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Questa settimana abbiamo scelto di focalizzarci sull’articolo 45 della Carta, che stabilisce la libertà di circolazione e di soggiorno. Lo facciamo perché, volendo ragionare sulla Brexit, ci è sembrato uno dei primi diritti venuti meno per i cittadini britannici a seguito della volontà del Regno Unito di uscire dall’Unione europea. I diritti riconosciuti ai cittadini europei in questo articolo possono essere compresi con una certa facilità: afferma infatti il primo comma che “Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”. Inoltre, la portata di questo riconoscimento non si limita ai soli europei, perché il secondo comma aggiunge un ulteriore aspetto meno noto rispetto a quello affermato nel primo, cioè che “La libertà di circolazione e di soggiorno può essere accordata, conformemente al trattato che istituisce l’Unione europea, ai cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro”. L’esame della Carta si rivela quindi utile a mettere in risalto come i principi di unità nella diversità dell’Europa abbiano la tendenza ad essere estesi a quelli del cittadino globale. È attraverso il riconoscimento così ampio di diritti che emerge l’intento di aprirsi al mondo da parte dei popoli europei ed oggi, le scelte perseguite per il contrasto del coronavirus, con la prospettiva di un nuovo, ambizioso bilancio e di una rinnovata attenzione al tema della cooperazione globale sembrano voler richiamare proprio questo senso di apertura, di capacità di dialogo e di collaborazione reciproca estesa al mondo intero.

 

 

 

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Quale direzione per il futuro dell’Europa? In queste intense settimane, sono in corso di discussione decisioni importanti ed è bene ricordarlo. Se la settimana trascorsa ha visto una serie di appuntamenti di cui si è parlato, quella che inizia oggi prevederà altrettanti momenti significativi. Su tutti, ricordiamo la prossima sessione plenaria del Parlamento europeo, prevista per il 16 e 17 giugno, e il prossimo Consiglio europeo del 18 e 19.

Alla vigilia del Vertice Europeo si svolgeranno in tutta l’Unione iniziative simboliche dei sindacati europei sulla base della Dichiarazione diffusa dalla CES che pubblichiamo in questa newsletter. Verranno posti all’attenzione temi già noti, quali la Conferenza sul futuro dell’Europa, le proposte per il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale e per il Next Generation EU. Come già sottolineato in altre sedi, è questo però il momento in cui affiancare a discussioni che affrontano temi prettamente economici o al più di prospettive future a breve termine, una seria riflessione sulla dimensione federale dell’Europa futura. È tempo di una ristrutturazione dell’Unione europea, altrimenti una parte consistente di tutto questo impegno è destinata a rimanere priva di una reale legittimazione. Continuerebbe a permanere quella che l’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi definì la “zoppia” dell’Europa, causata da una asimmetria esistente nel funzionamento della politica monetaria rispetto a quella economica. Una situazione simile, protraendosi nel tempo, non sarebbe destinata a rimanere una semplice disfunzione, ma potrebbe paralizzare il processo di integrazione europea, fino al suo fallimento. Bisogna perciò ora seriamente riflettere su questo rischio e mettere in campo tutte le energie necessarie per evitare la catastrofe: nella paralisi dell’integrazione possono ritornare spettri del passato, con effetti imprevedibili.

Ebbene, soltanto un rinnovato slancio nella direzione federale, che ponga in essere una maggiore armonizzazione in ambito fiscale, che fissi in maniera chiara le competenze, ridefinendo il rapporto centro-periferia, rendendo effettivi i principi stabiliti dai Trattati, può rappresentare la differenza. Ciò appare tanto più chiaro nel momento in cui ci troviamo. In questa settimana, infatti, si ricorda un avvenimento tragico verificatosi il 16 giugno di quattro anni fa, quando, a pochi minuti dall’inizio di un comizio dedicato alla campagna referendaria sulla Brexit, la deputata laburista Jo Cox, attivista pro Remain, venne barbaramente assassinata da uno squilibrato appartenente ad un gruppo neonazista. È un fatto che testimonia quanto pericolosi possano essere gli avversari dell’unità europea; pur trattandosi di un caso estremo, infatti, ha rappresentato dal punto di visto il linguaggio del nazionalismo che, non da oggi, si insinua nell’Unione europea. L’autore di quel gesto, infatti, inneggiava al “Britain first” nel compierlo. Ciò che preoccupa è il fatto che l’attenzione a questi avvenimenti sia stata di scarsa intensità. Sembra infatti che le priorità dei media non siano state scalfite dall’atrocità di questo gesto violento. Per questo motivo, riteniamo importante segnalare l’evento promosso dal Movimento Europeo e organizzato dal MFE di Valpolicella e da quello di Genova, che alle 21.00 del prossimo 16 giugno dedicheranno una serata alla memoria di Jo Cox.

