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La democrazia: una risorsa preziosa e imperdibile ma anche un problema di assai ardua ed impegnativa soluzione” è un saggio sul quale soffermarsi per una serie di motivi. A firma del docente emerito di Diritto costituzionale presso l'Università di Messina, Antonio Ruggeri, analizza la congiuntura delle democrazie contemporanee, passando in rassegna fenomeni come il populismo, il ritorno ai nazionalismi, l'oclocrazia: tendenze di questi tempi connesse alla necessità di riformare le istituzioni e – afferma l'autore – “più ancora, la società, le alterazioni vistose cui è andata soggetta la forma di Stato, rese visibili dalle torsioni patite da ciascun “tipo” di democrazia (con specifico riguardo a quella rappresentativa)”.

Le proposte di Ruggeri suonano interessanti per poter comprendere, prima di orientare l'azione istituzionale, il ruolo dei vari soggetti coinvolti e le modalità attraverso cui garantire libertà, diritti e doveri riletti a seguito delle trasformazioni sociali recenti. Non è un caso che tra gli spunti finali dell'autore vi sia il “ruolo di centrale rilievo giocato dalla scuola e dalla formazione culturale in genere”, affinché l'impegno possa andare nella direzione giusta, quella cioè di riformare la società a partire dalle nuove generazioni.

Il testo, pubblicato sul sito dirittifondamentali.it, è scaricabile cliccando qui.

 

Vi suggeriamo, inoltre, la lettura dell'articolo "Draghi e i vaccini, è sovranità europea, non sovranismo" (HuffPost, 08.03.2021), a firma del prof. Alberto Quadrio Curzio, Economista e presidente emerito della Accademia dei Lincei.

 

 

 

 

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Una sentenza emessa in settimana scorsa dalla Corte di Giustizia dell'Ue, il 2 marzo, fornisce alcuni chiarimenti sui limiti da rispettare, ai sensi del diritto dell'Unione, nell'utilizzo a fini di indagine delle comunicazioni elettroniche dell'imputato. Nello specifico: una cittadina estone, H.K., è stata condannata, il 6 aprile 2017, a “Una pena detentiva di due anni per aver commesso, tra il 17 gennaio 2015 e il 1° febbraio 2016, vari furti di beni (di valore compreso tra EUR 3 e EUR 40) nonché di somme di denaro (per importi compresi tra EUR 5,20 e EUR 2 100, per aver utilizzato la carta bancaria di un terzo, causando a quest’ultimo un danno di EUR 3 941,82, e per aver compiuto atti di violenza nei confronti di persone partecipanti ad un procedimento giudiziario a suo carico”.

Per arrivare alla condanna, il tribunale di primo grado di Viru “Si è fondato, tra l’altro, su vari processi verbali redatti in base a dati relativi a comunicazioni elettroniche, ai sensi dell’articolo 1111, paragrafo 2, della legge relativa alle comunicazioni elettroniche, che l’autorità incaricata dell’indagine aveva raccolto presso un fornitore di servizi di telecomunicazioni elettroniche nel corso del procedimento istruttorio, dopo aver ottenuto, ai sensi dell’articolo 901 del codice di procedura penale, varie autorizzazioni a tal fine dal Viru Ringkonnaprokuratuur (Procura distrettuale di Viru, Estonia). Tali autorizzazioni, concesse il 28 gennaio e il 2 febbraio 2015, il 2 novembre 2015, nonché il 25 febbraio 2016, riguardavano i dati relativi a vari numeri di telefono di H.K. e diversi codici internazionali di identificazione di apparecchiatura di telefonia mobile di quest’ultima, per il periodo dal 1º gennaio al 2 febbraio 2015, per il giorno 21 settembre 2015, nonché per il periodo dal 1º marzo 2015 al 19 febbraio 2016”.

