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VI SEGNALIAMO

  • Venerdì 7 ottobre 2022, ore 11:00-12:30. Il Movimento europeo in Serbia e la Fondazione Friedrich Ebert promuovono l’incontro EUROPEAN POLITICAL COMMUNITY – WHERE ARE THE BORDERS OF EUROPE? nell’ambito della serie "Talks on the Future of Serbia”. La guerra in Ucraina ha cambiato il mondo. L'ordine politico e di sicurezza europeo deve essere riconsiderato. Il presidente francese Emmanuel Macron ha proposto a maggio di istituire la Comunità politica europea (EPC) per affrontare le sfide politiche e di sicurezza comuni. La prima riunione della Comunità politica europea avrà luogo a Praga il 6 ottobre. All'ordine del giorno del dibattito politico ci saranno questioni strategiche di interesse comune per il continente europeo, come la guerra della Russia all'Ucraina, la crisi energetica e la situazione economica. Lo scopo del panel “EUROPEAN POLITICAL COMMUNITY – WHERE ARE THE BORDERS OF EUROPE?” che si terrà un giorno dopo la prima riunione dell'EPC, informerà la Serbia e il grande pubblico sull'evento e sul significato di questa iniziativa per i Balcani occidentali e la politica di allargamento. Le lingue di lavoro sono il serbo e l'inglese. PROGRAMMA. L’evento si svolgerà in formato ibrido. REGISTRAZIONE VIA ZOOM.
  • Venerdì 7 ottobre 2022, ore 11:00-13:00. Europe Calling "Dialogo italo-tedesco per lo sviluppo sostenibile". Un webinar in italiano e tedesco sulle strategie e i progetti comuni di sviluppo sostenibile in Italia e Germania. Promosso da Europe Calling e.V. su iniziativa del "Ufficio per il dialogo italo-tedesco" e di platea2030 in collaborazione con FUTURAnetwork e con il sostegno della ITKAM & Fondazione Heinrich Böll Parigi. PROGRAMMA. Per ISCRIZIONI e INFORMAZIONI.
  • Sabato 8 ottobre 2022, Assisi, ore 10:00-17:00. Il Comitato promotore Marcia PerugiAssisi promuove un incontro di riflessione, condivisione e proposta “Con Papa Francesco, contro la guerra per costruire la pace”, che si svolgerà presso il Sacro Convento di San Francesco in Assisi, per spingere i governi sulla via della pace. VOLANTINO. ULTERIORI INFORMAZIONI. Per iscriversi e partecipare: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
  • Sabato 8 ottobre 2022, Roma, ore 14:30. La CGIL organizza a Roma in Piazza del Popolo la manifestazione dal titolo “Italia, Europa, Ascoltate il Lavoro”. Parteciperanno all’evento sindacati europei e internazionali. Al termine della manifestazione, dalle ore 19:00 alle 22:00, è prevista l’apertura straordinaria della sede nazionale della CGIL, in corso d’Italia 25. Per l’occasione saranno organizzate delle visite guidate e verrà presentata l’opera restaurata dell’artista Ennio Calabria danneggiata durante l’assalto del 9 ottobre scorso. ULTERIORI INFORMAZIONI.
  • Domenica 9 ottobre 2022, Roma, ore 9:30-12:00. Tavola rotonda promossa dalla CGIL nazionale sul tema “Una rete internazionale antifascista per lavoro diritti e democrazia”, presso la sede della CGIL nazionale (Corso d’Italia, 25). Diretta streaming su Cgil.it e Collettiva.it e sui rispettivi canali social.

 

 

 

 

 

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Di fronte alla preoccupante rinascita dei nazionalismi e delle sovranità assolute in Europa e nel mondo insieme alla crescita dell’intolleranza razzista, il Movimento europeo ha deciso di promuovere fra il 24 e il 29 ottobre, in occasione del centenario della “Marcia su Roma”, eventi diffusi sul territorio di carattere storico e pedagogico rivolti in particolare al mondo della scuola, dell’università e della cultura.

In questo quadro abbiamo deciso di sollecitare le organizzazioni della società civile ad attivarsi in Italia e negli altri paesi europei e ad associarsi a questa iniziativa.

Si è così costituita una rete composta ad oggi da Associazioni fra cui: ACLI, ANPI, ANPPIA, ARCI, Associazione Libera Bruxelles, Avenir de l’Europe, Centro regionale ME Puglia, CGIL, CIA, CISL, Europe Now, FIAP, Fondazione Gramsci, Fondazione Lelio e Lisli Basso, Forum italo tunisino, GFE, Istituto Luigi Sturzo, Liceo Classico e Linguistico Immanuel Kant – Roma, MFE, Mondoperaio, Scuola Internazionale Europea "Altiero Spinelli" – Torino, Stati generali delle Donne, UIL.

Il Movimento europeo annuncia che si svolgeranno eventi in varie scuole italiane, alla Casa della Memoria e della Storia di Roma e che si terrà una iniziativa conclusiva il 26 ottobre alla Maison du peuple di Saint Gilles  a Bruxelles promossa dal Movimento Europeo e da varie Associazioni in Belgio. Tutti gli aggiornamenti seguiranno sul prossimo numero della newsletter e presto saranno disponibili anche sul nostro sito www.movimentoeuropeo.it

A questo proposito, ricordiamo qui di seguito il documento:

L’EUROPA UNITA COME RISPOSTA AL FASCISMO E AI NAZIONALISMI A 100 ANNI DALLA “MARCIA SU ROMA”

Fra il 27 e il 30 ottobre 1922, con la cosiddetta “marcia su Roma”, giunse al suo culmine in Italia la violenza su cui era stata fondata nel 1919 la nascita del movimento fascista (noto poi come PNF) diretto da Benito Mussolini.

Nonostante il modesto risultato elettorale del PNF nelle ultime elezioni democratiche e dopo le dimissioni dell’inconsistente governo diretto dal liberale Luigi Facta, il Re Vittorio Emanuele III cedette alla minaccia di un colpo di Stato e incaricò Benito Mussolini di formare un nuovo governo che si caratterizzò rapidamente come un regime autoritario, antiparlamentare e nazionalista trovando emuli in numerosi paesi.

