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Due anni dopo la lettera di Emmanuel Macron alle cittadine e ai cittadini europei sarà firmata dai presidenti del Parlamento europeo David Sassoli, dal Presidente del Consiglio dell’Unione António Costa e dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen una dichiarazione comune sulla Conferenza sul futuro dell’Europa (dell’Europa non della sola Unione europea n.d.r.) per costruire un’Europa più resiliente e impegnarsi per la democrazia con i cittadini.

A partire da quella firma, le istituzioni potranno iniziare a costituire un comitato esecutivo che avrà responsabilità soprattutto organizzative con il compito di far funzionare l’insieme dei lavori di una Conferenza di cui resta ancora avvolta nelle nebbie la questione centrale relativa al modo in cui dovranno essere garantiti il governo democratico dell’Unione, la sua capacità di decidere e il suo spazio di azione a beneficio dei cittadini europei.

Non sappiamo ancora se sarà mantenuta la data simbolica del 9 maggio 2021, che è scomparsa nelle ultime versioni della dichiarazione comune, ma sappiamo che – rispettando la volontà del Presidente francese – la Conferenza dovrà concludersi entro la primavera del 2022 e cioè con il Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2022 durante il semestre di presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea in modo tale da inserire i risultati della Conferenza nella campagna per l’elezione del Presidente dell’Esagono il cui primo turno dovrebbe aver luogo entro la fine di aprile del prossimo anno.

Torneremo nelle prossime settimane sulle modalità di lavoro della Conferenza, sulla organizzazione degli eventi ai livelli locale, regionale, nazionale ed europeo e sulla preparazione delle plenarie attirando l’attenzione delle nostre lettrici e dei nostri lettori su tre rischi di manipolazione della democrazia partecipativa:

  • Occorre evitare che il dialogo (aperto, trasparente e regolare, dice l’articolo 11 del Trattato sull’Unione europea) fra le istituzioni e le associazioni rappresentative sia rinchiuso nella “bolla” di Bruxelles sapendo che, al contrario dei partner sociali, esistono molteplici reti della società civile e che dunque non è accettabile l’idea che nelle due sessioni plenarie siano accolti su uno strapuntino due osservatori di una ipotetica e per ora inesistente federazione o confederazione delle società civili europee;
  • Occorre evitare la nazionalizzazione del dibattito sul futuro dell’Europa o la sua riduzione a quattro spazi di dialogo: nella “bolla” di Bruxelles e nelle capitali dei paesi che assumono la presidenza di turno fino alla primavera 2022 (Portogallo, Slovenia e Francia). Noi abbiamo proposto invece l’organizzazione di agorà tematiche e transnazionali che saranno facilitate dalle modalità delle DAD (dibattiti a distanza) che si sono sviluppate durante la pandemia;
  • Occorre evitare di trasformare la democrazia partecipativa in una “lotteria” della democrazia respingendo al mittente o ai mittenti l’idea grottesca di un’estrazione a sorte delle cittadine e dei cittadini da consultare.

Sgombriamo poi il campo dall’illusione dei governi e delle diplomazie nazionali secondo cui le modalità che regolano le riunioni del Consiglio europeo, del Consiglio e dei suoi comitati (non trasparenza e principio del consenso e cioè decisioni all’unanimità) possano essere applicate al comitato esecutivo e alle strutture della Conferenza coinvolgendo tutte le sue componenti provenienti da diverse culture politiche.

Inevitabilmente, gli orientamenti che saranno espressi dalle società civili e dai parlamentari nazionali ed europei in vista di un rapporto finale fondato su posizioni contrapposte tenderanno a concentrarsi all’interno di un’area di innovatori ed un’area di immobilisti rompendo il vincolo del principio del consenso che il Consiglio ha voluto imporre nella dichiarazione comune.

Venendo alla sostanza dei temi che saranno sottoposti alle discussioni nella Conferenza, è stata accantonata la pretesa del Consiglio di limitare il mandato al “passato dell’Unione europea” e cioè alla “agenda strategica” adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2019 estendendo le riflessioni alle priorità della Commissione europea 2019-2024 e soprattutto alle sfide nate con la pandemia dal COVID-19.

