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PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO SUL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE, DEI VALORI DELL’UNIONE E DEI DIRITTI DELL’UOMO CON CARATTERE DI URGENZA
Noi cittadini europei
Viste le conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio ed in particolare il punto 23.e
Vista la lettera della presidente della Commissione europea del 26 gennaio 2023 - che sembrerebbe rappresentare un mutamento di approccio dell’esecutivo europeo rispetto al Migration Pact del settembre 2020 passando dalla priorità del diritto internazionale, dei principi e dei valori dell’Unione europea e della tutela dei diritti fondamentali all’Europa che respinge e che esclude
Viste le richieste di Danimarca, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia, Grecia, Malta e Austria
Considerando gli articoli 20, 24 e 227 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Considerando gli art. 77. 78, 79 e 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Considerando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ed in particolate gli art. 1, 2, 4, 5, 15,18 19
Considerando la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951
Considerando la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo del 1985
Considerando la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali del 1950
Considerando che i capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno deciso di concentrarsi sul rafforzamento dell’azione esterna, sulla cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione, sul controllo delle frontiere esterne, sulla strumentalizzazione dei migranti a fini politici e sulla cooperazione con Europol, Frontex e Eurojust confermando il principio secondo cui il controllo dei flussi di migranti è essenzialmente un problema di sicurezza.
Considerando che nulla è stato detto sulle ragioni dei movimenti di popolazioni, che avvengono in larga parte all’interno dei paesi di origine, fra paesi dell’Africa sub-sahariana e verso paesi in via di sviluppo, sul fatto che il cosiddetto pull factor non deriva dalla mancanza di respingimenti e di rimpatri dei migranti irregolari ma dalla fuga inarrestabile dai conflitti interni, dalle guerre interstatali, dalla fame, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre, che i rimpatri sono in molti casi impossibili per l’impossibilità di sottoscrivere accordi con paesi terzi, che molti rimpatri avranno come conseguenza la morte o la schiavitù dei migranti definiti irregolari e che l’Unione europea avrebbe dovuto adottare da tempo un piano per lo sviluppo dell’Africa.
Considerando che nulla è stato detto sul valore aggiunto per le economie europee e per la ricchezza delle nostre culture dall’accoglienza dei migranti economici e sulla necessità di mobilitare risorse umane e finanziarie da mettere a disposizione in particolare dei poteri locali per garantire politiche di inclusione considerandole come gli unici strumenti efficaci per garantire la sicurezza di chi arriva e la sicurezza di chi accoglie.
Riteniamo che il Parlamento europeo debba respingere le conclusioni del Consiglio europeo usando tutti gli strumenti istituzionali di cui l’assemblea dispone e in particolare il paragrafo 23. in cui si dice:
“chiede alla Commissione europea di mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell’Unione europea per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza – compresa la sorveglianza aerea – e delle attrezzature. In tale contesto, il Consiglio europeo invita la Commissionea mettere a punto rapidamente la strategia di gestione europea integrata delle frontiere”.
Poiché gli ingenti fondi dovranno essere prelevati dal bilancio dell’Unione europea, che è finanziato dalle cittadine e dai cittadini europei, chiediamo di sapere – in quanto movimento di cittadini-contribuenti – se saranno esclusi finanziamenti per la costruzione di muri e fili spinati, su quale linea di bilancio saranno prelevati questi fondi, se sarà necessario un bilancio suppletivo e rettificativo su cui l’assemblea avrà l’ultima parola, come si verificherà la pertinenza e la necessità delle spese effettuate.
Roma, 13 febbraio 2023
PIER VIRGILIO DASTOLI
GIUSEPPE BRONZINI
CHIARA FAVILLI
FRANCESCA LONGO
MIMMO LUCANO
EMILIANO MANFREDONIA
NICOLETTA PARISI
PAOLO PONZANO
DOMENICO RIZZUTI
SOTTOSCRIVI LA PETIZIONE INVIANDO UN'EMAIL ALL'INDIRIZZO
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A Bruxelles né vincitori né vinti: ha perso l’Unione europea!
Come avviene sempre a conclusione delle riunioni del Consiglio europeo i Capi di Stato e di governo si rivolgono alle loro opinioni pubbliche nazionali da Bruxelles, ciascuno di fronte ad un gruppo ristretto di corrispondenti della carta stampata e dei media, per esprimere la loro personale soddisfazione sui risultati raggiunti.
In un rapporto di “eurosaggi” elaborato nel 2017 su incarico della Camera dei deputati sullo “stato e le prospettive dell’Unione europea”, i relatori avevano suggerito di
“facilitare lo sviluppo di un’opinione pubblica europea con un’informazione e media sensibili alle notizie “europee”. In quest’ottica, sarebbe fortemente simbolico se le conclusioni di ogni Consiglio Europeo e dei Consigli UE fossero presentate in un’unica conferenza stampacongiuntadei vertici delle Istituzioni UE. Questo darebbe ai giornalisti e quindi alle opinioni pubbliche una visione davvero europea di quanto discusso e deciso dall’insieme dei governi, riducendo gli spazi per le unilaterali narrazioni d’impronta nazionale”.
Da allora le narrazioni nazionali sono aumentate invece di ridursi ed il Consiglio europeo del 9 febbraio 2023 non ha fatto eccezione a questa prassi di dannosa frammentazione dell’immagine dell’Unione europea.
La presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, si è ancor più distinta in quest’esercizio di rivendicazione del ruolo della “nazione” attribuendo spudoratamente all’Italia meriti ed influenze che non le appartenevano come il fatto che nelle conclusioni del Vertice era stato scritto per la prima volta su sua richiesta che “la politica migratoria è un problema europeo che esige una soluzione europea”.
