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Gruppo di lavoro CILAP EAPN Italia "La dimensione sociale" (nell'ambito della Piattaforma italiana per la Conferenza sul futuro dell'Europa), 05.02.2021
La settimana si apre con dei punti interrogativi ancora aperti su due fronti, italiano ed europeo. In entrambi i casi, il discorso verte sul ruolo dell'Unione europea per rispondere alle sfide impegnative che ci attendono.
Da un lato, infatti, nel contesto di crisi di governo attualmente in corso nel nostro Paese, è comparsa sulla scena una nuova formazione politica che prende il nome di “Europeisti” e che dichiara di voler dare il proprio contributo al prosieguo dei lavori, a fronte della “scossa” giunta dal gruppo politico “Italia viva”. Per inquadrare al meglio la prospettiva del Movimento europeo sulla situazione e contestualizzarla nel quadro complessivo europeo, vi rimandiamo alla lettura dell'intervento del Presidente, Pier Virgilio Dastoli, disponibile tra i testi di questa settimana. In particolare, l'analisi parte da un corretto inquadramento del concetto di “Europeismo”, risalendo alla definizione che Altiero Spinelli pubblicò sull'enciclopedia Treccani. È il segno che la risposta non può essere semplice. Ricollegandoci alla situazione attuale, è inoltre importante sottolineare un ulteriore punto: come afferma il Presidente Dastoli, essere europeisti non significa semplicemente opporsi ai sovranisti: “La discriminante non potrà essere limitata all’alternativa fra europeismo e sovranismo, ma fra la scelta del metodo federale indispensabile per creare un vero spazio pubblico europeo e un generico europeismo incapace di dare risposte adeguate ai problemi del nostro tempo e delle nuove generazioni europee“.
Dall'altro lato, le incertezze attuali su scala europea sono quelle relative alla capacità dell'Unione europea di rispondere alle necessità dei cittadini. Con riferimento al settore delle politiche sanitarie, è balzata in settimana scorsa all'attenzione – ed è ancora in attesa di essere risolta – la questione relativa all'adempimento del contratto tra la Commissione europea e Astrazeneca, attualmente in ritardo nella fornitura dei vaccini per il Covid19. Un'Europa più coesa, più efficiente, più legittimata agli occhi dei cittadini, più trasparente, più dotata delle opportune risorse è quella che urge realizzare per disporre sempre più dei mezzi necessari a gestire accordi complessi come quello sulla fornitura dei vaccini e così importanti per la salute di tutti i cittadini europei. In relazione all'argomento – seppure connesso in via indiretta, trattando anche il tema della sostenibilità sociale a livello europeo – vi ricordiamo che il prossimo 3 febbraio, alle ore 18.30, si svolgerà il convegno dal titolo “L’Unione Europea e le sfide della sostenibilità ambientale e sociale” nell'ambito di un progetto della Rete italiana dei Centri di Documentazione Europea, con il contributo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea; il Movimento europeo sarà partner dell'evento, che si svolgerà in diretta facebook sulla pagina Isesp Cde RC.
Intervento del Presidente Pier Virgilio Dastoli e del Segretario Generale Paolo Ponzano a colloquio con l'Unione dei federalisti europei belga sul tema della Conferenza sul futuro dell’Europa, 04.02.2021, h 18.30, Piattaforma Zoom (https://us02web.zoom.us/j/5970921146 - numero di riunione: 597 092 1146)
Al di là degli addetti alle cose europee, pensiamo che un numero molto limitato di lettrici e lettori della nostra newsletter saprebbe ricordare in sintesi il contenuto della cosiddetta Agenda Strategica 2019-2024 adottata dal Consiglio europeo il 20 giugno 2019 che, con inaccettabile supponenza, i capi di Stato e di governo hanno ritenuto vincolante per tutta l’Unione europea e per le sue istituzioni.
Contrariamente all’inconsistente Jean-Claude Juncker, che piegò la sua Commissione ai voleri del Consiglio europeo, che gli impose la sua agenda strategica per il quinquennio 2014-2019 con una lista di priorità rimaste inattuate alla fine dei cinque anni della sua presidenza, usando un inaccettabile atto di sottomissione istituzionale che stravolse i rapporti di potere previsti dal Trattato (uno stravolgimento di cui fu responsabile anche l’allora primo ministro italiano Matteo Renzi), la nuova presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha avuto la dignità istituzionale e la saggezza politica di negoziare la sua agenda con la maggioranza del Parlamento europeo mettendo al centro del quinquennio l’Europa verde (European Green Deal), l’Europa digitale e l’Europa delle persone.
