LA TRANSIZIONE ECOLOGICA FRA DEVASTAZIONE E INNOVAZIONE
L’attuale legislatura europea è iniziata alla fine del 2019 con lo European Green Deal avendo come obiettivo principale la realizzazione di un’economia fondata sulla transizione verso una società libera dal carbonio entro il 2050 avendo come obiettivo intermedio il 2030 per combattere il cambiamento climatico, ridurre drasticamente la dipendenza energetica e contribuire ad un pianeta in cui “nessuno fosse lasciato indietro”.
All’inizio del 2020 eravamo a distanza di dieci anni dalla realizzazione della Agenda 2030 e cioè dei diciassette obiettivi dello sviluppo sostenibile adottati dalle Nazioni Unite nel settembre 2015 a cui si lega anche l’ispirazione della enciclica di Bergoglio “Laudato Si” – aggiornata ora con l’esortazione “Laudato Deum” – e che furono seguiti tre mesi dopo dagli accordi di Parigi.
Lo European Green Deal e cioè il Patto Verde Europeo fu salutato alla fine del 2019 come un indispensabile ed urgente passo in avanti, coerente con il modello europeo e - se si scorrono i commenti di quei mesi - non si trova traccia dell’aggressività con cui quella scelta viene oggi giudicata una “folle ideologia” da un numero crescente di movimenti conservatori (e cioè di movimenti che vogliono conservare il pianeta nello stato di attuale degrado ambientale) che rispondono alle sollecitazioni delle lobbies industriali che traggono profitti dall’ordine esistente.
Nonostante tutto quello che è avvenuto dal 2020 in poi (la pandemia, l’aumento dei flussi migratori, la guerra in Ucraina, l’inflazione, il nuovo multipolarismo) o, meglio, a causa di tutto quel che è avvenuto dal 2020 in poi il Patto Verde Europeo è apparso ancora più urgente e indispensabile ad una parte maggioritaria delle opinioni pubbliche, agli scienziati ed alla società civile.
A questi orientamenti favorevoli al Patto Verde Europeo si è aggiunta più recentemente una petizione promossa dalla sindaca di Parigi Anna Hidalgo (Petizione Eur 7) e firmata fra gli altri dai sindaci di Roma, Bruxelles, Zagabria, Krizevci, Bordeaux, Montpellier, Besançon e Lione che denunciano il fatto che la posizione del Consiglio per rendere meno vincolante la proposta della Commissione europea del novembre 2022 sulle emissioni di ossido d’azoto è uno scandalo ed una negazione democratica e che la rinuncia a rendere più rigide le norme in materia di emissioni ci condannerebbe a subirle fino al 2050 e sarebbe contraria alle norme della Organizzazione Mondiale della Salute secondo cui l’inquinamento dell’aria provoca nell’Unione europea settantamila morti ogni anno.
In questi anni la lotta al cambiamento climatico è stata largamente coerente con gli orientamenti iniziali del Patto Verde Europeo se si pensa nel settore agricolo ai prodotti fitosanitari e nel settore industriali alle plastiche, basta scorrere i siti della Commissione e del Parlamento europeo per rendersi conto dei passi in avanti fatti dall’Unione europea comunque insufficienti rispetto al degrado ambientali e leggere il discorso sullo stato dell’Unione dello scorso settembre di Ursula von der Leyen e le proposte di revisione dei trattati di Lisbona per rendersi conto che resta ferma la volontà non ideologica ma concreta di continuare questa lotta.
Essendo più vicini al rumore sempre più tumultuoso della campagna elettorale europea, si sono uniti ai conservatori che hanno scelto la via di un pianeta degradato anche i deputati del PPE insieme ad una maggioranza di Renew Europe (il gruppo che ha riunito i macroniani con i liberali), che pur avevano sostenuto all’inizio della legislatura il programma della cosiddetta “maggioranza Ursula”, nel tentativo o nell’illusione di far uscire dalle urne delle elezioni europee una coalizione di centrodestra che metta fine alla “grande alleanza” fra popolari, socialisti e liberali a cui si erano uniti anche i Verdi.
Del pacchetto legislativo presentato all’inizio della legislatura europea dalla Commissione europea con il consenso non solo di tutto il collegio ma anche di un’ampia maggioranza del Parlamento europeo che, anno dopo anno, ha approvato il programma di lavoro dell’esecutivo europeo sono state approvate norme in tutte le sue componenti essenziali dai due rami dell’autorità legislativa in testi che non si sono discostati di molto da quelli proposti dalla Commissione europea.
Sono rimaste sui tavoli del Consiglio e del Parlamento europeo due proposte di direttiva concernenti – se vogliamo usare il linguaggio semplificato della stampa – le auto elettriche e le case verdi.