Insieme alla sopraffazione delle libertà personali, il fascismo si sviluppò come un regime fondato – come scrisse Benito Mussolini – sulla “compattezza della Nazione” e sulla costruzione di una “grande Italia” contro le cosiddette plutocrazie nel mondo.

In un testo pubblicato nel 1935, il filosofo socialista Eugenio Colorni sottolineò il rapporto inscindibile fra il fascismo e il nazionalismo come causa scatenante dei conflitti fra i popoli e delle guerre, un rapporto mostruoso che fu all’origine del nazismo in Germania, della Seconda Guerra Mondiale, del genocidio antisemita e, ancor prima, della difesa della cosiddetta “razza”, teorizzata in Italia dalla rivista cui contribuì anche Giorgio Almirante.

Dalle prime riflessioni di Eugenio Colorni si sviluppò quella “scuola” di pensiero e di azione animata da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi che portò un gruppo di confinati antifascisti nell’isola di Ventotene a scrivere nell’inverno del 1941 un “progetto di Manifesto per un’Europa libera e unita”.

Sulle stesse basi, numerosi antifascisti in tutta Europa si resero conto che l’unico modo per realizzare la pace sul continente era quello di garantire il diritto e la democrazia oltre i confini nazionali, creando istituzioni democratiche sovranazionali che rendessero impossibili i conflitti armati. Per cercare di risolvere in modo nuovo il problema internazionale, nel 1944 venne approvata a Ginevra e poi diffusa tra i movimenti e i partiti antifascisti dei vari paesi una “Dichiarazione federalista dei movimenti della resistenza europei”, alla cui elaborazione parteciparono rappresentanti di Italia, Francia, Germania, Jugoslavia, Olanda, Danimarca, Norvegia, Cecoslovacchia e Polonia.

L’Europa ha fatto molta strada da allora, ma non si è ancora realmente unita e il processo di integrazione è rimasto incompiuto. La stessa democrazia è un processo che richiede un impegno costante e in un mondo globalizzato non può essere soffocata nei confini nazionali.

Di fronte alla rinascita dei nazionalismi e delle sovranità assolute in Europa e nel mondo insieme alla crescita dell’intolleranza razzista, il Movimento europeo – le cui idee sono radicate nella Resistenza al nazifascismo – ha deciso di promuovere fra il 24 e il 29 ottobre, in occasione del centenario dell’arrivo al potere del fascismo in Italia, eventi diffusi sul territorio di carattere storico e pedagogico rivolti in particolare al mondo della scuola, dell’università e della cultura. Invitiamo ad attivarsi in Italia e negli altri paesi europei le organizzazioni della società civile che vorranno associarsi a quest’iniziativa.

Chiediamo a tutte le associazioni e ai movimenti che condividono questa idea di manifestare la loro disponibilità a creare rapidamente una rete operativa e a definire il programma e i luoghi degli eventi.

Roma, 20 settembre 2022

 

Pier Virgilio Dastoli, presidente   

Nicoletta Parisi, coordinatrice del Consiglio accademico

Giuseppe Bronzini, segretario generale    

Giulio Saputo, segretario generale aggiunto                              

Stefano Milia, segretario generale aggiunto

 
 
 
 
 

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1) Giorgia Meloni nel suo primo discorso pubblico non parla di Italia o di Stato ma di ”Nazione”. Le parole in politica pesano.

2) La riunione a Roma di conservatism international con il giovane nazionalista rampante francesco giubilei, l’ufficiale di collegamento in europa della Meloni fitto, gli orbaniani e i neofascisti di Vox è stata una significativa marcia europea su roma. Lollobrigida cognato della Meloni ha confermato la volontà di costituzionalizzare il primato del diritto nazionale e il presidenzialismo che piace anche a Calenda e Renzi. Come si fa a dire « ci vuole una soluzione europea in cui ognuno difende l’interesse nazionale » ?

3) In Lettonia le elezioni hanno consolidato il potere del primo ministro del ppe di Centro destra che per costituire un governo dovrà accordarsi con un partito conservatore e riformista (per intenderci il partito presieduto da Giorgia Meloni) e una specie di ”Lega” baltica. Una fotocopia del governo che verrà in Italia.

4) Chiari e scuri, anzi neri.
Il Foglio e Domani danno spazio alla riunione romana della rete Italian Conservatism promossa da Nazione Futura e dalla Fondazione Tatarellla, un ritrovo di convinti sovranisti che passano dai seguaci di Viktor Orban al partito neofascista spagnolo Vox. Dal chiaro del nuovo europeismo di Giorgia Meloni allo scuro del nazionalismo esasperato dove la comune fede sovranista si annacqua quando si discute di Ucraina e Russia, di sanzioni e Putin e del prezzo del gas. Non sarà facile per Giorgia Meloni far quadrare il cerchio delle necessarie alleanze nel Consiglio europeo e la variegata famiglia sovranista dentro e fuori Strasburgo.

5) Chiari e scuri, anzi neri/2
Consigliamo la lettura illuminante di Luciano Capone su Il Foglio dedicata ai « fratelli del MES » che ci chiarisce le idee sulla strada strettissima di Giorgia Meloni fra la dura opposizione alla ratifica della revisione del MES su cui si sono spesi in governi differenti Giovanni Tria, Roberto Gualtieri e Daniele Franco e la necessità di confermare la credibilità dell’Italia nell’Unione europea per ottenere aiuti di cui avremo certamente un drammatico bisogno quando peggiorerà la nostra situazione economica e finanziaria. Movimento europeo

