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12-18 September 2022

Monday 12 September

Tuesday 13 September

Wednesday 14 September

Thursday 15 September

Friday 16 September

 

 

 

 

 

 

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VI SEGNALIAMO
  • 14 settembre 2022, ore 9:00, Strasburgo. A settembre di ogni anno il Presidente della Commissione europea pronuncia il discorso sullo stato dell'Unione dinanzi al Parlamento europeo per fare il punto sui risultati conseguiti nell'ultimo anno e presentare le priorità per l'anno successivo. La Presidente, Ursula von der Leyen, pronuncerà il suo terzo discorso sullo Stato dell’Unione e illustrerà inoltre in che modo la Commissione affronterà le sfide più urgenti per l'Unione europea e le idee per plasmare il futuro dell'UE. Per maggiori informazioni e seguire la diretta streaming, cliccare QUI.
  • 14 settembre 2022, ore 17:30, Fano. Presentazione del dizionario illustrato "L'ABC dell'Europa di Ventotene" (per maggiori informazioni vedi l’apposita sezione dedicata al dizionario illustrato).
  • 16 settembre 2022, ore 15:30, Roma. Conferenza promossa dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia “PRESIDENZIALISMO E AUTONOMIA DIFFERENZIATA: COME SCARDINARE LA COSTITUZIONE", presso la sede della Federazione Nazionale Stampa Italiana. Dopo i saluti di Giancarlo Tartaglia a nome della FNSI, interverranno Gaetano Azzariti, Docente di Diritto costituzionale all’Università La Sapienza di Roma, Rosy Bindi, già Parlamentare e Ministro e il Presidente del Movimento europeo, Pier Virgilio Dastoli. Le conclusioni saranno affidate al Presidente nazionale di ANPI, Gianfranco Pagliarulo. Introduzione e coordinamento a cura di Betty Leone, Vice Presidente nazionale di ANPI. LOCANDINA. L’ingresso è su invito. I giornalisti possono accreditarsi scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

 

 

 

 

 

 

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Diamo una dimensione democratica alla Comunità politica europea

Alla vigilia della risposta che il Consiglio europeo del 22-23 giugno era stato chiamato a dare alla pressante richiesta dell’Ucraina di ottenere lo status politico di “paese candidato all’adesione”, il presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato l’idea di una “comunità politica europea” (CPE) allo scopo di associare ai Ventisette i paesi vicini all’Unione europea (Ue) sul continente europeo.

Sul contenuto del progetto e sul metodo non sono stati compiuti passi in avanti né nel Consiglio europeo di giugno, che si è limitato a prendere atto dell’idea accettando contemporaneamente la richiesta dell’Ucraina (e della Moldova) del riconoscimento dello status di candidato che non è previsto dal Trattato di Lisbona (art. 49 TUE) mentre la presidenza ceca ha annunciato che avrebbe promosso un  primo vertice della CPE il 6 e 7 ottobre a Praga.

Emmanuel Macron ha ricordato la sua idea davanti agli ambasciatori del suo paese in un ampio ma poco concreto discorso, che abbiamo pubblicato nella scorsa newsletter, e il cancelliere Olaf Scholz ha fatto il beau geste di sostenere l’idea francese nel suo discorso a Praga ma né l’uno né l’altro sono scesi nei dettagli del progetto e del metodo.

L’idea ha suscitato delle prudenti reazioni (se non delle ostilità) nei Balcani occidentali che bussano da anni alle porte dell’Ue e che temono la trappola di una vaga organizzazione intergovernativa (la “confederazione” di François Mitterrand del 1989) come succedaneo della vera e propria adesione i cui tempi si dilatano continuamente sia per i paesi con cui sono già iniziati i negoziati che per quelli i cui negoziati sono congelati che per quelli infine su cui pende ancora il parere formale favorevole della Commissione europea.

La composizione della CPE è ancora indeterminata perché c’è chi la considera uno spazio dì dialogo con j paesi candidati o eleggibili alla candidatura con un grande punto interrogativo sulla Turchia ancora formalmente candidata, c’è chi vorrebbe associare paesi “associati” ma non candidati o eleggibili alla candidatura come il Regno Unito (che ha reagito con grande freddezza), la Norvegia e la Svizzera avvicinandone la composizione a quella del Consiglio d’Europa e c’è chi infine ha portato acqua al mulino di chi ritiene perlomeno prematuro l’ampliamento dell’Ue se esso non sarà preceduto dall’approfondimento politico dell’Ue a Ventisette o a meno di Ventisette se si considera l’eurozona – prossimamente a Venti – come la dimensione politica ottimale per il passaggio dall’attuale confederazione “unionale” ad un modello federale.