16.06 Jo Cox

 Il Presidente del Movimento Europeo, Pier Virgilio Dastoli, interverrà per l’occasione; è prevista inoltre la partecipazione di Laura Boldrini, Lia Quartapelle, Luigi Ippolito, di altri ospiti britannici. Per l’occasione, verrà anche letto un messaggio del marito di Jo Cox, che raccontò lo sconvolgimento per la scomparsa della moglie nel libro “Jo Cox: More in common”, pubblicato nel 2017 e divenuto anche un motto dell’Europa, ripreso dal Presidente del Parlamento europeo David Sassoli.

Segnaliamo infine per il prossimo 16 giugno, alle ore 18.00, lo svolgimento del Festival Euro-Mediterraneo, iniziativa dedicata soprattutto a coinvolgere un pubblico giovane e per il quale il Movimento Europeo sarà tra i co-organizzatori, anche in questo caso con un intervento del Presidente Dastoli. Il live sarà trasmesso dalle pagine facebook di Volt Mantova e Volt Veneto.

Locandina 16.06 Volt

 

 

 

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Nei cantieri europei, provvisoriamente chiusi da anni, potrebbero riprendere fra poco i lavori.

Si tratta del cantiere del completamento dell’UEM che comprende la realizzazione dell’Unione bancaria, una migliore organizzazione della sua governance e la revisione di tutti gli strumenti decisi durante la precedente crisi finanziaria (six pack, two pack, semestre europeo, fiscal compact) perché non basta aver sospeso lo “stupido” Patto di Stabilità.

Si tratta del cantiere della difesa per tener conto degli effetti dell’imminente e definitivo passaggio dell’uscita del Regno Unito dall’UE e per rispondere all’evoluzione della politica militare statunitense sia nel caso di una conferma di Donald Trump che di una vittoria del suo sfidante democratico Jo Biden.

Si tratta del cantiere che comprende tutto lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia all’interno del quale sono bloccati dal giugno 2018 i lavori sulla revisione del Regolamento di Dublino, la lotta alla criminalità organizzata con particolare riferimento all’evasione fiscale e il contrasto delle attività di stampo mafioso su cui il Parlamento europeo ha fatto molte concrete proposte e ha istituito di recente una sottocommissione parlamentare su proposta dei Verdi tedeschi.

Si tratta del cantiere della dimensione sociale che è rimasto sostanzialmente fermo al Pilastro Sociale adottato solennemente a Göteborg  nel novembre 2017 e ancora in attesa di essere completato con atti giuridicamente vincolanti.

Ci fermiamo sulla soglia di questi quattro cantieri sapendo che, circolando all’interno dell’insieme della costruzione europea, ne scopriremmo molti altri, alcuni dei quali dovrebbero essere completati da tempo come il mercato interno o altri, che facevano parte delle priorità della presidenza Juncker come l’agenda digitale e sono rimasti a metà; altri ancora sono sottoposti a periodiche ma provvisorie manutenzioni apparentemente ordinarie come la riforma della PAC.

La crisi provocata dalla pandemia ha aperto il nuovo cantiere di fronte al quale è stato affisso il cartello Next generation EU dentro cui sono stati trasportati tutti gli attrezzi del bilancio europeo fra cui le risorse proprie, i prestiti e le tradizionali politiche comuni.

Come sappiamo non si tratta solo di opere di normale amministrazione perché è crescente fra gli addetti ai lavori l’opinione secondo cui non bastano le ristrutturazioni ma servono interventi radicali di ricostruzione o di riconversione.

Basti pensare che la cancelleria Angela Merkel annunciò trionfante – in occasione della firma a Lisbona nel 2007 del trattato che porta il nome della capitale lusitana – che l’erede dello sfortunato trattato costituzionale adottato dalla Convenzione Giscard nel 2003 avrebbe guidato il processo di integrazione europea fino al 2057!

