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VI SEGNALIAMO

  • 20 settembre 2022, ore 17:00-20:00, Roma. Dibattito pubblico con i candidati alle elezioni politiche del 25 settembre dei collegi elettorali di Roma, per discutere del ruolo che l’Italia dovrà svolgere in Europa già a partire dai prossimi mesi. L’incontro, organizzato dal Movimento Federalista Europeo in collaborazione con la GFE Roma e il Movimento Europeo Italia, si svolgerà in presenza presso Sinergie Solidali, in Via Volsinio 21. LOCANDINA. Programma in costante aggiornamento sulla pagina Facebook del MFE Roma.
  • 20 Settembre 2022, ore 20:00-23:00, Roma. “I diritti fanno breccia”. Manifestazione per l’anniversario della Breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) promossa da Radicali Italiani. Corso d’Italia nei pressi di Porta Pia. LOCANDINA. Ulteriori informazioni.
  • 21 settembre 2022, ore 15:00, Roma. Nella giornata internazionale della Pace indetta dall’ONU, con i Costruttori di Pace, l’Associazione Beni Comuni "Stefano Rodotà", ECPAT, Rete #NOBAVAGLIO, gli studenti del "Villaggio della Pace" e molti altri ancora manifesteremo per affermare a gran voce la volontà di ricercare e costruire la PACE, attraverso un flashmob. L'appuntamento è alle 15:00 in Piazza della Repubblica.
  • 23 settembre 2022, ore 8:30-16:00, Roma. HIGH LEVEL SEMINAR “A NEW EU, A NEW WORLD”. Se il crollo dell'Unione Sovietica è stato descritto come “la fine della storia”, l'invasione russa dell'Ucraina è forse la premessa per un “nuovo inizio storico”? Promosso da Cep Italia, Centro Politiche Europee, in collaborazione con Unicredit e Reinventing Bretton Woods Committee (RBWC). L’incontro si svolgerà presso Palazzo De Carolis (Via Lata, 3 – Roma) e online. PROGRAMMA. Registrazione obbligatoria tramite il seguente LINK.
  • 23 settembre 2022, ore 10:00-13:30, Roma. “Sfide e prospettive per l’Europa” tavola rotonda di riflessione sul discorso sullo Stato dell’Unione. Promossa dalla Rappresentanza della Commissione europea in Italia e l’AUSE, Associazione Universitaria di Studi Europei, con il coinvolgimento dei Professori dell’Azione Jean Monnet del programma Erasmus+ e della più vasta comunità di studiosi e rappresentanti delle Istituzioni, esperti del processo di integrazione europea. PROGRAMMA. Evento in presenza presso la Sala conferenze di Spazio Europa (Via IV Novembre, 149 – Roma). E’ possibile prendere parte all’evento anche in remoto, collegandosi al seguente LINK.

 

ARTICOLI E TESTI DELLA SETTIMANA

 

 

 

 

 

 

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Il 12 settembre scorso, presso la redazione di Milano del quotidiano Avvenire, i promotori dell’Appello “Per una proposta di Pace dell’Unione Europea” hanno presentato le proprie proposte al Cardinale Matteo Maria Zuppi, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana (*).

L’appello, presentato a Roma lo scorso 20 giugno in una conferenza stampa svoltasi presso l'Ufficio di informazione in Italia del Parlamento europeo, è stato sottoscritto da: ANPI, ARCI, MOVIMENTO EUROPEO ITALIA, RETE ITALIANA PACE E DISARMO e Marco Tarquinio (Direttore di Avvenire).

Nell’appello viene ribadito che «nessun conflitto si risolve con le armi, ma solo con dialogo e negoziati e soprattutto con un’ampia conferenza internazionale (Helsinki 2)».

Nei mesi scorsi, il Movimento europeo aveva espresso la sua preoccupazione sul conflitto russo-ucraino già all’alba del 24 febbraio 2022, chiedendo la cessazione immediata delle ostilità, l’applicazione bilaterale degli accordi di Minsk del 2014-2010 e l’avvio di un dialogo multilaterale simile a quello che portò fra il luglio 1973 e l’agosto 1975 alla sottoscrizione degli “accordi di Helsinki” e alla nascita il 1° gennaio 1995 dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE).

Il Movimento europeo è inoltre tra i promotori della Petizione al Governo Italiano, alla Commissione Europea e all’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Sicurezza, al Parlamento Europeo e al Segretario Generale delle Nazioni Unite sull’invio di Forze internazionali di interposizione in Ucraina affinché tacciano le armi e si avvii un negoziato sulla pace e la sicurezza.