La prima riunione informale della CPE dovrebbe comunque aver luogo a Praga a margine dell’incontro anch’esso informale dei Capi di Stato o di governo dei 27 e l’invito a partecipare potrebbe essere indirizzato dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e dal Primo Ministro della Repubblica Ceca Petr Fiala insieme al presidente francese Emmanuel Macron a 44 capi di Stato e di governo e cioè i 27 e poi Islanda, Lichtenstein, Norvegia, Svizzera (membri EFTA); Albania, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro, Serbia, Turchia, Ucraina (paesi candidati) ma anche ad Armenia, Azerbaijan, Bosnia Erzegovina, Georgia, Kosovo e Regno Unito con una composizione ancora incerta per le reticenze di alcuni possibili invitati o membri dell’Ue così come non è nota la posizione degli Stati Uniti nei confronti di questa ipotetica alleanza delle “democrazie europee” (a cui verrebbe associata anche la Turchia).

Quel che certo è che la CPE non nascerà formalmente in occasione dell’incontro di Praga perché nulla è stato chiarito fra i 27 e con i paesi candidati all’adesione sulle competenze della CPE, le sue modalità di lavoro, il quadro istituzionale e last but not least sui rapporti con l’allargamento dell’Ue in una situazione europea caratterizzata dall’aggressione della Russia all’Ucraina, dall’esito incerto della guerra e dalle divisioni europee nei rapporti con il Cremlino.

L’obiettivo o l’ipotesi dei “cerchi concentrici” su cui i paesi membri si dividono fin dagli anni sessanta con la proposta della Europa à la carte e ancor di più negli anni novanta con il progetto Kern Europa o il magnete tedesco lanciato da Schaueble e Lamers (scomparso recentemente dopo una lunga carriera politica nelle file della CDU) sembra essere stato provvisoriamente sotterrato da Olaf Scholz nel suo discorso di Praga in cui ha ribadito lo sguardo prioritario della Germania verso l’Est e ha considerato che lo sconvolgimento geopolitico provocato dalla aggressione della Russia all’Ucraina rende urgente e necessaria la coesione di tutta la coalizione europea anti-Putin in una Ue allargata e strategicamente collocata nel quadro della Nato.

E’ evidente che il tema dell’allargamento dell’Ue ai Balcani Occidentali da una parte e all’Europa orientale dall’altra non può più essere affrontato e risolto con il metodo usato dal 1972 in poi nelle successive sette procedure di adesione dalla piccola Europa dei Sei alla grande Ue a Ventisette (con il negoziato a contrario della Brexit) e che ha visto ogni volta un dialogo limitato a ogni singolo paese candidato fra la Commissione europea sotto il controllo intergovernativo del Consiglio, il coinvolgimento del Parlamento europeo solo a monte e a valle da Maastricht in poi e dei parlamenti nazionali solo a valle per ratificare i trattati di adesione spesso accompagnati da referendum confermativi.

Dopo (o meglio: con il conflitto in corso) l’aggressione della Russia all’Ucraina e di fronte alle sfide del Ventunesimo secolo le prospettive di un ampiamento dell’Ue a quasi quaranta membri con un progetto di unificazione che coinvolge quasi tutto il continente europeo il tema dell’allargamento diventerà centrale per il futuro dell’Europa, di tutti i parlamenti e dei suoi popoli che non possono essere esclusi da questo dibattito.

Per questa ragione il progetto della CPE immaginato da Emmanuel Macron non può essere rinchiuso nei limiti intergovernativi di periodici vertici fra capi di Stato e di governo ma diventare un laboratorio permanente di dialogo fra la democrazia rappresentativa, partecipativa e di prossimità estendendo e rafforzando il metodo innovativo adottato nella Conferenza sul futuro dell’Europa con gli strumenti della piattaforma digitale, dei panel transnazionali e nazionali, delle convenzioni deliberative di cittadine e di cittadini, di mobilitazioni di “ambasciatori” provenienti dalla società civile.