6) Siamo tutti convinti che le sfide concrete di fronte a cui si trova l’Europa non possono essere affrontate con efficacia e con metodo democratico restando prigionieri di un trattato firmato quindici anni fa. siamo anche convinti che non basta modificare questo o quell’articolo del Trattato per rendere l’Unione europea più efficiente e democratica. Sappiamo che i governi - che sono i maggiori responsabili della paralisi - non hanno nessuna intenzione di dare seguito alla modesta proposta del parlamento europeo per convocare una convenzione che potrà solo fare delle raccomandazioni ad una conferenza intergovernativa, una situazione evidente che rende incomprensibile l’ostinazione di una maggioranza dell’Uef a sostenere l’idea della convenzione. Pur con le sue difficoltà la strada costituente appare come l’unica in grado di aprire il cantiere del superamento del trattato di Lisbona. La forza democratica del progetto Spinelli del 1984 (del suo contenuto e del suo metodo) si è materializzata nel fatto che esso non è stato totalmente ignorato ma che pezzo dopo pezzo le sue innovazioni sono state inserite progressivamente nei trattati successivi cosicché oggi è stato calcolato che l’80% di quelle innovazioni fanno parte dei trattati rendendo quel progetto ben superiore alla modesta e inutile dichiarazione di Stoccarda. Il metodo immaginato allora dal parlamento europeo era fondato sull’idea che il suo progetto dovesse essere sottomesso direttamente ai parlamenti nazionali come prevede la convenzione di Vienna sui trattati, che avrebbero dovuto fare osservazioni e critiche e che il successivo parlamento europeo avrebbe dovuto redigere un testo definitivo da sottoporre ad un referendum paneuropeo con la clausola (art. 82) che il progetto sarebbe entrato in vigore in una maggioranza qualificata di paesi e di popoli e che questa maggioranza avrebbe negoziato le relazioni con chi non lo aveva ratificato. Il tempo e tiranno e il parlamento europeo discusse solo con i parlamenti tedesco, belga e italiano che dettero il loro sostanziale consenso ma non ebbe il tempo di discuterlo con i parlamenti irlandese, greco, danese, lussemburghese, francese, inglese e olandese i cui deputati europei lo avevano accettato a maggioranza (ivi compresi i conservatori britannici) perché la legislatura fu interrotta dalle elezioni europee del 1984 e il progetto fini nelle mani del solito comitato di “saggi” (il comitato dooge) che ne accettò il contenuto con l’opposizione britannica danese greca ma non il metodo. Le battaglie politiche si perdono se si rinuncia in partenza a farle piegandosi ad un apparente realismo o facendo prevalere un pessimismo nichilista. Se le battaglie politiche si fanno si possono perdere o vincere ma lasciano sempre delle tracce come lo è stato il progetto Spinelli del 1984 per chi vorrà rilanciarle quando le circostanze come quelle odierne lo richiedono. Chi fra le amiche e gli amici di Facebook e le amiche e gli amici degli amici e delle amiche di Facebook è pronto a moltiplicare e tradurre sui loro profili. Questo messaggio per partecipare attivamente a questa battaglia ? Potete trovare sul sito del movimento europeo www.movimentoeuropeo.it tutti i materiali necessari per dare motivazioni e Idee alla vostra battaglia manifestando il vostro interesse a partecipare.

7) Il vertice dei Ministri dell’energia del 30 settembre è stato insoddisfacente, poiché si è limitato ad approvare le misure annunciate a Strasburgo da Ursula von der Leyen, così come è stato inadeguato il ruolo della Commissione.
Sono stati approvati il taglio dei consumi, il tetto agli extraprofitti per i produttori di elettricità non da gas e un contributo di solidarietà per i produttori di combustibili fossili, ma è mancata una risposta Europea forte e congiunta.
Rompere il fronte sulle misure nel settore dell'energia è un errore, mentre la Russia porta la tensione a un livello ancora più alto con l'illegale annessione di alcune regioni ucraine e la sicurezza del sistema energetico europeo è messa a rischio dagli incidenti ai gasdotti nel mare del Nord.
In questo scenario avremmo avuto bisogno che l'Unione continuasse ad agire in maniera unitaria anche sui prezzi del gas. Le azioni dei singoli Stati membri per definire tetti ai prezzi del gas interni, coperti con le risorse pubbliche, rischia di aumentare la speculazione di chi vuole mettere in difficoltà l'Unione attraverso prezzi del gas astronomici che i bilanci pubblici non possono arrivare a compensare, non dappertutto, non per tutti. La Commissione europea dovrebbe gettare il cuore oltre l'ostacolo e mettere una proposta sul tavolo del Consiglio affinché si possa avere una discussione concreta e precisa.
Eurodeputati PD Socialists and Democrats Group in the European Parliament

8) Il 12 marzo 1938 il nazista Adolf Hitler impose all’Austria l’annessione (Anschluss in tedesco) con l’obiettivo di ricostruire - disse - la cosiddetta Grande Germania o piuttosto un mostro giuridico sottomesso alla spietata violenza.
Adolf Hitler non si fermò all’annessione dell’Austria ma scatenò due anni dopo il secondo conflitto mondiale per costituire il mostro del Terzo Reich con la complicità del fascista Benito Mussolini e degli altri regimi fascisti che si costituirono in Europa dopo la farsa drammatica della marcia su Roma.
Ottantaquattro anni dopo il neo-nazista Vladimir Putin ha compiuto con la sopraffazione un altro Anschluss per creare il mostro della cosiddetta Grande Russia e ha annunciato che le sue folli mire imperialiste non si fermeranno qui.
Questo Anschluss è stato condannato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ma la comunità internazionale deve agire con forza per ottenere l’Auschuss e impedire altri Anschluss.

9) Francesco Lollobrigida ribadisce su Il Foglio che la modifica della Costituzione non può essere un tabù ricordando le modiche adottate dal 1948 ad oggi.
Francesco Lollobrigida coglie l’occasione per ricordare le proposte del suo partito sul presidenzialismo e sul rapporto fra diritto nazionale e diritto europeo.
Sul presidenzialismo (in Italia e in Europa) stata diffusa una lettera aperta firmata da autorevoli costituzionalisti e esperti europei e invitiamo a leggerla sul sito del movimento europeo www.movimentoeuropeo.it.
Sul primato del diritto Francesco Lollobrigjda, il suo partito e tutti i membri della Camera e del Senato sappiano che la traduzione nella costituzione italiana di orientamenti emersi ma fortemente differenziati davanti ad alcune Corti costituzionali nazionali che fanno prevalere il diritto nazionale su quello europeo metterebbe in discussione la natura essenziale dell’Unione a cominciare dal mercato interno, dall’’uguaglianza fra i cittadini e dalla parità tra Stati membri.
Se fosse approvata questa modifica della Costituzione sarebbe un primo passo verso l’uscita dell’Italia dall’Unione europea (Italexit).

