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«Italia più debole in Ue senza obiettivi chiari». È quanto ha recentemente affermato il Commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni. Come si afferma su “Il Sole 24 Ore” di venerdì 3 luglio, in un articolo in prima pagina a firma di Marco Rogari e Gianni Trovati, “Nelle trattative per la definizione del Recovery Fund l’Italia «potrà contare di più se non cancella, fra i suoi obiettivi, quello del controllo del debito pubblico», perché senza un impegno specifico diventerà «difficile avereun ruolo negoziale efficace»“. Si afferma altresì che è intenzione di Angela Merkel e Ursula von der Leyen definire il prossimo QFP prima dell’estate e che il ruolo della rappresentanza italiana sarà in tale contesto quello di ridurre quanto più possibile preoccupazioni ed incertezze in merito alla situazione debitoria. Il programma di investimenti su cui si sta ragionando è molto vasto, come affermato anche dal Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che, in occasione dell’inaugurazione del semestre di presidenza tedesca del Consiglio dell’Ue, ha elencato i settori chiave: «la banda larga, le reti idriche, il trasporto ferroviario, la sanità territoriale e gli aiuti alle filiere produttive».

Quanto si sta decidendo avviene in un quadro in cui è stato già fatto ampio ricorso ad un indebitamento italiano che, secondo i dati riportati dal “Sole 24 Ore”, ha incrementato di 20,9 punti rispetto allo scorso anno il rapporto deficit/Pil. Si tratta di dati parziali che andranno aggiornati, ma su cui occorre ragionare in vista del prosieguo dei lavori per l’uscita dall’emergenza, che coincideranno con la chiusura dell’anno in corso. In aprile, in occasione della presentazione del Documento Economia e Finanza, il debito italiano è stato stimato al 155,7% del Pil, in piena emergenza. Ci si avvia ora verso la scadenza del 27 settembre, data entro cui presentare la nota di aggiornamento del Def in un quadro in cui permangono incertezze e tensioni che richiedono responsabilità, per non indebolire la posizione dell’Italia in Europa.

 

 

 

 

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Il libro consigliato questa settimana è una raccolta degli atti del convegno svoltosi a Torino il 6 e 7 dicembre 2007. Si intitola “Altiero Spinelli: il pensiero e l'azione per la federazione europea” ed è stato pubblicato nel 2010. È a cura del prof. Umberto Morelli, docente di relazioni internazionali presso l’Università di Torino. In un momento di raffreddamento degli entusiasmi e delle ambizioni del progetto di un’unità europea, è opportuno ritornare ad analizzare quali strategie e quali scelte portarono uno dei padri fondatori a far avanzare l’integrazione europea, dal dopoguerra fino alla sua scomparsa nel 1986. Altiero Spinelli riteneva possibile il superamento degli Stati nazione e giustificava tale passo quale condizione necessaria per consentire l’unificazione dell’Europa in senso federale. Le situazioni di emergenza degli ultimi anni, proprio a partire dal 2007, anno dello scoppio di una delle più importanti crisi finanziarie dal dopoguerra ad oggi, a cui è seguita peraltro anche quella attuale, sono probabilmente quelle più adatte a far emergere nuova leadership e soprattutto nuove idee, perché l’integrazione europea possa riprendere, guidata da un nuovo impulso che è anche frutto della resilienza dimostrata, a settant’anni dalla Dichiarazione Schuman.

 

 

 

 

 

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Questa settimana illustriamo un caso che riteniamo interessante perché tratta le vicende controverse seguite alla presentazione di un’iniziativa del cittadino europeo (ICE). È da premettere che questo strumento – che si affianca alla petizione, di cui parliamo questa settimana nella sezione dedicata alla Carta dei diritti fondamentali – esiste dal 2011 e può essere promosso, come è facile dedurre, solo dai cittadini degli Stati membri (per maggiori informazioni, clicca qui).

Il caso riguarda l’ICE “Uno di noi”, presentata il 28 febbraio 2014 alla Commissione europea, a cui ha fatto seguito, il 28 maggio 2014, l’adozione della Comunicazione COM(2014) 355 final da parte della Commissione. Infatti, le disposizioni del regolamento sull'iniziativa dei cittadini prevedono che la Commissione disponga di tre mesi per “esporre in una comunicazione le sue conclusioni giuridiche e politiche riguardo all'iniziativa dei cittadini, l'eventuale azione che intende intraprendere e i suoi motivi per agire o meno in tal senso”[1].