La lettera inviata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al Consiglio europeo il 26 gennaio 2023 – che commenteremo più avanti – iniziava invece affermando che “Migration is a European challenge for which we must provide a European response” con un approccio introdotto nella narrazione europea dalla Commissione Juncker fin dal 2015 poi ripreso regolarmente dal Consiglio europeo che si è occupato di questo tema anche se nulla è avvenuto di concreto per adottare una risposta europea a cominciare dalla mancata revisione del “Regolamento di Dublino” e di tutte le nove proposte legislative che da esso conseguono [1], una revisione rinviata per ora alla primavera del 2024.
Come sappiamo il Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio 2023, inizialmente convocato per essere dedicato solo alla risposta europea al controllo dei flussi migratori, è stato mediaticamente vissuto per l’incontro fra il presidente Zelensky con i Capi di Stato e di governo dell’Unione europea a cui si sono aggiunti i temi dell’economia, del dialogo fra la Serbia e il Kosovo e del terremoto in Turchia e Serbia.
L’economia europea nella nuova realtà geopolitica
I temi economici, divenuti più urgenti di fronte alla nuova realtà geopolitica ed ai rischi per la competitività europea nel quadro della transizione verde e digitale, sono apparsi ancora più sensibili di fronte alla sfida dei duemila miliardi di dollari in sussidi all’industria offerti dall’amministrazione Biden con i piani sulle infrastrutture (Build Back Better), sui semiconduttori (Chips Act) e soprattutto sulle tecnologie verdi (Inflation Reduction Act- IRA) che hanno spinto il 6 febbraio i ministri dell’economia tedesco Robert Habeck e francese Bruno Le Maire ad un singolare viaggio a Washington – ben più inopportuno della cena all’Eliseo fra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky dell’8 febbraio - da cui sono tornati a mani vuote con il solo effetto fortemente negativo di violare il potere esclusivo della Commissione europea sulla politica commerciale.
Dal Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio Olaf Scholz è tornato a Berlino e Emmanuel Macron è tornato a Parigi con un momentaneo successo sul tema degli aiuti di Stato – che interessano soprattutto le industrie tedesche della chimica, dell’automobile e dei semiconduttori – perchè i Capi di Stato e i governo hanno autorizzato la Commissione europea ad accettare sostegni nazionali “mirati, temporanei e proporzionati anche mediante crediti di imposta nei settori strategici per la transizione verde che subiscono l’impatto negativo delle sovvenzioni estere e degli elevati prezzi dell’energia” sapendo che i due terzi di questi aiuti sono concessi alle industrie tedesche e francesi.
Giorgia Meloni, che era volata a Bruxelles per ottenere soprattutto una doppia flessibilità sui tempi e sulle condizioni dell’uso dei fondi europei (coesione e PNRR), è tornata invece a Roma con una disponibilità solo teorica che dovrà essere negoziata prima con la Commissione europea e poi con il Consiglio sapendo che la flessibilità riguarderà esclusivamente i progetti che agevoleranno la transizione verde (e non quella digitale e gli investimenti nella politica energetica) e che essa sarà condizionata comunque al ritmo di attuazione delle riforme interne.
Il successo franco-tedesco rende irrilevante e puramente retorica l’affermazione dello stesso Consiglio europeo e l’appello della Commissione europea per “mantenere l’integrità del mercato unico e le parità di condizioni al suo interno” e la necessità di “prestare grande attenzione al mantenimento della competitività delle PMI” ma questo successo è una vittoria di Pirro perché le industrie dalle due parti del Reno non sono in grado di competere da sole contro le grandi potenze industriali americane e cinesi.
Le profonde trasformazioni dell’economia mondiale (dispersione globale della produzione, automazione e robotizzazione, competizione con le economie emergenti, superamento della distinzione fra manifattura e servizi) impongono da tempo un cambiamento di rotta alla politica industriale europea.
Non si tratta più di valutare l’“addizionalità” di politiche europee rispetto a quelle messe in campo dagli Stati membri dell’Unione europea; piuttosto, è il momento di dare forma a una politica comune che parta dalla dimensione europea e che definisca, a cascata, gli spazi d’intervento per i livelli di governo nazionali e regionali.
É necessaria una politica industriale europea innovativa, che incoraggi pienamente e favorisca l’efficienza energetica, l’economia circolare, la digitalizzazione e lo sviluppo dell’automazione e dell’intelligenza artificiale compatibile con l’obiettivo della piena occupazione.
È a livello europeo che le frammentazioni del mercato unico a trent’anni dalla sua introduzione producono costi maggiori ed è a tale livello che la necessità di un partenariato pubblico/privato capace di “creare i mercati” si fa più forte.
Non si tratta principalmente di creare adeguate capabilities, com’è imprescindibile in contesti in via di sviluppo, ma di risolvere il coordination problem che nasce nel tentativo di organizzare la specializzazione produttiva e innovativa di un intero continente.
L’Unione europea deve in primo luogo lavorare a fianco delle industrie europee, tenendo conto del suo tessuto produttivo composto essenzialmente da piccole e medie imprese (99.8%) per sostenerle nella trasformazione digitale e per costituire il corretto quadro di riferimento nonché le condizioni per promuovere l’innovazione, gli investimenti e gli strumenti finanziari e fiscali che consentano loro di crescere e di espandersi.
L’Unione europea dovrebbe prevedere politiche di sviluppo dell’innovazione tecnologica, con una cabina di regia europea che sia in grado di indicare strategie da seguire e coordini il lavoro dei partecipanti facendo attenzione a che le ricadute industriali siano quanto più diffuse sul territorio europeo in un’ottica di aumento della quota percentuale del prodotto industriale sul PIL.