10) Lunedì 3 ottobre è stata la giornata internazionale dedicata alle vittime dell'immigrazione che una parte di questo paese celebra in memoria di tanti sventurate e sventurati che hanno perso la vita semplicemente il 3/10/2016 in uno dei peggiori naufragi del Mediterraneo perché colpevoli di cercare un futuro per sé o propri figli e coniugi. Spesso solo un futuro, non un futuro migliore, non condizioni di vita degne della civiltà del terzo millennio. Non spesso solo la mera alternativa alla morte per inedia o per disastri climatici o per persecuzioni religiose, etniche, di genere o politiche.
Una parte soltanto del nostro Paese celebra questa giornata perché essa è "divisiva": una parte propone di risolvere il problema affondando i barconi dei "clandestini" o instaurando un blocco navale che impedisca loro di avvicinarsi al suolo del bel paese dove il si risuona, una parte infine, affidandosi ai meccanismi del patto sulle migrazioni elaborato dalla Commissione Europea che prevede diverse misure inaccettabili su cui mi/ci sono/siamo già soffermato nei mesi passati, ritiene che i migranti debbano presentare le loro domande di protezione fuori dai confini nazionali Queste tre parti del paese, unite tra loro. come l'antica Gallia oggi costituiscono un unico blocco che ha la maggioranza legale del Parlamento. Ma probabilmente non rappresenta la maggioranza del Paese, dove ong, chiese, terzo settore ricordano il significato del 3 ottobre e lo possono collegare alla memoria della nostra emigrazione, passata e presente, dei vecchi e dei giovani "cervelli in fuga", alle tematiche della pace, ora che il conflitto nucleare conseguente all'invasione dell'Ucraina sembra essere sempre più spesso minacciato o addirittura evocato e infine alla tematica ambientale che già provoca e sempre più provocherà espulsione di popolazioni al cui confronto i milioni di profughi ucraini sembreranno un rivolo a confronto di un grande fiume...
Una rete piccola, senza potere come Grei250, come la nostra, non ha molti spazi di agibilità in questa situazione. Ma, se possibile, adoperiamoci per ricordare la giornata di domani, partecipiamo alle iniziative laddove si realizzeranno , chiediamo che la giornata internazionale del 3 ottobre in memoria delle vittime della migrazione sia celebrata degnamente, come il 1 maggio, l'8 marzo e non attaccata, vilipesa o semplicemente dimenticata da chi si appresta a governare il nostro Paese.

11) Anche in Bulgaria prevalgono nel voto le forze conservatrici come in Lettonia ma il voto lascia il paese nella confusione e nella impossibilità di formare un governo stabile con il rischio di quarte elezioni in due anni all’inizio ddl 2023.
In questa situazione il presidente della Repubblica Razov, molto vicino a Mosca, potrebbe assumere il controllo politico del paese fino a nuove elezioni.

 

 

 
 
 

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1. Premessa Il 27 settembre, nel rispetto rigoroso degli impegni presi con l’adozione di un Action Plan per l’implementazione dell’European Social Pillar nel Marzo del 2021, la Commissione europea ha reso pubblica la sua proposta di Raccomandazione del Consiglio “relativa ad un adeguato reddito minimo che garantisca un’inclusione attiva”, che ora verrà esaminata dagli Stati membri in vista della definitiva approvazione ([1]). Prima di riportare il contenuto delle specifiche indicazioni agli stati piuttosto esigenti sul tema dell’effettivo contrasto del rischio di esclusione sociale attraverso quell’istituto di matrice soprattutto europea del reddito minimo garantito (RMG, oggi diritto sociale fondamentale continentale come sancito dall’art. 34 della Carta di Nizza e dagli artt. 30 e 31 della Carta sociale europea) vorremmo contestualizzare l’iniziativa della Commissione. Come già accennato l’Action Plan per l’attuazione dei 20 diritti e principi del Social Pillar prevede uno scadenziario preciso sino al 2026 per un’insieme di iniziative che dovrebbero portare a dare concretezza ed esigibilità all’idea di un’Europa sociale, sia sul fronte lavoristico che su quello della sicurezza sociale, che supporti i suoi cittadini (e i residenti stabili nei territori dell’Unione) garantendo loro le protezioni tipiche del welfare ([2]). Pur essendo la Carta dei diritti completa anche sul lato sociale, l’Unione ha approvato, prima a Göteborg nel 2017 e poi rilanciato con la Dichiarazione di Porto del Giugno 2021, un Social Pillar che riscrive l’elenco dei diritti e dei principi generali riconosciuti dall’Unione in modo più dettagliato ([3]), tenuto conto dell’evoluzione della legislazione sovranazionale e di quella degli Stati membri e della giurisprudenza della Corte di giustizia e delle più alti Corti nazionali in modo da rendere più chiare le sue finalità di lungo periodo. Posto che molti diritti rimangono, soprattutto riguardo l’assistenza e la previdenza, sotto competenza statale l’ambizione della Commissione è stata quella di recuperare, anche riguardo quei settori nei quali gli stati sono rimasti “signori della solidarietà”, una egemonia strategica dell’Unione, la capacità di orientare ed indirizzare le scelte nazionali verso mete comuni, nella ricerca anche di una combinazione tra regolazione sociale ed altri obiettivi strategici perseguiti a livello sovranazionale, tipicamente oggi la digitalizzazione dell’economia e la sostenibilità ambientale (gli altri due pilastri del Recovery Plan insieme all’inclusione sociale). Per questo le iniziative previste nell’Action plan sono giuridicamente eterogenee, direttive o regolamenti ma anche Raccomandazioni  o anche solo azioni comuni con gli stati membri.