H.K. ha proposto appello, ma la sua istanza è stata respinta il 17 novembre 2017. L'interessata ha presentato quindi ricorso presso la Corte suprema estone, sostenendo “Che le disposizioni dell’articolo 111 della legge relativa alle comunicazioni elettroniche che prevedono l’obbligo dei fornitori di servizi di conservare dati relativi alle comunicazioni, nonché l’utilizzazione di tali dati ai fini della sua condanna, sono contrari all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, letto alla luce degli articoli 7, 8 e 11, nonché dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta”. In sintesi, questi articoli della direttiva disciplinano il modo in cui gli Stati membri assicurano la riservatezza delle comunicazioni elettroniche e vi rimandiamo, per una lettura più approfondita, alla parte introduttiva del testo della sentenza; per l'articolo 52 della Carta, vi rimandiamo anche al commento pubblicato nella nostra newsletter n.41/2020.

Tornando ai fatti: la Corte suprema estone ha in seguito deciso di sospendere il procedimento e rivolgersi alla CGUE per ottenere chiarimenti sugli articoli della direttiva e della Carta a cui si è appellata H.K. nel suo ricorso.

Secondo la Corte di Giustizia dell'Unione europea, come da sentenza, ai sensi del diritto dell'Unione una normativa nazionale non può consentire alle autorità di accedere ai dati relativi al traffico o alla localizzazione dell'utente e trarre conclusioni sulla sua vita privata se non per ”La lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica, e ciò indipendentemente dalla durata del periodo per il quale l’accesso ai dati suddetti viene richiesto, nonché dalla quantità o dalla natura dei dati disponibili per tale periodo”.

Inoltre, secondo la CGUE, il diritto dell'Unione (nello specifico: L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, come modificata dalla direttiva 2009/136, letto alla luce degli articoli 7, 8 e 11 nonché dell’articolo 52, paragrafo 1) impedisce che possa trovare applicazione una normativa nazionale secondo cui il pubblico ministero abbia la competenza “Ad autorizzare l’accesso di un’autorità pubblica ai dati relativi al traffico e ai dati relativi all’ubicazione ai fini di un’istruttoria penale”.

Segnaliamo che nella sezione “Testi della settimana” è possibile consultare anche un saggio di analisi sull'argomento a firma di Federica Resta, dirigente del Garante per la protezione dei dati personali.

Clicca qui per accedere al testo integrale della sentenza.

 

 

 

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In tempi di crisi e di licenziamenti causati dalla crisi del covid, continuiamo a trattare temi connessi al diritto del lavoro, con l'articolo 27 della Carta dei diritti fondamentali, sul Diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell’ambito dell’impresa.

In particolare, l'unico comma dell'articolo recita che “Ai lavoratori o ai loro rappresentanti devono essere garantite, ai livelli appropriati, l’informazione e la consultazione in tempo utile nei casi e alle condizioni previsti dal diritto comunitario e dalle legislazioni e prassi nazionali”. Una simile formulazione è molto ampia, ma sintetizza un caposaldo in tema di diritto del lavoro: i provvedimenti presi all'interno di un'organizzazione lavorativa devono essere gestiti attraverso modalità di comunicazione trasparenti, che garantiscano al personale dipendente il diritto di essere informati sulle dinamiche sia interne che verso l'esterno; per esempio, sul come si riposiziona un'azienda o un ente, quale denominazione prende, chi ricopre ruoli decisionali, come sono ripartite le responsabilità e a chi rivolgersi per usufruire di una determinata prestazione.

Emerge, proprio a partire da questo diritto, anche il dovere per il lavoratore e per i suoi rappresentanti di tenersi informati e aggiornati costantemente (e indipendentemente dalle attitudini personali). Le dinamiche attuali del mondo del lavoro – e del capitalismo contemporaneo – lasciano intendere che i tempi entro cui tali processi si svolgono sono generalmente assai rapidi, poiché il mutamento delle dinamiche socio – economiche e il riposizionamento strategico di enti, imprese e professionalità sono pressoché quotidiani e in costante evoluzione.

 

 

 

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La Commissione europea lancia l’Action Plan del Pilastro sociale europeo

 di Anna Maria Villa

 

La Commissione Europea ha pubblicato lo scorso 4 marzo la Comunicazione sull’Action Plan per l’attuazione del Pilastro sociale europeo, approvato nel 2017 a Göteborg. 

Il documento, frutto di una consultazione pubblica lanciata un anno fa, che ha raccolto circa mille contributi da cittadini ed istituzioni pubbliche e private, indica le linee guida di azione che gli Stati membri dovranno seguire nell’implementazione delle loro politiche economiche sociali attraverso le iniziative previste nei loro piani di ripresa e resilienza.

