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Anche questa settimana, il testo scelto consente di sintetizzare in un’unica sezione la parte dedicata ai libri e gli argomenti economici. Ci concentriamo infatti sul libro “Disuguaglianze: Come ridurle, nel mercato e tra i consumatori” del giornalista Roberto Sommella, Direttore di “Affari e Finanza”, fondatore de “La nuova Europa” nonché membro eletto del Consiglio di presidenza del Movimento europeo - Italia. I temi trattati all’interno del testo, pubblicato da Rubbettino editore nel 2018, ci sembrano particolarmente indicati per il delicato momento vissuto dall’Unione europea: il vertice più lungo e complesso, probabilmente, della sua storia, è l’occasione per riflettere sul senso autentico delle politiche che dovrebbero essere perseguite. Afferma infatti Sommella che “L'età del cambiamento sta trasformando tutti i rapporti di forza nella società e nell'economia. Si può essere ricchi, ricchissimi, più di un intero piccolo stato, come accade ormai alla fortuna personale dei padroni delle grandi multinazionali digitali, ma certo avere un patrimonio superiore a quanto prodotto da tutti i paesi è un unicum. Eppure questo limite è prossimo dall'essere oltrepassato. La ricchezza mondiale degli High Net Worth Individual (HNWI), ovvero coloro che possiedono investimenti superiori a un milione di dollari (esclusa la prima casa), insomma quelli che un tempo si dicevano Paperoni, ha superato nel 2017 per la prima volta la soglia dei 70 mila miliardi di dollari, con un aumento del 10,6% sul 2016 (era di 42,7 mila miliardi nel 2010), sesto anno consecutivo di boom. Esattamente, dollaro più dollaro meno, quanto vale l'intero Pil mondiale. E analogo fenomeno si registra in Italia, dove i nuovi ricchi sono aumentati del 9% in un anno e i poveri sono raddoppiati in un decennio.Uno spread sociale enorme, quello che fa più male e che i governi faticano a ridurre”. Le politiche dell’Unione, mosse dal principio della solidarietà, dovrebbero essere in grado di individuare soluzioni che possano riequilibrare la situazione e il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli, nel suo discorso al Consiglio del 17 luglio scorso (lo si può trovare tra i documenti chiave di questa settimana) ha anche posto l’accento sulla necessità di ovviare al disagio dei molti che si trovano in questa situazione e che affrontano il fardello delle disuguaglianze: “Noi rappresentiamo tutti i cittadini europei e la grande maggioranza è composta da quelli che non ce la fanno. Se noi non saremo all'altezza e non risponderemo con coraggio e senso della giustizia a questa moltitudine, che ha il diritto ad un futuro sereno, per sé e per i propri figli, non avremo soltanto un grande problema di costruzione europea, ma di vera e propria tenuta delle istituzioni democratiche”. In questa dinamica, possiamo comprendere anche quali siano i rischi per il nostro Paese che, come ha affermato il Direttore di “Repubblica”, Maurizio Molinari, domenica 19 luglio nel suo editoriale “L’Europa rischia un salto all’indietro”, “all’interno di questa lacerazione europea spicca l’intento dei “frugali”, appoggiati dai “sovranisti” Polonia e Ungheria, di rafforzare la dimensione intergovernativa dell’Unione a scapito di quella comunitaria: affidare la gestione del “Recovery Fund” ai governi — garantiti dal diritto di veto — significa indebolire Commissione Ue e Parlamento europeo, pregiudicando le fondamenta stesse della casa comune. A rischiare di fare le spese di tali divisioni è il nostro Paese”. Un’evoluzione simile rappresenta l’esatto contrario di quanto ci si augura che si raggiunga, cioè una riforma dell’Unione che rinforzi invece i poteri di Commissione e Parlamento. Le parole degli esperti vanno dunque correttamente inquadrate e viste come un monito affinché lo scenario peggiore possa essere scongiurato con ogni mezzo e l’Unione europea esca da questa crisi rinforzata nelle sue prerogative, nella sua legittimazione agli occhi dei cittadini e possa fornire risposte efficaci al tema delle disuguaglianze.

 

 

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Per quanto riguarda il comportamento dei Paesi Bassi all’interno dell’Ue, questa settimana ci soffermiamo su una sentenza del 31 ottobre 2019 che ha accertato l’esistenza di alcune irregolarità compiute dallo Stato membro.