 2. Il reddito minimo garantito e le competenze dell’Unione Nel caso del contrasto del rischio di esclusione sociale l’Europa con la Strategia di Lisbona (che prometteva l’obiettivo della riduzione del 20% del numero di persone a rischio povertà)  ha scelto di percorrere la strada dell’originale ed innovativo  metodo aperto di coordinamento incentrato sulla scambio di best practises, sul dialogo con la società civile  e le parti sociali e sul ruolo degli esperti sensibili al progresso sociale secondo una metodologia che è stata spesso riporta alla filosofia della deliberative democracy ([4]). Su questo fronte la scelta è stata un importante successo portando alla generalizzazione dell’istituto del RMG conosciuto nel Nord Europa già nel dopoguerra ma ostinatamente ignorato da alcuni paesi, soprattutto mediterranei: oggi tutti gli stati conoscono una tutela di ultima istanza. Certo a contribuire alla costruzione di una sorta di tradizione sociale comune è stata la pressione che i meccanismi di controllo macroeconomico esercitato sui member states (attraverso la verifica dei piani nazionali di riforma, da ultimo con il cosidetto semestre europeo) sono riusciti ad esercitare anche su questo fronte  indicando nell’estendersi di povertà uno squilibrio intollerabile per la crescita economica e sociale dell’Unione ( con crescente vigore nei confronti dell’Italia, della Grecia e della Spagna a lungo prive di sistemi di tutela della dignità essenziale delle persone). Oggi abbiamo finalmente  27 sistemi di RMG, ma questi garantiscono un reddito “adeguato” come vorrebbe l’art. 14 del Social Pillar consentendo a chi ne usufruisce di condurre una vita dignitosa? La condizionatezza al lavoro (stabilita in tutti i paesi salvo la Svezia nella quale il RMG ha più forti connotati di diritto fondamentale esigibile sulla base del solo bisogno) rispetta le scelte individuali, le attitudine dei singoli e le loro aspettative? Sono domande molto diffuse nella società civile che si occupa del contrasto della povertà, posto che lo schema delle raccomandazioni (la prima del 1992, seguito da un’altra del 2008) rendono alla fine gli stati molto liberi nelle loro opzioni legislative sia dal punto di vista quantitativo (il livello del RMG) che qualitativo ( i servizi assicurati alle persone e il grado di coazione al lavoro o ad altri percorsi di reinserimento) in mancanza di un quadro legislativo preciso e vincolante  sulle caratteristiche minime dell’istituto. Per questo, una volta ottenuta la generalizzazione nell’Unione del RMG, le principali O.N.G. coinvolte nelle procedure di dialogo del metodo aperto  (come la EAPN, European Anti Poverty  Network) hanno richiesto che l’Unione intervenisse non più con gli strumenti della soft law come le Raccomandazioni ( sia pure in questo caso collegate alla sorveglianza macro-economica sugli Stati membri) ma con l’arma di una direttiva([5]). Anche il CESE (Consiglio economico e sociale europeo)  nel 2020 ha votato una delibera (con il voto contrario della componente datoriale) in questo senso osservando che solo una direttiva potrebbe garantire ovunque livelli adeguati di protezione e modalità compatibili con la natura di diritto sociale fondamentale della pretesa ad una vita decorosa. La Commissione invece ha proseguito nella vecchia strada individuando come base giuridica per la proposta di cui parliamo in questa sede  la lettera  J) dell’art. 153 TFUE che autorizza l’Unione ad intervenire nella lotta contro l’esclusione sociale ma non attraverso direttive sui trattamenti minimi.

Forse si tratta di un’occasione persa posto che sembrerebbe (come ritenuto anche  dal CESE) applicabile anche la base giuridica costituita dalla  lettera h) dell’art. 153 TFUE sull’integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro: la norma non parla di integrazione al lavoro che quindi deve intendersi come integrazione sociale (la maggioranza dei percettori di RMG non possono lavorare) e l’esclusione dal mercato,  come nel caso dei giovani, può derivare anche dal fatto di non essere mai riusciti (v. i giovani) ad entrarci. Va ricordato che tra le conclusioni della Conferenza sul futuro dell’Europa ( CoFoE) vi era la richiesta di un common framework sul RMG, cioè in sostanza dell’adozione di una direttiva con la determinazione di minimi di trattamento inderogabili e di principi uniformi in ordine alla condizionalità al lavoro del sostegno ([6]).   

 3. Il contenuto della proposta di raccomandazione.  In ogni caso il contenuto della raccomandazione è molto chiaro, univoco e coerente con la Carta dei diritti e la Commissione stessa sembra ammettere le difficoltà nel proseguire nella soft law con 27 strade diverse nazionali che peraltro sono in contrasto con la stessa libertà di circolazione dei lavoratori nell’Unione, visto che questi potrebbero avere delle remore nello spostarsi in stati in cui questo tipo di protezione è troppo limitata ([7]). La Commissione afferma con una certa solennità che questa volta non sarà consentito agli stati di ignorare le indicazioni ed insiste moltissimo sui controlli sull’adeguamento alla futura raccomandazione che avverrà in sede di semestre europeo  attraverso gli indicatori sociali resi più rilevanti negli ultimi anni, a cominciare dal revised social scoreboard([8]).

Importante l’analisi della situazione sociale europea che evidenza urgenze straordinarie e quanto si sia lontani dall’obiettivo della Strategia 20-30 della riduzione di 15 milioni si soggetti a rischio esclusione sociale. Pochi dati possono comprovare la drammaticità del momento; nel 2021 ben 97 milioni di europei ( una persona su cinque) era a rischio esclusione sociale; per contro i sistemi di protezione sono ancora poco inclusivi o ineffettivi visto che un disoccupato su cinque non può  accedervi ( ad es. in molti paesi i migranti ([9])) e che  tra il 30% ed il 50% di coloro che avrebbero diritto al sostengo non lo cerca. Troppi giovani sono  intrappolati nel circolo vizioso dell’esclusione, le persone assistite non sono motivate a cercare un lavoro decoroso, il livello dei sussidi in molti paesi è platealmente lontano dai parametri internazionali  e via dicendo.