L’avvio di una ampia CPE – il cui lavoro potrebbe essere stimolato da una conferenza interparlamentare, secondo il modello delle “assise” di Roma nel 1990 alla vigilia del Trattato di Maastricht, che potrebbe essere organizzata nell’autunno 2023 durante il semestre di presidenza spagnola del Consiglio Ue invitando dei delegati dei paesi candidati o eleggibili alla candidatura – coinciderebbe con la preparazione delle elezioni europee nel maggio 2024 e con i congressi dei partiti europei che dovranno adottare i programmi e le priorità per la legislatura 2024-2029.

La necessaria riforma dell’Ue, per andare al di là di un trattato firmato ormai quindici anni fa in una situazione internazionale e europea radicalmente diversa da quella attuale, dovrà tener conto non solo delle raccomandazioni della Conferenza sul futuro dell’Europa che è stata troppo frettolosamente chiusa il 9 maggio 2022 ma anche dalle idee che emergeranno nella CPE e che dovranno chiarire i principi e i valori di una comunità di destino a cui si decide di partecipare o di non partecipare sapendo che questa decisione sarà irreversibile.

Affinché questo processo sia democratico e consapevole, la strada da percorrere non è quella di una modesta e limitata revisione del Trattato di Lisbona ma quella più ambiziosa del lavoro costituente del Parlamento europeo che sarà eletto nel maggio 2024, la cui azione sarà parallela a quella della CPE.

Spetterebbe al Parlamento europeo ancora in carica dare un contenuto politico attualizzato allo stato dell’Ue e riprendere l’idea che era stata lanciata dal membro della Convenzione sul Trattato-costituzionale, Alain Lamassoure, di un accordo preliminare su una comunità di destino allargata da sottoporre alla ratifica dei parlamenti nazionali “al fine di assicurare che l’allargamento e la riforma dell’Ue siano il frutto di un consenso democratico incontestabile”.

Tale accordo potrebbe contenere una proposta di metodo che dia legittimità e sostanza all’avvio di un processo costituente e confermare che la comunità di destino è fondata sul rispetto dello stato di diritto e dei diritti fondamentali, sul primato del diritto europeo nei settori di competenza dell’Ue, sulla democrazia rappresentativa e partecipativa, sull’autonomia strategica dell’Ue come attore internazionale, sul rifiuto della guerra, sulla cittadinanza europea, su una prosperità condivisa, sulla solidarietà e sulla cooperazione leale.

Così facendo il tema dell’allargamento dell’Ue verso i Balcani occidentali e l’Europa orientale diventerebbe parte centrale del futuro dell’Europa.  

Roma, 12 settembre 2022

coccodrillo

 

 

 
 
 
 

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La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee del maggio 2024.

Il Movimento europeo Italia, come ha fatto dopo le elezioni in Italia del 2018 e la formazione a giugno 2018 del governo Conte-I, seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.

Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Articolo del Segretario generale

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

Agenda della settimana a cura del Movimento Europeo Internazionale

- L'ABC dell'Europa di Ventotene

- Europa dei diritti

- Campagna di informazione sull'Europa

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 

 

 

 

 

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CARE LETTRICI E CARI LETTORI

La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee del maggio 2024.

Il Movimento europeo Italia, come ha fatto dopo le elezioni in Italia del 2018 e la formazione a giugno 2018 del governo Conte-I, seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.

Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Articolo del Segretario generale

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

Agenda della settimana a cura del Movimento Europeo Internazionale

- L'ABC dell'Europa di Ventotene

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- Campagna di informazione sull'Europa

Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.

 

 


 L'EDITORIALE

Diamo una dimensione democratica alla Comunità politica europea

Alla vigilia della risposta che il Consiglio europeo del 22-23 giugno era stato chiamato a dare alla pressante richiesta dell’Ucraina di ottenere lo status politico di “paese candidato all’adesione”, il presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato l’idea di una “comunità politica europea” (CPE) allo scopo di associare ai Ventisette i paesi vicini all’Unione europea (Ue) sul continente europeo.

Sul contenuto del progetto e sul metodo non sono stati compiuti passi in avanti né nel Consiglio europeo di giugno, che si è limitato a prendere atto dell’idea accettando contemporaneamente la richiesta dell’Ucraina (e della Moldova) del riconoscimento dello status di candidato che non è previsto dal Trattato di Lisbona (art. 49 TUE) mentre la presidenza ceca ha annunciato che avrebbe promosso un  primo vertice della CPE il 6 e 7 ottobre a Praga.

