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Vi proponiamo una serie di eventi di primo piano nella settimana entrante:

  • Members' Council del Movimento europeo internazionale, 29.09.2020;
  • Seconda edizione del “Festival delle Città”, a Roma, promosso da ALI - Autonomie Locali Italiane con la partecipazione di rappresentanti del Governo, Presidenti di Regione, Sindaci, Amministratori Locali, rappresentanti del giornalismo e della cultura. Date: 29.09 – 01.10.2020; Per iscriversi: https://www.festivaldellecitta.it/iscrizione2020 - Programma completo in allegato;
  • Webinar promosso da Sven Giegold “Funding the Corona Recovery by curbing tax dumping and money laundering” con il Ministro delle Finanze italiano Roberto Gualtieri e tedesco Olaf Scholz,  30.09.2020, ore 19.00-20.00. (Il webinar sarà tradotto in italiano, tedesco e inglese. Link per registrarsi: https://us02web.zoom.us/webinar/register/WN_Tt9-EIA_Q9-1eC_QetcPCg);
  • Scuola d’Europa a Ventotene, dal 30.09 al 03.10.2020;
  • Board Movimento europeo Internazionale, 01.10.2020;
  • "Beyond the Euro-Crisis: Covid-19 and the Future of Europe", conferenza in cui si tratterà nello specifico il tema della Brexit, della crisi attuale delle sue implicazioni per il futuro della governance della zona euro e dell'Unione economica e monetaria. L’evento è organizzato dalla Libera Università di Bolzano in collaborazione con il DCU Brexit Institute, l'Università di Copenhagen e la Central European University, 01-02.10.2020.

 

 

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Numerose anche in questa settimana le iniziative che segnaliamo o alle quali il Movimento europeo prende parte attiva. Anzitutto, parliamo della nostra adesione all’Appello lanciato dal Comitato Torino per Moria, un luogo, in cui, come si può leggere nel testo «13mila migranti – uomini, donne, bambini, anziani, malati e almeno 35 persone positive al Covid-19 – sono rimaste senza nulla, costrette a dormire in strada, nei parcheggi del supermercato, nel cimitero, senza acqua né cibo e senza la necessaria assistenza medica. Chiediamo che i rifugiati siano messi in salvo e accolti nei paesi dell’Unione europea; che in queste ore decisive sia dato libero accesso all’isola, e a quello che rimane dei campi, alle associazioni umanitarie; che si fermino le violenze contro i migranti da parte delle bande neofasciste, invitando la Polizia greca a impegnarsi nella tutela delle persone più esposte, quotidianamente vittime di gruppi paramilitari».

Il Movimento europeo è inoltre tra i soggetti promotori della Festa dell’Europa 2020, organizzata dal 2 al 31 ottobre a Venezia, giunta alla sua VIII edizione, che quest’anno potrà svolgersi nonostante l’emergenza coronavirus.

Riportiamo poi le iniziative in cui è prevista la partecipazione attiva del Movimento europeo:

  • Webinar Multi-stakeholder Partnership and Multilateralism, promosso dall’Alleanza Europe Ambition 2020 nell’ambito dell'edizione 2020 del Festival ASviS sullo sviluppo sostenibile. È previsto l’intervento del Presidente Dastoli in occasione della sessione 2, intitolata “How multi-stakeholder partnership needs to evolve”, il 28.09.2020, ore 16.30 - 18.30;
  • Nell'ambito del Festival dello sviluppo sostenibile 2020, si terrà un dibattito sulla giustizia dell'inclusione, organizzato dal Cde dell'ISESP insieme alla Cattedra di Filosofia del diritto dell'Università Mediterranea e al DIGIES. È previsto un intervento del Presidente Dastoli sul “Ruolo della Corte di Giustizia per un’Europa sostenibile” il 30.09.2020, ore 16.00;
  • Dal 1° al 4 ottobre, si svolgerà l’edizione 2020 della “Korčula School, a Zagabria, sul tema “Recover, Restart, Retool Regional and gender equality perspectives”. Il Presidente Dastoli interverrà il giorno 3. Per partecipare e per ricevere le informazioni sulle modalità di collegamento, vi invitiamo a registrarvi inviando un'e-mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

   

 

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Un prodotto tossico ha invaso l’Europa.

Esso ha provocato intolleranze, sentimenti incontrollati di paura, reazioni violente e aggressività.

Il prodotto tossico si chiama “disinformazione” o manipolazione delle informazioni e riguarda le trasmigrazioni che passano dal continente africano – per decenni devastato anche dagli europei – al continente europeo ma coinvolge anche l’America Latina, l’Asia e l’Oceania.