La dichiarazione comune declina undici obiettivi il cui raggiungimento dovrebbe disegnare il futuro dell’Europa (la salute, la lotta al cambiamento climatico, la difesa dell’ambiente, l’economia al servizio dei cittadini, l’equità sociale, la parità e la solidarietà intergenerazionale, la trasformazione digitale, l’Europa come attore planetario, la sicurezza, i diritti e lo Stato di diritto, i flussi migratori) ma sottolinea soprattutto che il raggiungimento di questi obiettivi è legato alle basi democratiche dell’Unione, al rafforzamento delle funzioni di  governo, alla trasparenza e ad una riflessione sulle aree dove l’Unione europea ha competenza per agire e dove la sua azione andrà a beneficio delle cittadine e dei cittadini.

È certo che alcuni obiettivi possono essere raggiunti già durante questa legislatura applicando le regole e i principi del Trattato laddove essi sono stati colpevolmente dimenticati (pensiamo al rispetto della Carta dei diritti che è giudicata dalla dottrina superiore al Trattato, al principio della non-discriminazione, alla clausola sociale orizzontale, ai servizi di interesse generale non solo economici, alla solidarietà, all’eliminazione delle disparità legislative, regolamentari e amministrative fra Stati membri che provocano distorsioni nelle condizioni di concorrenza nel mercato interno, alla cooperazione amministrativa o all’adozione di disposizioni necessarie al raggiungimento di obiettivi per i quali il Trattato non ha previsto uno specifico potere d’azione).

È altrettanto evidente che la Conferenza dovrà discutere, nella prima parte dei suoi lavori, se il sistema di ripartizione delle competenze, di attribuzione dei poteri alle istituzioni nonché della loro composizione e delle modalità decisionali così come sono stati ridefiniti più di tredici anni fa quando fu firmato il Trattato di Lisbona garantiscono all’Unione europea una capacità d’azione adeguata a beneficio delle sue cittadine e dei suoi cittadini.

L’esperienza del processo di integrazione europea ha mostrato per un lungo periodo di tempo l’efficacia del “metodo dell’ingranaggio” (così fu definito da Jacques Delors il modello funzionalista) fino a quando è stato necessario raggiungere gli obiettivi indicati nei trattati di Roma, ma l’ingranaggio non ha più funzionato adeguatamente a partire dal momento in cui sono apparse nuove sfide che non erano state previste e che non erano prevedibili affinché fossero affrontate secondo la logica comunitaria.

Nel corso degli anni le spinte più innovative sono venute all’interno del sistema europeo e per ragioni e aree diverse dalle tre istituzioni di natura federale: la Corte di Giustizia, il Parlamento europeo e la Banca Centrale Europea.

Da queste riflessioni dovranno partire gli innovatori se vorranno impegnarsi per la democrazia con le cittadine ed i cittadini e costruire un’Europa più resiliente.

 

 coccodrillo

 

 

 

 

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Riapre il cantiere europeo: i rischi e le occasioni da non perdere

Due anni dopo la lettera di Emmanuel Macron alle cittadine e ai cittadini europei sarà firmata dai presidenti del Parlamento europeo David Sassoli, dal Presidente del Consiglio dell’Unione António Costa e dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen una dichiarazione comune sulla Conferenza sul futuro dell’Europa (dell’Europa non della sola Unione europea n.d.r.) per costruire un’Europa più resiliente e impegnarsi per la democrazia con i cittadini.

A partire da quella firma, le istituzioni potranno iniziare a costituire un comitato esecutivo che avrà responsabilità soprattutto organizzative con il compito di far funzionare l’insieme dei lavori di una Conferenza di cui resta ancora avvolta nelle nebbie la questione centrale relativa al modo in cui dovranno essere garantiti il governo democratico dell’Unione, la sua capacità di decidere e il suo spazio di azione a beneficio dei cittadini europei.

Non sappiamo ancora se sarà mantenuta la data simbolica del 9 maggio 2021, che è scomparsa nelle ultime versioni della dichiarazione comune, ma sappiamo che – rispettando la volontà del Presidente francese – la Conferenza dovrà concludersi entro la primavera del 2022 e cioè con il Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2022 durante il semestre di presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea in modo tale da inserire i risultati della Conferenza nella campagna per l’elezione del Presidente dell’Esagono il cui primo turno dovrebbe aver luogo entro la fine di aprile del prossimo anno.