Approfondendo la storia delle manutenzioni europee ai trattati la cancelleria Merkel si sarebbe resa conto che l’Atto Unico ha resistito tre anni e mezzo, ancor meno i trattati di Maastricht e di Amsterdam per non parlare del confuso e inutile trattato di Nizza che è stato sottoposto a revisione ancor prima di entrare in vigore.

È la prova di quella che Altiero Spinelli aveva chiamato “l’impotenza europea” del metodo confederale o intergovernativo “per sua natura inefficace, lento, inadeguato e senza garanzia di continuità, paralitico e paralizzante”.

La nuova crisi ha messo in luce che il compromesso deciso dai governi – che hanno attribuito a una dimensione federale il controllo assoluto della sovranità monetaria  lasciando agli Stati le leve delle politiche fiscali – è saltato in aria.

Formalmente gli Stati sono ancora i padroni delle politiche fiscali – oltre che dei trattati – e le disposizioni fiscali europee sono sottoposte al vincolo della unanimità e delle ratifiche nazionali ma tutto l’armamentario bancario, finanziario e di bilancio ha annullato la flessibilità nell’azione delle politiche economiche nazionali impedendo ai governi di far fronte alle inevitabili asimmetrie all’interno dell’UEM.

Poiché non è né politicamente né economicamente immaginabile il ritorno a politiche monetarie nazionali, la conseguenza di questo stato di cose è un’opera di riconversione delle politiche di bilancio ed economiche in una dimensione federale.

Questa riconversione sarà accettabile solo se sarà accompagnata dal rafforzamento della dimensione democratica sovranazionale sapendo che l’intervento dell’Unione nelle economie degli Stati membri implicherà la creazione di strumenti federali di controllo che Tommaso Padoa Schioppa aveva definito, nel suo ultimo rapporto per la Fondazione Notre Europe, il compromesso “solidarietà-controllo”.

Sperare, com’era stato con il Trattato di Maastricht, che una convergenza sostanziale delle economie possa essere affidato solo a regole e controlli lasciando i poteri esclusivi di governo a livello nazionale, è utopistico e pericoloso. Ecco perché il passaggio contemporaneo ad una vera unione economica e politica è dirimente.

E’ indispensabile che questo dibattito si riempia in Italia di contenuti concreti che sono attualmente assenti fra le forze politiche europeiste, sapendo che una posizione forte del governo e del Parlamento italiano può spingere gli altri grandi paesi europei (Francia, Germania e Spagna) verso la soluzione federale.

 coccodrillo

 

 

 

 

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Riapriamo i cantieri europei

Nei cantieri europei, provvisoriamente chiusi da anni, potrebbero riprendere fra poco i lavori.

Si tratta del cantiere del completamento dell’UEM che comprende la realizzazione dell’Unione bancaria, una migliore organizzazione della sua governance e la revisione di tutti gli strumenti decisi durante la precedente crisi finanziaria (six pack, two pack, semestre europeo, fiscal compact) perché non basta aver sospeso lo “stupido” Patto di Stabilità.

Si tratta del cantiere della difesa per tener conto degli effetti dell’imminente e definitivo passaggio dell’uscita del Regno Unito dall’UE e per rispondere all’evoluzione della politica militare statunitense sia nel caso di una conferma di Donald Trump che di una vittoria del suo sfidante democratico Jo Biden.

Si tratta del cantiere che comprende tutto lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia all’interno del quale sono bloccati dal giugno 2018 i lavori sulla revisione del Regolamento di Dublino, la lotta alla criminalità organizzata con particolare riferimento all’evasione fiscale e il contrasto delle attività di stampo mafioso su cui il Parlamento europeo ha fatto molte concrete proposte e ha istituito di recente una sottocommissione parlamentare su proposta dei Verdi tedeschi.

Si tratta del cantiere della dimensione sociale che è rimasto sostanzialmente fermo al Pilastro Sociale adottato solennemente a Göteborg  nel novembre 2017 e ancora in attesa di essere completato con atti giuridicamente vincolanti.

Ci fermiamo sulla soglia di questi quattro cantieri sapendo che, circolando all’interno dell’insieme della costruzione europea, ne scopriremmo molti altri, alcuni dei quali dovrebbero essere completati da tempo come il mercato interno o altri, che facevano parte delle priorità della presidenza Juncker come l’agenda digitale e sono rimasti a metà; altri ancora sono sottoposti a periodiche ma provvisorie manutenzioni apparentemente ordinarie come la riforma della PAC.