Pertanto si raccomanda agli Stati membri di:

  • migliorare l'adeguatezza del sostegno al reddito:
  • fissare il livello del sostegno al reddito mediante una metodologia trasparente e solida;
  • pur salvaguardando gli incentivi al lavoro, garantire che il sostegno al reddito risponda gradualmente una serie di criteri di adeguatezza. Gli Stati membri dovrebbero raggiungere un livello adeguato di sostegno al reddito entro la fine del 2030, preservando nel contempo la sostenibilità delle finanze pubbliche;
  • riesaminare annualmente e, se necessario, adeguare il livello del sostegno al reddito;
  • migliorare la copertura del reddito minimo e il ricorso allo stesso:
  • i criteri di ammissibilità dovrebbero essere trasparenti e non discriminatori; Ad esempio, per promuovere la parità di genere e l'indipendenza economica, in particolare delle donne e dei giovani adulti, gli Stati membri dovrebbero fare in modo che il sostegno al reddito sia erogato per persona, anziché per nucleo familiare, senza necessariamente aumentare il livello complessivo delle prestazioni per famiglia. Sono inoltre necessarie ulteriori misure per garantire il ricorso al reddito minimo da parte delle famiglie monoparentali, formate in prevalenza da donne;
  • le procedure di presentazione della domanda dovrebbero essere accessibili, semplificate e corredate di informazioni di facile comprensione;
  • la decisione sulla domanda di reddito minimo dovrebbe essere emessa entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, con possibilità di riesame della decisione;
  • i regimi di reddito minimo dovrebbero essere in grado di rispondere alle crisi socioeconomiche, ad esempio tramite l'introduzione di una maggiore flessibilità per quanto riguarda l'ammissibilità;
  • migliorare l'accesso a mercati del lavoro inclusivi:
  • le misure di attivazione dovrebbero fornire incentivi sufficienti a (ri)entrare nel mercato del lavoro, con particolare attenzione al sostegno ai giovani adulti;
  • i regimi di reddito minimo dovrebbero aiutare le persone a trovare un lavoro e a mantenerlo, ad esempio attraverso un'istruzione e una formazione inclusive nonché un sostegno (post-collocamento) e di tutoraggio;
  •  migliorarel'accesso ai servizi abilitanti ed essenziali:
  • i beneficiari dovrebbero avere un accesso effettivo a servizi abilitanti di qualità quali l'assistenza (sanitaria), la formazione e l'istruzione. Coloro che ne hanno bisogno dovrebbero disporre di servizi di inclusione sociale come la consulenza e il coaching;
  •  i beneficiari dovrebbero avere un accesso continuo ed effettivo ai servizi essenziali, come l'energia;
  • promuovere un sostegno personalizzato:
  • gli Stati membri dovrebbero svolgere una valutazione individuale e multidimensionale delle esigenze per individuare gli ostacoli all'inclusione sociale e/o all'occupazione incontrati dai beneficiari e il sostegno necessario per affrontarli;
  • su tale base, entro tre mesi dall'accesso al reddito minimo i beneficiari dovrebbero ricevere un piano di inclusione che definisca obiettivi comuni, un calendario e un pacchetto di sostegno su misura per raggiungere tali obiettivi.

 4.  Brevi osservazioni di prospettiva Va sottolineato come la raccomandazione indichi in modo preciso l’esigenza di  avvicinarsi in un periodo di tempo ragionevole agli standard internazionali (almeno il 60% del reddito mediano da lavoro dipendente)  che naturalmente vanno calcolati a seconda dei redditi da lavoro nazionali. Si indica agli stati di rendere le soglie di accesso più flessibili ed i criteri di accesso più razionali in modo da favorire l’inclusività della misura.  In secondo luogo la Raccomandazione esce dalla logica della condizionalità all’accettazione di un lavoro qualsiasi indipendentemente dal bagaglio professionale formale ed informale del soggetto e dalle sue aspettative. Una nuova enfasi è posta nella promozione della ricerca di un’attività non solo produttiva di un reddito decoroso ma anche che valorizzi le capabilities individuali  ([10]): la raccomandazione insiste sulla necessità di una predisposizione di servizi efficienti di aiuto alla persona, sulla capacità delle istituzioni statali di promuovere davvero l’attività di studio e formazione libera dei soggetti, sull’accesso di tutti ad effettive occasioni di  far valere il “ proprio” contributo alla ricchezza ed al benessere collettivo ([11]). Nessuna simpatia per il workfare, per scelte indotte e non condivise; in un passaggio molto saggio si ricorda che quei sistemi che scelgono penalità per chi non accetta un lavoro (che comunque deve avere i parametri prima ricordati) devono dimostrare che questo tipo di opzione è giustificato e che non comprometta la dignità delle persone coinvolte. La semantica dei diritti fondamentali è costantemente seguita nella Proposta che richiama in modo ricorrente le norme della Carta dei diritti, della Carta sociale europea, le pertinenti convenzioni dell’ILO, i documenti emersi nell’ambito del metodo aperto: si tratta, proclama la Commissione, di  un diritto sociale fondamentale che oggi svolge un “ruolo chiave” anche in funzione anticiclica e per salvaguardare la coesione sociale nel vecchio continente.

Un punto di particolare rilievo è che il sostegno deve avere carattere individuale senza abbandonare i soggetti alla carità familiare o alla pietà del capofamiglia che lo richiede, principio questo molto poco seguito nell’Unione ove -quasi ovunque- il RMG è erogato su base familiare.

In presenza di indicazioni così forti ed esigenti ci pare difficile che i governi possano deviare dalla linea di rafforzamento delle “tutele della dignità della persona” tracciata dall’Unione (ove il Consiglio ratificasse la proposta)  senza essere pesantemente chiamati in causa nelle procedure del semestre europeo.