In questo quadro il processo di automazione che coinvolgerà anche l’industria manifatturiera e che richiederà misure di sostegno anche a livello europeo dovrà essere accompagnato da cambiamenti radicali nella formazione dei lavoratori ripensando programmi e metodologie didattiche e utilizzando la robotica come stimolo alle capacità cognitive e alla creazione di lavori di alta qualità.
La politica industriale europea deve essere fondata su una strategia globale che comprenda misure finanziarie, legislative e non legislative nei settori della digitalizzazione, della sostenibilità, dell’economia circolare, dell’efficienza energetica ma anche delle imprese di economia sociale.
In questo spirito la proposta della Commissione europea per un Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age presentata il 1° febbraio 2023 e il progetto di un Fondo Sovrano Europeo per l’Industria come bene pubblico europeo lanciato da Thierry Breton e Paolo Gentiloni il 3 ottobre 2022 torneranno inevitabilmente di attualità quando si aprirà nel prossimo giugno la discussione sulla revisione del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027.
In questo quadro, il Movimento europeo ha presentato una serie di proposte articolate sullo sviluppo di beni pubblici europee (www.movimentoeuropeo.it) che riguardano sia la politica economica che quella fiscale e intende rilanciare la proposta avanzata dal premio Nobel dell’economia Robert Shiller e poi del governo spagnolo di Pedro Sanchez per titoli europei perpetui come forma innovativa di azionariato dell’Unione europea.
L’Unione che respinge e che esclude
Come abbiamo scritto più sopra, la revisione del Regolamento di Dublino è stata rinviata di comune accordo dal Parlamento europeo e dal Consiglio alla primavera del 2024 durante la presidenza belga del Consiglio con l’impegno di concludere i negoziati prima della fine dell’attuale legislatura.
Legittimati dalla sorprendente lettera della presidente della Commissione europea del 26 gennaio 2023 - che annuncia un mutamento di approccio dell’esecutivo europeo rispetto al Migration Pact del settembre 2020 passando dalla priorità del diritto internazionale, dei principi e dei valori dell’Unione europea e della tutela dei diritti fondamentali all’Europa che respinge e che esclude – e sospinti dalle richieste di Danimarca, Lituania, Lettonia,Estonia, Slovacchia, Grecia. Malta e Austria su ispirazione del cancelliere austriaco Karl Nehammer con la complicità di Italia e Paesi Bassi, i capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno deciso di concentrarsi sul rafforzamento dell’azione esterna, sulla cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione, sul controllo delle frontiere esterne, sulla strumentalizzazione dei migranti a fini politici e sulla cooperazione con Europol, Frontex e Eurojust confermando il principio secondo cui il controllo dei flussi di migranti è essenzialmente un problema di sicurezza.
Nulla è stato detto sulle ragioni dei movimenti di popolazioni, che avvengono in larga parte all’interno dei paesi di origine, fra paesi dell’Africa sub-sahariana e verso paesi in via di sviluppo, sul fatto che il cosiddetto pull factor non deriva dalla mancanza di respingimenti e di rimpatri dei migranti irregolari ma dalla fuga inarrestabile dai conflitti interni, dalle guerre interstatali, dalla fame, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre, che i rimpatri sono in molti casi impossibili per l’impossibilità di sottoscrivere accordi con paesi terzi, che molti rimpatri avranno come conseguenza la morte o la schiavitù dei migranti definiti irregolari e che l’Unione europea avrebbe dovuto adottare da tempo un piano per lo sviluppo dell’Africa.
Nulla è detto sul valore aggiunto per le economie europee e per la ricchezza delle nostre culture dall’accoglienza dei migranti economici e sulla necessità di mobilitare risorse umane e finanziarie da mettere a disposizione in particolare dei poteri locali per garantire politiche di inclusione considerandole come gli unici strumenti efficaci per garantire la sicurezza di chi arriva e la sicurezza di chi accoglie.
Quel che deve suscitare una fortissima reazione da parte delle organizzazioni non governative e delle associazioni rappresentative della società civile - al fine di spingere il Parlamento europeo a rifiutare le conclusioni del Consiglio europeo usando tutti gli strumenti istituzionali di cui l’assemblea dispone – è il paragrafo 23.e (scusate il linguaggio burocratico) delle conclusioni in cui si dice senza vergogna:
“chiede alla Commissione europea di mobilitare immediatamenteingenti fondi e mezzi dell’Unione europea per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza – compresa la sorveglianza aerea – e delle attrezzature. In tale contesto, il Consiglio europeo invita la Commissione (che si era già auto-invitata nella lettera della presidente Ursula von der Leyen del 26 gennaio 2023, n.d.r.) a mettere a punto rapidamente la strategia di gestione europea integrata delle frontiere”.
Pudicamente, Ursula von der Leyen ha specificato in conferenza stampa che il controllo delle frontiere esterne sarà garantito da telecamere, sorveglianza elettronica, strade, torri, veicoli e personale evitando di contraddire se stessa quando aveva detto che l’Unione europea non avrebbe finanziato né muri né fili spinati.
Poiché gli ingenti fondi dovranno essere prelevati dal bilancio dell’Unione europea, che è finanziato dalle cittadine e dai cittadini europei, il Movimento europeo intende inviare una petizione al Parlamento europeo per sapere – in quanto movimento di cittadini-contribuenti – su quale linea di bilancio saranno prelevati, se sarà necessario un bilancio suppletivo e rettificativo su cui l’assemblea avrà l’ultima parola e se saranno esclusi finanziamenti per muri e fili spinati...