La crisi provocata dalla pandemia ha aperto il nuovo cantiere di fronte al quale è stato affisso il cartello Next generation EU dentro cui sono stati trasportati tutti gli attrezzi del bilancio europeo fra cui le risorse proprie, i prestiti e le tradizionali politiche comuni.

Come sappiamo non si tratta solo di opere di normale amministrazione perché è crescente fra gli addetti ai lavori l’opinione secondo cui non bastano le ristrutturazioni ma servono interventi radicali di ricostruzione o di riconversione.

Basti pensare che la cancelleria Angela Merkel annunciò trionfante – in occasione della firma a Lisbona nel 2007 del trattato che porta il nome della capitale lusitana – che l’erede dello sfortunato trattato costituzionale adottato dalla Convenzione Giscard nel 2003 avrebbe guidato il processo di integrazione europea fino al 2057!

Approfondendo la storia delle manutenzioni europee ai trattati la cancelleria Merkel si sarebbe resa conto che l’Atto Unico ha resistito tre anni e mezzo, ancor meno i trattati di Maastricht e di Amsterdam per non parlare del confuso e inutile trattato di Nizza che è stato sottoposto a revisione ancor prima di entrare in vigore.

È la prova di quella che Altiero Spinelli aveva chiamato “l’impotenza europea” del metodo confederale o intergovernativo “per sua natura inefficace, lento, inadeguato e senza garanzia di continuità, paralitico e paralizzante”.

La nuova crisi ha messo in luce che il compromesso deciso dai governi – che hanno attribuito a una dimensione federale il controllo assoluto della sovranità monetaria  lasciando agli Stati le leve delle politiche fiscali – è saltato in aria.

Formalmente gli Stati sono ancora i padroni delle politiche fiscali – oltre che dei trattati – e le disposizioni fiscali europee sono sottoposte al vincolo della unanimità e delle ratifiche nazionali ma tutto l’armamentario bancario, finanziario e di bilancio ha annullato la flessibilità nell’azione delle politiche economiche nazionali impedendo ai governi di far fronte alle inevitabili asimmetrie all’interno dell’UEM.

Poiché non è né politicamente né economicamente immaginabile il ritorno a politiche monetarie nazionali, la conseguenza di questo stato di cose è un’opera di riconversione delle politiche di bilancio ed economiche in una dimensione federale.

Questa riconversione sarà accettabile solo se sarà accompagnata dal rafforzamento della dimensione democratica sovranazionale sapendo che l’intervento dell’Unione nelle economie degli Stati membri implicherà la creazione di strumenti federali di controllo che Tommaso Padoa Schioppa aveva definito, nel suo ultimo rapporto per la Fondazione Notre Europe, il compromesso “solidarietà-controllo”.

Sperare, com’era stato con il Trattato di Maastricht, che una convergenza sostanziale delle economie possa essere affidato solo a regole e controlli lasciando i poteri esclusivi di governo a livello nazionale, è utopistico e pericoloso. Ecco perché il passaggio contemporaneo ad una vera unione economica e politica è dirimente.

E’ indispensabile che questo dibattito si riempia in Italia di contenuti concreti che sono attualmente assenti fra le forze politiche europeiste, sapendo che una posizione forte del governo e del Parlamento italiano può spingere gli altri grandi paesi europei (Francia, Germania e Spagna) verso la soluzione federale.

 coccodrillo

 


 

Iniziative della settimana

Quale direzione per il futuro dell’Europa? In queste intense settimane, sono in corso di discussione decisioni importanti ed è bene ricordarlo. Se la settimana trascorsa ha visto una serie di appuntamenti di cui si è parlato, quella che inizia oggi prevederà altrettanti momenti significativi. Su tutti, ricordiamo la prossima sessione plenaria del Parlamento europeo, prevista per il 16 e 17 giugno, e il prossimo Consiglio europeo del 18 e 19.