[1] Per leggere il testo della proposta della Commissione (attualmente disponibile solo in inglese) : Minimum income: more effective support needed to fight poverty and promote employment - Employment, Social Affairs & Inclusion - European Commission (europa.eu). Il comunicato della Commissione è invece disponibile anche in italiano: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/ip_22_5706

[2] Sull’Action Plan cfr. G. Bronzini Il senso di Ursula per la solidarietà. Verso un welfare paneuropeo?,  In Questione Giustizia on line, leggibile a bronzini-il-senso-di-ursula-per-la-solidarieta.pdf (questionegiustizia.it). Sul Pilastro sociale europeo cfr. ( a cura di G. Bronzini) Verso un pilastro sociale europeo, Milano, Key Editore, 2019   

[3] Per il reddito minimo garantito ribattezzato adeguate minimum income viene in rilevo l’art. 14 dell’European social Pillar che riprende l’art. 34.3 della Carta dei diritti che recita: “ chiunque non disponga di risorse sufficienti ha diritto ad un adeguato reddito minimo che garantisca una vita dignitosa in tutte le fasi della vita e l’accesso a beni e servizi. Per chi può lavorare il reddito minimo dovrebbe combinato con incintivi alla (re)integrazione nel mercato del lavoro”.  

[4] Rinvio all’ormai “classico” (a cura di M. Barbera) Nuove forme di regolazione: il metodo aperto di coordinamento delle politiche sociali, Milano, Giuffrè2006

[5] La rete europea del Basic income network ha recentemente promosso una ICE (iniziativa dei cittadini europei come prevista dall’art. 11 del TUE) per l’introduzione di un basic income europeo che però non ha raggiunto il milione di firme previsto pur avendo in molti stati raccolto un discreto consenso. 

[6] Per le conclusioni della CoFoE: https://futureu.europa.eu/pages/reporting

[7] Per questo già ai tempi della Commissione Delors si era pensato che la base giuridica per una direttiva sul RMG potessero essere le norme sul mercato unico in quanto diretta ad eliminare anche storture nell’esercizio della libertà di circolazione dei lavoratori tra Stati membri.  

[8]La proposta della Commissione ricorda che “ The European Semester process of economic and employment policy coordination has highlighted structural challenges related to minimum income schemes and related elements such as social inclusion and labour market activation, with a number of Member States receiving related country specific recommendations. The revised social scoreboard20 tracks performance and trends in the Member States, enabling the Commission to monitor progress in addressing the country-specific recommendations. The 2022 guidelines for the employment policies of the Member States state that social protection systems should ensure adequate minimum income benefits for everyone lacking sufficient resources and promote social inclusion by encouraging people to actively participate in the labour market and society, including through targeted provision of social services. For strengthening analytical work, a benchmarking framework was agreed in the Social Protection Committee and its results have been reflected in the Joint Employment Report, country reports and country-specific recommendations”. Gli stati sono già in sostanza sotto osservazione circa la loro capacità di evitare che si allarghino ed approfondiscano le zone di povertà.

[9] La norma interna che prevede che il RDC, reddito di cittadinanza, possa essere erogata solo a chi ha un permesso per lungo-soggiornanti ed abbia la residenza almeno decennale è già stata sottoposta dal Tribunale di Brescia  all’attenzione della Corte di giustizia in quanto norma discriminatoria.  

[10] Va ricordato che nel suo Discorso sullo stato dell’Unione la Presidente della Commissione ha lanciato per il 2023 l’anno europeo della formazione insistendo su meccanismi di apprendimento che favoriscano i progetti personali e la creatività delle persone (anche con innovative politiche di transizione verso occupazioni più qualificate) uscendo dalla logica del mero riadattamento produttivo. 

[11] Va segnalato che proprio in questi giorni in Germania è entrata in vigore una riforma del RMG (che sembra anticipare il contenuto della Raccomandazione, che incrementa le prestazioni, sposta il focus delle politiche attive sulla formazione e l’apprendimento più che sulla ricerca immediata di una lavoro, riduce le sanzioni per il rifiuto di occasioni di lavoro non ritenute congrue dai beneficiari, apre la tutela anche ai titolari di permesso di lavoro.

 
Giuseppe Papi Bronzini
 
 
 
 
 
 
 

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GIORGIA MELONI, LA NAZIONE E L’EUROPA

Giorgia Meloni ha chiarito - nella sua prima uscita pubblica davanti ai coltivatori che due anni fa avevano invece osannato Matteo Salvini oggi isolato in platea ma con la felpa della Coldiretti – che la difesa degli interessi italiani nell’Unione europea (Ue) ruoterà intorno al concetto di “nazione” e che quindi la politica europea dell’Italia sarà dunque “nazionalista”.

Pur sapendo che nel mondo ci sono nazioni senza Stato, che ci sono Stati con più nazioni ma anche Stati senza nazione l’espressione usata da Giorgia Meloni sei volte a Milano è legata alla convinzione che la difesa della nazione sia strettamente legata al principio della sovranità assoluta (rex est imperator in Regno suo), al diritto del sangue (ius sanguinis), alla inviolabilità giuridica del territorio nel senso del primato del diritto interno rispetto a quello internazionale/europeo e, in definitiva, al concetto di una unica etnia culturale, linguistica e religiosa che una volta si chiamava razza.

Il capogruppo alla Camera di “Fratelli d’Italia”, Francesco Lollobrigida, prima su La Repubblica e poi su Il Foglio ha esplicitato dopo le elezioni del 25 settembre che è intenzione del suo partito tradurre in norme costituzionali il principio del primato del diritto italiano su quello europeo (e forse internazionale) modificando l’art. 117 e riservando al diritto europeo (e internazionale) il carattere eccezionale del primato a condizioni che solo gli Stati (sovrani) possano decidere di comune accordo rovesciando così la logica ormai condivisa da tutte le Corti costituzionali degli Stati (ivi compreso il Tribunale Costituzionale tedesco con varie sentenze su Maastricht e Lisbona e la Corte italiana che è andata al di là della nota dottrina dei “controlimiti”) secondo cui la “normalità”  è il primato del diritto europeo e l’eccezione è il primato del diritto nazionale.

