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Una comunità può dirsi tale se i diritti sanciti per i cittadini sono rispettati e possono valere nel territorio di competenza; ciò vale per il sistema europeo e, negli ultimi dieci anni, sono avvenute alcune modifiche sostanziali del quadro normativo, per migliorare il funzionamento del diritto europeo. Ecco perché questa settimana consigliamo la lettura di questo testo: “Attuare il diritto dell'Unione Europea in Italia. Un bilancio a 5 anni dall'entrata in vigore della legge n. 234 del 2012”. Ripercorre infatti alcuni passaggi significativi in merito al nuovo contesto politico – istituzionale disegnato a seguito delle riforme dei trattati, soprattutto quello di Lisbona, a cui però mancava, fino alla legge sopracitata, un seguito nel nostro ordinamento. Compito di questo testo normativo è delineare il nuovo quadro, rilanciando la centralità del ruolo del Parlamento, e non è un caso che uno dei curatori sia Enzo Moavero Milanesi, Ministro degli affari europei dal novembre 2011, nel governo tecnico Monti, al febbraio 2014. È lui stesso ad affermare nel testo che, con la legge n. 234/2012, si sono voluti realizzare dei passi in avanti in termini di maggiore possibilità di informazione per il Parlamento e di una accresciuta trasparenza dei procedimenti che coinvolgono Italia ed Europa: “Questo riassetto risulta comprovato dal riconoscimento dell’opportunità di assicurare la più ampia informazione al Parlamento. Da quella affidata al Governo, in particolare attraverso il confronto strutturato, preventivo e successivo, prima e dopo le riunioni periodiche del Consiglio UE e del Consiglio Europeo; fino a quella che discende dall’obbligo di inviare direttamente al Parlamento ogni atto europeo, anche se di natura meramente preparatoria o interlocutoria.

Al riguardo, la legge n. 234 è estremamente aperta. Prevede unicamente la possibilità per il Governo di limitare la diffusione di alcuni tipi di informazioni, specie quelle che riguardano procedure giurisdizionali e di pre-contenzioso (art. 14, comma 5). Da un siffatto impianto, discende un forte aumento della trasparenza sui procedimenti UE e della qualità di informazione a disposizione attraverso la presa di conoscenza della medesima da parte del Parlamento.

Un’impostazione che, a ben vedere, estende il perimetro delle informazioni trasmesse addirittura al di fuori del classico raccordo tra livello nazionale e istituzioni dell’Unione Europea. Si riconosce, infatti, la necessità di una costante informazione al Parlamento anche in relazione ad accordi chiamati ‘intergovernativi’, perché conclusi fra Stati membri dell’Unione (art. 4, comma 4, lettera c) al di fuori del quadro istituzionale UE, in senso stretto”.

 

 

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L’inabilità, anche temporanea, di un lavoratore, può ingenerare delle controversie sull’intepretazione dei suoi diritti fondamentali. Questa settimana, perciò, riteniamo opportuno trattare un caso che riassume in sé alcuni aspetti trattati nella rubrica settimanale dedicata alla Carta dei diritti. Esso verte attorno alla vicenda del sig. Mohamed Daouidi, assunto dalla Bootes Plus come aiuto cuoco in un ristorante di Barcellona. Dopo un periodo di prova di trenta giorni, l’azienda aveva stipulato con il sig. Daouidi un contratto a tempo pieno della durata di nove mesi, dal 15 luglio 2014 al 16 aprile 2015. Tuttavia, il 3 ottobre 2014, il lavoratore “è scivolato sul pavimento della cucina del ristorante in cui lavorava, con conseguente lussazione del gomito sinistro, che ha dovuto essere ingessato. Lo stesso giorno il sig. Daouidi ha avviato la procedura volta ad ottenere il riconoscimento della sua invalidità temporanea. Due settimane dopo detto infortunio sul lavoro il capocuoco della cucina ha contattato il sig. Daouidi per informarsi sulle sue condizioni di salute e comunicargli la sua preoccupazione riguardo alla durata della sua situazione. Il sig. Daouidi gli ha risposto che la ripresa del lavoro non sarebbe stata immediata. Il 26 novembre 2014, benché si trovasse ancora in stato di invalidità temporanea, il sig. Daouidi ha ricevuto dalla Bootes Plus una lettera di licenziamento disciplinare del seguente tenore: «Siamo spiacenti di informarLa che abbiamo deciso di porre termine al suo rapporto di lavoro con la nostra impresa e di procedere al suo licenziamento in data odierna con effetto immediato. Tale decisione è motivata dalla considerazione che Lei non ha soddisfatto le aspettative dell’impresa né ha raggiunto il rendimento che quest’ultima considera adeguato allo svolgimento dei compiti corrispondenti al suo posto di lavoro. I fatti appena esposti sono punibili con il licenziamento, ai sensi [dello statuto dei lavoratori]». Il 23 dicembre 2014 il sig. Daouidi ha presentato dinanzi allo Juzgado de lo Social n. 33 de Barcelona (Tribunale del lavoro n. 33 di Barcellona, Spagna) un ricorso inteso a far dichiarare, in via principale, la nullità del suo licenziamento ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, della legge n. 36/2011”.