(*) A questo proposito si segnalano gli articoli pubblicati da Avvenire: Se nemmeno si dice pace. L'Europa e l'escalation bellica, di Mauro Magatti (Avvenire, 10 settembre 2022); La via della pace. L'appello presentato a Zuppi: «La Ue faccia la sua parte» (Avvenire, 14 settembre 2022); Cei. Zuppi: «L'Europa è irrilevante e risulta antipatica perché vincono i nazionalismi», di Luca Mazza (Avvenire, 17 settembre 2022).

 
 
 
 
 
 

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1) Viktor Orban ha definito la risoluzione adottata a larga maggioranza dal Parlamento europeo sulla violazione sistemica dei principi della democrazia in Ungheria “una barzelletta”.

Il suo disprezzo nei confronti dei deputati europei che rappresentano l’insieme dei cittadini dell’Unione è l’ulteriore dimostrazione della fondatezza del rapporto adottato dal Parlamento europeo, un disprezzo che coinvolge anche i deputati della Lega e di Fratelli d’Italia che pur hanno votato contro.

Questo disprezzo ricorda quello manifestato da Benito Mussolini cento anni fa dopo la Marcia su Roma quando definì il parlamento del Regno d’Italia una ”aula sorda e grigia”

Viktor Orban non riderà quando la Commissione, fondandosi su questo rapporto, confermerà il blocco dei finanziamenti del NGEU ma anche i fondi di cui l’Ungheria ha approfittato dai suo ingresso nell’Ue e quando sarà avviata formalmente la procedura dell’art. 7 per la sospensione del diritto di voto (e del potere di veto) del governo ungherese.

Ci chiediamo se Giorgia Meloni e Matteo Salvini stanno ridendo insieme a Orban e quale è l’opinione dei loro alleati di Forza Italia.

Berlusconi ha già dichiarato che, nel caso di una linea anti-Eu Forza Italia uscirebbe da un eventuale governo di centro-destra anche se la stessa Forza Italia si era opposta all’espulsione del partito di Orban dal Ppe.

Che faranno i ministri di Forza Italia in un ancora eventuale governo di centrodestra se l’Italia decidesse di bloccare l’applicazione dell’art. 7 in una situazione in cui tutto il Consiglio fosse schierato a favore della richiesta del Pe?

 

2) La Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo ha deciso che la Federazione Russa non sarà più una delle parti della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali a partire dal 16 settembre 2022 ma che la Corte continuerà a giudicare i 17.500 ricorsi presentati contro la Federazione russa fino a quella data.

 

3) Il futuro monco dell’Europa di UvdL

Il trattato di Lisbona è stato firmato dai governi quindici anni fa, fu un modesto succedaneo del trattato costituzionale e fu ulteriormente peggiorato prima della sua definitiva entrata in vigore nel 2009.

Da allora l’Unione è passata attraverso sette crisi che hanno messo in evidenza la necessità di gettarsi alle spalle il modesto trattato di Lisbona e costruire un’Europa più democratica e più solidale.

Ciononostante il Parlamento europeo, ora la Commissione e molti europeisti che hanno dimenticato la lezione di Altiero Spinelli pensano ad un futuro monco dell’Europa con una parziale revisione del Trattato di Lisbona fondata sul principio apparentemente intangibile secondo cui gli Stati sono i padroni dei trattati e hanno il potere esclusivo di decidere sulla loro revisione all’unanimità ed anche di sottrarre competenze all’Unione per restituirle agli Stati.

In questo quadro appare sconcertante e non condivisibile la visione monca del futuro dell’Europa presentata da UvdL nel suo discorso sullo stato dell’Unione che qualcuno ha definito molto affrettatamente « storico ».

Secondo UvdL la dimensione democratica, la governance economica, l’economia sociale di mercato (fondata sulle singole persone e non sulla collettività), l’integrazione dei paesi candidati nel mercato unico, l’autonomia strategica e la competitività internazionale, la difesa dello Stato di diritto, la lotta al cambiamento climatico possono realizzarsi a trattati costanti e l’agenda della convenzione per la parziale revisione dei trattati dovrebbe essere limitata alla salute mentale e alla solidarietà fra le generazioni.

Nonostante il reiterato « non possumus » o meglio “nolumus” dei governi gli europeisti che hanno dimenticato la lezione di Altiero Spinelli continuano a illudersi che ci sarà una parziale revisione del modesto trattato di Lisbona in tempi brevi che non darà evidentemente delle risposte ai problemi che secondo UvdL possono essere risolti a trattati costanti.