Queste trasmigrazioni hanno reso drammaticamente desueta la Convenzione di Ginevra “per la protezione delle persone civili in tempo di guerra” che appare ora inefficace di fronte alle nuove ragioni che costringono persone a fuggire da guerre, disastri ambientali e violenze tribali e il Regolamento di Dublino.

Ci sono nel mondo più di sedici milioni di rifugiati di cui i tre quarti hanno trovato asilo fuori dall’Europa mentre nell’UE essi non superano l’1% della popolazione residente. Per dare un termine di paragone, l’Europa – che è solo in parte terra di immigrazione (legale, illegale, di richiedenti asilo) – è stata per decenni terra di emigrazione: dal 1836 al 1914, trenta milioni di europei hanno cercato e trovato accoglienza negli USA.

Il Trattato di Lisbona ha definito le politiche relative di asilo e di immigrazione, fondandole sui valori del rispetto della dignità umana, dell’uguaglianza, della solidarietà, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani.

Contrariamente a quel che hanno deciso i capi di Stato e di governo dell’UE nel giugno 2018 e alla proposta della Commissione von der Leyen nel suo recente “Migration Pact”, il Trattato stabilisce (articoli 77, 78 e 79) che tutte le decisioni legislative in materia di visti, di asilo e di immigrazione sono adottate dal PE e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria che prevede il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio.

Tuttavia, di fronte alle drammatiche ondate migratorie e di richiedenti asilo, ha dimostrato una notevole inadeguatezza nell’affrontarle.

Gli arrivi crescenti di profughi da zone devastate dalla guerra o di persone in fuga da persecuzioni politiche, dalla fame, da disastri ambientali – che potrebbero provocare nei prossimi anni nuovi flussi migratori di milioni di persone - e dal “land-grabbing” hanno creato gravi problemi interni ai vari paesi, lacerato gli animi degli europei e fatto emergere ataviche paure con conseguenti e inaccettabili forme di chiusura.

Per affrontare in modo efficace questi problemi serve una vera politica unica europea che sia in grado di gestire in modo equilibrato il complesso fenomeno migratorio e di graduare opportune formule di accoglienza insieme alla protezione dei diritti, alla promozione dello sviluppo umano e all’inclusione.

In questo quadro appare necessario istituire, sulla base degli art. 33 e 77 TFUE, una forza europea di controllo delle frontiere esterne per le merci e le persone sul modello della “US Customs and Border Control”.

Una politica che provveda ad aiutare adeguatamente lo sviluppo economico dei paesi da cui partono i migranti e che intervenga per ridurre ed eliminare i conflitti e per garantire la sicurezza degli operatori delle organizzazioni non governative.

Una politica che individui le capacità di assorbimento e integrazione dei migranti sul territorio europeo, si faccia carico di affrontare concretamente le multiformi sfide di un corretto inserimento e dell’indispensabile inclusione e riconosca nelle città i meccanismi e i motori dell’integrazione perché è tramite le città d’accoglienza e della loro cultura democratica che i migranti diventano cittadini europei.

Una politica di pace nel Mediterraneo anche attraverso la creazione di peace corps europei con funzione di mediazione nei conflitti.

Una politica che sappia anche spiegare alle popolazioni europee le opportunità rappresentate dall’arrivo dei richiedenti asilo e dei migranti economici.

In questo spirito il Movimento europeo ritiene che, insieme al Commissario europeo responsabile per tutte le politiche che fanno riferimento alle questioni migratorie e, separatamente dagli aspetti della sicurezza interna, gli stati membri dovrebbero affidare le politiche migratorie a dei ministri competenti per le questioni del welfare e non, già come avviene in tutti gli Stati membri, ai ministri degli interni.

A nostro avviso una vera politica europea migratoria deve contenere misure per garantire la libertà di movimento per la ricerca del lavoro, per la parità di accesso al mercato del lavoro, pari opportunità, condizioni di lavoro eque, salute e sicurezza sul luogo di lavoro, assistenza sanitaria, condizioni e trattamento dei lavoratori stranieri che ritornano in patria prima della fine del periodo minimo per la pensione e assistenza all’infanzia.

In effetti, esistono vari modelli cui fare riferimento: dal considerare i migranti una risorsa per le aree interne, spopolate e in declino economico, dove possano diventare un elemento di sviluppo; all’individuazione di politiche a “migrazione circolare”, facilitando così l’arrivo di lavoratori e, successivamente, il loro rientro in patria con la possibilità di mantenere relazioni culturali e finanziarie con i paesi di accoglienza.