Alla vigilia del Vertice Europeo si svolgeranno in tutta l’Unione iniziative simboliche dei sindacati europei sulla base della Dichiarazione diffusa dalla CES che pubblichiamo in questa newsletter. Verranno posti all’attenzione temi già noti, quali la Conferenza sul futuro dell’Europa, le proposte per il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale e per il Next Generation EU. Come già sottolineato in altre sedi, è questo però il momento in cui affiancare a discussioni che affrontano temi prettamente economici o al più di prospettive future a breve termine, una seria riflessione sulla dimensione federale dell’Europa futura. È tempo di una ristrutturazione dell’Unione europea, altrimenti una parte consistente di tutto questo impegno è destinata a rimanere priva di una reale legittimazione. Continuerebbe a permanere quella che l’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi definì la “zoppia” dell’Europa, causata da una asimmetria esistente nel funzionamento della politica monetaria rispetto a quella economica. Una situazione simile, protraendosi nel tempo, non sarebbe destinata a rimanere una semplice disfunzione, ma potrebbe paralizzare il processo di integrazione europea, fino al suo fallimento. Bisogna perciò ora seriamente riflettere su questo rischio e mettere in campo tutte le energie necessarie per evitare la catastrofe: nella paralisi dell’integrazione possono ritornare spettri del passato, con effetti imprevedibili.

Ebbene, soltanto un rinnovato slancio nella direzione federale, che ponga in essere una maggiore armonizzazione in ambito fiscale, che fissi in maniera chiara le competenze, ridefinendo il rapporto centro-periferia, rendendo effettivi i principi stabiliti dai Trattati, può rappresentare la differenza. Ciò appare tanto più chiaro nel momento in cui ci troviamo. In questa settimana, infatti, si ricorda un avvenimento tragico verificatosi il 16 giugno di quattro anni fa, quando, a pochi minuti dall’inizio di un comizio dedicato alla campagna referendaria sulla Brexit, la deputata laburista Jo Cox, attivista pro Remain, venne barbaramente assassinata da uno squilibrato appartenente ad un gruppo neonazista. È un fatto che testimonia quanto pericolosi possano essere gli avversari dell’unità europea; pur trattandosi di un caso estremo, infatti, ha rappresentato dal punto di visto il linguaggio del nazionalismo che, non da oggi, si insinua nell’Unione europea. L’autore di quel gesto, infatti, inneggiava al “Britain first” nel compierlo. Ciò che preoccupa è il fatto che l’attenzione a questi avvenimenti sia stata di scarsa intensità. Sembra infatti che le priorità dei media non siano state scalfite dall’atrocità di questo gesto violento. Per questo motivo, riteniamo importante segnalare l’evento promosso dal Movimento Europeo e organizzato dal MFE di Valpolicella e da quello di Genova, che alle 21.00 del prossimo 16 giugno dedicheranno una serata alla memoria di Jo Cox.

16.06 Jo Cox

 Il Presidente del Movimento Europeo, Pier Virgilio Dastoli, interverrà per l’occasione; è prevista inoltre la partecipazione di Laura Boldrini, Lia Quartapelle, Luigi Ippolito, di altri ospiti britannici. Per l’occasione, verrà anche letto un messaggio del marito di Jo Cox, che raccontò lo sconvolgimento per la scomparsa della moglie nel libro “Jo Cox: More in common”, pubblicato nel 2017 e divenuto anche un motto dell’Europa, ripreso dal Presidente del Parlamento europeo David Sassoli.

Segnaliamo infine per il prossimo 16 giugno, alle ore 18.00, lo svolgimento del Festival Euro-Mediterraneo, iniziativa dedicata soprattutto a coinvolgere un pubblico giovane e per il quale il Movimento Europeo sarà tra i co-organizzatori, anche in questo caso con un intervento del Presidente Dastoli. Il live sarà trasmesso dalle pagine facebook di Volt Mantova e Volt Veneto.

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Documenti chiave

 


 

 Carta dei diritti fondamentali

Questa settimana abbiamo scelto di focalizzarci sull’articolo 45 della Carta, che stabilisce la libertà di circolazione e di soggiorno. Lo facciamo perché, volendo ragionare sulla Brexit, ci è sembrato uno dei primi diritti venuti meno per i cittadini britannici a seguito della volontà del Regno Unito di uscire dall’Unione europea. I diritti riconosciuti ai cittadini europei in questo articolo possono essere compresi con una certa facilità: afferma infatti il primo comma che “Ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”. Inoltre, la portata di questo riconoscimento non si limita ai soli europei, perché il secondo comma aggiunge un ulteriore aspetto meno noto rispetto a quello affermato nel primo, cioè che “La libertà di circolazione e di soggiorno può essere accordata, conformemente al trattato che istituisce l’Unione europea, ai cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro”. L’esame della Carta si rivela quindi utile a mettere in risalto come i principi di unità nella diversità dell’Europa abbiano la tendenza ad essere estesi a quelli del cittadino globale. È attraverso il riconoscimento così ampio di diritti che emerge l’intento di aprirsi al mondo da parte dei popoli europei ed oggi, le scelte perseguite per il contrasto del coronavirus, con la prospettiva di un nuovo, ambizioso bilancio e di una rinnovata attenzione al tema della cooperazione globale sembrano voler richiamare proprio questo senso di apertura, di capacità di dialogo e di collaborazione reciproca estesa al mondo intero.