I fatti sono i seguenti: “Negli anni dal 1997 al 2000, sono stati importati in Germania latte in polvere e riso provenienti da Curaçao, mentre, negli anni 2002 e 2003, semola e semolino provenienti da Aruba sono stati importati nei Paesi Bassi.  Le autorità di Curaçao e Aruba avevano rilasciato certificati di circolazione delle merci EUR. 1 (in prosieguo: i «certificati EUR. 1») per tali merci, sebbene queste ultime non soddisfacessero i requisiti richiesti per essere considerate prodotti di origine preferenziale in forza dell’articolo 101, paragrafo 1, della decisione PTOM del 1991 e dell’articolo 35, paragrafo 1, della decisione PTOM del 2001. Il rilascio dei certificati EUR. 1 da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba è stato oggetto di indagini da parte dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). Quest’ultimo ha pubblicato le sue relazioni di missione riguardanti Curaçao e Aruba rispettivamente il 24 ottobre 2000 e il 23 dicembre 2004. A seguito di tali indagini, la Commissione ha informato le autorità olandesi e tedesche dell’irregolarità di tali certificati EUR. 1 e le ha invitate a riscuotere i dazi doganali relativi alle importazioni corrispondenti. Le autorità olandesi e tedesche hanno accertato soltanto una parte di tali dazi doganali, mentre la parte rimanente è incorsa in prescrizione. Con lettere datate rispettivamente 27 gennaio e 31 maggio 2012, la Commissione ha ritenuto il Regno dei Paesi Bassi responsabile dell’errore commesso dalle autorità di Curaçao e di Aruba. Essa ha chiesto al Regno dei Paesi Bassi di compensare, rispettivamente entro il 20 marzo e il 20 luglio 2012, la perdita di risorse proprie che ne derivava. Poiché il Regno dei Paesi Bassi non si è conformato a tale richiesta, il 21 novembre 2013 la Commissione ha inviato a quest’ultimo una lettera di diffida, alla quale le autorità olandesi hanno risposto il 20 febbraio 2014, declinando ogni responsabilità per gli atti dei Paesi e territori d’oltremare (PTOM) all’Unione europea.  Il 17 ottobre 2014, la Commissione ha inviato un parere motivato al Regno dei Paesi Bassi, nel quale ha confermato la posizione già espressa nella lettera di diffida. Il termine per adottare le misure necessarie per conformarsi al parere motivato è scaduto il 17 dicembre 2014. Con lettera del 19 novembre 2015, il Regno dei Paesi Bassi ha risposto al parere motivato, continuando a declinare ogni responsabilità. La Commissione ha allora deciso di presentare il presente ricorso”. L’Olanda, secondo la Commissione, sarebbe venuta meno agli obblighi incombenti ai sensi dell’articolo 5 del Trattato CE (divenuto articolo 10 CE, poi articolo 4, paragrafo 3, TUE), secondo cui “In virtù del principio di leale cooperazione, l'Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti derivanti dai trattati”.

Secondo la sentenza della Corte, effettivamente il Regno dei Paesi Bassi “non avendo compensato la perdita di risorse proprie derivante dal rilascio irregolare, alla luce della decisione 91/482/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1991, relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare alla Comunità economica europea e, in seguito, della decisione 2001/822/CE del Consiglio, del 27 novembre 2001, relativa all’associazione dei paesi e territori d’oltremare alla Comunità europea, da parte delle autorità di Curaçao e di Aruba, di certificati di circolazione delle merci EUR. 1 per quanto riguarda, rispettivamente, importazioni di latte in polvere e di riso da Curaçao nel periodo 1997/2000 e importazioni di semola e semolino da Aruba nel periodo 2002/2003, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE”.

Il testo completo della sentenza è disponibile cliccando qui.

 

 

 

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Con riferimento al tema della settimana, riteniamo importante soffermarci sul Capo IV della Carta, dedicata alla solidarietà. C’è da dire che anche nel suo preambolo si trova un riferimento a questo valore europeo, riportato tra quelli di fondamentale rilevanza: “Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l’Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto”.

Abbiamo già trattato nel corso delle precedenti uscite alcuni articoli di questa parte della Carta. I temi attorno a cui ruota sono quelli più legati alla possibilità per l’individuo di realizzarsi e di preservare ciò che gli è più caro. Si parla cioè di diritti e tutele nel mondo del lavoro e – temi anche questi già affrontati – di tutela della salute, dei consumatori e dell’ambiente. Gli articoli dal 27 al 33, poi, trattano gli aspetti legati al mondo del lavoro e ai diritti connessi, per esempio quello alla protezione della famiglia. L’articolo 31, in particolare, è dedicato alle condizioni di lavoro giuste ed eque a cui il lavoratore ha diritto; il comma 1 aggiunge anche l’aggettivo “dignitose”. La materia è assai complessa poiché assai frequentemente, a quanto riconosciuto sulla carta non corrisponde nella realtà una piena e completa possibilità di affermazione dei diritti dei lavoratori, soprattutto in periodi di crisi; anche gli accordi di questo Consiglio europeo avranno, tra l’altro, il delicato compito di conciliare la sopravvenuta crisi causata dal coronavirus con il rispetto dei diritti di ogni lavoratore. Il comma 2, secondo cui “Ogni lavoratore ha diritto a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali e a ferie annuali retribuite” trova una concreta difficoltà di trovare applicazione specialmente nel settore delle piccole e medie imprese attualmente in difficoltà, per non parlare dei problemi legati alla cassa integrazione. Il conflitto capitale-lavoro rende difficile di questi tempi conciliare in pieno il diritto al lavoro con le forze in gioco, tuttavia c’è ragione di ritenere che le tutele sociali previste dalla Carta – a cui corrisponde una legislazione del lavoro molto ampia e che tiene conto di lotte sindacali portate avanti già partire dall‘800 – siano adeguate a garantire nel complesso ai lavoratori europei la possibilità di una vita dignitosa, nonostante tutto.

 

 

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