Emmanuel Macron ha ricordato la sua idea davanti agli ambasciatori del suo paese in un ampio ma poco concreto discorso, che abbiamo pubblicato nella scorsa newsletter, e il cancelliere Olaf Scholz ha fatto il beau geste di sostenere l’idea francese nel suo discorso a Praga ma né l’uno né l’altro sono scesi nei dettagli del progetto e del metodo.

L’idea ha suscitato delle prudenti reazioni (se non delle ostilità) nei Balcani occidentali che bussano da anni alle porte dell’Ue e che temono la trappola di una vaga organizzazione intergovernativa (la “confederazione” di François Mitterrand del 1989) come succedaneo della vera e propria adesione i cui tempi si dilatano continuamente sia per i paesi con cui sono già iniziati i negoziati che per quelli i cui negoziati sono congelati che per quelli infine su cui pende ancora il parere formale favorevole della Commissione europea.

La composizione della CPE è ancora indeterminata perché c’è chi la considera uno spazio dì dialogo con j paesi candidati o eleggibili alla candidatura con un grande punto interrogativo sulla Turchia ancora formalmente candidata, c’è chi vorrebbe associare paesi “associati” ma non candidati o eleggibili alla candidatura come il Regno Unito (che ha reagito con grande freddezza), la Norvegia e la Svizzera avvicinandone la composizione a quella del Consiglio d’Europa e c’è chi infine ha portato acqua al mulino di chi ritiene perlomeno prematuro l’ampliamento dell’Ue se esso non sarà preceduto dall’approfondimento politico dell’Ue a Ventisette o a meno di Ventisette se si considera l’eurozona – prossimamente a Venti – come la dimensione politica ottimale per il passaggio dall’attuale confederazione “unionale” ad un modello federale.

La prima riunione informale della CPE dovrebbe comunque aver luogo a Praga a margine dell’incontro anch’esso informale dei Capi di Stato o di governo dei 27 e l’invito a partecipare potrebbe essere indirizzato dal Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e dal Primo Ministro della Repubblica Ceca Petr Fiala insieme al presidente francese Emmanuel Macron a 44 capi di Stato e di governo e cioè i 27 e poi Islanda, Lichtenstein, Norvegia, Svizzera (membri EFTA); Albania, Macedonia del Nord, Moldova, Montenegro, Serbia, Turchia, Ucraina (paesi candidati) ma anche ad Armenia, Azerbaijan, Bosnia Erzegovina, Georgia, Kosovo e Regno Unito con una composizione ancora incerta per le reticenze di alcuni possibili invitati o membri dell’Ue così come non è nota la posizione degli Stati Uniti nei confronti di questa ipotetica alleanza delle “democrazie europee” (a cui verrebbe associata anche la Turchia).

Quel che certo è che la CPE non nascerà formalmente in occasione dell’incontro di Praga perché nulla è stato chiarito fra i 27 e con i paesi candidati all’adesione sulle competenze della CPE, le sue modalità di lavoro, il quadro istituzionale e last but not least sui rapporti con l’allargamento dell’Ue in una situazione europea caratterizzata dall’aggressione della Russia all’Ucraina, dall’esito incerto della guerra e dalle divisioni europee nei rapporti con il Cremlino.

L’obiettivo o l’ipotesi dei “cerchi concentrici” su cui i paesi membri si dividono fin dagli anni sessanta con la proposta della Europa à la carte e ancor di più negli anni novanta con il progetto Kern Europa o il magnete tedesco lanciato da Schaueble e Lamers (scomparso recentemente dopo una lunga carriera politica nelle file della CDU) sembra essere stato provvisoriamente sotterrato da Olaf Scholz nel suo discorso di Praga in cui ha ribadito lo sguardo prioritario della Germania verso l’Est e ha considerato che lo sconvolgimento geopolitico provocato dalla aggressione della Russia all’Ucraina rende urgente e necessaria la coesione di tutta la coalizione europea anti-Putin in una Ue allargata e strategicamente collocata nel quadro della Nato.