Torneremo nelle prossime settimane sulle modalità di lavoro della Conferenza, sulla organizzazione degli eventi ai livelli locale, regionale, nazionale ed europeo e sulla preparazione delle plenarie attirando l’attenzione delle nostre lettrici e dei nostri lettori su tre rischi di manipolazione della democrazia partecipativa:

  • Occorre evitare che il dialogo (aperto, trasparente e regolare, dice l’articolo 11 del Trattato sull’Unione europea) fra le istituzioni e le associazioni rappresentative sia rinchiuso nella “bolla” di Bruxelles sapendo che, al contrario dei partner sociali, esistono molteplici reti della società civile e che dunque non è accettabile l’idea che nelle due sessioni plenarie siano accolti su uno strapuntino due osservatori di una ipotetica e per ora inesistente federazione o confederazione delle società civili europee;
  • Occorre evitare la nazionalizzazione del dibattito sul futuro dell’Europa o la sua riduzione a quattro spazi di dialogo: nella “bolla” di Bruxelles e nelle capitali dei paesi che assumono la presidenza di turno fino alla primavera 2022 (Portogallo, Slovenia e Francia). Noi abbiamo proposto invece l’organizzazione di agorà tematiche e transnazionali che saranno facilitate dalle modalità delle DAD (dibattiti a distanza) che si sono sviluppate durante la pandemia;
  • Occorre evitare di trasformare la democrazia partecipativa in una “lotteria” della democrazia respingendo al mittente o ai mittenti l’idea grottesca di un’estrazione a sorte delle cittadine e dei cittadini da consultare.

Sgombriamo poi il campo dall’illusione dei governi e delle diplomazie nazionali secondo cui le modalità che regolano le riunioni del Consiglio europeo, del Consiglio e dei suoi comitati (non trasparenza e principio del consenso e cioè decisioni all’unanimità) possano essere applicate al comitato esecutivo e alle strutture della Conferenza coinvolgendo tutte le sue componenti provenienti da diverse culture politiche.

Inevitabilmente, gli orientamenti che saranno espressi dalle società civili e dai parlamentari nazionali ed europei in vista di un rapporto finale fondato su posizioni contrapposte tenderanno a concentrarsi all’interno di un’area di innovatori ed un’area di immobilisti rompendo il vincolo del principio del consenso che il Consiglio ha voluto imporre nella dichiarazione comune.

Venendo alla sostanza dei temi che saranno sottoposti alle discussioni nella Conferenza, è stata accantonata la pretesa del Consiglio di limitare il mandato al “passato dell’Unione europea” e cioè alla “agenda strategica” adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2019 estendendo le riflessioni alle priorità della Commissione europea 2019-2024 e soprattutto alle sfide nate con la pandemia dal COVID-19.

La dichiarazione comune declina undici obiettivi il cui raggiungimento dovrebbe disegnare il futuro dell’Europa (la salute, la lotta al cambiamento climatico, la difesa dell’ambiente, l’economia al servizio dei cittadini, l’equità sociale, la parità e la solidarietà intergenerazionale, la trasformazione digitale, l’Europa come attore planetario, la sicurezza, i diritti e lo Stato di diritto, i flussi migratori) ma sottolinea soprattutto che il raggiungimento di questi obiettivi è legato alle basi democratiche dell’Unione, al rafforzamento delle funzioni di  governo, alla trasparenza e ad una riflessione sulle aree dove l’Unione europea ha competenza per agire e dove la sua azione andrà a beneficio delle cittadine e dei cittadini.

È certo che alcuni obiettivi possono essere raggiunti già durante questa legislatura applicando le regole e i principi del Trattato laddove essi sono stati colpevolmente dimenticati (pensiamo al rispetto della Carta dei diritti che è giudicata dalla dottrina superiore al Trattato, al principio della non-discriminazione, alla clausola sociale orizzontale, ai servizi di interesse generale non solo economici, alla solidarietà, all’eliminazione delle disparità legislative, regolamentari e amministrative fra Stati membri che provocano distorsioni nelle condizioni di concorrenza nel mercato interno, alla cooperazione amministrativa o all’adozione di disposizioni necessarie al raggiungimento di obiettivi per i quali il Trattato non ha previsto uno specifico potere d’azione).

È altrettanto evidente che la Conferenza dovrà discutere, nella prima parte dei suoi lavori, se il sistema di ripartizione delle competenze, di attribuzione dei poteri alle istituzioni nonché della loro composizione e delle modalità decisionali così come sono stati ridefiniti più di tredici anni fa quando fu firmato il Trattato di Lisbona garantiscono all’Unione europea una capacità d’azione adeguata a beneficio delle sue cittadine e dei suoi cittadini.

L’esperienza del processo di integrazione europea ha mostrato per un lungo periodo di tempo l’efficacia del “metodo dell’ingranaggio” (così fu definito da Jacques Delors il modello funzionalista) fino a quando è stato necessario raggiungere gli obiettivi indicati nei trattati di Roma, ma l’ingranaggio non ha più funzionato adeguatamente a partire dal momento in cui sono apparse nuove sfide che non erano state previste e che non erano prevedibili affinché fossero affrontate secondo la logica comunitaria.