L’Ucraina e l’Unione europea
Il Consiglio europeo ha ribadito tutti gli impegni assunti dall’Unione europea fin dall’inizio dell’aggressione russa del 24 febbraio 2022 che si possono leggere nelle conclusioni ma non ha ritenuto opportuno rispondere alla richiesta del presidente Zelensky di inviare a Kiev aerei da combattimento oltre che carri armati.
Nessun impegno è stato preso sui tempi dell’adesione dell’Ucraina all’Unione europea (che Kiev vorrebbe fissare entro il 2026) limitandosi a riconoscere “la determinazione dell’Ucraina a soddisfare i requisiti necessari al fine di avviare quanto prima i negoziati di adesione” e “il potenziale dell’accordo di associazione, compresa la zona di libero scambio globale e approfondita, in modo da creare le condizioni per il rafforzamento delle relazioni economiche e commerciali in vista dell’integrazione dell’Ucraina nel mercato unico dell’Unione europea”.
Appare evidente che i tempi di adesione dell’Ucraina all’Unione europea saranno strettamente legati a due fattori che prescindono dalla determinazione di Kiev ad entrare a far parte pienamente della famiglia europea: i tempi e le modalità dei negoziati con i paesi dei Balcani Occidentali che attendono da anni sulle porte dell’Unione europea e l’imprescindibile necessità di un’ampia riforma del sistema europeo le cui inefficienze sono già evidenti in una unione a ventisette e che diventerebbero insopportabili in una unione che sarebbe chiamata ad integrare fino a trentacinque paesi membri.
Questo stato di cose rafforza la posizione del Movimento europeo secondo cui la legislatura che inizierà a luglio 2024 dovrà avere una dimensione costituente sotto la guida del nuovo Parlamento eletto - ispirandosi al metodo e al contenuto del progetto adottato dall’assemblea il 14 febbraio 1984 - al fine di dotare l’Unione europea di un nuovo trattato di natura federale, fondato sui principi di una sovranità condivisa e non sulla somma di sovranità nazionali, sul rispetto dello stato di diritto, sul primato del diritto europeo e su una democrazia sovranazionale rappresentativa,partecipativa, paritaria e di prossimità.
Roma, 13 febbraio 2023
[1]Regulation for Asylum and Migration Management, Regulation for Crisis and Force Majeur, Screenimg Regulation and proposal amending several regulations to facilitate the Screening, Qualification Regulation, Reception Conditions Directive, Amended Asylum Procedures regulation, Return Directive, Amended EURODAC Regulation, Union Resettlement Framework Regulation
La nostra newsletter settimanale Noi e il futuro dell'Europa è stata concepita per contribuire ad una corretta informazione sull’Unione europea e partecipare al dibattito sulla riforma dell’Unione, così come abbiamo fatto durante la Conferenza sul futuro dell’Europa e come continueremo a fare in vista delle elezioni europee del maggio 2024.
Il Movimento europeo Italia seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre 2022 anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.
Ecco l’indice della nostra newsletter di oggi:
- Editoriale, che esprime l’opinione del Movimento europeo su un tema di attualità
- Attiriamo la vostra attenzione
- La settimana del Movimento europeo
- Eventi principali, sull’Europa in Italia e Testi in evidenza
Siamo come sempre a vostra disposizione per migliorare il nostro servizio di comunicazione e di informazione e per aggiungere vostri eventi di interesse europeo nella speranza di poter contare su un vostro volontario contributo finanziario.
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Il Movimento europeo Italia seguirà con particolare attenzione la politica europea dell'Italia dopo le elezioni del 25 settembre 2022 anche attraverso i suoi social Facebook, Instagram, Twitter e infografiche oltre che sulla newsletter.
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- La settimana del Movimento europeo
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L'EDITORIALE
A Bruxelles né vincitori né vinti: ha perso l’Unione europea!
Come avviene sempre a conclusione delle riunioni del Consiglio europeo i Capi di Stato e di governo si rivolgono alle loro opinioni pubbliche nazionali da Bruxelles, ciascuno di fronte ad un gruppo ristretto di corrispondenti della carta stampata e dei media, per esprimere la loro personale soddisfazione sui risultati raggiunti.
In un rapporto di “eurosaggi” elaborato nel 2017 su incarico della Camera dei deputati sullo “stato e le prospettive dell’Unione europea”, i relatori avevano suggerito di
“facilitare lo sviluppo di un’opinione pubblica europea con un’informazione e media sensibili alle notizie “europee”. In quest’ottica, sarebbe fortemente simbolico se le conclusioni di ogni Consiglio Europeo e dei Consigli UE fossero presentate in un’unica conferenza stampacongiuntadei vertici delle Istituzioni UE. Questo darebbe ai giornalisti e quindi alle opinioni pubbliche una visione davvero europea di quanto discusso e deciso dall’insieme dei governi, riducendo gli spazi per le unilaterali narrazioni d’impronta nazionale”.
Da allora le narrazioni nazionali sono aumentate invece di ridursi ed il Consiglio europeo del 9 febbraio 2023 non ha fatto eccezione a questa prassi di dannosa frammentazione dell’immagine dell’Unione europea.
La presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, si è ancor più distinta in quest’esercizio di rivendicazione del ruolo della “nazione” attribuendo spudoratamente all’Italia meriti ed influenze che non le appartenevano come il fatto che nelle conclusioni del Vertice era stato scritto per la prima volta su sua richiesta che “la politica migratoria è un problema europeo che esige una soluzione europea”.