 


 

L’Europa dei diritti

Con riferimento allo Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, portiamo alla vostra attenzione il caso che ha visto l’interazione tra la magistratura nazionale di uno Stato membro e quella della Corte di Giustizia Europea, per fornire dei chiarimenti interpretativi sulla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri e sull’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali, in cui si afferma che “Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza”. Il protagonista della vicenda “è un cittadino britannico residente in Spagna, sospettato di aver partecipato, quale membro di spicco di un’organizzazione criminale, all’importazione, alla distribuzione e alla vendita di droghe pesanti, in particolare di 300 kg di cocaina. Per un simile reato, la pena massima prevista dal diritto del Regno Unito è l’ergastolo”. L’arresto è avvenuto nei Paesi Bassi il 4 aprile 2018. A seguito di ciò, l’interessato “ha chiesto la sospensione della sua custodia con decorrenza dal 4 luglio 2018, data in cui sarebbero trascorsi 90 giorni dal suo arresto”. Tale istanza ha fatto sorgere alcuni dubbi interpretativi per il giudice del rinvio, relativi alla concedibilità o meno di tale sospensione. Si sono infatti verificati altri casi, come quello della sentenza del 16 luglio 2015, Lanigan, richiamata come precedente, secondo cui vi sono “obblighi che incombono, in forza di disposizioni del diritto primario dell’Unione, sul giudice investito di una domanda di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, tra cui in particolare l’obbligo, quale giudice di ultima istanza in questo tipo di cause, di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, qualora la risposta a tale domanda sia necessaria per emettere la sua decisione, e di sospendere il procedimento per quanto riguarda la consegna se esiste un rischio concreto di trattamento inumano o degradante nei confronti del ricercato nello Stato membro emittente, ai sensi della sentenza del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldărar”. E inoltre: il mantenimento della custodia a fini di consegna in un caso del genere è contrario all’articolo 6 della Carta, in particolare al principio della certezza del diritto? Nel testo della sentenza si può notare come questi dubbi abbiano portato a valutazioni differenti del giudice del rinvio del Tribunale di Amsterdam e della Corte d’appello di Amsterdam, per la cui risoluzione il primo ha invocato la CGUE, in particolare ponendo due quesiti relativi all’interpretazione rispettivamente dell’articolo 17 della decisione quadro 2002/584 e dell’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali. Entrambi i quesiti vertevano su aspetti differenti della sospensione, dopo 90 giorni, della pena detentiva per il soggetto arrestato di cui si è detto. La Corte di Giustizia dell’Ue ha fornito i chiarimenti richiesti con sentenza del 12 febbraio 2019, reperibile cliccando qui.

 


 

Consigli di lettura

Questa settimana proponiamo alla vostra attenzione il testo “Il referendum Brexit e le sue ricadute costituzionali”, del 2017, a cura del Prof. Claudio Martinelli, docente associato di Diritto pubblico comparato presso l’Università Milano Bicocca.  È lui stesso in un’intervista realizzata per l’occasione a parlarci di come è stato concepito. Proponiamo qui una sintesi di quanto detto con il docente che, ricordiamo, scrive su “Il Sole 24 Ore” e rimanda per ulteriori approfondimenti sul tema anche ai suoi saggi gratuitamente reperibili su “Osservatorio Costituzionale”:

“L’idea del libro nasce immediatamente dopo il referendum. All’inizio di luglio, ho organizzato un seminario con alcuni colleghi, presso il mio Ateneo, per commentare quanto accaduto; da lì è nato il progetto, ho coagulato intorno a me un gruppo di autori già esperti sul Regno Unito. Non potevamo prevedere il futuro ma abbiamo fissato una serie di tematiche interessanti, per capire sia i presupposti storico – giuridici del referendum, sia il referendum stesso, sia le prospettive future, con particolare attenzione sia alla forma di Stato, sia alla garanzia dei diritti individuali. Il mio saggio è trasversale, affronta quindi tutte le tematiche poi trattate singolarmente dai vari autori”.