Nel corso degli anni le spinte più innovative sono venute all’interno del sistema europeo e per ragioni e aree diverse dalle tre istituzioni di natura federale: la Corte di Giustizia, il Parlamento europeo e la Banca Centrale Europea.

Da queste riflessioni dovranno partire gli innovatori se vorranno impegnarsi per la democrazia con le cittadine ed i cittadini e costruire un’Europa più resiliente.

 

 coccodrillo

 


 

Giornata Internazionale delle Donne

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"Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente, hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale, le donne sono la colonna vertebrale della società" di Rita Levi Montalcini.

 

 


 

Perché sostenere il Movimento europeo in Italia

 Paolo Ponzano

 L'impegno nel Movimento europeo del Segretario generale Paolo Ponzano

 

 


 

Attiriamo la vostra attenzione

La terza sessione plenaria del Parlamento europeo nel 2021 è iniziata alle 17 di oggi, lunedì 8 marzo, mentre viene diffusa questa nostra newsletter. Come di consueto, dedichiamo una particolare attenzione a quanto si verifica a Bruxelles, evidenziando come in questa settimana saranno posti all'ordine del giorno una serie di temi di primaria importanza: l'impatto economico della pandemia di COVID concentrandosi su investimenti, competitività e competenze; il piano d'azione sull'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, in preparazione del vertice sociale di Porto in maggio; la firma della dichiarazione congiunta sulla Conferenza sul futuro dell'Europa; le discussioni su casi di violazione dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto sia all'interno dell'Unione che in contesti drammatici, quali il Congo, recentemente balzato di nuovo all'attenzione delle cronache - dopo l'attacco di due settimane che è costato la vita all'ambasciatore italiano Luca Attanasio, al carabiniere Vittorio Iacovacci e all'autista Mustapha Milambo e per l'omicidio di William Mwilanya Asani, uno dei magistrati che indagano sulla tragica vicenda.

Tra le attività del Movimento europeo, segnaliamo la partecipazione del Segretario Generale, Paolo Ponzano, il 5 marzo scorso, all'audizione di varie Associazioni laziali da parte della seconda Commissione per gli Affari Europei della Regione Lazio; Ponzano riferisce di aver “informato i presenti dei nuovi progetti in cantiere nel 2021 (corso di formazione con l'ANCI regionale, Convegni sullo Stato di diritto e con i Movimenti europei dei paesi meridionali, iniziative con l'Università "La Sapienza", ecc...). Per quanto riguarda le proposte della Commissione, ha messo l'accento sul programma di azione sociale in vista della riunione di Porto. Il documento sulla fiscalità europea e le proposte per la transizione ecologica. Tali proposte vanno esaminate dalle Istituzioni conformemente ai Trattati e non dalla Conferenza sul futuro dell'Europa che deve piuttosto concentrarsi sulle nuove competenze da attribuire all'UE (riforma dell'UE). Il ME Italia ha creato una Piattaforma di circa 100 organizzazioni al fine di associare la società civile ai lavori della Conferenza che prenderanno fine nella primavera 2022”.

Il Movimento europeo in Italia, in collaborazione con l’Associazione Il Mulino e nel quadro delle attività del Centro di Informazione Europe Direct "Europa Insieme" del CNEL, promuove un incontro pubblico online mercoledì 17 marzo sul tema dell’agenda sociale europea che sarà all’ordine del giorno del Vertice promosso dalla Presidenza portoghese il 7 maggio e che sarà preceduto dal Vertice sociale Tripartito il 24 marzo.
L’incontro, dal titolo “La sostenibilità sociale dell’Unione europea: verso la Conferenza sul futuro dell’Europa”, si svolgerà su Zoom dalle 17:30 alle 19:30. Registrazione obbligatoria entro il 15 marzo (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).

Con riferimento poi al tema del sociale, tra i documenti riportati questa settimana, è possibile scaricare e leggere il punto di vista del CILAP EAPN, organizzazione partner del Movimento europeo in Italia. In merito a ciò, alla presidente Nicoletta Teodosi preme sottolineare che “Eapn si inserisce nel dibattito sul Salario Minimo Europeo, con la dichiarazione che trovate in allegato. Negli anni Eapn si è anche occupata anche Reddito Minimo Adeguato con studi, ricerche, confronti e proposte sul tema. La Direttiva è stata proposta dalla Commissione europea nel mese di ottobre scorso. Anche il Parlamento europeo è intervenuto nel mese di febbraio. Vi inviamo la nostra posizione augurandoci di fare cosa gradita”.