La lettera inviata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, al Consiglio europeo il 26 gennaio 2023 – che commenteremo più avanti – iniziava invece affermando che “Migration is a European challenge for which we must provide a European response” con un approccio introdotto nella narrazione europea dalla Commissione Juncker fin dal 2015 poi ripreso regolarmente dal Consiglio europeo che si è occupato di questo tema anche se nulla è avvenuto di concreto per adottare una risposta europea a cominciare dalla mancata revisione del “Regolamento di Dublino” e di tutte le nove proposte legislative che da esso conseguono [1], una revisione rinviata per ora alla primavera del 2024.
Come sappiamo il Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio 2023, inizialmente convocato per essere dedicato solo alla risposta europea al controllo dei flussi migratori, è stato mediaticamente vissuto per l’incontro fra il presidente Zelensky con i Capi di Stato e di governo dell’Unione europea a cui si sono aggiunti i temi dell’economia, del dialogo fra la Serbia e il Kosovo e del terremoto in Turchia e Serbia.
L’economia europea nella nuova realtà geopolitica
I temi economici, divenuti più urgenti di fronte alla nuova realtà geopolitica ed ai rischi per la competitività europea nel quadro della transizione verde e digitale, sono apparsi ancora più sensibili di fronte alla sfida dei duemila miliardi di dollari in sussidi all’industria offerti dall’amministrazione Biden con i piani sulle infrastrutture (Build Back Better), sui semiconduttori (Chips Act) e soprattutto sulle tecnologie verdi (Inflation Reduction Act- IRA) che hanno spinto il 6 febbraio i ministri dell’economia tedesco Robert Habeck e francese Bruno Le Maire ad un singolare viaggio a Washington – ben più inopportuno della cena all’Eliseo fra Emmanuel Macron, Olaf Scholz e Volodymyr Zelensky dell’8 febbraio - da cui sono tornati a mani vuote con il solo effetto fortemente negativo di violare il potere esclusivo della Commissione europea sulla politica commerciale.
Dal Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio Olaf Scholz è tornato a Berlino e Emmanuel Macron è tornato a Parigi con un momentaneo successo sul tema degli aiuti di Stato – che interessano soprattutto le industrie tedesche della chimica, dell’automobile e dei semiconduttori – perchè i Capi di Stato e i governo hanno autorizzato la Commissione europea ad accettare sostegni nazionali “mirati, temporanei e proporzionati anche mediante crediti di imposta nei settori strategici per la transizione verde che subiscono l’impatto negativo delle sovvenzioni estere e degli elevati prezzi dell’energia” sapendo che i due terzi di questi aiuti sono concessi alle industrie tedesche e francesi.
Giorgia Meloni, che era volata a Bruxelles per ottenere soprattutto una doppia flessibilità sui tempi e sulle condizioni dell’uso dei fondi europei (coesione e PNRR), è tornata invece a Roma con una disponibilità solo teorica che dovrà essere negoziata prima con la Commissione europea e poi con il Consiglio sapendo che la flessibilità riguarderà esclusivamente i progetti che agevoleranno la transizione verde (e non quella digitale e gli investimenti nella politica energetica) e che essa sarà condizionata comunque al ritmo di attuazione delle riforme interne.
Il successo franco-tedesco rende irrilevante e puramente retorica l’affermazione dello stesso Consiglio europeo e l’appello della Commissione europea per “mantenere l’integrità del mercato unico e le parità di condizioni al suo interno” e la necessità di “prestare grande attenzione al mantenimento della competitività delle PMI” ma questo successo è una vittoria di Pirro perché le industrie dalle due parti del Reno non sono in grado di competere da sole contro le grandi potenze industriali americane e cinesi.
Le profonde trasformazioni dell’economia mondiale (dispersione globale della produzione, automazione e robotizzazione, competizione con le economie emergenti, superamento della distinzione fra manifattura e servizi) impongono da tempo un cambiamento di rotta alla politica industriale europea.
Non si tratta più di valutare l’“addizionalità” di politiche europee rispetto a quelle messe in campo dagli Stati membri dell’Unione europea; piuttosto, è il momento di dare forma a una politica comune che parta dalla dimensione europea e che definisca, a cascata, gli spazi d’intervento per i livelli di governo nazionali e regionali.
É necessaria una politica industriale europea innovativa, che incoraggi pienamente e favorisca l’efficienza energetica, l’economia circolare, la digitalizzazione e lo sviluppo dell’automazione e dell’intelligenza artificiale compatibile con l’obiettivo della piena occupazione.
È a livello europeo che le frammentazioni del mercato unico a trent’anni dalla sua introduzione producono costi maggiori ed è a tale livello che la necessità di un partenariato pubblico/privato capace di “creare i mercati” si fa più forte.
Non si tratta principalmente di creare adeguate capabilities, com’è imprescindibile in contesti in via di sviluppo, ma di risolvere il coordination problem che nasce nel tentativo di organizzare la specializzazione produttiva e innovativa di un intero continente.
L’Unione europea deve in primo luogo lavorare a fianco delle industrie europee, tenendo conto del suo tessuto produttivo composto essenzialmente da piccole e medie imprese (99.8%) per sostenerle nella trasformazione digitale e per costituire il corretto quadro di riferimento nonché le condizioni per promuovere l’innovazione, gli investimenti e gli strumenti finanziari e fiscali che consentano loro di crescere e di espandersi.
L’Unione europea dovrebbe prevedere politiche di sviluppo dell’innovazione tecnologica, con una cabina di regia europea che sia in grado di indicare strategie da seguire e coordini il lavoro dei partecipanti facendo attenzione a che le ricadute industriali siano quanto più diffuse sul territorio europeo in un’ottica di aumento della quota percentuale del prodotto industriale sul PIL.