Il Movimento europeo sostiene l’apertura di vie di accesso legali attraverso corridoi umanitari per chi fugge dalle guerre, dalla fame e dai disastri ambientali, la tutela dei minori non accompagnati e la facilitazione dei ricongiungimenti familiari, l’accelerazione delle procedure per la concessione dei visti umanitari e di permessi di protezione temporanea, la creazione dell’Agenzia Europea d’Asilo e programmi di resettlement obbligatori, uno ius soli europeo.

Noi condividiamo la proposta di individuare i beneficiari di protezione internazionale nei paesi africani e mediorientali dove i movimenti dei richiedenti asilo si addensano, attraverso un sistema di presidi coordinato a livello europeo preferibilmente collocati presso le delegazioni dell’UE nei paesi terzi e assicurato dalle grandi organizzazioni umanitarie, che accolgano chi si rifugia in quei territori, allo scopo di sottrarli al ricatto delle organizzazioni criminali e dei trafficanti di esseri umani. Si dovrà garantire successivamente il trasferimento dal presidio internazionale agli Stati di destinazione, dove poter formalizzare la richiesta d’asilo fissando quote eque di accoglienza per ciascuno Stato.

In questo spirito riteniamo che il Regolamento di Dublino debba essere abolito e che siano da adottare misure europee fondate su un approccio che consideri la politica migratoria e di asilo come una risposta a una crisi strutturale e non emergenziale, che escluda meccanismi coercitivi, che introduca i principi del percorso, dell’esperienza professionale e delle aspirazioni dei richiedenti asilo, che preveda l’applicazione del contributo di solidarietà non solo nel caso di autosospensione dal sistema ma anche di mancata esecuzione delle decisioni in materia di ricollocazione.

Noi riteniamo anche che l’UE e gli Stati membri all’interno delle Nazioni Unite – e in particolare i membri permanenti e non permanenti europei nel Consiglio di Sicurezza – debbano porre la questione dell’aggiornamento della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 che limita la protezione internazionale “a chiunque…nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza…

La politica di accoglienza e migratoria deve essere accompagnata da una rinnovata e rafforzata politica di cooperazione e di aiuto nel quadro di un piano europeo di investimenti fondato sul partenariato pubblico/privato, intensificando il coinvolgimento dei partner socio-economici europei e tenendo conto della situazione politica e dei regimi nei paesi sottosviluppati e in via di sviluppo.

È necessaria una politica euro-mediterranea che garantisca la pace, la sicurezza e la solidarietà nella regione rilanciando l’idea di un “anello degli amici” e avviando progetti concreti come quelli di un rafforzamento del ruolo delle BEI e della BERS non escludendo la possibilità di nuovi strumenti finanziari specializzati nell’area, di Università miste con parità fra il Nord e il Sud nel quadro di un’effettiva mobilità di studenti, ricercatori e docenti e di periodiche “assise” della società civile e delle comunità locali che permettano un libero confronto e lo sviluppo di una cittadinanza attiva.

A questa questione si unisce l’idea di un Erasmus euro-mediterraneo.

In Africa e in particolar modo nelle relazioni con l’Unione africana, l’UE può svolgere – diversamente dal neocolonialismo della Cina e della Russia - un’azione positiva che accompagni (e condizioni) gli strumenti della cooperazione finanziaria con azioni per costruire o rafforzare la governance democratica, l’evoluzione verso lo stato di diritto e il rispetto della dignità umana apparsi in questi anni come una leva fondamentale per la crescita economica tenendo conto dell’evoluzione demografica in quel continente che potrebbe trasformarlo nel secondo più popolato del mondo.

coccodrillo

 

 

 

 

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Aboliamo il regolamento di Dublino e sottraiamo ai ministri degli interni le politiche migratorie

Un prodotto tossico ha invaso l’Europa.

Esso ha provocato intolleranze, sentimenti incontrollati di paura, reazioni violente e aggressività.

Il prodotto tossico si chiama “disinformazione” o manipolazione delle informazioni e riguarda le trasmigrazioni che passano dal continente africano – per decenni devastato anche dagli europei – al continente europeo ma coinvolge anche l’America Latina, l’Asia e l’Oceania.

Queste trasmigrazioni hanno reso drammaticamente desueta la Convenzione di Ginevra “per la protezione delle persone civili in tempo di guerra” che appare ora inefficace di fronte alle nuove ragioni che costringono persone a fuggire da guerre, disastri ambientali e violenze tribali e il Regolamento di Dublino.