E’ evidente che il tema dell’allargamento dell’Ue ai Balcani Occidentali da una parte e all’Europa orientale dall’altra non può più essere affrontato e risolto con il metodo usato dal 1972 in poi nelle successive sette procedure di adesione dalla piccola Europa dei Sei alla grande Ue a Ventisette (con il negoziato a contrario della Brexit) e che ha visto ogni volta un dialogo limitato a ogni singolo paese candidato fra la Commissione europea sotto il controllo intergovernativo del Consiglio, il coinvolgimento del Parlamento europeo solo a monte e a valle da Maastricht in poi e dei parlamenti nazionali solo a valle per ratificare i trattati di adesione spesso accompagnati da referendum confermativi.

Dopo (o meglio: con il conflitto in corso) l’aggressione della Russia all’Ucraina e di fronte alle sfide del Ventunesimo secolo le prospettive di un ampiamento dell’Ue a quasi quaranta membri con un progetto di unificazione che coinvolge quasi tutto il continente europeo il tema dell’allargamento diventerà centrale per il futuro dell’Europa, di tutti i parlamenti e dei suoi popoli che non possono essere esclusi da questo dibattito.

Per questa ragione il progetto della CPE immaginato da Emmanuel Macron non può essere rinchiuso nei limiti intergovernativi di periodici vertici fra capi di Stato e di governo ma diventare un laboratorio permanente di dialogo fra la democrazia rappresentativa, partecipativa e di prossimità estendendo e rafforzando il metodo innovativo adottato nella Conferenza sul futuro dell’Europa con gli strumenti della piattaforma digitale, dei panel transnazionali e nazionali, delle convenzioni deliberative di cittadine e di cittadini, di mobilitazioni di “ambasciatori” provenienti dalla società civile.

L’avvio di una ampia CPE – il cui lavoro potrebbe essere stimolato da una conferenza interparlamentare, secondo il modello delle “assise” di Roma nel 1990 alla vigilia del Trattato di Maastricht, che potrebbe essere organizzata nell’autunno 2023 durante il semestre di presidenza spagnola del Consiglio Ue invitando dei delegati dei paesi candidati o eleggibili alla candidatura – coinciderebbe con la preparazione delle elezioni europee nel maggio 2024 e con i congressi dei partiti europei che dovranno adottare i programmi e le priorità per la legislatura 2024-2029.

La necessaria riforma dell’Ue, per andare al di là di un trattato firmato ormai quindici anni fa in una situazione internazionale e europea radicalmente diversa da quella attuale, dovrà tener conto non solo delle raccomandazioni della Conferenza sul futuro dell’Europa che è stata troppo frettolosamente chiusa il 9 maggio 2022 ma anche dalle idee che emergeranno nella CPE e che dovranno chiarire i principi e i valori di una comunità di destino a cui si decide di partecipare o di non partecipare sapendo che questa decisione sarà irreversibile.

Affinché questo processo sia democratico e consapevole, la strada da percorrere non è quella di una modesta e limitata revisione del Trattato di Lisbona ma quella più ambiziosa del lavoro costituente del Parlamento europeo che sarà eletto nel maggio 2024, la cui azione sarà parallela a quella della CPE.

Spetterebbe al Parlamento europeo ancora in carica dare un contenuto politico attualizzato allo stato dell’Ue e riprendere l’idea che era stata lanciata dal membro della Convenzione sul Trattato-costituzionale, Alain Lamassoure, di un accordo preliminare su una comunità di destino allargata da sottoporre alla ratifica dei parlamenti nazionali “al fine di assicurare che l’allargamento e la riforma dell’Ue siano il frutto di un consenso democratico incontestabile”.

Tale accordo potrebbe contenere una proposta di metodo che dia legittimità e sostanza all’avvio di un processo costituente e confermare che la comunità di destino è fondata sul rispetto dello stato di diritto e dei diritti fondamentali, sul primato del diritto europeo nei settori di competenza dell’Ue, sulla democrazia rappresentativa e partecipativa, sull’autonomia strategica dell’Ue come attore internazionale, sul rifiuto della guerra, sulla cittadinanza europea, su una prosperità condivisa, sulla solidarietà e sulla cooperazione leale.

Così facendo il tema dell’allargamento dell’Ue verso i Balcani occidentali e l’Europa orientale diventerebbe parte centrale del futuro dell’Europa.  

Roma, 12 settembre 2022

coccodrillo

 

 

 

ARRIVA AL TRAGUARDO LA DIRETTIVA SUI SALARI MINIMI

Mercoledì 14 settembre il Parlamento europeo voterà il testo concordato con il Consiglio (che dovrebbe seguire il P.E. dopo pochi giorni), dopo un lungo e complesso negoziato, sulla proposta di direttiva su salari minimi adeguati nell’Unione europea (Ue).