 

 


 

Europa in Onda

Europa in onda 

Europa in Onda - il podcast che ti parla di Europa.

Podcast di attualità, cultura, generazione Erasmus. Una finestra di approfondimento su tutto ciò che attraversa l'Europa ogni due giovedì del mese.

Ascolta la quarta puntata di Europa in onda (4 marzo): "L'Europa alla prova dei vaccini. Che fare?" con ospite in studio lo scienziato e farmacologo Silvio Garattini, membro del comitato promotore della campagna "Diritto alla Cura. Nessun profitto sulla pandemia”, nonché presidente e fondatore dell'Istituto "Mario Negri".

Rivedi le dirette sul canale YouTube

A cura di Mfe/Gfe Genova

 


 

Vi segnaliamo

 

 


 

Documenti chiave

 

 

 

Testi della settimana

 

 

 

Economia

La Commissione europea lancia l’Action Plan del Pilastro sociale europeo

 di Anna Maria Villa

La Commissione Europea ha pubblicato lo scorso 4 marzo la Comunicazione sull’Action Plan per l’attuazione del Pilastro sociale europeo, approvato nel 2017 a Göteborg. 

Il documento, frutto di una consultazione pubblica lanciata un anno fa, che ha raccolto circa mille contributi da cittadini ed istituzioni pubbliche e private, indica le linee guida di azione che gli Stati membri dovranno seguire nell’implementazione delle loro politiche economiche sociali attraverso le iniziative previste nei loro piani di ripresa e resilienza.

Il messaggio del documento è che in questo periodo di profondi cambiamenti, che verranno decisi per avviare quella transizione ecologica e digitale necessaria per la ripresa e resilienza europea, l’aspetto sociale deve essere alla base di ogni scelta. È necessario rimettere al centro dell’attenzione di tutti l’uomo ed i suoi bisogni, dal momento che il benessere dei cittadini è condizione fondamentale per uno sviluppo sostenibile. E, come sottolineato dal Parlamento europeo, occorre un forte impegno condiviso da parte di tutti gli attori (pubblici ma anche privati).

Il modello sociale europeo è tra i più avanzati al mondo, ma indiscutibilmente la pandemia lo ha messo a dura prova.  La situazione rimane tutt’ora difficile e incerta mentre un sempre maggior divario esiste tra lavoratori più qualificati e quelli meno, ovvero tra lavoratori in base al genere, all’età, o alla situazione personale ecc. In sintesi, si sono acuiti quegli squilibri che erano già presenti prima della pandemia ed erano già allora la causa principale di disuguaglianze sociali. Se non si interviene subito, questa situazione è destinata a peggiorare, sia in termini di disuguaglianze sociali e sia nel senso di un mancato raggiungimento proprio dei risultati che si attendono dalla transizione ecologica e digitale, ritenuta la principale via d’uscita dalla crisi per l’Europa.  L’Action Plan è quasi un richiamo della Commissione alla massima consapevolezza ed urgenza e il Summit di Porto, organizzato per il prossimo maggio dalla Presidenza Portoghese, costituirà l’impegno politico degli Stati europei in questo senso, oltre che una ulteriore indicazione per la presentazione dei piani nazionali di ripresa e resilienza.

I 20 principi del Pilastro sociale dovranno essere gli elementi in base alle quali tarare una serie di interventi a sostegno della transizione economica e digitale.

Un’economia sociale, infatti, non è solo d’aiuto ai cittadini ma è anche la base di un’economia competitiva grazie ad una forza lavoro preparata e qualificata per poter rispondere alle sfide che occorrerà affrontare, il cui cammino è delineato delle Country Specific Recommendations, indicate dal Semestre europeo, e realizzabili grazie anche ai finanziamenti previsti da Quadro Finanziario Pluriennale 2021-27, dal Next generation EU e dai Fondi di coesione.