Ci sono nel mondo più di sedici milioni di rifugiati di cui i tre quarti hanno trovato asilo fuori dall’Europa mentre nell’UE essi non superano l’1% della popolazione residente. Per dare un termine di paragone, l’Europa – che è solo in parte terra di immigrazione (legale, illegale, di richiedenti asilo) – è stata per decenni terra di emigrazione: dal 1836 al 1914, trenta milioni di europei hanno cercato e trovato accoglienza negli USA.

Il Trattato di Lisbona ha definito le politiche relative di asilo e di immigrazione, fondandole sui valori del rispetto della dignità umana, dell’uguaglianza, della solidarietà, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani.

Contrariamente a quel che hanno deciso i capi di Stato e di governo dell’UE nel giugno 2018 e alla proposta della Commissione von der Leyen nel suo recente “Migration Pact”, il Trattato stabilisce (articoli 77, 78 e 79) che tutte le decisioni legislative in materia di visti, di asilo e di immigrazione sono adottate dal PE e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria che prevede il voto a maggioranza qualificata nel Consiglio.

Tuttavia, di fronte alle drammatiche ondate migratorie e di richiedenti asilo, ha dimostrato una notevole inadeguatezza nell’affrontarle.

Gli arrivi crescenti di profughi da zone devastate dalla guerra o di persone in fuga da persecuzioni politiche, dalla fame, da disastri ambientali – che potrebbero provocare nei prossimi anni nuovi flussi migratori di milioni di persone - e dal “land-grabbing” hanno creato gravi problemi interni ai vari paesi, lacerato gli animi degli europei e fatto emergere ataviche paure con conseguenti e inaccettabili forme di chiusura.

Per affrontare in modo efficace questi problemi serve una vera politica unica europea che sia in grado di gestire in modo equilibrato il complesso fenomeno migratorio e di graduare opportune formule di accoglienza insieme alla protezione dei diritti, alla promozione dello sviluppo umano e all’inclusione.

In questo quadro appare necessario istituire, sulla base degli art. 33 e 77 TFUE, una forza europea di controllo delle frontiere esterne per le merci e le persone sul modello della “US Customs and Border Control”.

Una politica che provveda ad aiutare adeguatamente lo sviluppo economico dei paesi da cui partono i migranti e che intervenga per ridurre ed eliminare i conflitti e per garantire la sicurezza degli operatori delle organizzazioni non governative.

Una politica che individui le capacità di assorbimento e integrazione dei migranti sul territorio europeo, si faccia carico di affrontare concretamente le multiformi sfide di un corretto inserimento e dell’indispensabile inclusione e riconosca nelle città i meccanismi e i motori dell’integrazione perché è tramite le città d’accoglienza e della loro cultura democratica che i migranti diventano cittadini europei.

Una politica di pace nel Mediterraneo anche attraverso la creazione di peace corps europei con funzione di mediazione nei conflitti.

Una politica che sappia anche spiegare alle popolazioni europee le opportunità rappresentate dall’arrivo dei richiedenti asilo e dei migranti economici.

In questo spirito il Movimento europeo ritiene che, insieme al Commissario europeo responsabile per tutte le politiche che fanno riferimento alle questioni migratorie e, separatamente dagli aspetti della sicurezza interna, gli stati membri dovrebbero affidare le politiche migratorie a dei ministri competenti per le questioni del welfare e non, già come avviene in tutti gli Stati membri, ai ministri degli interni.

A nostro avviso una vera politica europea migratoria deve contenere misure per garantire la libertà di movimento per la ricerca del lavoro, per la parità di accesso al mercato del lavoro, pari opportunità, condizioni di lavoro eque, salute e sicurezza sul luogo di lavoro, assistenza sanitaria, condizioni e trattamento dei lavoratori stranieri che ritornano in patria prima della fine del periodo minimo per la pensione e assistenza all’infanzia.

In effetti, esistono vari modelli cui fare riferimento: dal considerare i migranti una risorsa per le aree interne, spopolate e in declino economico, dove possano diventare un elemento di sviluppo; all’individuazione di politiche a “migrazione circolare”, facilitando così l’arrivo di lavoratori e, successivamente, il loro rientro in patria con la possibilità di mantenere relazioni culturali e finanziarie con i paesi di accoglienza.