In questo quadro il processo di automazione che coinvolgerà anche l’industria manifatturiera e che richiederà misure di sostegno anche a livello europeo dovrà essere accompagnato da cambiamenti radicali nella formazione dei lavoratori ripensando programmi e metodologie didattiche e utilizzando la robotica come stimolo alle capacità cognitive e alla creazione di lavori di alta qualità.
La politica industriale europea deve essere fondata su una strategia globale che comprenda misure finanziarie, legislative e non legislative nei settori della digitalizzazione, della sostenibilità, dell’economia circolare, dell’efficienza energetica ma anche delle imprese di economia sociale.
In questo spirito la proposta della Commissione europea per un Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age presentata il 1° febbraio 2023 e il progetto di un Fondo Sovrano Europeo per l’Industria come bene pubblico europeo lanciato da Thierry Breton e Paolo Gentiloni il 3 ottobre 2022 torneranno inevitabilmente di attualità quando si aprirà nel prossimo giugno la discussione sulla revisione del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027.
In questo quadro, il Movimento europeo ha presentato una serie di proposte articolate sullo sviluppo di beni pubblici europee (www.movimentoeuropeo.it) che riguardano sia la politica economica che quella fiscale e intende rilanciare la proposta avanzata dal premio Nobel dell’economia Robert Shiller e poi del governo spagnolo di Pedro Sanchez per titoli europei perpetui come forma innovativa di azionariato dell’Unione europea.
L’Unione che respinge e che esclude
Come abbiamo scritto più sopra, la revisione del Regolamento di Dublino è stata rinviata di comune accordo dal Parlamento europeo e dal Consiglio alla primavera del 2024 durante la presidenza belga del Consiglio con l’impegno di concludere i negoziati prima della fine dell’attuale legislatura.
Legittimati dalla sorprendente lettera della presidente della Commissione europea del 26 gennaio 2023 - che annuncia un mutamento di approccio dell’esecutivo europeo rispetto al Migration Pact del settembre 2020 passando dalla priorità del diritto internazionale, dei principi e dei valori dell’Unione europea e della tutela dei diritti fondamentali all’Europa che respinge e che esclude – e sospinti dalle richieste di Danimarca, Lituania, Lettonia,Estonia, Slovacchia, Grecia. Malta e Austria su ispirazione del cancelliere austriaco Karl Nehammer con la complicità di Italia e Paesi Bassi, i capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno deciso di concentrarsi sul rafforzamento dell’azione esterna, sulla cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione, sul controllo delle frontiere esterne, sulla strumentalizzazione dei migranti a fini politici e sulla cooperazione con Europol, Frontex e Eurojust confermando il principio secondo cui il controllo dei flussi di migranti è essenzialmente un problema di sicurezza.
Nulla è stato detto sulle ragioni dei movimenti di popolazioni, che avvengono in larga parte all’interno dei paesi di origine, fra paesi dell’Africa sub-sahariana e verso paesi in via di sviluppo, sul fatto che il cosiddetto pull factor non deriva dalla mancanza di respingimenti e di rimpatri dei migranti irregolari ma dalla fuga inarrestabile dai conflitti interni, dalle guerre interstatali, dalla fame, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre, che i rimpatri sono in molti casi impossibili per l’impossibilità di sottoscrivere accordi con paesi terzi, che molti rimpatri avranno come conseguenza la morte o la schiavitù dei migranti definiti irregolari e che l’Unione europea avrebbe dovuto adottare da tempo un piano per lo sviluppo dell’Africa.
Nulla è detto sul valore aggiunto per le economie europee e per la ricchezza delle nostre culture dall’accoglienza dei migranti economici e sulla necessità di mobilitare risorse umane e finanziarie da mettere a disposizione in particolare dei poteri locali per garantire politiche di inclusione considerandole come gli unici strumenti efficaci per garantire la sicurezza di chi arriva e la sicurezza di chi accoglie.
Quel che deve suscitare una fortissima reazione da parte delle organizzazioni non governative e delle associazioni rappresentative della società civile - al fine di spingere il Parlamento europeo a rifiutare le conclusioni del Consiglio europeo usando tutti gli strumenti istituzionali di cui l’assemblea dispone – è il paragrafo 23.e (scusate il linguaggio burocratico) delle conclusioni in cui si dice senza vergogna:
“chiede alla Commissione europea di mobilitare immediatamenteingenti fondi e mezzi dell’Unione europea per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza – compresa la sorveglianza aerea – e delle attrezzature. In tale contesto, il Consiglio europeo invita la Commissione (che si era già auto-invitata nella lettera della presidente Ursula von der Leyen del 26 gennaio 2023, n.d.r.) a mettere a punto rapidamente la strategia di gestione europea integrata delle frontiere”.
Pudicamente, Ursula von der Leyen ha specificato in conferenza stampa che il controllo delle frontiere esterne sarà garantito da telecamere, sorveglianza elettronica, strade, torri, veicoli e personale evitando di contraddire se stessa quando aveva detto che l’Unione europea non avrebbe finanziato né muri né fili spinati.
Poiché gli ingenti fondi dovranno essere prelevati dal bilancio dell’Unione europea, che è finanziato dalle cittadine e dai cittadini europei, il Movimento europeo intende inviare una petizione al Parlamento europeo per sapere – in quanto movimento di cittadini-contribuenti – su quale linea di bilancio saranno prelevati, se sarà necessario un bilancio suppletivo e rettificativo su cui l’assemblea avrà l’ultima parola e se saranno esclusi finanziamenti per muri e fili spinati...
L’Ucraina e l’Unione europea
Il Consiglio europeo ha ribadito tutti gli impegni assunti dall’Unione europea fin dall’inizio dell’aggressione russa del 24 febbraio 2022 che si possono leggere nelle conclusioni ma non ha ritenuto opportuno rispondere alla richiesta del presidente Zelensky di inviare a Kiev aerei da combattimento oltre che carri armati.