 
 
 
 
 
 

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QUALI CONSEGUENZE DAL VOTO DEL PE SULLA AUTOCRAZIA UNGHERESE

Il rapporto del Parlamento europeo sulla “autocrazia” in Ungheria (LINK) segna un passaggio fondamentale nella vita della democrazia europea e chi lo ha giudicato come una “scelta ideologica” ne ha sottovalutato l’effetto dirompente sul sistema europeo e sul futuro delle relazioni fra l’Unione europea e gli Stati membri.

La Commissione europea, dopo aver atteso a lungo per usare lo strumento delle sanzioni finanziarie, ha deciso (LINK) di proporre al Consiglio un primo taglio dei fondi di coesione di cui l’Ungheria ha beneficiato dal momento della sua adesione ma anche durante tutti i negoziati che hanno preceduto l’allargamento nel 2005 (i fondi “PECO”) mantenendo la sospensione delle sovvenzioni legate al NGEU e al PNRR che l’Ungheria ha presentato per far fronte alle conseguenze economiche e sociali della pandemia.

Sappiamo che le Corte di Giustizia aveva già giudicato in una prima sentenza del 16 febbraio 2022 che la condizionalità nella concessione delle sovvenzioni entrata in vigore il 1° gennaio 2021 era conforme al diritto europeo e che la sospensione del NGEU riguarda tutti i paesi che non rispettano gli elementi essenziali dello stato di diritto ed in particolare la separazione dei poteri, il principio di legalità e l’indipendenza della magistratura (v. su queste questioni e più specificatamente sul caso polacco l’articolo su questa newsletter di Nicoletta Parisi e Dino Rinoldi).

Il Consiglio, che ha adottato nel 2020 le norme sulla condizionalità della concessione delle sovvenzioni (e dei prestiti) legate al NGEU, dovrà dare seguito al rapporto del PE e alla proposta della Commissione autorizzando i tagli e sospendendo i pagamenti – del resto mai effettuati – con un evidente impatto negativo sull’economia magiara.

Il governo ungherese ha annunciato un pacchetto di diciassette misure legislative legate soprattutto alla lotta alla corruzione sperando di chiudere entro la fine dell’anno il negoziato con Bruxelles e ottenere i fondi che la Commissione ha deciso di tagliare ma nulla è stato annunciato a Budapest per cancellare le norme liberticide ed in particolare il controllo sulla stampa, la dipendenza della magistratura e le leggi che provocano discriminazioni sugli orientamenti sessuali né la rinuncia al sostegno al regime autocratico di Mosca.

Il fatto che la decisione definitiva sul taglio dei fondi spetti al Consiglio sottolinea un primo aspetto delle relazioni fra l’Unione europea ed uno Stato membro e mette in luce un elemento essenziale (e cioè che riguarda l’essenza) del sistema europeo: contrariamente ad un sistema federale in cui le sanzioni applicate contro uno  stato federato vengono decise dal potere federale (governativo, giudiziario o di polizia), nell’Unione europea le sanzioni vengono decise dai governi degli Stati membri seppure all’interno di un organo comunitario come è il Consiglio che è tenuto a rispettare le regole europee a cominciare dall’obbligo di agire a cui si lega la possibilità che la Corte lo condanni a conclusione di un “ricorso in carenza”.

L’Unione europea non è più una confederazione, dove gli Stati membri cooperano fra di loro ma mantengono la loro sovranità, ma non è ancora una federazione dove il potere di interdire le violazioni di regole “costituzionali” spetta agli organi federali.

Ecco qui un primo aspetto che ci induce a ritenere che il rispetto dello stato di diritto nell’interesse dei cittadini richieda il passaggio dal sistema ibrido comunitario ad un sistema pienamente federale.

Vi è tuttavia un secondo aspetto ancora più importante del rapporto adottato dal Parlamento europeo in cui si rilancia e si rafforza una richiesta avanzata già in precedenza dall’assemblea e cioè l’avvio dell’art. 7.1 del Trattato di Lisbona sull’Unione europea che riguarda il “rischio di una violazione grave dei diritti fondamentali e dei valori comuni” in un paese membro.