Il Movimento europeo sostiene l’apertura di vie di accesso legali attraverso corridoi umanitari per chi fugge dalle guerre, dalla fame e dai disastri ambientali, la tutela dei minori non accompagnati e la facilitazione dei ricongiungimenti familiari, l’accelerazione delle procedure per la concessione dei visti umanitari e di permessi di protezione temporanea, la creazione dell’Agenzia Europea d’Asilo e programmi di resettlement obbligatori, uno ius soli europeo.

Noi condividiamo la proposta di individuare i beneficiari di protezione internazionale nei paesi africani e mediorientali dove i movimenti dei richiedenti asilo si addensano, attraverso un sistema di presidi coordinato a livello europeo preferibilmente collocati presso le delegazioni dell’UE nei paesi terzi e assicurato dalle grandi organizzazioni umanitarie, che accolgano chi si rifugia in quei territori, allo scopo di sottrarli al ricatto delle organizzazioni criminali e dei trafficanti di esseri umani. Si dovrà garantire successivamente il trasferimento dal presidio internazionale agli Stati di destinazione, dove poter formalizzare la richiesta d’asilo fissando quote eque di accoglienza per ciascuno Stato.

In questo spirito riteniamo che il Regolamento di Dublino debba essere abolito e che siano da adottare misure europee fondate su un approccio che consideri la politica migratoria e di asilo come una risposta a una crisi strutturale e non emergenziale, che escluda meccanismi coercitivi, che introduca i principi del percorso, dell’esperienza professionale e delle aspirazioni dei richiedenti asilo, che preveda l’applicazione del contributo di solidarietà non solo nel caso di autosospensione dal sistema ma anche di mancata esecuzione delle decisioni in materia di ricollocazione.

Noi riteniamo anche che l’UE e gli Stati membri all’interno delle Nazioni Unite – e in particolare i membri permanenti e non permanenti europei nel Consiglio di Sicurezza – debbano porre la questione dell’aggiornamento della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 che limita la protezione internazionale “a chiunque…nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza…

La politica di accoglienza e migratoria deve essere accompagnata da una rinnovata e rafforzata politica di cooperazione e di aiuto nel quadro di un piano europeo di investimenti fondato sul partenariato pubblico/privato, intensificando il coinvolgimento dei partner socio-economici europei e tenendo conto della situazione politica e dei regimi nei paesi sottosviluppati e in via di sviluppo.

È necessaria una politica euro-mediterranea che garantisca la pace, la sicurezza e la solidarietà nella regione rilanciando l’idea di un “anello degli amici” e avviando progetti concreti come quelli di un rafforzamento del ruolo delle BEI e della BERS non escludendo la possibilità di nuovi strumenti finanziari specializzati nell’area, di Università miste con parità fra il Nord e il Sud nel quadro di un’effettiva mobilità di studenti, ricercatori e docenti e di periodiche “assise” della società civile e delle comunità locali che permettano un libero confronto e lo sviluppo di una cittadinanza attiva.

A questa questione si unisce l’idea di un Erasmus euro-mediterraneo.

In Africa e in particolar modo nelle relazioni con l’Unione africana, l’UE può svolgere – diversamente dal neocolonialismo della Cina e della Russia - un’azione positiva che accompagni (e condizioni) gli strumenti della cooperazione finanziaria con azioni per costruire o rafforzare la governance democratica, l’evoluzione verso lo stato di diritto e il rispetto della dignità umana apparsi in questi anni come una leva fondamentale per la crescita economica tenendo conto dell’evoluzione demografica in quel continente che potrebbe trasformarlo nel secondo più popolato del mondo.

coccodrillo

 

 


 

Le attività del Movimento europeo

Numerose anche in questa settimana le iniziative che segnaliamo o alle quali il Movimento europeo prende parte attiva. Anzitutto, parliamo della nostra adesione all’Appello lanciato dal Comitato Torino per Moria, un luogo, in cui, come si può leggere nel testo «13mila migranti – uomini, donne, bambini, anziani, malati e almeno 35 persone positive al Covid-19 – sono rimaste senza nulla, costrette a dormire in strada, nei parcheggi del supermercato, nel cimitero, senza acqua né cibo e senza la necessaria assistenza medica. Chiediamo che i rifugiati siano messi in salvo e accolti nei paesi dell’Unione europea; che in queste ore decisive sia dato libero accesso all’isola, e a quello che rimane dei campi, alle associazioni umanitarie; che si fermino le violenze contro i migranti da parte delle bande neofasciste, invitando la Polizia greca a impegnarsi nella tutela delle persone più esposte, quotidianamente vittime di gruppi paramilitari».

Il Movimento europeo è inoltre tra i soggetti promotori della Festa dell’Europa 2020, organizzata dal 2 al 31 ottobre a Venezia, giunta alla sua VIII edizione, che quest’anno potrà svolgersi nonostante l’emergenza coronavirus.