Tre sono i target su cui concentrare l’attenzione. Il primo riguarda l’occupazione. Occorre assicurare entro il 2030 un tasso di occupazione del 78%, dimezzando il divario di genere rispetto ai valori registrati nel 2019. A tal fine sarà importante assicurare assistenza alle madri per la cura dei bambini fin dalla prima infanzia e abbattere la percentuale di giovani che attualmente non sono impegnati né in percorsi di studio, né di formazione professionale e né di lavoro (i c.d. NEETs). Si dovrà comunque continuare ad operare affinché le categorie più a rischio di esclusione (per es. persone con scarsa professionalità, disabili, migranti) siano messe in grado di partecipare al massimo delle loro capacità al mondo del lavoro. Anche ad esempio attraverso l’intervento delle istituzioni su settori sottopagati e de-qualificati dove le forme tradizionali di contrattazione collettiva sono meno incisive.

Altro target strategico riguarda le competenze. La transizione ecologica e digitale richiede che la forza lavoro sia in possesso di adeguare professionalità. Sarà dunque necessario entro il 2030 garantire che l’80% della forza lavoro compresa tra i 16-74 anni abbia competenze digitali di base non solo per accedere al mondo del lavoro ma per poter partecipare alla futura società digitale. Anche a questo fine, l’abbandono scolastico dovrà essere drasticamente ridotto. La Commissione intende inoltre chiedere al Consiglio una Raccomandazione per integrare la biodiversità e gli ecosistemi dell’educazione scolastica.

Strettamente connesso al target precedente (occupazione) è il tema della digitalizzazione, che comporta interventi dal lato del management in relazione alla gestione aziendale innovativa ed adeguata alle nuove esigenze ed al relativo utilizzo di dati ed algoritmi. Ma vi sono anche cambiamenti significativi anche da parte dei dipendenti. La diffusione del telelavoro, causata dalla pandemia può aver costituito un‘opportunità in termini di tempi di spostamento ridotti e relativo minor impatto ambientale, tutela della salute, tempi di lavoro più flessibili, ecc. Ha posto però anche altri importanti temi da affrontare, tra questi ad esempio il diritto del dipendente a disconnettersi e disciplinare meglio i tempi di lavoro da remoto, nonché i rischi che questa nuova modalità di lavoro potrà avere sull’aspetto psicologico e sanitario del lavoratore. Anche su questo occorrerà un coordinamento tra Stati membri per assicurare una parità di trattamento tra i vari lavoratori europei. La Commissione si è impegnata a presentare un nuovo Quadro strategico sulla salute e sicurezza dei luoghi di lavoro 2021-27.

Terzo target riguarda la riduzione in Europa di 15 milioni delle persone a rischio povertà ed esclusione sociale entro il 2030.  In base ai dati del 2019, sono 91 milioni le persone che rientrano in questa categoria, di cui 17,9 bambini e ragazzi compresi tra gli 0-17 anni. Occorre garantire a tutti pari opportunità e soprattutto la possibilità – ai circa 5 milioni di bambini compresi in questa categoria - di poter uscire da un contesto che li costringerebbe in una situazione precaria per il resto della loro vita.

Molti i riferimenti a fondi e iniziative già esistenti o in dirittura d’arrivo, ad obiettivi da perseguire nell’ambito dei tre target (quali ad esempio un reddito minimo, azioni per garantire una mobilità dei lavoratori equa, la sicurezza abitativa, ecc.) e a strumenti da poter utilizzare (come ad esempio uno spostamento della tassazione dal lavoro dipendente ad altre forme per sgravare le imprese dai maggior costi da sostenere per questa trasformazione radicale organizzativa e gestionale). Tutti elementi su cui le istituzioni dovranno confrontarsi anche con le parti sociali per dare vita a programmi nazionali omogenei ma più rispondenti a esigenze specifiche. Infine, da evidenziare come il documento sottolinei l’importanza di accompagnare questa trasformazione economico-sociale senza abbandonare in modo repentino quegli strumenti messi in campo dalla Commissione per arginare i danni sociali dovuti a Covid-19 (ad esempio Sure), ma guidando l’attuazione delle nuove strategie (ecologica e digitale) con un passaggio graduale da una politica emergenziale a misure assistenziali, che assicurino il buon funzionamento del mercato. Tutto questo dovrà prevedere anche un’assistenza alle imprese, soprattutto PMI, in linea con una nuova strategia industriale e l’adozione del Piano di azione dell’economia circolare. Solo considerando infatti tutti gli attori si potrà realizzare un sistema economico competitivo ed ecologico, migliorare le condizioni dei cittadini europei e favorire un maggior ruolo dell’Europa nel mondo. Un riconoscimento quindi anche della funzione sociale delle imprese e della necessità di un loro supporto.

L’Action Plan del Pilastro sociale infine potrà aiutare l’Unione non solo a diventare un ‘global leader’, ma costituirà anche una sorta di ‘biglietto da visita’ dell’Unione nei rapporti bilaterali con partner extraeuropei oltre che a livello multilaterale.

