, Diritti, Europa n. 1/2022
[3] Cfr. il tema del numero n. 2/2022 della Rivista Labour§law issues
[4] Su questo profilo cfr. A. Bradford Effetto Bruxelles. Come l’Unione europea regola il mondo, Franco Angeli, 2021
[5] Su questo tema e sul confronto in atto: O. Pollicino, Judicial Protection of Fundamental Rights on the Internet. A Road Toward Digital Constitutionalism?, Hart Publishing, 2021; G. De Gregorio,The Rise of Digital Constitutionalism in the European Union, International Journal of Constitutional Law, 2021
LA SETTIMANA DEL MOVIMENTO EUROPEO
11 gennaio
Coordinamento Nazionale Rete Pace Disarmo
12 gennaio
Primo partnership meeting Progetto RescEU 2.0 (Movimento europeo)
13 gennaio
Roma, evento “PER UN’EUROPA PROTAGONISTA DI PACE. Il pensiero di Gianfranco Martini a dieci anni dalla morte”
16 gennaio
Roma, presentazione del volume "Solidarietà" di Stefano Giubboni (Editoriale Scientifica, 2022)
IN EVIDENZA
VI SEGNALIAMO
Venerdì 13 gennaio, Roma, ore 17:30-20:00. Evento “PER UN’EUROPA PROTAGONISTA DI PACE. Il pensiero di Gianfranco Martini a dieci anni dalla morte” (Piazza del Campidoglio – Sala "Laudato Si"). PROGRAMMA.
Lunedì 16 gennaio, Roma, ore 17:00. Presso la Sala conferenze della Fondazione Lelio e Lisli Basso, avrà luogo la presentazione del volume "Solidarietà" di Stefano Giubboni (Editoriale Scientifica, 2022). L'incontro, che è promosso dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso e dal Movimento europeo Italia, si svolgerà in modalità mista presenza/distanza e sarà trasmesso in streaming sul canale Youtube della Fondazione, all'indirizzo: https://youtu.be/_rijmsfUAOw. Presiede e conclude: Franco Ippolito, presidente della Fondazione Basso. Introduce: Giuseppe Bronzini, segretario del Movimento europeo. Ne discutono: Madia D’Onghia, Università di Foggia, Elena Granaglia, Università Roma Tre, Giuseppe Allegri, Sapienza, Università di Roma. LOCANDINA.
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- La settimana del Movimento europeo
- Testi in evidenza
- Giornata Internazionale dei Migranti
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