Ciò è ancora più evidente con l’entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue applicata dai giudizi nazionali al di sopra delle leggi nazionali rendendo così tutte le cittadine e i cittadini europei ma anche tutte le persone che vivono sul territorio dell’Ue uguali di fronte al diritto europeo e sapendo che alcuni giuristi considerano addirittura la Carta superiore al Trattato di Lisbona.

Del resto, e al di là della Carta, il primato del diritto europeo è essenziale per salvaguardare l’unità del mercato interno e delle politiche dell’economia reale che ne garantiscono il funzionamento, le politiche su cui l’Ue ha una competenza esclusiva ma anche le politiche su cui l’Ue ha una competenza concorrente/condivisa e su cui la sua azione ha sottratto in specifici settori il potere di agire agli Stati.

Proporre di costituzionalizzare il primato del diritto della “nazione” significa immaginare di picconare l’edificio comunitario dalle sue fondamenta e rivendicare il ruolo esclusivo della nazione ma, chiedendo nello stesso tempo “soluzioni europee”, significa destabilizzare il già instabile meccanismo di decisione europeo mentre prevalgono spinte sovraniste – come la decisione annunciata da Olaf Scholz – che possono creare gravi danni alla coesione europea mentre più consistenti nubi minacciose si addensano al confine fra l’Ucraina e la Russia.

Illuminante a questo proposito l’intervista rilasciata da Gustavo Zagrebelsky alla Repubblica, che consigliamo alle nostre lettrici e ai nostri lettori, sulla “incompatibilità con l’Europa di una Costituzione in chiave sovranista”.

Se Giorgia Meloni fosse veramente convinta che “non possiamo agire da soli” dovrebbe abbandonare il linguaggio nazionalista ad uso e consumo del nucleo duro della sua base elettorale e riflettere attentamente sul contenuto di politiche europee comuni a cominciare dall’unione dell’energia e dalla creazione di nuovo debito pubblico europeo – attraverso vere risorse proprie e titoli europei - per finanziare strumenti europei come quelli decisi per far fronte agli effetti della pandemia.

Rientrerebbe in questa logica sovranazionale la decisione di affidare alla Commissione europea il potere di iniziativa, al Consiglio e al Parlamento il potere di decidere se necessario a maggioranza qualificata quando si tratta di salvaguardare il funzionamento del mercato interno o di applicare l’art. 122 TFUEdelle misure appropriate alla situazione economica in particolare se delle gravi difficoltà sopravvengano nell’approvvigionamento in certi prodotti soprattutto nel settore dell’energia” fino a giungere “ad accordare a certe condizioni l’assistenza finanziaria dell’Ue allo stato membro coinvolto”.

Rientra in questa logica la possibilità di attivare il nuovo Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) la cui riforma è stata negoziata da tre ministri italiani (Tria, Gualtieri e Franco) e che attende l’ormai prossima ratifica tedesca ma su cui pesa il blocco parlamentare italiano legato alla ibrida ma populista alleanza fra Fratelli d’Italia, Lega e 5 Stelle e molti mal di pancia nella Sinistra Italiana ed anche nel PD.

Se necessario ed urgente, l’assistenza finanziaria per un paese come l’Italia, che non è in grado di creare un immediato e consistente debito pubblico come quello annunciato dalla Germania e non esistendo per ora altri strumenti europei di solidarietà, deve passare attraverso il MES.

Ciò vuol dire stringere alleanze solide nel Consiglio come è avvenuto con la lettera dei “Quindici” promossa anche dal governo Draghi insieme a quello francese e abbandonare il campo assai scomposto del Quartetto di Visegrad che può trovare delle sponde solo nel nuovo governo svedese e oggi fra bulgari, lettoni e rumeni ma certamente non fra le fila di chi vuole lavorare concretamente per soluzioni europee.

Condividiamo in questo spirito le settimanali riflessioni di Sergio Fabbrini sul Sole 24 Ore sulla due constituencies italiana ed europea con le sue conclusioni che richiamano indirettamente la schizofrenia di cui parlava Tommaso Padoa-Schioppa fra una sola economia europea (allora limitata all’Euro e al mercato) e venticinque sistemi politici di decisione nazionali.

Lo stesso discorso si pone nel Parlamento europeo dove Fratelli d’Italia (ECR) e Lega (I.D.) sono stati e sono ancora fuori dalla “maggioranza Ursula” che diede alla fine del 2019 la fiducia alla Commissione presieduta da Ursula von der Leyen di cui una delle priorità prima del COVID e della guerra era ed è ancora il Green Deal.

Il linguaggio di Giorgia Meloni a Milano e le dichiarazioni di Francesco Lollobrigida sono pessimi segnali nella direzione di un “pragmatismo europeista” per non parlare del “federalismo pragmatico” di cui aveva parlato Mario Draghi.

Ciò rafforza in noi la convinzione che debba essere fatto un enorme sforzo europeo per creare – al di là dei governi, tutti più o meno legati e paralizzati dallo scontro fra apparenti interessi nazionali – una progressiva alleanza di quei corpi intermedi che comprendano ciascuno per sé ma tutti insieme il valore aggiunto di politiche (policies) e di metodi di decisione europei (politics).

Ciò aprirà lentamente ma decisamente la strada ad un futuro consenso per la riforma dell’Ue che noi vorremmo fondata su un metodo costituente che parta dal Parlamento europeo come unico rappresentante delle cittadine e dei cittadini europei e che valorizzi gli strumenti innovativi della democrazia partecipativa adottati durante la Conferenza sul  futuro dell’Europa, sapendo che questo consenso oggi non c’è e che il tentativo di forzare la mano per una parziale riforma istituzionale dei trattati rischia o di fallire rendendo più difficile la futura riforma dell’Ue o di far compiere all’Ue un salto indietro con un Consiglio dove prevalgono le spinte centrifughe.

 

Roma, 3 ottobre 2022

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