Il raggiungimento di questi tre target non è facilmente prevedibile, in quanto non siamo ancora usciti dalla Pandemia e non sono certe le conseguenze delle variabili. Però è importante partire coordinati.

La Commissione si è impegnata a monitorare i progressi compiuti dai vari Stati, anche rivedendo i criteri dello scoreboard sociale, utilizzato per valutare le situazioni nei vari paesi nel Semestre europeo, che comunque continua ad essere il principale contesto di riferimento.

I tre target sono interdipendenti tra loro. Gli interventi, infatti, su uno di essi presuppongono interventi complementari sugli altri. Inoltre, il tutto va contestualizzato ed affiancato ad iniziative già in corso o prossime al lancio in un quadro di interventi complesso, che segna però un cambio di passo a 360 gradi.

L’Action Plan verrà rivisto a metà percorso, vale a dire nel 2025.

 

  

 

 Carta dei diritti fondamentali

In tempi di crisi e di licenziamenti causati dalla crisi del covid, continuiamo a trattare temi connessi al diritto del lavoro, con l'articolo 27 della Carta dei diritti fondamentali, sul Diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell’ambito dell’impresa.

In particolare, l'unico comma dell'articolo recita che “Ai lavoratori o ai loro rappresentanti devono essere garantite, ai livelli appropriati, l’informazione e la consultazione in tempo utile nei casi e alle condizioni previsti dal diritto comunitario e dalle legislazioni e prassi nazionali”. Una simile formulazione è molto ampia, ma sintetizza un caposaldo in tema di diritto del lavoro: i provvedimenti presi all'interno di un'organizzazione lavorativa devono essere gestiti attraverso modalità di comunicazione trasparenti, che garantiscano al personale dipendente il diritto di essere informati sulle dinamiche sia interne che verso l'esterno; per esempio, sul come si riposiziona un'azienda o un ente, quale denominazione prende, chi ricopre ruoli decisionali, come sono ripartite le responsabilità e a chi rivolgersi per usufruire di una determinata prestazione.

Emerge, proprio a partire da questo diritto, anche il dovere per il lavoratore e per i suoi rappresentanti di tenersi informati e aggiornati costantemente (e indipendentemente dalle attitudini personali). Le dinamiche attuali del mondo del lavoro – e del capitalismo contemporaneo – lasciano intendere che i tempi entro cui tali processi si svolgono sono generalmente assai rapidi, poiché il mutamento delle dinamiche socio – economiche e il riposizionamento strategico di enti, imprese e professionalità sono pressoché quotidiani e in costante evoluzione.

 

 


 

La giurisprudenza europea

Una sentenza emessa in settimana scorsa dalla Corte di Giustizia dell'Ue, il 2 marzo, fornisce alcuni chiarimenti sui limiti da rispettare, ai sensi del diritto dell'Unione, nell'utilizzo a fini di indagine delle comunicazioni elettroniche dell'imputato. Nello specifico: una cittadina estone, H.K., è stata condannata, il 6 aprile 2017, a “Una pena detentiva di due anni per aver commesso, tra il 17 gennaio 2015 e il 1° febbraio 2016, vari furti di beni (di valore compreso tra EUR 3 e EUR 40) nonché di somme di denaro (per importi compresi tra EUR 5,20 e EUR 2 100, per aver utilizzato la carta bancaria di un terzo, causando a quest’ultimo un danno di EUR 3 941,82, e per aver compiuto atti di violenza nei confronti di persone partecipanti ad un procedimento giudiziario a suo carico”.

Per arrivare alla condanna, il tribunale di primo grado di Viru “Si è fondato, tra l’altro, su vari processi verbali redatti in base a dati relativi a comunicazioni elettroniche, ai sensi dell’articolo 1111, paragrafo 2, della legge relativa alle comunicazioni elettroniche, che l’autorità incaricata dell’indagine aveva raccolto presso un fornitore di servizi di telecomunicazioni elettroniche nel corso del procedimento istruttorio, dopo aver ottenuto, ai sensi dell’articolo 901 del codice di procedura penale, varie autorizzazioni a tal fine dal Viru Ringkonnaprokuratuur (Procura distrettuale di Viru, Estonia). Tali autorizzazioni, concesse il 28 gennaio e il 2 febbraio 2015, il 2 novembre 2015, nonché il 25 febbraio 2016, riguardavano i dati relativi a vari numeri di telefono di H.K. e diversi codici internazionali di identificazione di apparecchiatura di telefonia mobile di quest’ultima, per il periodo dal 1º gennaio al 2 febbraio 2015, per il giorno 21 settembre 2015, nonché per il periodo dal 1º marzo 2015 al 19 febbraio 2016”.