Riportiamo poi le iniziative in cui è prevista la partecipazione attiva del Movimento europeo:

  • Webinar Multi-stakeholder Partnership and Multilateralism, promosso dall’Alleanza Europe Ambition 2020 nell’ambito dell'edizione 2020 del Festival ASviS sullo sviluppo sostenibile. È previsto l’intervento del Presidente Dastoli in occasione della sessione 2, intitolata “How multi-stakeholder partnership needs to evolve”, il 28.09.2020, ore 16.30 - 18.30;
  • Nell'ambito del Festival dello sviluppo sostenibile 2020, si terrà un dibattito sulla giustizia dell'inclusione, organizzato dal Cde dell'ISESP insieme alla Cattedra di Filosofia del diritto dell'Università Mediterranea e al DIGIES. È previsto un intervento del Presidente Dastoli sul “Ruolo della Corte di Giustizia per un’Europa sostenibile” il 30.09.2020, ore 16.00;
  • Dal 1° al 4 ottobre, si svolgerà l’edizione 2020 della “Korčula School, a Zagabria, sul tema “Recover, Restart, Retool Regional and gender equality perspectives”. Il Presidente Dastoli interverrà il giorno 3. Per partecipare e per ricevere le informazioni sulle modalità di collegamento, vi invitiamo a registrarvi inviando un'e-mail all’indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

   


 

Attiriamo la vostra attenzione

Vi proponiamo una serie di eventi di primo piano nella settimana entrante:

  • Members' Council del Movimento europeo internazionale, 29.09.2020;
  • Seconda edizione del “Festival delle Città”, a Roma, promosso da ALI - Autonomie Locali Italiane con la partecipazione di rappresentanti del Governo, Presidenti di Regione, Sindaci, Amministratori Locali, rappresentanti del giornalismo e della cultura. Date: 29.09 – 01.10.2020; Per iscriversi: https://www.festivaldellecitta.it/iscrizione2020 - Programma completo in allegato;
  • Webinar promosso da Sven Giegold “Funding the Corona Recovery by curbing tax dumping and money laundering” con il Ministro delle Finanze italiano Roberto Gualtieri e tedesco Olaf Scholz,  30.09.2020, ore 19.00-20.00. (Il webinar sarà tradotto in italiano, tedesco e inglese. Link per registrarsi: https://us02web.zoom.us/webinar/register/WN_Tt9-EIA_Q9-1eC_QetcPCg);
  • Scuola d’Europa a Ventotene, dal 30.09 al 03.10.2020;
  • Board Movimento europeo Internazionale, 01.10.2020;
  • "Beyond the Euro-Crisis: Covid-19 and the Future of Europe", conferenza in cui si tratterà nello specifico il tema della Brexit, della crisi attuale delle sue implicazioni per il futuro della governance della zona euro e dell'Unione economica e monetaria. L’evento è organizzato dalla Libera Università di Bolzano in collaborazione con il DCU Brexit Institute, l'Università di Copenhagen e la Central European University, 01-02.10.2020.

 


 

Documenti chiave

 

 

Testi della settimana

 


 

 Carta dei diritti fondamentali

Tema al centro di questa newsletter, quello dell’immigrazione è un ambito nel quale si assiste ad un dibattito acceso e costante. Ricordiamo che la sfera del diritto europeo ha fissato alcuni principi da rispettare, che si traducono anche in buone pratiche che andrebbero seguite. Per esempio, l’articolo 19 è quello che ben si presta a commentare la situazione attuale, in un contesto istituzionale europeo che più volte ha dato prova di non riuscire a fornire risposte adeguate. Si afferma al comma 1 di questo articolo, dal titolo “Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione”, che “Le espulsioni collettive sono vietate”. Con questo primo comma, che ha una portata molto ampia in quanto non fa riferimento ad una categoria particolare, ma si rivolge alla collettività, si vuole intendere che rispetto al fenomeno dell’immigrazione l’Unione europea deve essere in grado di ricorrere a strumenti che non compromettano la vita e l’integrità delle persone. La quotidianità delle cronache che arrivano dal Mediterraneo, purtroppo, restituisce, rispetto a questo principio affermato dalla Carta, un quadro desolante. Nell’affermare ciò, probabilmente si fuoriesce dal perimetro di per sé già ampio dell’articolo 19, che si occupa dell’espulsione, una fase del fenomeno migratorio successiva a quella della partenza e dell’arrivo in un Paese europeo.