Numerosi sono stati i punti interrogativi aperti dall’istanza dell’interessato, in quanto il tribunale del lavoro di Barcellona ha rinviato la vicenda all’analisi della CGUE su ben cinque questioni interpretative concernenti i diritti del sig. Daouidi:

“«1)      Se il divieto generale di discriminazione sancito dall’articolo 21, paragrafo 1, della [Carta], debba essere interpretato nel senso che il divieto e la tutela ivi contemplati si estendono alla decisione del datore di lavoro di licenziare un lavoratore, fino a quel momento apprezzato professionalmente, per il solo fatto che si trova in una situazione di invalidità temporanea – la cui durata è incerta – a causa di un infortunio sul lavoro, mentre sta ricevendo prestazioni di assistenza sanitaria e previdenziali.

2)      Se l’articolo 30 della [Carta] debba essere interpretato nel senso che la tutela da erogare ad un lavoratore, oggetto di un licenziamento palesemente arbitrario e privo di giustificato motivo, debba essere analoga a quella prevista dalla legislazione nazionale per ogni forma di licenziamento che violi un diritto fondamentale.

3)      Se la decisione di un datore di lavoro di licenziare un lavoratore, fino a quel momento apprezzato professionalmente, per il solo fatto che si trova in una situazione di invalidità temporanea – la cui durata è incerta – a causa di un infortunio sul lavoro, mentre sta ricevendo prestazioni di assistenza sanitaria e previdenziali, rientri nell’ambito di applicazione e/o di tutela di cui agli articoli 3, 15, 31, 34, paragrafo 1, e 35, paragrafo 1, della [Carta] (uno, alcuni o tutti i suddetti articoli).

4)      Qualora le prime tre questioni (o una di esse) ricevano una risposta affermativa e si ritenga che la decisione di licenziare un lavoratore, fino a quel momento apprezzato professionalmente, per il solo fatto che si trova in una situazione di invalidità temporanea – la cui durata è incerta – a causa di un infortunio sul lavoro, mentre sta ricevendo prestazioni di assistenza sanitaria e previdenziali, rientri nell’ambito di applicazione e/o di tutela di uno o più articoli della [Carta], se il giudice nazionale possa applicare tali disposizioni per risolvere una controversia tra privati, vuoi perché – a seconda che si tratti di un “diritto” o di un “principio” – sia loro riconosciuta efficacia orizzontale, vuoi in virtù del principio dell’“interpretazione conforme”.

5)      Per il caso in cui le questioni anteriori ricevano una risposta negativa, si formula una quinta questione: “Se la nozione di “discriminazione diretta fondata sull’handicap” come uno dei motivi di discriminazione contemplati dagli articoli 1, 2 e 3 della direttiva 2000/78 possa comprendere la decisione di un datore di lavoro di licenziare un lavoratore fino a quel momento apprezzato professionalmente, per il solo fatto che si trova in una situazione di invalidità temporanea – la cui durata è incerta – a causa di un infortunio sul lavoro»”.

Per conoscere i fatti nel dettaglio, il testo della sentenza è disponibile cliccando qui.

 

 

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Molto resta da migliorare nel settore dei diritti dei cittadini disabili, ai quali l’Unione riconosce e di cui rispetta “il diritto di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità”. Analizzando la giursprudenza della Corte di Giustizia dell’Ue, notiamo come siano numerosi gli ambiti entro cui tali su diritti possono essere chiarimenti interpretativi delle direttive europee. L’articolo 26 della Carta si connette infatti ad altri articoli: per esempio, al diritto all’integrità (art. 3), al diritto al lavoro (art. 15), al diritto alla non discriminazione (art. 21), alla sicurezza e all’assistenza sociale (art. 34), alla protezione della salute (art. 35).

Quello delle politiche sociali, inoltre, è un ambito sul quale si manifestano numerose necessità: è vero infatti che le persone disabili si vedono riconosciuti questi diritti, ma in concreto le modalità di risposta a questo tipo di esigenze variano in relazione ai modelli di welfare, che in Europa vedono l’esistenza di almeno quattro differenti approcci a seconda che l’area di riferimento sia quella mediterranea, mitteleuropea, nordica oppure orientale. Quello della tutela delle persone disabili è, indipendentemente dalle risposte fornite dal contesto di riferimento, un tema sul quale si può rilevare anche in che misura siano rispettati i principi di inclusione sociale e di non marginalizzazione: principi che contribuiscono a poter comprendere quanto all’interno di una società sia sviluppato il senso civico e anche quale sia il livello di libertà di un popolo, perché là dove la sofferenza di una persona disabile generi disagio diffuso, senso di oppressione e condizioni la vita delle persone care vuol dire che ancora non sono state sufficientemente sviluppate delle risposte istituzionali adeguate. Un aspetto particolare del problema è anche quello delle tutele assicurative con cui l’individuo può colmare alle carenze assistenziali da parte dello Stato: in un’epoca in cui le finanze pubbliche riducono il perimetro dell’assistenza a livelli essenziali delle prestazioni e continueranno anche a limitare la spesa per la previdenza, si tratta senz’altro di una soluzione da tenere in debito conto, in un quadro di adeguata informazione e trasparenza per i cittadini.

 

 

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