H.K. ha proposto appello, ma la sua istanza è stata respinta il 17 novembre 2017. L'interessata ha presentato quindi ricorso presso la Corte suprema estone, sostenendo “Che le disposizioni dell’articolo 111 della legge relativa alle comunicazioni elettroniche che prevedono l’obbligo dei fornitori di servizi di conservare dati relativi alle comunicazioni, nonché l’utilizzazione di tali dati ai fini della sua condanna, sono contrari all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, letto alla luce degli articoli 7, 8 e 11, nonché dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta”. In sintesi, questi articoli della direttiva disciplinano il modo in cui gli Stati membri assicurano la riservatezza delle comunicazioni elettroniche e vi rimandiamo, per una lettura più approfondita, alla parte introduttiva del testo della sentenza; per l'articolo 52 della Carta, vi rimandiamo anche al commento pubblicato nella nostra newsletter n.41/2020.

Tornando ai fatti: la Corte suprema estone ha in seguito deciso di sospendere il procedimento e rivolgersi alla CGUE per ottenere chiarimenti sugli articoli della direttiva e della Carta a cui si è appellata H.K. nel suo ricorso.

Secondo la Corte di Giustizia dell'Unione europea, come da sentenza, ai sensi del diritto dell'Unione una normativa nazionale non può consentire alle autorità di accedere ai dati relativi al traffico o alla localizzazione dell'utente e trarre conclusioni sulla sua vita privata se non per ”La lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica, e ciò indipendentemente dalla durata del periodo per il quale l’accesso ai dati suddetti viene richiesto, nonché dalla quantità o dalla natura dei dati disponibili per tale periodo”.

Inoltre, secondo la CGUE, il diritto dell'Unione (nello specifico: L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58, come modificata dalla direttiva 2009/136, letto alla luce degli articoli 7, 8 e 11 nonché dell’articolo 52, paragrafo 1) impedisce che possa trovare applicazione una normativa nazionale secondo cui il pubblico ministero abbia la competenza “Ad autorizzare l’accesso di un’autorità pubblica ai dati relativi al traffico e ai dati relativi all’ubicazione ai fini di un’istruttoria penale”.

Segnaliamo che nella sezione “Testi della settimana” è possibile consultare anche un saggio di analisi sull'argomento a firma di Federica Resta, dirigente del Garante per la protezione dei dati personali.

Clicca qui per accedere al testo integrale della sentenza.

 

 


 

Consigli di lettura

La democrazia: una risorsa preziosa e imperdibile ma anche un problema di assai ardua ed impegnativa soluzione” è un saggio sul quale soffermarsi per una serie di motivi. A firma del docente emerito di Diritto costituzionale presso l'Università di Messina, Antonio Ruggeri, analizza la congiuntura delle democrazie contemporanee, passando in rassegna fenomeni come il populismo, il ritorno ai nazionalismi, l'oclocrazia: tendenze di questi tempi connesse alla necessità di riformare le istituzioni e – afferma l'autore – “più ancora, la società, le alterazioni vistose cui è andata soggetta la forma di Stato, rese visibili dalle torsioni patite da ciascun “tipo” di democrazia (con specifico riguardo a quella rappresentativa)”.

Le proposte di Ruggeri suonano interessanti per poter comprendere, prima di orientare l'azione istituzionale, il ruolo dei vari soggetti coinvolti e le modalità attraverso cui garantire libertà, diritti e doveri riletti a seguito delle trasformazioni sociali recenti. Non è un caso che tra gli spunti finali dell'autore vi sia il “ruolo di centrale rilievo giocato dalla scuola e dalla formazione culturale in genere”, affinché l'impegno possa andare nella direzione giusta, quella cioè di riformare la società a partire dalle nuove generazioni.

Il testo, pubblicato sul sito dirittifondamentali.it, è scaricabile cliccando qui.

 

Vi suggeriamo, inoltre, la lettura dell'articolo "Draghi e i vaccini, è sovranità europea, non sovranismo" (HuffPost, 08.03.2021), a firma del prof. Alberto Quadrio Curzio, Economista e presidente emerito della Accademia dei Lincei.

 

 


 

 Agenda della settimana

8-14 March 2021

 

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