Nessun impegno è stato preso sui tempi dell’adesione dell’Ucraina all’Unione europea (che Kiev vorrebbe fissare entro il 2026) limitandosi a riconoscere “la determinazione dell’Ucraina a soddisfare i requisiti necessari al fine di avviare quanto prima i negoziati di adesione” e “il potenziale dell’accordo di associazione, compresa la zona di libero scambio globale e approfondita, in modo da creare le condizioni per il rafforzamento delle relazioni economiche e commerciali in vista dell’integrazione dell’Ucraina nel mercato unico dell’Unione europea”.
Appare evidente che i tempi di adesione dell’Ucraina all’Unione europea saranno strettamente legati a due fattori che prescindono dalla determinazione di Kiev ad entrare a far parte pienamente della famiglia europea: i tempi e le modalità dei negoziati con i paesi dei Balcani Occidentali che attendono da anni sulle porte dell’Unione europea e l’imprescindibile necessità di un’ampia riforma del sistema europeo le cui inefficienze sono già evidenti in una unione a ventisette e che diventerebbero insopportabili in una unione che sarebbe chiamata ad integrare fino a trentacinque paesi membri.
Questo stato di cose rafforza la posizione del Movimento europeo secondo cui la legislatura che inizierà a luglio 2024 dovrà avere una dimensione costituente sotto la guida del nuovo Parlamento eletto - ispirandosi al metodo e al contenuto del progetto adottato dall’assemblea il 14 febbraio 1984 - al fine di dotare l’Unione europea di un nuovo trattato di natura federale, fondato sui principi di una sovranità condivisa e non sulla somma di sovranità nazionali, sul rispetto dello stato di diritto, sul primato del diritto europeo e su una democrazia sovranazionale rappresentativa,partecipativa, paritaria e di prossimità.
Roma, 13 febbraio 2023
[1]Regulation for Asylum and Migration Management, Regulation for Crisis and Force Majeur, Screenimg Regulation and proposal amending several regulations to facilitate the Screening, Qualification Regulation, Reception Conditions Directive, Amended Asylum Procedures regulation, Return Directive, Amended EURODAC Regulation, Union Resettlement Framework Regulation
ATTIRIAMO LA VOSTRA ATTENZIONE
PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO SUL RISPETTO DEL DIRITTO INTERNAZIONALE, DEI VALORI DELL’UNIONE E DEI DIRITTI DELL’UOMO CON CARATTERE DI URGENZA
Noi cittadini europei
Viste le conclusioni del Consiglio europeo straordinario del 9 febbraio ed in particolare il punto 23.e
Vista la lettera della presidente della Commissione europea del 26 gennaio 2023 - che sembrerebbe rappresentare un mutamento di approccio dell’esecutivo europeo rispetto al Migration Pact del settembre 2020 passando dalla priorità del diritto internazionale, dei principi e dei valori dell’Unione europea e della tutela dei diritti fondamentali all’Europa che respinge e che esclude
Viste le richieste di Danimarca, Lituania, Lettonia, Estonia, Slovacchia, Grecia, Malta e Austria
Considerando gli articoli 20, 24 e 227 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Considerando gli art. 77. 78, 79 e 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea
Considerando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ed in particolate gli art. 1, 2, 4, 5, 15,18 19
Considerando la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati del 1951
Considerando la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo del 1985
Considerando la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali del 1950
Considerando che i capi di Stato e di governo dei Ventisette hanno deciso di concentrarsi sul rafforzamento dell’azione esterna, sulla cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione, sul controllo delle frontiere esterne, sulla strumentalizzazione dei migranti a fini politici e sulla cooperazione con Europol, Frontex e Eurojust confermando il principio secondo cui il controllo dei flussi di migranti è essenzialmente un problema di sicurezza.
Considerando che nulla è stato detto sulle ragioni dei movimenti di popolazioni, che avvengono in larga parte all’interno dei paesi di origine, fra paesi dell’Africa sub-sahariana e verso paesi in via di sviluppo, sul fatto che il cosiddetto pull factor non deriva dalla mancanza di respingimenti e di rimpatri dei migranti irregolari ma dalla fuga inarrestabile dai conflitti interni, dalle guerre interstatali, dalla fame, dai disastri ambientali e dall’espropriazione delle terre, che i rimpatri sono in molti casi impossibili per l’impossibilità di sottoscrivere accordi con paesi terzi, che molti rimpatri avranno come conseguenza la morte o la schiavitù dei migranti definiti irregolari e che l’Unione europea avrebbe dovuto adottare da tempo un piano per lo sviluppo dell’Africa.
Considerando che nulla è stato detto sul valore aggiunto per le economie europee e per la ricchezza delle nostre culture dall’accoglienza dei migranti economici e sulla necessità di mobilitare risorse umane e finanziarie da mettere a disposizione in particolare dei poteri locali per garantire politiche di inclusione considerandole come gli unici strumenti efficaci per garantire la sicurezza di chi arriva e la sicurezza di chi accoglie.
Riteniamo che il Parlamento europeo debba respingere le conclusioni del Consiglio europeo usando tutti gli strumenti istituzionali di cui l’assemblea dispone e in particolare il paragrafo 23. in cui si dice:
“chiede alla Commissione europea di mobilitare immediatamente ingenti fondi e mezzi dell’Unione europea per sostenere gli Stati membri nel rafforzamento delle capacità e delle infrastrutture di protezione delle frontiere, dei mezzi di sorveglianza – compresa la sorveglianza aerea – e delle attrezzature. In tale contesto, il Consiglio europeo invita la Commissionea mettere a punto rapidamente la strategia di gestione europea integrata delle frontiere”.