L’attivazione dell’art. 7.1 TUE può essere fatta dal Consiglio – e non dal Consiglio europeo - che decide con una maggioranza dei 4/5 dei suoi membri (e cioè da 21 membri su 26, essendo escluso dal voto lo Stato sotto inchiesta) dopo l’approvazione del Parlamento europeo ma questa eventuale attivazione solleva quattro questioni fondamentali:

  • Il Parlamento europeo ha concluso che in Ungheria non ci troviamo più di fronte ad un “rischio” di violazione grave dei valori dell’Unione ma che il governo ungherese ha superato la soglia che distingue una democrazia da una autocrazia e cioè un regime illiberale
  • L’avvio della procedura consente al Consiglio di “verificare regolarmente se i motivi che hanno condotto a tale constatazione (del rischio, n.d.r.) sono ancora validi
  • Nessun tipo di sanzione o di interdizione è previsto dal Trattato in questa prima fase della procedura fino a che il Consiglio europeo – all’unanimità meno il voto dello Stato oggetto della decisione e su proposta della Commissione o di un terzo (9, n.d.r.) degli Stati membri – constati l’esistenza della violazione consentendo al Consiglio di applicare delle sanzioni a maggioranza qualificata
  • Durante tutte queste fasi è escluso ogni potere di controllo nel merito delle violazioni da parte della Corte di Giustizia che può solo intervenire per verificare la correttezza della procedura se un attore istituzionale ne fa richiesta, contrariamente all’art 44 del “progetto Spinelli” che assegnava invece alla Corte di Giustizia il potere di constatare la violazione grave e persistente del Trattato sulla cui base il Consiglio europeo poteva decidere a maggioranza di sospendete la partecipazione dello Stato dal Consiglio europeo, dal Consiglio e da ogni altro organo dell’Ue in cui lo Stato è rappresentato in quanto tale.

Oltre alla questione relativa alla natura ibrida dell’Unione europea, che non è più una confederazione ma non è ancora una federazione perché il potere di decisione sulle relazioni fra gli Stati e la stessa Unione europea è affidato....agli Stati o meglio ai governi degli Stati membri, appare con tutta evidenza la contraddizione e la mancanza di coerenza fra la procedura dell’art. 7 TUE relativa ad uno Stato già membro e il principio essenziale dell’art. 49 TUE secondo cui può chiedere di aderire all’Unione europea e dunque di diventarne membro a parte intera solo uno Stato europeo “che rispetta i valori sanciti dall’art. 2 (TUE, n.d.r.) e si impegna a promuoverli”.

L’esistenza di un regime illiberale all’interno di una Unione europea fondata sull’ancoraggio “ai principi della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto” (primo paragrafo del preambolo del Trattato, n.d.r.) non è accettabile perché corrode le sue radici.

In questo spirito il Parlamento europeo dovrebbe iscrivere nelle proposte di riforma del sistema europeo la richiesta di eliminare questa contraddizione e questa mancanza di coerenza e sottoporre ai parlamenti nazionali e, attraverso di essi, alle opinioni pubbliche un “accordo internazionale sulla democrazia europea” in occasione di una conferenza interparlamentare secondo il modello delle “assise” che si riunirono a Roma nel novembre 1990 dopo la fine dell’imperialismo sovietico e prima dei negoziati sul Trattato di Maastricht.

Tale accordo dovrebbe essere la premessa dei negoziati di adesione come oggetto di un sostegno democratico incontestabile chiedendo ai parlamenti nazionali degli Stati membri e dei paesi candidati di ratificarlo e sostenendo che la mancata ratifica avrebbe come conseguenza l’esclusione della candidatura alla adesione ma anche la decisione di non voler far parte della comunità di destino che unisce cittadini e Stati.

Poiché tutto questo dovrà essere tradotto in norme di trattato – o, se volete, costituzionali – l’accordo deve prevedere l’avvio di un processo costituente che abbia al suo centro il ruolo di proposta del Parlamento europeo e di decisione ad referendum (e cioè in vista di un referendum pan-europeo) dei parlamenti nazionali.

Così si potranno porre le basi per superare il carattere ibrido del sistema europeo e realizzare la finalità federale che è stata posta a fondamento del processo di integrazione europea.

Roma, 20 settembre 2022

 

coccodrillo

 

 

 
 
 
 

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La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee del maggio 2024.

Il Movimento europeo Italia, come ha fatto dopo le elezioni in Italia del 2018 e la formazione a giugno 2018 del governo Conte-I, seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.

Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:

Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità

- Rubrica “Pillole d’Europa”

- Attiriamo la vostra attenzione

- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza

Agenda della settimana a cura del Movimento Europeo Internazionale

- L'ABC dell'Europa di Ventotene

- La Conferenza sul futuro dell'Europa

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