Bisogna però considerare anche la realtà dell’immigrazione nelle sue prime fasi, quella cioè del tentativo di dirigersi verso il territorio europeo. Sappiamo che il fenomeno migratorio non accenna a diminuire, nel corso degli anni, e che spesso il suo esito è drammatico, perché i mezzi a disposizione delle istituzioni europee e le misure adottate non sono adeguati alla domanda che arriva dai Paesi dai quali si fugge. Il Mediterraneo finisce troppo spesso per diventare un cimitero in cui affondano le speranze di persone inermi, che sfuggono a morte sicura, alla fame, alla disperazione e che però vedono negato il loro diritto ad una esistenza dignitosa, a cui ciascun essere umano aspira. D’altro canto, l’argomento trattato è alquanto scottante perché, a fronte delle carenze di un approccio adeguato a livello europeo, i migranti diventano il primo bersaglio delle politiche di chiusura e di difesa dell’interesse nazionale. E inoltre, quanto più l’Unione non è in grado di mettere in atto un’azione adeguata, tanto più si corre il rischio di legittimare una visione opposta a quella di una leale cooperazione. Ecco perché l’auspicio è che il nuovo pacchetto su asilo e migrazione disposto dalla Commissione Von der Leyen sia rafforzato nell’intento di obbligare gli Stati membri ad un approccio più solidale rispetto a questo fenomeno e far leva sulle risorse di cui l’Unione europea dispone. E con questo veniamo al secondo comma dell’articolo 19: “Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti”. Da questo punto di vista, le istituzioni europee e le decisioni della Corte di Giustizia operano per tutelare questi diritti dei migranti. Ma, come si è detto, la drammaticità del fenomeno migratorio è tutta concentrata nel tentativo del migrante di giungere in Europa e di potersi inserire nella società. I veti dei governi e le inefficienze esistenti portano a ritenere che sia ancora lungo il cammino dell’Ue verso un approccio più avanzato rispetto al fenomeno migratorio.

 


 

La giurisprudenza europea

Poniamo alla vostra attenzione un caso sottoposto al giudizio della Corte di Giustizia Ue riguardante l’applicazione dell’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali. Il soggetto coinvolto è un cittadino russo, I.N., perseguitato nel suo Paese dal 2015 per il reato di corruzione passiva: in particolare, il 20 maggio di quell’anno venne emesso un avviso di ricerca internazionale nei suoi confronti. È da notare che, all’epoca, I.N. era solo cittadino russo. La sua individuazione è avvenuta il 30 giugno 2019, quando “I.N. si è presentato, quale passeggero di un autobus in possesso di un documento di viaggio islandese per rifugiati, a un valico di frontiera tra la Slovenia e la Croazia, mentre tentava di entrare nel territorio di quest’ultimo Stato. Egli è stato arrestato sulla base dell’avviso di ricerca internazionale menzionato al punto precedente”. Interrogato dal giudice croato, I.N. “ha dichiarato di opporsi alla sua estradizione verso la Russia e ha inoltre riferito di essere al contempo cittadino russo e cittadino islandese. Una nota dell’ambasciata islandese trasmessa allo Županijski sud u Zagrebu (Tribunale di comitato di Zagabria) attraverso il Ministero degli Affari esteri ed europei della Repubblica di Croazia ha confermato che I.N. è, dal 19 giugno 2019, cittadino islandese e che dispone dello status di rifugiato permanente in Islanda”.

Nel frattempo, è giunta al tribunale croato, il 6 agosto 2019, la richiesta di estradizione di I.N. in Russia: “Nella suddetta domanda si indicava che il procuratore generale della Federazione russa garantiva che lo scopo della domanda di estradizione non era di perseguire I.N. per motivi politici né a causa della sua razza, religione, nazionalità o delle sue opinioni, che sarebbero state messe a sua disposizione tutte le possibilità di esercitare la sua difesa, compresa l’assistenza di un avvocato, e che non sarebbe stato sottoposto a tortura, a trattamenti crudeli o inumani o ancora a pene lesive della dignità umana”. Il 5 settembre 2019 il Tribunale di comitato di Zagabria ha dichiarato che sussisteva il rispetto delle condizioni della legge croata relativa alla cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale e che quindi l’estradizione poteva aver corso. Quindi, il 30 settembre 2019, “I.N. ha impugnato l’ordinanza succitata dinanzi al giudice del rinvio. Ha sostenuto che esiste un rischio concreto, serio e ragionevolmente prevedibile che, in caso di estradizione verso la Federazione russa, egli sia sottoposto a tortura e a trattamenti inumani e degradanti. Ha inoltre sottolineato che gli era stato riconosciuto lo status di rifugiato in Islanda proprio per via dello specifico procedimento penale cui è sottoposto in Russia e che, con la sua ordinanza del 5 settembre 2019, lo Županijski sud u Zagrebu (Tribunale di comitato di Zagabria) ha compromesso de facto la protezione internazionale concessagli in Islanda”.