Poiché gli ingenti fondi dovranno essere prelevati dal bilancio dell’Unione europea, che è finanziato dalle cittadine e dai cittadini europei, chiediamo di sapere – in quanto movimento di cittadini-contribuenti – se saranno esclusi finanziamenti per la costruzione di muri e fili spinati, su quale linea di bilancio saranno prelevati questi fondi, se sarà necessario un bilancio suppletivo e rettificativo su cui l’assemblea avrà l’ultima parola, come si verificherà la pertinenza e la necessità delle spese effettuate.
Roma, 13 febbraio 2023
PIER VIRGILIO DASTOLI
GIUSEPPE BRONZINI
CHIARA FAVILLI
FRANCESCA LONGO
MIMMO LUCANO
EMILIANO MANFREDONIA
NICOLETTA PARISI
PAOLO PONZANO
DOMENICO RIZZUTI
SOTTOSCRIVI LA PETIZIONE INVIANDO UN'EMAIL ALL'INDIRIZZO
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LA SETTIMANA DEL MOVIMENTO EUROPEO
14 febbraio
Genova, riunione costitutiva del Centro di coordinamento regionale del Movimento europeo della Liguria
16 febbraio
Roma, incontro “David Sassoli, un cristiano al servizio della politica” (Acli, Azione Cattolica, Agesci, Movimento Politico per l’Unità)
17 febbraio
Roma, cerimonia di inaugurazione dell'Europa Experience – David Sassoli
IN EVIDENZA
VI SEGNALIAMO
Martedì 14 febbraio, ore 16:30, Genova. Il Movimento Europeo Italia ha deciso di promuovere la costituzione in ogni regione di propri Centri di coordinamento regionale in vista delle Elezioni Europee che si terranno a maggio del 2024. Presso la sede del "Centro in Europa" a Genova, si svolgerà la riunione costitutiva del coordinamento regionale ligure del Movimento europeo.
Giovedì 16 febbraio, ore 18:30, Roma. Le Acli, Agesci, Azione Cattolica e il Movimento Politico per l’Unità promuovono la presentazione del libro “La saggezza e l’audacia”, una raccolta di discorsi per l’Italia e per l’Europa, scritti da David Maria Sassoli durante la stagione della presidenza del Parlamento europeo, ad un anno dalla sua scomparsa. Sarà possibile seguire l’evento in diretta streaming sui canali delle Associazioni promotrici. LOCANDINA.
Lunedì 6 febbraio, ore 9:00-19:00. La Federazione Nazionale Insegnanti - FNISM, promuove l'incontro dal titolo “L’umanità contemporaneità tra pedagogia, scienza, storia e filosofia” presso la sede dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro (Sala Leogrande - Palazzo ex Poste Centro Polifunzionale). Nel corso della sessione pomeridiana, il Presidente del Movimento europeo Italia, Pier Virgilio Dastoli, interverrà sul tema "Unione europea e promozione della salute". Sarà possibile seguire l'incontro anche in live streaming. PROGRAMMA.
Martedì 7 febbraio, ore 18:00-20:00. Nell’ambito del ciclo di incontri “DIALOGHI EUROPEI” che il Movimento europeo ha deciso di dedicare alle priorità dell’Unione europea nel 2023, avrà luogo il Webinar dal titolo “LE POLITICHE MIGRATORIE ALLA PROVA DEL DECRETO LEGGE DEL 2 GENNAIO 2023 SULLA GESTIONE DEI FLUSSI MIGRATORI”, sulla piattaforma zoom del Movimento europeo. Saluti introduttivi: Pier Virgilio Dastoli - Presidente del Movimento europeo Italia. Presiede e coordina: Giuseppe Bronzini - Segretario generale del Movimento europeo Italia Interventi: VeronicaAlfonsi - Presidente Open Arms Italia, Luca Barana - Research Fellow presso Istituto Affari Internazionali, Chiara Favilli - Ordinaria di diritto dell’Unione europea Università di Firenze, Mariarosaria Guglielmi - Presidente MEDEL – Magistrati Europei per la Democrazia e le Libertà, Ilaria Masinara - Responsabile campagne Amnesty International Italia, Enzo Mattina - Già parlamentare europeo ed italiano, Filippo Miraglia - Responsabile Area Sociale, Immigrazione e Internazionale ARCI (in attesa di conferma), Marco Tarquinio - Direttore Avvenire. E previsto inoltre l’intervento di un rappresentante della Comunità di Sant’Egidio. Conclusioni: Giuseppe Bronzini - Segretario generale del Movimento europeo Italia. Per partecipare e ricevere il link per il collegamento, è necessario inviare una richiesta all'indirizzoQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. N.B.: Le iscrizioni verranno accettate fino ad esaurimento posti (max 100). ULTIMI 5 POSTI DISPONIBILI ! Per tutti coloro che non riusciranno ad iscriversi, sarà possibile seguire l’evento live direttamente dalla pagina Facebook del Movimento europeo. LOCANDINA.
Mercoledì 8 e giovedì 9 febbraio, Roma. Si svolgerà presso il Palazzo dei Congressi “Agricolture al centro”, la IX Conferenza economica organizzata da Cia-Agricoltori Italiani. Reddito, clima, aree rurali, infrastrutture le parole chiave della due giorni di lavori che, nella mattina di mercoledì 8, vedrà la partecipazione delle massime cariche istituzionali. Seguiranno panel di approfondimento con politici, mondo delle imprese e della ricerca, insieme agli agricoltori Cia provenienti da tutta Italia. ULTERIORI INFORMAZIONI E PROGRAMMA.