 All’interno della COM(2014) 355 final, si afferma che l’oggetto dell’iniziativa è “la protezione giuridica della dignità, del diritto alla vita e dell'integrità di ogni essere umano fin dal concepimento nelle aree di competenza UE nelle quali tale protezione risulti rilevante”. Prima di tale Comunicazione, è da notare che gli organizzatori dell’ICE “Uno di noi”, nel presentare la propria istanza, avevano dichiarato che "l’'embrione umano merita il rispetto della sua dignità e integrità", chiedendo “tre modifiche legislative:

–  del regolamento finanziario , in merito al principio di coerenza: "nessuno stanziamento di bilancio dovrà essere effettuato in vista del finanziamento di attività che distruggono embrioni umani o che ne presuppongono la distruzione";

–  Finanziamento della ricerca — Regolamento Orizzonte 2020 , principi etici: "non sono finanziati i seguenti ambiti di ricerca: […] attività di ricerca volte a creare embrioni umani soltanto a fini di ricerca o per l'approvvigionamento di cellule staminali, anche mediante il trasferimento di nuclei di cellule somatiche";

 – Cooperazione allo sviluppo — strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo (DCI)7 , ambito d'applicazione: "l'assistenza da parte dell'Unione sulla base del presente regolamento non dovrà essere utilizzata per finanziare l'aborto, direttamente o indirettamente, attraverso il finanziamento di organizzazioni che praticano o promuovono l'aborto”.

Nella sua Comunicazione, suddivisa in quattro parti, la Commissione ha dichiarato - con motivazioni sia giuridiche che scientifiche a fondamento di tale decisione - che non avrebbe intrapreso alcuna azione a seguito dell’ICE “Uno di noi”. In particolare, “la Commissione ha rilevato che la ricerca sulle hESC (cellule staminali embrionali umane, ndr) si inserisce in un quadro etico rigoroso comprendente un sistema a «tripla barriera», in virtù del quale, in primo luogo, i progetti dell’Unione devono rispettare le leggi del paese in cui si svolge l’attività di ricerca, in secondo luogo, tutti i progetti devono essere scientificamente validati sulla base di una revisione tra pari ed essere sottoposti a un rigoroso controllo etico e, in terzo luogo, i fondi dell’Unione non possono essere usati per isolare nuove linee di cellule staminali, né per attività di ricerca che contemplino la distruzione di embrioni umani”[2].

A seguito della scelta della Commissione di non intraprendere alcuna azione, i promotori dell’ICE “Uno di noi” hanno presentato ricorso prima al Tribunale dell’Ue, il 25 luglio 2014, per chiedere l’annullamento della Comunicazione COM(2014) 355 final, vedendosi respinta la propria istanza con sentenza del 23 aprile 2018. Successivamente, il 22 giugno 2018, hanno chiesto l’annullamento di tale sentenza alla Corte di Giustizia Ue, ma anche in questo caso si è avuto il respingimento dell’impugnazione, con sentenza del 19 dicembre 2019 e, contestualmente, la condanna dei suoi promotori al pagamento delle spese proprie e di quelle sostenute dalla Commissione.
Il testo integrale della sentenza è disponibile cliccando qui.

 

 

[1] Cfr: COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE sull'Iniziativa dei cittadini europei "Uno di noi" COM(2014) 355 final, https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2014/IT/1-2014-355-IT-F1-1.Pdf.

[2] Cfr: Sentenza CGUE del 19 dicembre 2019 sulla causa C‑418/18 P.

 

 

 

 

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Come afferma l’articolo 44 della Carta, “Qualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo”. Questa settimana parliamo dell’articolo che, in occasione del quarentennale dall’avvio del Club del Coccodrillo, afferma un diritto fondamentale che si affianca alle attività parlamentari dei gruppi politici nel dare senso al processo di integrazione europea. Una volta presentata, la petizione viene esaminata dalla Commissione competente del Parlamento europeo – per l’appunto, la Commissione Petizioni – sotto il profilo dell’ammissibilità sia formale, relativa alla corretta modalità di presentazione, che sostanziale, relativa al fatto che la materia della petizione dev’essere di competenza delle istituzioni europee. A seguito di questa prima fase, la Commissione Petizioni prende un provvedimento specifico in base alla situazione; per esempio può:

  • “chiedere alla Commissione europea di effettuare un esame preliminare della petizione e fornire informazioni sulla sua conformità con la pertinente legislazione dell'UE;
  • trasmettere la petizione ad altre commissioni del Parlamento europeo per informazione o per ulteriori azioni (una commissione può, ad esempio, prendere in considerazione una petizione nella sua attività legislativa);
  • se la petizione riguarda un caso specifico che esige un esame individuale, la commissione può mettersi in contatto con le istituzioni o le autorità competenti o intervenire tramite la rappresentanza permanente dello Stato membro interessato per trovare una soluzione;
  • adottare ogni altra misura ritenuta appropriata per cercare di risolvere la questione o fornire una risposta adeguata alla petizione”[1].

In ciascuna fase dell’iter, i firmatari della petizione ricevono informazioni in merito alle decisioni prese dalla Commissione Petizioni e alle relative motivazioni. Al fine di affrontare e giungere ad una soluzione sulle questioni sollevate, la Commissione Petizioni può ricorrere a numerosi strumenti: “Le missioni d'informazione, le audizioni pubbliche, la realizzazione di studi, la creazione nel 2016 di una rete per le petizioni che consente una maggiore cooperazione tra le commissioni che si occupano delle petizioni, nonché la cooperazione e il dialogo con i parlamenti e le autorità nazionali, nonché con le altre istituzioni dell'UE quali la Commissione europea e il Mediatore europeo”[2].

 

 

[1] Cfr: https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/148/il-diritto-di-petizione.

[2] Ibidem.

 

 

 

 

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