Il voto, secondo una procedura speciale, sarà di accettazione o meno in blocco del nuovo testo della direttiva contestata con un certo vigore da alcuni Stati – soprattutto dell’Europa del Nord - e a lungo dibattuta anche tra le parti sociali. 

La premessa di questo passaggio - che estende le competenze sovranazionali  in un aspetto  decisivo, soprattutto oggi in una situazione di debolezza del potere sindacale e di frammentazione delle attività produttive connesse anche ai processi dirompenti di digitalizzazione dell’economia, della disciplina dei rapporti di lavoro - è l’approvazione a Göteborg  il 27.11.2017  dello European social Pillar il cui art. 6 stabilisce che “I lavoratori hanno diritto a una retribuzione che offra un tenore di vita dignitoso”.

Tuttavia, poiché molti dei 20 diritti e principi sanciti nel Social Pillar sono ancora di competenza nazionale, è stata l’attuale Commissione europea a sostenere con una certa determinazione che il “problema salariale“ fosse, per la sua gravità, una grande questione europea e che spettasse all’Ue introdurre un quadro normativo capace di innalzare il livello delle retribuzioni in tutti gli stati membri verso la soglia di decenza.

Secondo gli studi della Commissione europea, i lavoratori con “retribuzioni indecenti” sarebbero oltre venti milioni e in più di nove Stati membri i salari minimi riconosciuti non proteggono dal rischio di povertà. 

Nel muoversi in questa direzione, la Commissione europea ha dovuto fronteggiare obiezioni giuridiche di una certa serietà in quanto l’art. 153.5  del TFUE (norma voluta e sempre accanitamente difesa dal Regno Unito al tempo del negoziato sul Trattato di Lisbona) stabilisce che le procedure di approvazione previste nell’articolo in questione per l’approvazione delle normative a carattere sociale (soggette anche al cosiddetto dialogo sociale europeo, cioè ad un confronto con le parti sociali che godono della possibilità di adottare nelle materie in esame una direttiva) non si applicano a retribuzioni, diritto di associazione e sciopero.

Questo ostacolo, certamente da rimuovere per il futuro, è stato ingigantito dai soggetti contrari ad un intervento regolativo, tra cui anche i paesi scandinavi gelosi dei loro sistemi (molto efficienti) retributivi fondati sulla contrattazione collettiva.

La Commissione europea ha dovuto quindi scegliere una via indiretta per la promozione di salari adeguati fondata sulla trasparenza delle procedure e degli indicatori per l’aggiornamento dei minimi, sui meccanismi di monitoraggio e di informazione sui livelli dovuti e sulle singole componenti di questi (che coinvolge il problema non semplice di qualificare un trattamento goduto come retributivo o meno), sulla difesa giudiziaria e sulle garanzie rafforzate di chi agisce legalmente, sul monitoraggio europeo dell’andamento dei salari e sul contrasto del lavoro falsamente autonomo etc.

Solo per gli Stati che hanno già attribuito alla legge questa competenza sono state individuate regole più stringenti.

La strada intrapresa ed oggi convalidata dall’accordo con il Consiglio mantiene in modo rigoroso la libertà dei paesi membri di scegliere una delle due soluzioni consentite per mantenere un livello decoroso delle retribuzioni in tutti i settori: l’attribuzione alla contrattazione collettiva di questo compito (opzione che oggi seguono solo sei paesi, tra i quali l’Italia) oppure l’introduzione di salari minimi legali (statutory minimum wage).

La proposta di direttiva non obbliga (art. 3) i paesi che hanno un sistema contrattuale a definire neppure un’efficacia erga omnes dei contratti o particolari criteri di rappresentatività per la loro stipula.

Per questi ultimi paesi la direttiva si occupa in buona sostanza (a parte le norme sul monitoraggio, le ispezioni, la difesa giudiziaria etc.) solo di promuovere e spingere verso una copertura molto ampia dei lavoratori da parte dei contratti: al di sotto dell’80% della copertura, infatti, gli Stati sono tenuti a varare un piano efficace e trasparente di estensione, da concordarsi con le parti sociali in una costante interlocuzione con la Commissione europea (art. 4).