Dal 20 giugno 2019 ad oggi sono trascorsi formalmente diciannove mesi ma tutto quel che è avvenuto in questo periodo di tempo e quel che dovrebbe avvenire nei prossimi mesi in Europa e nel mondo ha trasformato l’Agenda adottata dal Consiglio europeo in carta straccia (waste o old paper) se la si confronta con le sfide nuove che hanno messo alla prova la resilienza dell’Unione europea nel 2020 e che saranno sul tavolo delle istituzioni europee fino alle prossime elezioni europee nel maggio 2024.
Con la stessa stupefacente supponenza il Consiglio intende ora imporre al Parlamento europeo e alla Commissione europea l’agenda del 20 giugno 2019 come menu principale della Conferenza sul futuro dell’Europa, che dovrebbe dare una risposta alle necessità delle cittadine e dei cittadini europei per i prossimi dieci anni.
Noi riteniamo che il Parlamento europeo sia chiamato a respingere con la massima urgenza la proposta del Consiglio ribadendo tre questioni essenziali che dovranno costituire l'Agenda della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Occorre distinguere ciò che deve essere deciso dalle istituzioni europee - nel rispetto dei poteri che ad esse sono stati assegnati dai trattati - a partire dal programma legislativo proposto dalla Commissione europea e aggiornato per rispondere agli effetti della pandemia da ciò che deve essere discusso in un dialogo strutturato con le cittadine e con i cittadini europei sul futuro dell’Europa al di là dei trattati al fine di rendere il sistema europeo più efficiente e più democratico di fronte alle sfide impreviste e imprevedibili quando fu negoziato, firmato e ratificato il Trattato di Lisbona.
Occorre verificare durante la Conferenza, fra i rappresentanti delle istituzioni europee e nazionali e nel dialogo con le associazioni rappresentative e la società civile, a quali condizioni, con quale metodo e in che tempi sarà possibile una riforma dell’Unione europea undici anni dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Tale verifica non può essere imprigionata nel “principio del consenso” ribadito dal Consiglio nella proposta che la presidenza portoghese si appresta a presentare al Parlamento europeo e alla Commissione europea, perché ciò significherebbe impedire qualunque capacità innovativa dell’Unione europea e condizionare il futuro dell’Europa al minimo comun denominatore dell’accordo fra ventisette apparenti interessi nazionali.
Occorre definire fin dall’inizio i tempi necessari nella Conferenza per elaborare gli orientamenti e le priorità del futuro dell’Europa sapendo che gli uni e le altre potrebbero essere sviluppati secondo tesi differenti o anche contrastanti fra di loro ed essendo consapevoli che la natura e la composizione della Conferenza escludono – per dirla in inglese – la sua accountability e la sua capacità to deliver. Non è accettabile la pretesa del Consiglio secondo cui le “raccomandazioni” della Conferenza dovranno essere sottoposte al Consiglio europeo nel giugno 2024, affidandosi il destino dell’Unione al consenso (e cioè all’unanimità) dei capi di Stato e di governo. La sola istituzione europea dotata di accountability e di capacità to deliver è il Parlamento europeo al cui interno sono rappresentate tutte le forze politiche europee (di maggioranza e di opposizione) e che può parlare a nome delle cittadine e dei cittadini europei che lo hanno eletto. Spetterà dunque al Parlamento europeo tradurre in una proposta organica e globale di riforma dell’Unione europea gli orientamenti e le priorità che saranno emersi nella Conferenza in vista delle elezioni europee nel maggio 2024. In questo quadro, un ruolo importante dovrà essere assunto – durante e dopo la Conferenza – dai partiti politici a livello europeo per dare finalmente attuazione alla disposizione dei trattati (art. 10 TUE, già prevista nell’art. 191 del Trattato di Maastricht) che assegna loro il compito di contribuire “alla formazione della coscienza politica europea e all’espressione della volontà dei cittadini dell’Unione”.