Il messaggio del documento è che in questo periodo di profondi cambiamenti, che verranno decisi per avviare quella transizione ecologica e digitale necessaria per la ripresa e resilienza europea, l’aspetto sociale deve essere alla base di ogni scelta. È necessario rimettere al centro dell’attenzione di tutti l’uomo ed i suoi bisogni, dal momento che il benessere dei cittadini è condizione fondamentale per uno sviluppo sostenibile. E, come sottolineato dal Parlamento europeo, occorre un forte impegno condiviso da parte di tutti gli attori (pubblici ma anche privati).

Il modello sociale europeo è tra i più avanzati al mondo, ma indiscutibilmente la pandemia lo ha messo a dura prova.  La situazione rimane tutt’ora difficile e incerta mentre un sempre maggior divario esiste tra lavoratori più qualificati e quelli meno, ovvero tra lavoratori in base al genere, all’età, o alla situazione personale ecc. In sintesi, si sono acuiti quegli squilibri che erano già presenti prima della pandemia ed erano già allora la causa principale di disuguaglianze sociali. Se non si interviene subito, questa situazione è destinata a peggiorare, sia in termini di disuguaglianze sociali e sia nel senso di un mancato raggiungimento proprio dei risultati che si attendono dalla transizione ecologica e digitale, ritenuta la principale via d’uscita dalla crisi per l’Europa.  L’Action Plan è quasi un richiamo della Commissione alla massima consapevolezza ed urgenza e il Summit di Porto, organizzato per il prossimo maggio dalla Presidenza Portoghese, costituirà l’impegno politico degli Stati europei in questo senso, oltre che una ulteriore indicazione per la presentazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza.

I 20 principi del Pilastro sociale dovranno essere gli elementi in base alle quali tarare una serie di interventi a sostegno della transizione economica e digitale.

Un’economia sociale, infatti, non è solo d’aiuto ai cittadini ma è anche la base di un’economia competitiva grazie ad una forza lavoro preparata e qualificata per poter rispondere alle sfide che occorrerà affrontare, il cui cammino è delineato delle Country Specific Recommendations, indicate dal Semestre europeo, e realizzabili grazie anche ai finanziamenti previsti da Quadro Finanziario Pluriennale 2021-27, dal Next generation EU e dai Fondi di coesione.

Tre sono i target su cui concentrare l’attenzione. Il primo riguarda l’occupazione. Occorre assicurare entro il 2030 un tasso di occupazione del 78%, dimezzando il divario di genere rispetto ai valori registrati nel 2019. A tal fine sarà importante assicurare assistenza alle madri per la cura dei bambini fin dalla prima infanzia e abbattere la percentuale di giovani che attualmente non sono impegnati né in percorsi di studio, né di formazione professionale e né di lavoro (i c.d. NEETs). Si dovrà comunque continuare ad operare affinché le categorie più a rischio di esclusione (per es. persone con scarsa professionalità, disabili, migranti) siano messe in grado di partecipare al massimo delle loro capacità al mondo del lavoro. Anche ad esempio attraverso l’intervento delle istituzioni su settori sottopagati e de-qualificati dove le forme tradizionali di contrattazione collettiva sono meno incisive.

Altro target strategico riguarda le competenze. La transizione ecologica e digitale richiede che la forza lavoro sia in possesso di adeguare professionalità. Sarà dunque necessario entro il 2030 garantire che l’80% della forza lavoro compresa tra i 16-74 anni abbia competenze digitali di base non solo per accedere al mondo del lavoro ma per poter partecipare alla futura società digitale. Anche a questo fine, l’abbandono scolastico dovrà essere drasticamente ridotto. La Commissione intende inoltre chiedere al Consiglio una Raccomandazione per integrare la biodiversità e gli ecosistemi dell’educazione scolastica.