Nei due casi sono in corso dei negoziati nel quadro dei cosiddetti tri-dialoghi (i governi, il Parlamento europeo e la Commissione) su cui si è concentrata la campagna delle lobbies che difendono l’idea di un’Europa e di un pianeta degradati dagli effetti devastanti del cambiamento climatico e che si basano sull’aggressione alla cosiddetta “follia ideologica ambientalista”.
Nelle dichiarazioni dei conservatori e dei sovranisti prevale in queste settimane una campagna di disinformazione secondo cui il ritorno di Frans Timmermans (il vicepresidente della Commissione europea con il “portafoglio” della transizione ecologica) nei Paesi Bassi per partecipare alle elezioni legislative del 22 novembre avrebbe privato gli ambientalisti del loro ideologo bloccando il negoziato sulle due proposte di direttiva o introducendo delle modifiche che ne avrebbero snaturato gli obiettivi iniziali.
Per quanto riguarda le cosiddette auto elettriche, che comprendono anche i bus e i veicoli pesanti, i conservatori sono riusciti in commissione ambiente nel Parlamento europeo a rinviare soltanto di due anni l’entrata in vigore della direttiva essendo rimasto invariato l’obiettivo del passaggio ai motori elettrici ed essendo state inserite delle regole più rigide per il monitoraggio del rispetto degli obiettivi.
Bisogna attendere il voto dell’aula per capire se la vittoria di Pirro dei conservatori sarà confermata dalla maggioranza dei parlamentari europei o se l’aula – come è avvenuto per il Nature Restauration Act rovescerà il temporaneo voto in commissione sapendo che la posizione adottata dal Parlamento europeo dovrà essere negoziata nel tri-dialogo con il Consiglio dove i conservatori del pianeta degradato sono in minoranza a cominciare dal governo italiano.
Francesco Giubilei, che scrive i suoi articoli su Il Giornale fondando le sue informazioni sulle dichiarazioni dei deputati europei di Fratelli d’Italia e della Lega, sostiene che il centro destra al Parlamento europeo avrebbe “bloccato la follia green” dell’auto elettrica.
Le cose non stanno esattamente come vengono descritte da Giubilei perché il negoziato è ancora tutto aperto sulle case green e sull’auto verde siamo ancora al livello della posizione adottata in commissione ambiente dove molte norme proposte dalla Commissione europea sono state rese più stringenti per autobus e veicoli più pesanti mentre il “successo” a maggioranza del centro destra (con il voto determinante dei deputati di Renew che così avevano votato in commissione sul Nature Restauration Act salvo poi essere smentiti dal loro gruppo nel voto in aula) si è limitato al rinvio della entrata in vigore della direttiva al 2030 per le auto e al 2031 per gli altri veicoli non essendovi stato nessun blocco della “follia verde”.
Vedremo se in aula prevarrà la proposta della commissione ambiente del rinvio al 2030 e al 2031 o se l’aula rovescerà il voto della commissione e come andrà poi il negoziato con il Consiglio.
È tuttavia chiaro che il negoziato si concluderà prima della fine della legislatura interrompendo il tentativo dei conservatori di paralizzarlo e di rinviarne le conclusioni alla nuova legislatura sfruttando la campagna elettorale per far prevalere un orientamento in cui la devastazione della natura possa avere la meglio.
Apparentemente più complicato appare il negoziato sulle case verdi dove nel Consiglio e nel Parlamento europeo sono state introdotti degli emendamenti alla proposta di direttiva della Commissione europea che rischiano di indebolirne il carattere innovatore.
Vale tuttavia la pena di precisare che:
- i borghi, gli edifici storici e le case popolari non sono mai stati presi in considerazione dalla proposta di direttiva europea e questa esclusione non è il frutto dell’azione del centro destra
- contrariamente alla direttiva sull’auto elettrica in cui il governo italiano è in minoranza nel negoziato sulle case green l’Italia è sostanzialmente allineata sulle posizioni della maggioranza così come lo è la Associazione italiana dei costruttori edili (Ance) che non ha nulla a che fare con la Confedilizia sbandierata dal centrodestra
- il tri-dialogo fra Parlamento europeo e Consiglio si concluderà quasi certamente a dicembre perché c’è l’impegno di tutte le istituzioni europee di chiudere tutti i negoziati legislativi sul pacchetto dello European Green Deal, che è una delle priorità di questa legislatura, entro il prossimo mese di marzo e cioè prima delle elezioni europee.
Dedicheremo una parte essenziale del nostro “Libro Verde” al tema della transizione ecologica fra devastazione e innovazione.
Roma, 17 ottobre 2023
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