In questi casi, in Croazia la competenza in merito al ricorso di I.N. spetta alla Corte suprema, che ha deciso di sospendere il procedimento e di rivolgersi alla CGUE su alcune questioni pregiudiziali: va informata l’Islanda dell’estradizione del suo cittadino I.N.? Se l’Islanda chiede la consegna di tale persona per lo svolgimento del procedimento per il quale è stata richiesta l’estradizione, occorre consegnargliela?

Nell’articolata sentenza della Corte, del 2 aprile 2020, si pone l’accento sulle garanzie per l’interessato: “l’autorità competente dello Stato membro richiesto (la Croazia, ndr) è tenuta a verificare che l’estradizione non pregiudicherà i diritti di cui all’articolo 19, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali; e nell’ambito di tale verifica, la concessione dell’asilo costituisce un elemento particolarmente serio. Prima di contemplare la possibilità di dare esecuzione alla domanda di estradizione, lo Stato membro richiesto è, in ogni caso, tenuto a informare questo stesso Stato dell’AELS (l’Islanda, ndr) e, se del caso, su sua domanda, a consegnargli il cittadino in questione, conformemente alle disposizioni dell’accordo di consegna, purché detto Stato dell’AELS sia competente, in forza del suo diritto nazionale, a perseguire il cittadino in questione per fatti commessi fuori dal suo territorio nazionale”.

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Consigli di lettura

Per approfondire alcuni aspetti del tema trattato questa settimana, suggeriamo un saggio a firma del dott. Giuseppe Morgese, ricercatore di Diritto dell’Unione europea, Università degli Studi di Bari. Si intitola “Principio di solidarietà e proposta di revisione del regolamento Dublino” ed è inserito nei “Dialoghi con Ugo Villani”, 2017, testo a cura dei docenti, Ennio Triggiani, Francesco Cherubini, Ivan Ingravallo. Il dott. Morgese ha delineato il quadro relativo al principio di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità, previsto dall’articolo 80 del TFUE. “Questo principio”, afferma, “ha sinora ricevuto scarsa applicazione a causa della volontà della maggioranza degli Stati UE di non modificare i caratteri del regolamento di Dublino, che prevede criteri e meccanismi per la determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri e attribuisce competenza essenzialmente in base al “criterio dello Stato di primo ingresso” regolare o irregolare del richiedente. Il principale ostacolo all’attuazione del principio dell’art. 80 TFUE in materia risiede proprio in questo criterio, che si palesa come l’antitesi della solidarietà e il risultato di un’iniqua ripartizione degli oneri, penalizzando gli Stati UE le cui frontiere esterne sono interessate da flussi migratori provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente (soprattutto Italia e Grecia). Per questa ragione, da tempo se ne chiede quantomeno una correzione in senso maggiormente solidaristico”.

Anche il momento in cui il dott. Morgese ha redatto questo saggio contribuisce ad una lettura del genere: ci si trovava in piena emergenza migratoria, nel periodo immediatamente successivo al 2015. Ciò non toglie che ancora oggi la situazione appaia particolarmente insidiosa, proprio nel momento in cui giungono i primi commenti sul nuovo pacchetto asilo e immigrazione della Commissione riportati dai media. Si ha il timore che permarranno inefficienze, là dove l’Unione dovrebbe adottare politiche che incentivino  una maggiore cooperazione reciproca e un maggiore senso di solidarietà: “Non si può non ricordare”, afferma nel saggio il dott. Morgese,  “come le criticità dell’attuale sistema europeo comune di asilo dipendano da flussi migratori ormai a carattere strutturale, potremmo dire “fisiologico”, che però continuano a essere affrontate come se fossero eccezionali. Di eccezionale, a nostro avviso, rimane invece solo la pervicace volontà delle istituzioni UE e della maggioranza degli Stati membri di non modificare in maniera radicale i criteri del sistema Dublino e di non ridurre le vigenti disparità tra Stati in termini di accoglienza, status e procedure: solo in questa maniera, infatti, si avrebbe una vera e compiuta attuazione del dettato dell’art. 80TFUE”.

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