Strettamente connesso al target precedente (occupazione) è il tema della digitalizzazione, che comporta interventi dal lato del management in relazione alla gestione aziendale innovativa ed adeguata alle nuove esigenze ed al relativo utilizzo di dati ed algoritmi. Ma vi sono anche cambiamenti significativi anche da parte dei dipendenti. La diffusione del telelavoro, causata dalla pandemia può aver costituito un‘opportunità in termini di tempi di spostamento ridotti e relativo minor impatto ambientale, tutela della salute, tempi di lavoro più flessibili, ecc. Ha posto però anche altri importanti temi da affrontare, tra questi ad esempio il diritto del dipendente a disconnettersi e disciplinare meglio i tempi di lavoro da remoto, nonché i rischi che questa nuova modalità di lavoro potrà avere sull’aspetto psicologico e sanitario del lavoratore. Anche su questo occorrerà un coordinamento tra Stati membri per assicurare una parità di trattamento tra i vari lavoratori europei. La Commissione si è impegnata a presentare un nuovo Quadro strategico sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro 2021-27.

Terzo target riguarda la riduzione in Europa di 15 milioni delle persone a rischio povertà ed esclusione sociale entro il 2030.  In base ai dati del 2019, sono 91 milioni le persone che rientrano in questa categoria, di cui 17,9 bambini e ragazzi compresi tra gli 0-17 anni. Occorre garantire a tutti pari opportunità e soprattutto la possibilità – ai circa 5 milioni di bambini compresi in questa categoria - di poter uscire da un contesto che li costringerebbe in una situazione precaria per il resto della loro vita.

Molti i riferimenti a fondi e iniziative già esistenti o in dirittura d’arrivo, ad obiettivi da perseguire nell’ambito dei tre target (quali ad esempio un reddito minimo, azioni per garantire una mobilità dei lavoratori equa, la sicurezza abitativa, ecc.) e a strumenti da poter utilizzare (come ad esempio uno spostamento della tassazione dal lavoro dipendente ad altre forme per sgravare le imprese dai maggior costi da sostenere per questa trasformazione radicale organizzativa e gestionale). Tutti elementi su cui le istituzioni dovranno confrontarsi anche con le parti sociali per dare vita a programmi nazionali omogenei ma più rispondenti a esigenze specifiche. Infine, da evidenziare come il documento sottolinei l’importanza di accompagnare questa trasformazione economico-sociale senza abbandonare in modo repentino quegli strumenti messi in campo dalla Commissione per arginare i danni sociali dovuti a Covid-19 (ad esempio Sure), ma guidando l’attuazione delle nuove strategie (ecologica e digitale) con un passaggio graduale da una politica emergenziale a misure assistenziali, che assicurino il buon funzionamento del mercato. Tutto questo dovrà prevedere anche un’assistenza alle imprese, soprattutto PMI, in linea con una nuova strategia industriale e l’adozione del Piano di azione dell’economia circolare. Solo considerando infatti tutti gli attori si potrà realizzare un sistema economico competitivo ed ecologico, migliorare le condizioni dei cittadini europei e favorire un maggior ruolo dell’Europa nel mondo. Un riconoscimento quindi anche della funzione sociale delle imprese e della necessità di un loro supporto.

L’Action Plan del Pilastro sociale infine potrà aiutare l’Unione non solo a diventare un ‘global leader’, ma costituirà anche una sorta di ‘biglietto da visita’ dell’Unione nei rapporti bilaterali con partner extraeuropei oltre che a livello multilaterale.

Il raggiungimento di questi tre target non è facilmente prevedibile, in quanto non siamo ancora usciti dalla Pandemia e non sono certe le conseguenze delle variabili. Però è importante partire coordinati.

La Commissione si è impegnata a monitorare i progressi compiuti dai vari Stati, anche rivedendo i criteri dello scoreboard sociale, utilizzato per valutare le situazioni nei vari paesi nel Semestre europeo, che comunque continua ad essere il principale contesto di riferimento.

I tre target sono interdipendenti tra loro. Gli interventi, infatti, su uno di essi presuppongono interventi complementari sugli altri. Inoltre, il tutto va contestualizzato ed affiancato ad iniziative già in corso o prossime al lancio in un quadro di interventi complesso, che segna però un cambio di passo a 360 gradi.

L’Action Plan verrà rivisto a metà percorso, vale a dire nel 2025.

 

  

 

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