Obblighi certamente più stringenti valgono per i rimanenti 21 Stati nei quali il salario minimo è stabilito attraverso” binding legal previsions”: in questo caso la proposta di direttiva obbliga questi paesi a definire le necessarie procedure per la “determinazione e l'aggiornamento dei salari minimi legali. Tale determinazione e aggiornamento sono basati su criteri stabiliti per contribuire alla loro adeguatezza, al fine di conseguire un tenore di vita dignitoso, ridurre la povertà lavorativa, promuovere la coesione sociale e una convergenza sociale verso l'alto e ridurre il divario retributivo di genere” (art. 5).

Sebbene gli Stati godano di una certa discrezionalità nello stabilire i criteri di aggiornamento nazionali devono tenere in considerazione almeno i seguenti elementi: a) il potere d'acquisto dei salari minimi legali, tenuto conto del costo della vita; b) il livello generale dei salari e la loro distribuzione; c) il tasso di crescita dei salari; d) i livelli e l'andamento nazionali a lungo termine della produttività. 

Possono inoltre ricorrere a un meccanismo automatico di adeguamento dell'indicizzazione dei salari minimi legali, basato su criteri appropriati e conformemente al diritto e alle prassi nazionali, a condizione che l'applicazione di tale meccanismo non comporti una diminuzione del salario minimo legale ed i utilizzano valori di riferimento indicativi per orientare la loro valutazione dell'adeguatezza dei salari minimi legali.

A tal fine, possono utilizzare valori di riferimento indicativi comunemente utilizzati a livello internazionale, quali il 60 % del salario lordo mediano e il 50 % del salario lordo medio, e/o valori di riferimento indicativi utilizzati a livello nazionale.

Entrano in gioco, quindi, gli standard internazionali in base ai quali alcuni paesi hanno fissato soglie predeterminate di salario minimo interprofessionale come, notoriamente la Germania o la Spagna (in applicazione di questi standard si era proposta per l’Italia la cifra di 9 euro lordi).

Pertanto, la proposta di direttiva vincola chiaramente questi Stati (21) a prevedere meccanismi trasparenti di adeguamento dei livelli di salario minimo legale, concordati anche con le parti sociali (art. 7), tali da poter raggiungere livelli di decenza retributiva ed impedire il fenomeno del lavoro povero (in molti paesi integrato da sistema di reddito minimo garantito come in Germania o in Italia) secondo gli scopi della direttiva.

Sebbene le formule siano, soprattutto dopo le correzioni del Consiglio, piuttosto aperte, un controllo della Corte di giustizia (e prima ancora della Commissione europea) sul rispetto di questi obblighi è certamente possibile, tenuto conto soprattutto degli indicatori internazionali che offrono parametri dai quali non sembrerebbe possibile per i paesi membri allontanarsi immotivatamente ed irrazionalmente.

Il criterio dell’effetto utile delle direttive, ampiamente utilizzato anche in campo sociale dalla Corte di giustizia, potrebbe condurre ad interpretazioni esigenti degli obblighi posti dall’art. 5 e seguenti.

Si tratta quindi, soprattutto per la maggioranza dei paesi soggetti a disciplina legale, di un deciso passo in avanti verso una maggiore equità delle relazioni di lavoro, di una vittoria di coloro che hanno scommesso già nel 2017 sul Social Pillar come strada unitaria di rilancio del capitolo sociale dell’Unione, cui dovrebbe seguire la definizione di una regolamentazione per il lavoro intermediato da piattaforme (attualmente la proposta di direttiva è pendente per gli emendamenti al Parlamento europeo) e di una complessa disciplina sugli obblighi per le più grandi imprese di controllare il rispetto dei diritti sociali fondamentali anche nelle filiere produttive della subfornitura e,infine, l’emanazione di una attesa Raccomandazione sul reddito minimo garantito ed il contrasto della povertà.

E’ vero che la proposta di direttiva di cui abbiamo parlato lascia molto liberi gli Stati che rinviano alla contrattazione collettiva per determinare il livello di salario minimo (soprattutto quelli che hanno una copertura dei contratti superiore all’80% come l’Italia) , ma ci saranno ben due anni perché questi paesi  possano chiedersi seriamente  se i loro sistemi contrattuali attuali sono davvero efficienti ed adeguati per raggiungere gli scopi della direttiva che ribadisce, secondo i principi generali, che è sempre possibile adottare una normativa interna più favorevole per i lavoratori rendendosi virtuosi anche prater legem.