Quali sono state le ricadute costituzionali della Brexit?

“Nel Regno Unito non ci possono essere riforme costituzionali come le intendiamo noi, perché è un altro ordinamento. Ciò non toglie che ci siano state notevolissime conseguenze costituzionali, per esempio con riferimento alle sentenze della Corte suprema. Ce ne sono due in particolare: la sentenza Miller, del 24 gennaio 2017 e la sentenza Cherry / Miller no. 2, del 24 settembre 2019, al cui interno la Corte scrive praticamente due trattati di diritto costituzionale britannico; sono quindi sentenze estremamente importanti. In questi quattro anni, poi sono successe talmente tante cose, sia a livello costituzionale, che di rapporti con l’Ue, che si può dire che la vicenda ha monopolizzato tutto il dibattito pubblico britannico e ha avuto così tante conseguenze profondissime come forse mai era accaduto dal dopoguerra ad oggi ad un’unica vicenda”.

Per esempio?

“Si tratta di conseguenze sulla intepretazione della Costituzione britannica; per esempio, quando si trattava di attivare l’articolo 50 del TUE, sul recesso dall’Ue, per applicare il risultato del referendum, il Governo pensava di emenare un suo atto, senza passare per il Parlamento. Nel frattempo, tuttavia, erano state attivate delle cause presso le Corti britanniche, poi sfociate nella sentenza della Corte suprema che ha sancito che il Governo, per attivare l’articolo 50, aveva bisogno di un’autorizzazione derivante da una legge del Parlamento. Secondo la Corte, questa vicenda non era meramente di relazioni internazionali, perché l’atto con cui il Regno Unito era entrato nel 1972 nelle Comunità europee comportava la nascita di alcuni diritti in capo ai cittadini. Siccome rappresentante dei cittadini è il Parlamento, è con una sua legge che deve autorizzare il Governo a portare all’uscita dello Uk dall’Ue. Questa sentenza è stata sancita con 8 voti a favore e 3 contrari; vi è stata la dissenting opinion di Lord Reed, che mi trova d’accordo, secondo cui non sarebbe l’attivazione dell’articolo 50 a porre una minaccia per i diritti dei cittadini inglesi, ma caso mai saranno i negoziati per la Brexit a farlo; a suo parere, l’attivazione dell’art. 50 poteva essere fatta dal Governo”.

Cosa rimane oggi di quel negoziato?

“Il negoziato è durato dal febbraio 2017 al gennaio 2020, con il Brexit Day. In realtà si era chiuso già a ottobre, con il withdrawal agreement, ed è stato durissimo, ma si è chiuso. Adesso sono ricominciati i negoziati per gli accordi di buon vicinato; ci sono dei punti molto discussi ma ormai si tratta di capire quali saranno i termini. Si avrà un transition period fino al 31 dicembre 2020 e ci potrà essere una proroga fino al 1° luglio 2021. Ci sono numerosi punti controversi, perché ciascuna delle parti vuole minimizzare gli svantaggi di questo divorzio. Dal mio punto di vista, la vicenda ha messo a dura prova la tenuta della British Constitution e delle procedure parlamentari – si può notare per esempio quanto sia emersa la figura dello speaker della Camera dei Comuni John Bercow – questo perché la Brexit ha avuto un impatto molto forte sui lavori parlamentari. Si pensi ai rapporti tra Parlamento e Governo, per esempio nel settembre 2019, quando si ebbe la prorogation di Johnson per evitare che il Parlamento legiferasse sul fatto che lui dovesse essere costretto a chiudere un accordo con l’Ue e a evitare il cosiddetto no deal”.

La Brexit, un primo caso nella storia dell’Ue di fuoriuscita di uno Stato membro, non sarebbe stata possibile senza l’art. 50, introdotto con il Trattato di Lisbona …

“Il problema dell’art. 50 è che era stato inserito per premunirsi nei confronti di alcuni Stati membri dell’Est, per poterne consentire la fuoriuscita laddove non tenessero il passo. Non si sarebbe mai immaginato, apparentemente, che invece venisse utilizzato da uno dei Paesi più grandi dell’Ue. Però è anche da considerare che il Regno Unito è sempre stato con un piede dentro ed uno fuori dall’Unione”.

 


 

 Agenda della settimana

15-21 June 2020

 Monday 15 June

Tuesday 16 June

Wednesday 17 June

Thursday 18 June

Friday 19 June

 

 

 

 

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