Non solo la proposta in corso di approvazione, come già accennato, prevede comunque obblighi amministrativi, ispettive, informativi, giurisdizionali che sono comuni a tutti gli stati ma sembra auspicabile che tutti i paesi si interroghino, in cooperazione con le parti sociali, se non siano necessarie modifiche legislative e/o endosindacali che, seguendo le indicazioni ed i parametri accolti dall’Ue, impediscano contratti collettivi con salari minimi al di sotto della soglia della povertà.

Giuseppe Bronzini

Roma, 12 settembre 2022

 
 
 
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  • 14 settembre 2022, ore 9:00, Strasburgo. A settembre di ogni anno il Presidente della Commissione europea pronuncia il discorso sullo stato dell'Unione dinanzi al Parlamento europeo per fare il punto sui risultati conseguiti nell'ultimo anno e presentare le priorità per l'anno successivo. La Presidente, Ursula von der Leyen, pronuncerà il suo terzo discorso sullo Stato dell’Unione e illustrerà inoltre in che modo la Commissione affronterà le sfide più urgenti per l'Unione europea e le idee per plasmare il futuro dell'UE. Per maggiori informazioni e seguire la diretta streaming, cliccare QUI.
  • 14 settembre 2022, ore 17:30, Fano. Presentazione del dizionario illustrato "L'ABC dell'Europa di Ventotene" (per maggiori informazioni vedi l’apposita sezione dedicata al dizionario illustrato).
  • 16 settembre 2022, ore 15:30, Roma. Conferenza promossa dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia “PRESIDENZIALISMO E AUTONOMIA DIFFERENZIATA: COME SCARDINARE LA COSTITUZIONE", presso la sede della Federazione Nazionale Stampa Italiana. Dopo i saluti di Giancarlo Tartaglia a nome della FNSI, interverranno Gaetano Azzariti, Docente di Diritto costituzionale all’Università La Sapienza di Roma, Rosy Bindi, già Parlamentare e Ministro e il Presidente del Movimento europeo, Pier Virgilio Dastoli. Le conclusioni saranno affidate al Presidente nazionale di ANPI, Gianfranco Pagliarulo. Introduzione e coordinamento a cura di Betty Leone, Vice Presidente nazionale di ANPI. LOCANDINA. L’ingresso è su invito. I giornalisti possono accreditarsi scrivendo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

 

 


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L'ABC DELL'EUROPA DI VENTOTENE
PICCOLO DIZIONARIO ILLUSTRATO

Manifesto di Ventotene - L'ABC dell'Europa di Ventotene

Continua la pubblicazione a puntate del dizionario illustrato "L'ABC dell'Europa di Ventotene" a cura di Nicola Vallinoto e illustrazioni di Giulia Del Vecchio (Ultima Spiaggia, Genova-Ventotene 2022, seconda edizione, licenza Creative Commons).

Manifesto di Ventotene, di Pier Virgilio Dastoli

L’avvento del fascismo

SPINELLI, ALTIERO aveva poco più di quindici anni quando il fascismo di Benito Mussolini andò al potere dopo la cosiddetta “Marcia su Roma” il 28 ottobre 1922 trasformando presto un fragile sistema di monarchia costituzionale in un regime totalitario. Dopo l’arrivo del fascismo in Italia altri paesi europei furono sottomessi alle dittature fasciste e undici anni dopo Mussolini la Germania cadde sotto le violenze razziste di Adolf Hitler.

Spinelli, cresciuto in una benestante famiglia di origini pugliesi e abruzzesi ma residente a Roma, fu introdotto dal padre alla conoscenza della cultura socialista ma ben presto il suo spirito rivoluzionario lo spinse a aderire alla gioventù comunista di cui divenne un autorevole dirigente apprezzato anche da Antonio Gramsci. A causa della sua attiva militanza comunista fu arrestato dalla polizia fascista a Milano all’età di vent’anni e condannato dal Tribunale Speciale, formato da magistrati asserviti al fascismo, a sedici anni di carcere.

Continua su: https://www.peacelink.it/europace/a/49079.html

 

A questo proposito, ci fa piacere segnalarvi la presentazione del dizionario illustrato "L'ABC dell'Europa di Ventotene" che avrà luogo a Fano il 14 settembre 2022 alle 17:30 presso la Mediateca Montanari. Per informazioni scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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